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Autore: ArrowVI    08/04/2024    0 recensioni
Gli umani regnano su Gaia, ma le pietre di questo continente trasudano memorie di creature ben più antiche e potenti.
Sono passati circa diciassette anni da quando l'imperatore dei Dodici Generali Demoniaci è stato imprigionato nel mezzo di questo e un altro mondo... Ma, ormai, il sigillo che lo teneva rinchiuso sta cominciando a spezzarsi.
Cosa accadrà quando Bael sarà libero? Verrà fermato o porterà a termine il piano che, diciassette anni fa, gli è stato strappato dalle mani?
Quattro nazioni faranno da sfondo a questa storia:
Mistral, Savia, Asgard ed Avalon.
Io vi racconterò di quest'ultima......
Come? Chi sono io? Non ha importanza, per adesso...
Umani contro Demoni... Chi sarà ad uscirne vincitore?
Se volete scoprirlo allora seguitemi... Vi assicuro che non rimarrete delusi dal mio racconto.
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 19-5: Rimpianti [1-2]



 


Quando arrivammo su Gaia, dopo essere stati banditi dal Giardino, il nostro credo non era ancora andato in frantumi.
Alcuni di noi cominciarono rapidamente a rimpiangere quella scelta, mentre altri semplicemente odiarono le forme che le nostre maledizioni ci diedero.

In pochi ricordano i giorni trascorsi nel Giardino, prima della Guerra con i nostri Fratelli... Anche i miei ricordi sono ormai sfuocati, quasi come se fossero un sogno lontano che ormai stava lentamente scomparendo dalla mia memoria.

Ciononostante... Ricordo la maledizione... Ricordo la forma in cui mi ritrovai quando caddi sul mondo dei mortali.


Una sfera nera, gelatinosa, che bruciava il terreno sottostante con un liquido nero.
Non potevo parlare... Non potevo muovermi... Non potevo mangiare, respirare, vedere o sentire.


Immobile.
Inesistente.
Debole.
Abbandonato.


Era quella la maledizione che mi diedero.
Forse fu un semplice caso se fui in grado di riacquistare il controllo di me... Forse qualcuno ebbe pietà dell'essere in cui mi trasformai.

Un semplice animale, forse un maiale, cadde dentro di me. Il mio corpo lo divorò in un istante anche senza il mio controllo, e quello fu l'inizio della mia liberazione.
Fui finalmente in grado di muovermi... Ma, comunque, non fui in grado di fare altro.

L'unica cosa che fui in grado di fare, in quella orripilante forma, fu muovermi avanti, indietro, a destra e a sinistra senza una meta, senza poter vedere neanche la strada che stessi percorrendo.
Caddi in dirupi, senza sentire dolore.
Caddi in fiumi, senza affogare.

Divorai inconsciamente insetti, piccoli animali, pesci di svariate dimensioni... Lentamente, cominciai a vedere tutto ciò che si trovava intorno a me con più chiarezza.

"Divorando altre creature... Potrei tornare me stesso?"


Quella fu l'unica domanda che mi chiesi.
Non mi domandai se fosse corretto o meno.
Volevo essere di nuovo libero.
Volevo essere di nuovo me stesso.



Divorai ogni cosa che trovai nel mio cammino, ma non fu mai abbastanza per tornare ciò che ero un tempo.
Un giorno, però, dopo aver vagabondato per dozzine di anni senza meta, incappai in una figura antropomorfa che mai vidi prima. Inizialmente pensai che fosse un altro demone, ma rapidamente realizzai che così non fosse.

Era un uomo, forse un soldato, che notandomi si mosse nella mia direzione.


Animale o umano... Non ebbe alcuna differenza.
Lo divorai per intero.

Poco tempo dopo, fui in grado di vedere la luce del sole.
Il cielo azzurro e le nuvole candide, l'erba insanguinata sotto di me e il rumore di un ruscello che scorreva a pochi metri da li.


Fui finalmente in grado di sentire e vedere tutto.
Notai una carovana li vicino, piena di provviste e legata a due cavalli che attendevano inutilmente il ritorno del loro padrone.

Divorai anche loro.

Quando mi affacciai sul ruscello per bere la sua acqua, notai che il mio aspetto fosse ben diverso da quello che ebbi all'interno del Giardino.
Ero un semplice umano.
Capelli corti e argentati, occhi verdi come smeraldi.

