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Autore: EmmaJTurner    10/04/2024    5 recensioni
Un cancello aperto illegalmente; un'accusa di terrorismo interno; una botanica, un ragazzino e un gatto in fuga in pieno inverno. Cosa potrà mai andare storto.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Cercasi Ammazzamostri'
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Verso Nord

Il viaggio proseguì tra piacevoli battibecchi sulle abitudini alimentari della fauna invernale locale e lezioni di botanica sulla riproduzione sessuata dei funghi.

Theo chiacchierava allegro, imparando ogni giorno nuove specie di piante commestibili e sequenze di combattimento con bastone all’orientale. Il chiacchiericcio continuo metteva a dura prova la pazienza di Logan, che lo ascoltava con l’espressione rigida di un santo al martirio e, quando proprio non ce la faceva più, se la filava con la scusa di fare da vedetta qualunque cosa volesse dire.

Quindi Theo, ugualmente contento, si aggregava a un altro membro del gruppo e continuava a ciarlare. Un pomeriggio si era attardato con Meli ad ammirare una rosetta basale di alliaria quando chiese: “Sai che Astrid è una vampira?”.

La botanica, che stava illustrando i tre utilizzi culinari delle foglie a cuore di quella particolare specie botanica, quasi si strozzò. Alzò la testa e lanciò un’occhiata a Gale e Astrid, ormai già una ventina di metri davanti a loro.

Theo continuò a cianciare indisturbato. “Per questo non mangia. E in effetti ha i denti molto lunghi. Beve il sangue di Gale una volta al mese, ma non lo trasforma in vampiro. Può decidere lei quando usare il veleno e quando no, lo sapevi? Io non lo sapevo”.

Meli lo sapeva. Lo aveva scoperto il giorno prima quando Gale si era seduto con la schiena contro un albero e aveva offerto la gola a Astrid. La vampira si era inginocchiata accanto a lui e gli aveva posato con delicatezza i denti sul collo, affondando i canini sulla delicata pelle esposta. Gale non aveva emesso un suono. Aveva invece chiuso gli occhi e cominciato a respirare a ritmo lento e intenzionale, come in meditazione. 

Meli era rimasta a fissarli inorridita e affascinata, con addosso la brutta impressione di star spiando una scena privata. Era un momento così… intimo. Romantico, in un certo senso. Il ranger si era offerto alla compagna in un modo così rilassato e naturale, così certo che nulla di male sarebbe accaduto. Quei canini sul collo… Meli rabbrividì alla sola idea.

Il veleno di vampiro, iniettato con il morso dei canini affilati, avrebbe dovuto trasformare invariabilmente la preda in un nuovo succhiasangue. E invece no: Astrid riusciva in qualche modo a trattenersi e a non imporre a Gale la maledizione del vampirismo. Viveva con lui una sorta di simbiosi: lui le concedeva il proprio sangue come nutrimento, lei lo aiutava e lo proteggeva nei loro vagabondaggi. Il ranger non assumeva nemmeno la dose raccomandata di verbena che, entrando in circolo subito dopo l’assunzione, avrebbe ridotto al minimo il rischio di contagio.

Follia pura.

Astrid aveva sfilato i denti e si era leccata via il sangue dalle labbra. Con un panno pulito aveva fermato l’emorragia dai due buchi sul collo del compagno ed era rimasta a vegliarlo accarezzandogli piano i capelli. Gale aveva continuato a respirare ad occhi chiusi, mormorando una vecchia canzone. Confusa, Meli aveva distolto lo sguardo.

“Però è simpatica, no?” continuò Theo imperterrito. “E anche Gale. E Lynette mi fa sempre ridere. Sono tutti buoni con me, Meli. Non me lo merito”.

Dopo aver superato l’imbarazzo dei ricordi del giorno precedente e riattaccato insieme i pezzi del cuore che le era esploso nel petto in quel momento, Meli rispose rigida: “Ti meriti il mondo e niente di meno, Theo. Non pensare mai il contrario”.

Il bambino si strinse nelle spalle e strofinò tra le dita una foglia dentellata. Un gradevole profumo di aglio si spanse nell’aria.