<< Ho... Rubato l'aspetto di quell'umano...? >>
Furono le prime parole che proferii.

La mia stessa voce mi fece sobbalzare.
Rapidamente, però, lo stupore si trasformò in gioia.


<< Sono... Sono vivo...! >>
Cominciai a ridere, piangere, urlare. 

Ciononostante, la mia forza non tornò.
Quando tornai dai miei compagni, non ci misi molto a realizzare che fossi finito sul fondo della catena alimentare. Una forza fisica identica a quella di un semplice umano, e totalmente privo di abilità magiche.

Fui deriso da quelli che un tempo chiamai "fratelli".
Eppure... Forse, per volere del caso, la fortuna girò a mio favore in quel fatidico giorno.


Un demone decise di umiliarmi davanti ai suoi compagni. Era un abile mago che controllava la terra a suo piacimento: si chiamava Botis.
Sapeva che non fossi in grado di difendermi e voleva usarmi come passatempo. 

Fu un massacro a senso unico: non fui in grado nemmeno di contrattaccare una singola volta. 
Mi schiacciò come se non fossi altro se non un insetto, obbligandomi a tornare alla mia forma originale.


<< Uno Slime? >>
Rise, sfottendomi.

<< Come sei caduto in basso, Belzebub! >>


In preda all'odio e una rabbia incontrollata... Mi domandai cosa sarebbe successo se avessi divorato anche lui.


Mentre continuò a bersagliarmi con attacchi il cui scopo non era quello di uccidermi, ma di farmi soffrire per il suo divertimento, staccai una piccola parte di me e feci arrivare alle sue spalle... Quindi, quando abbassò la guardia, inglobai anche lui.


Botis smise di esistere.
Fu così gentile da darmi la sua forza.


I suoi sottoposti provarono a vendicare il loro padrone, ma grazie alle forze di quel demone li schiacciai come insetti... Divorando anche loro.


La mia forza... Potevo riottenerla.




E' questo che sono sempre stato... Non ho forse ragione?
La forza che ho costruito in centinaia di anni non era la mia... La strappai ad altri.
Forse è per questo che Lucifer non accettò di buon grado la mia presenza come membro dei Dodici Generali.
E, forse, è questo il motivo per cui smisi di vedere gli altri come se fossero miei pari.


La maledizione... Non l'ho ancora spezzata, non ho forse ragione?



" Perché stai facendo a me queste domande? "
Rispose la figura oscura nella mente di Belzebub.

"Conosci già la risposta."
Continuò.

"Sei una sanguisuga. Senza i poteri che hai rubato, non vali nulla. Così orgoglioso di qualcosa che non è tuo... Se non fossi disgustato, mi metterei a ridere."


<< Cosa vuoi da me...? >>
Domandò il demone.

"Niente, in verità."
Fu la risposta dell'ombra.

"Sono solo frutto del tuo subconscio. Forse, sono l'insieme degli esseri che hai divorato. Oppure, sono solamente una rappresentazione del loro odio, del loro disgusto."
Disse, ridacchiando.

"Conosci già tutte le risposte, 'oh grande Lord Belzebub'."
Continuò la figura, scomparendo poi nel nulla all'interno di quell'abisso.




Ancora una volta, riaprendo gli occhi, Belzebub si ritrovò all'interno di quella stanza umana.
Sospirò, un po' perché sperava che fosse tutto un sogno, un po' perché avrebbe preferito non risvegliarsi.

Le sensazioni che sentiva premere nel suo petto, non fu in grado di comprenderle.
Gli sembrò di sentire le voci di tutti quelli che assimilò per diventare ciò che fosse.


Quindi, sentì la porta della sua stanza riaprirsi ancora una volta.
Isabelle, notando che fosse sveglio, lo salutò con parole dolci e gentili, quindi cominciò come sua consuetudine a innaffiare le piantine del suo ambulatorio.

<< Per quale motivo sono ancora qui? >>
Le domandò il demone.

Isabelle esitò per un istante.

<< Non... Non ha ancora recuperato tutte le forze, Signor Adam. Non posso permetterle di andare via prima del dovuto. >>
La risposta dell'umana lo lasciò di stucco.
Digrignò i denti, quindi si sollevò dal letto, sedendosi su un lato.