“Il posto in cui stiamo andando… com’è?”.

Il posto di Meli era su su a nord, dopo il passo delle Due Sorelle e il Ghiroi. Non aveva voluto dare troppe informazioni ai suoi compagni di viaggio al riguardo; aveva solo garantito che fosse un luogo sicuro, caldo e nascosto che avrebbero potuto usare come base per ripararsi dalla perturbazione in arrivo.

“Ti piacerà” risolse Meli.

“Staremo insieme?”.

“Sì”.

“Allora sarà bello”.

La botanica guardò il bambino lasciare l’alliaria e trotterellare svelto fino a raggiungere i compagni di viaggio. Si stava apprestando a seguirlo quando percepì un movimento alla propria destra.

“Non puoi illuderlo per sempre”. 

Meli roteò gli occhi. 

“Sei sempre di grande conforto, Logan”.

L’ammazzamostri apparve come un’ombra dalla pineta e si affiancò alla donna. Insieme ripresero a camminare lungo il sentiero.

“Da quanto eri lì a spiarci?” gli domandò.

“Da un po’. Il ragazzino non la finiva più”.

Meli scosse la testa, prese un respiro e chiese: “Di cosa lo starei illudendo, sentiamo?”.

“Che potrà restare sempre con te. Si sta affezionando”.

Forse resterà sempre con me, pensò la donna. Non lo disse; Logan, maledetto, lo capì lo stesso.

“E anche tu ti stai affezionando. Ma non puoi portartelo via come se fosse figlio tuo” continuò il mezzelfo.

Di nuovo, Meli pensò che forse poteva. Desiderava che Theo fosse al sicuro, sereno e felice. Avrebbe potuto combattere per questo.

“Non posso nemmeno riportarlo da dove è venuto. Non dopo quello che sappiamo” ribatté. “Si merita un po’ di affetto dopo quello che ha passato, anche se niente e nessuno potrà mai restituirgli gli anni che ha perso”.

Logan mugugnò contrariato.

“E poi non si può scegliere a chi affezionarsi, no?” continuò la donna. Scoccò un’occhiata significativa a Logan, il quale alzò gli occhi al cielo e decise saggiamente di rimanere zitto.

“Comunque hai ragione, non posso portarmelo via e basta. Troverò una soluzione per Theo dopo che avremo capito come risolvere l’altra spinosa situazione”.

“Non c’è niente che noi possiamo fare per risolvere quella situazione”.

Meli guardò il cielo lattiginoso. “C’è, invece”.

Logan le lanciò un’occhiata in tralice. “Non possiamo salvare il mondo, Mel”.

“E forse potremmo farlo, invece. Ci ho pensato. Trovare la mutaforma. Dimostrare che non siamo stati noi a aprire quei cancelli, che c’è tutta una narrazione nascosta…”.

“Parli come quei pazzi che credono che la luna sia un complotto dei poteri forti”.

“...con la sottile differenza che quello che io sto dicendo è la verità” ribatté Meli scocciata.

“Lo sappiamo solo noi, che è la verità”.

“Scommetto che lo sa molta più gente, ormai. Tutto il piccolo popolo ne è informato, intanto”.

“E che facciamo, un esercito di fate?”.

Be’. A vedere Lynette, non è un’opzione che mi sento di scartare”.

Logan fece uno dei suoi rari, sfuggenti sorrisi. Meli sentì un fastidioso sfarfallamento da qualche parte sotto il diaframma.

“I balsìk” aggiunse stoica “mi hanno detto che mi avrebbero trovata, o che io avrei potuto trovare loro, in caso di bisogno. Loro potrebbero sapere qualcosa”.

“Non so se ci sono colonie di balsìk in questa parte della valle”.

“Non lo so nemmeno io. Possiamo tentare, però”.

Logan, evidentemente scettico, non rispose. Per un po’ non parlarono più e ognuno si perse nei propri pensieri. L’unico rumore era il morbido affondare degli scarponi sugli aghi di pino e l’ovattato chiacchiericcio di Theo più avanti.

“E se anche riuscissimo a trovarla?” domandò Logan. “Cosa facciamo poi? La ammazziamo?”.

Meli si prese qualche istante per riflettere. Ripensò a Theo; ai bambini rapiti, sfruttati e lasciati cadaveri nei fiumi; all’Elementale di fuoco, alle strigi, al nekorai e all’infinità di altri mostri che quei cancelli schifosi avrebbero potuto vomitare fuori se la mutaforma avesse continuato il suo folle operato.

“È una possibilità” rispose, secca.

***

Il cielo si stava già scurendo quando decisero di fare sosta per la notte vicino a un torrente. L’aria era secca e gelida. Carica di neve, preannunciava Gale: “Domani al massimo; più probabilmente già stanotte”.

E quella sera, attorno a un scricchiolante falò dentro la spelonca che sarebbe stata la loro dimora per la notte, parlarono finalmente dei cancelli. Gale fece domande sulla mutaforma, su come aveva aperto il cancello di Darren, su cosa ne era uscito, e come erano riusciti a fuggire.

Meli raccontò monocorde addolcendo i dettagli più sanguinolenti. Di tanto in tanto lanciava occhiate a Theo per assicurarsi che rivivere quei momenti di orrore non fosse troppo traumatico per lui.

Il ranger fece qualche altra domanda sul podestà e si chiuse in un silenzio riflessivo. 

“Non è una faccenda da poco” disse infine. “È molto, molto grave che il governo ci stia tenendo all’oscuro da queste aperture illecite. È vero che si scatenerebbe il panico, ma non vedo come lasciare che qualcuno massacri bambini innocenti senza fare nulla sia preferibile. È ora una nostra responsabilità rendere nota la questione a quante più persone possibili; è doveroso che i genitori sappiano la verità su cosa è successo o potrebbe succedere ai loro figli”.

Theo alzò il viso speranzoso.

Il ranger si voltò verso Astrid. “Dobbiamo chiedere a tuo fratello e agli altri”.

Astrid storse il naso. “Non penso che questa faccenda interessi al mio clan”.

“Dovrebbe. Mandiamo un messaggio anche a loro. Mandiamo un messaggio a tutti quelli che conosciamo. Se il governo vuole fingere che nulla stia accadendo, dobbiamo renderglielo impossibile”.

A Meli fu chiaro che Astrid non avrebbe potuto negare qualcosa a Gale nemmeno sotto tortura. La guardò borbottare contrariata per un po’ e infine dirsi d’accordo.

Lynette intervenne per aggiungere che tutto il piccolo popolo ne era informato da mo’ e che le autorità cercavano di affossare tutta la faccenda per evitare il panico generale o, al peggio, una guerra civile.

Vampiri, balsìk, fate. Cominciamo a avere un’armata di tutto rispetto, pensò Meli con un moto di implacabile ironia.

“Scriverò anche agli stregoni e alle Lettrici che conosco giù a ovest” continuò Gale, meditabondo. Non sembrava per nulla interessato a lasciar cadere l’argomento.

Alla parola Lettrici Meli si incupì. La cosa non sfuggì a Logan, che stava ascoltando lo scambio da un angolo della grotta con le braccia conserte e un'espressione contrariata in faccia. Le fece un cenno interrogativo. Lei scosse la testa.

“Ditelo a chi vi pare; avvisateli però che queste informazioni li mettono a rischio di essere associati a un gruppo di terroristi” ammonì Meli.

Gale annuì e continuò a elaborare ipotesi e soluzioni. Sembrava aver preso molto a cuore la questione. Probabilmente perché lui, quei bambini, li aveva visti morti… Meli lo ascoltò in silenzio. Era spaventata e affascinata dalla determinazione del ranger di venire a capo di quel disastro. E anche Theo, seppur non osando intervenire, pendeva dalle sue labbra.

“È nostra responsabilità” stabilì infine il ranger. 

Meli non ritenne necessario sottolineare che lui fosse l’unico, in quel gruppo scampagnato, a possedere la caratura morale necessaria per pronunciare una frase del genere.

“Domani saremo al rifugio indicato da Melissa; da lì potremmo elaborare un piano d’azione” continuò. 

Meli vide Logan stringere la mandibola. Attese la replica acida, ma non arrivò.