<< Sai... Tra testardaggine e stupidità c'è una linea molto sottile. >>
Le disse.
Isabelle non rispose nulla.

<< Mi domando quale, tra le due, sia ad affliggerti. >>
Continuò il demone.



<< Non... Non so cosa sia successo nella capitale... >>
Disse, finalmente, la donna, smettendo d'innaffiare le piante della stanza.
Non si voltò verso il suo ospite.

<< Ma... Alcuni soldati hanno detto che Belzebub è morto durante lo scontro con Arthur. >>
Le parole di Isabelle lasciarono il demone totalmente di stucco.

<< Cosa... Hai appena detto? >>
Le chiese, quindi, spiegazioni.

<< Non può essere lui, quindi... Magari ha semplicemente colpito la testa... >>
Ridacchiò la donna.

<< Non puoi... Dire sul serio...? >>
Furono le uniche parole che Belzebub riuscì a proferire.

<< Per ora, Signor Adam, deve solo pensare a riacquistare le forze e riprendersi. D'accordo? >>
Gli rispose la dottoressa, sorridendogli.
Dietro quel sorriso, però, Belzebub vide quali fossero i veri sentimenti della donna.

Paura.
Confusione.


Quando lasciò la stanza, il demone prese un profondo respiro e chiuse gli occhi.
Concentrando il poco mana che aveva in corpo, fu in grado di ascoltare la discussione che Isabelle ebbe con il padre in un'altra stanza.


<< Come sta...? >>
Domandò l'uomo.

<< Si è svegliato... >>
Fu la risposta di Isabelle.

<< Non riesco a capire per quale motivo ti ostini a volerlo tenere qui, Belle... E' un pericolo. >>
L'avvertì il padre.

<< Hai sentito cosa hanno detto i soldati, no? Belzebub è morto nella capitale, non può- >>
Rispose la dottoressa.

<< Maledizione, Belle! Non puoi essere così stupida!!! >>
Ruggì l'uomo.

<< Padre! E' un mio paziente, non ho alcuna intenzione di abbandonare un paziente! >>
Esclamò la figlia.

<< Non... >>
Continuò, esitando. La sua voce tremava.

<< Abbiamo perso abbastanza pazienti, quel giorno... Il passato di qualcuno non ha importanza: se necessitano di aiuto, sarò sempre disposta a tendere una mano. >>


<< Sei esattamente come tua madre. >>
Ruggì l'uomo. Ciononostante, nel tono della sua voce c'era una tristezza che sembrava scendere molto in profondità.

<< ...Questa tua testardaggine ti farà uccidere... Esattamente come ha ucciso lei. >>
Singhiozzò l'uomo.

<< Non... Non voglio perdere anche te, Belle... Ho paura per te. >>


Da quel momento in poi, Belzebub smise di ascoltare.
Erano questi gli umani che voleva spazzare via per tutto questo tempo?
Erano loro gli stessi che distrussero la loro casa, il giorno del Disastro?

Perché alcuni erano così violenti, mentre altri erano disposti a mettere a rischio la loro stessa vita per degli sconosciuti potenzialmente pericolosi?

L'unica risposta che riuscì a darsi, fu "stupidità".


"Non tutti gli umani sono malvagi!"
Le parole di Arthur riecheggiarono nella sua testa ancora una volta.

"Le colpe di coloro che vi hanno ferito non devono ricadere su persone innocenti!"


< Erano le mie convinzioni davvero così fragili da essere mandate in frantumi da un semplice e singolo umano? >
Pensò il demone, sospirando.
Quindi si portò le mani davanti al volto.

<< Non so cosa fare... Non so cosa pensare, non so chi odiare. >>
Disse a nessuno, sperando forse in un miracolo che gli indicasse che strada prendere.




<< Magari non devi odiare nessuno. >>
Le parole di Isabelle colsero Belzebub alla sprovvista.
Non la sentì rientrare nella stanza: insieme a lei aveva portato una ciotola piena di un brodo caldo e fumante.

<< Ha fame? >>
Gli domandò subito dopo, sorridendogli.



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Qui si conclude il capitolo 19-4, grazie di avermi seguito e alla prossima!


 

   
 
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