Finirono la scarsa cena e Meli e Theo si misero a provare una nuova sequenza di combattimento nel ristretto spazio della spelonca. Logan si intromise anche stavolta, correggendo la posizione di guardia e facendo volare di nuovo il bastone di Theo.

Astrid, che li stava osservando seduta con i gomiti sulle ginocchia, scoppiò a ridere. 

“La fai facile così, ammazzamostri”.

La vampira si alzò e si avvicinò ai duellanti. Si mise di fronte a Logan, si piegò sulle gambe e gli concesse un sorriso di sfida. “Prenditela con quelli della tua stazza”.

Logan colse subito la minaccia. Alzò il bastone e si mise sulla difensiva. “Niente veleno”.

Astrid soffiò snudando i canini appuntiti. “È un insulto che tu l’abbia anche solo pensato”.

Si avventò su di lui caricando il braccio destro. Logan scartò di lato per evitare gli artigli laccati. Astrid colpì il vuoto e fece una piroetta per tornare a fronteggiare l’avversario. I due si studiarono circospetti.

Nel frattempo Gale si era avvicinato a Meli. “Ah! Questa sarà divertente” esclamò mettendosi le mani sui fianchi.

“Due navok che Logan la mette a terra” annunciò Lynette.

Il ranger arricciò le labbra. “Mmh. Non saprei. Astrid è agguerrita. Punto due su di lei”.

Quattro monete d’argento apparvero galleggiando tra di loro.

“Andata”.

Meli tornò a guardare i duellanti. Conosceva le abilità di Logan, ma Astrid era feroce e era una vampira. Non avrebbe scommesso sul risultato di quello scontro.

Logan attaccò per primo. Il colpo del bastone si scontrò con l’avambraccio di Astrid, che resse il colpo senza spostarsi di un millimetro. La vampira afferrò l’arma e sferrò un calcio al fianco dell’ammazzamostri. Logan liberò il bastone dalla presa dell’avversaria e lo fece roteare in aria. Mirò alla testa. La vampira si abbassò rapida e si gettò su di lui, atterrandolo.

Logan usò l’arma a due mani per sferrarle un colpo violento alla gola e districarsi dalla sua presa. Astrid, rimasta a terra, ghignò.

“Sei più veloce di quel che pensavo, mezzelfo”.

“Sei più forte di quel che pensavo” grugnì lui.

Astrid si rimise in piedi e attaccò. I duellanti, furibondi, se le diedero di santa ragione per qualche minuto. Sembrava che avessero un bel po’ di furia repressa da sfogare.

“Sono rabbiosi” commentò Meli, stupita da tanta ferocia. 

Gale si strinse nelle spalle. “Astrid probabilmente vede Logan come un membro del clan da sottomettere con la forza; così avviene tra i vampiri. E poi dice che è da Darren che vuole togliergli quell’espressione di merda dalla faccia. Parole sue, eh, non mie”.

“E Logan è incazzoso di suo” commentò Lynette seguendo avidamente le movenze dei due. “Ha immagazzinato rabbia per anni e adesso basta un niente per farlo scoppiare”.

Meli, che non aveva mai smesso di seguire lo scontro con un moderato grado di angoscia, non commentò oltre. 

Dopo aver assestato un colpo di bastone particolarmente feroce, Logan indietreggiò. Astrid, a pochi passi di distanza, scosse la testa e si aggiustò la mandibola lesa.

I due duellanti si fissarono ansimando.

“Parità?” propose il mezzelfo, esausto.

“Parità” concesse col fiatone la vampira.

Si fecero un cenno di mutuo rispetto e abbassarono le armi.

“Aaaah non siete divertenti” si lamentò Lynette, facendo sparire con uno schiocco di dita i navok della scommessa.

Trattenendosi dal correre da Logan per assicurarsi che stesse bene, Meli guardò i due tornarsene ammaccati ma soddisfatti verso di loro. Gale si complimentò con Astrid, Lynette insultò Logan per la mancata vincita. 

Infine tutti quanti, più stanchi di prima ma con un estraneo senso di familiarità nel cuore, si prepararono per la notte.

Durante il giorno Meli e Logan erano campioni nel fingere di essere completamente disinteressati l’uno all’altra: si cercavano appena con lo sguardo, si scambiavano qualche battuta sarcastica e tutto finiva lì.

Di notte la cosa si faceva più difficile.

Meli odiava la sensazione di allerta continua di voler sapere dove lui si trovasse in ogni momento, eppure non riusciva a farne a meno. Si sentiva attirata a lui da una forza lenta e inesorabile; e più la combatteva, più sentiva di scivolare giù per il crepaccio.

Dopo aver preparato il campo, e fingendo ogni volta che fosse una fortuita casualità, finivano per sdraiarsi l’uno accanto all’altra; si scambiavano uno sguardo carico di non detti e si limitavano a giacere immobili nella notte silenziosa. Il mattino si ritrovavano spesso molto più vicini di come si erano addormentati, ma facevano finta di nulla. Nessuno degli altri ormai faceva più caso a loro.

Quella mattina non fu diverso. Meli rinvenne da un sonno senza sogni e si accorse di avere un braccio di traverso sul petto di Logan. Rimase lì per un po’, immobile, a rubare quegli attimi di complicità segreta mentre guardava il proprio braccio alzarsi e abbassarsi piano nel ritmo regolare del respiro dell’ammazzamostri.

Avevano un nome, quegli attimi rubati? Quei piccoli gesti innocenti, quegli scambi di sguardi, quel cercarsi e di continuo ritrovarsi? E se anche avessero avuto un nome, avrebbero avuto il coraggio di usarlo ad alta voce? 

Logan si svegliò. Meli ritirò il braccio e si alzò come se nulla fosse accaduto. 

Si affacciò fuori dalla grotta. La neve, infine, era arrivata. Il bosco era un incanto candido e silenzioso mentre grossi fiocchi bianchi cadevano dal cielo opaco. Camminarono tutto il giorno sotto la nevicata. La neve scricchiolava sotto i passi e il suono delle loro voci rimbalzava in modo diverso, più attutito e pacato, contro il silenzio etereo del paesaggio. Meno incantevoli erano le dita dei piedi insensibili dentro gli scarponi e i mantelli inzuppati e pesanti di acqua gelida.

“Si può sapere quanto manca al tuo stramaledetto posto?” rimbrottò Astrid dopo ore.

Meli osservò il cielo candido. Un fiocco di neve volteggiò e finì a posarsi sul suo naso.

“Se ci sbrighiamo potremmo arrivare entro sera”.

La vampira fece un suono stizzito e non si lamentò oltre.

Come promesso, prima che il cielo bianco virasse al grigio, e prima che le dita dei piedi si staccassero definitivamente per ipotermia, giunsero a destinazione.

“Siamo arrivati” annunciò Meli.

Aveva smesso di nevicare. In fila lungo il sentiero, i sei compagni di viaggio si fermarono nel bel mezzo di un bosco di betulle e querce perfettamente immobile.

“Siamo arrivati dove? Non c’è un cazzo di niente qui” brontolò subito Astrid.

Lynette, rannicchiata dentro il cappuccio alzato del mantello di Logan per proteggersi dal gelo, alzò la testolina di capelli lilla.

“No. Qualcosa c’è” disse.

Meli sapeva dove guardare. Identificò un filo di fumo e lo indicò ai compagni, che la seguirono fuori dal sentiero per aggirare un rilievo di terra ricoperto di neve. Dall’altro lato della collinetta, quasi invisibile, c’era una porta di legno: l’ingresso di un’abitazione interrata. Il senso di familiarità la colpì prepotente mentre avanzava nella neve fino all’uscio malconcio. Bussò due volte. Alla terza la porta si aprì di una spanna e un occhio sospettoso si fissò su di loro.

Quando riconobbe Meli, la figura misteriosa spalancò la porta. Si trattava di una donna alta, vestita poveramente con strati e strati di scialli grigi e marroni. Aveva in testa un bitorzoluto cappello di lana che però non riusciva a contenere il vistoso cespuglio di capelli crespi, grigi sulla sommità e bruno-rossicci sulle punte. La pelle del viso era sottile come carta e ricoperta di lentiggini. Due occhi nocciola, scaltri ma in qualche modo assenti, si piantarono sulla faccia di Meli.

“Ce ne hai messo di tempo” esordì la donna con voce gracchiante. “Entra, sciagurata”.

La donna sparì all’interno dell’abitazione, lasciando Meli e i compagni a lanciarsi occhiate titubanti nel paesaggio innevato. Infine la botanica fece agli altri un cenno stanco e insieme varcarono il rettangolo buio.

L’ambiente interno era in penombra e permeato da un odore caldo e intenso di zuppa e zenzero cotto. I dettagli emergevano uno a uno man mano che gli occhi si adattavano alla semioscurità. L’abitazione era incavata dentro la piccola collina; sulle pareti storte di pietre incassate si allungavano e si aggrovigliavano le radici degli alberi che crescevano in superficie. Alla loro sinistra un tavolo e un camino troneggiavano nella piccola cucina, dove un fuoco scoppiettava allegro; paioli di rame e un’innumerevole quantità di stoviglie erano allineati sulle scansie al muro e appesi decorativamente all’architrave e alla canna fumaria che saliva fino al soffitto tondeggiante: il fumo che avevano visto poco prima usciva da lì.

Davanti a loro un elaborato telaio mostrava la parte inferiore di uno scialle intessuto a metà. Mucchi di lana ancora da cardare giacevano a terra tutt’attorno a una poltrona rivestita di pellicce.

L’unica fonte di luce naturale era una finestra accanto alla porta da cui erano entrati; innumerevoli candele e gemmeluce posizionate strategicamente facevano il resto. Un’altra porta si apriva alla loro destra; Meli sapeva che da quella parte si passava alle camere da letto, alla dispensa e a una piccola stalla.

La botanica si voltò verso la donna vestita di scialli che la stava fissando a braccia conserte.

“Chi è questa gente?” incalzò quella.

“Questi sono…”, Meli si interruppe per pensare ad una definizione adatta, “i miei compagni di viaggio” dichiarò infine.

“Non possono stare qui. Sono foresti”.

Meli prese un respiro. L’odore di cibo speziato le fece contorcere lo stomaco dalla fame.

“Non abbiamo altro posto dove andare”.

“Dovevi pensarci prima di mollarmi qui da sola per andare in quello stupido negozio. Non è più casa tua, questa”.

Non sono tornata a casa. Chiedo asilo per un breve periodo. Cibo caldo e un tetto sopra la testa. Possiamo pagare”.

La donna sollevò un sopracciglio. “Non voglio i tuoi soldi”.

“Cosa vuoi?”.

“Una storia”.

Meli sbuffò. “Di quelle ne abbiamo a iosa”.

La donna si sistemò lo scialle che le era scivolato dalla spalla e li fissò uno a uno. Non era la stessa sensazione di frugamento nel cervello che avevano subìto dalla mutaforma, ma allo stesso tempo si percepiva che non era un semplice guardare.

“D’accordo” disse infine la donna. “Intanto potete restare. Per stanotte. Poi si vedrà se le vostre storie valgono qualcosa”.

Meli gettò un’occhiata avida ai due pentoloni che sobbollivano appesi sul braciere. La padrona di casa fece un cenno annoiato con la mano.

“E prendete da mangiare. Avete un aspetto orribile”.

Sistemati attorno al tavolo si misero a mangiare solerti in un tintinnio di stoviglie e cucchiai. Theo, finita la prima scodella di zuppa, fu il primo a ricordare le buone maniere. “Grazie per il cibo, signora. È molto buono”.

“Prego. Sono felice di sapere che tra di voi c’è almeno una persona con la buona creanza di ringraziare”.

Astrid, che ovviamente non stava mangiando, arricciò il naso. “Certo, certo. Ma si può sapere tu chi sei?”.

La donna raddrizzò le spalle e sollevò il mento con fare regale. Meli si trattenne da alzare gli occhi al cielo.

“Il mio nome è Cassandra. Sono una Lettrice del Fuoco”.





Spazio dell'Autrice
Vi stavate chiedendo quando saremmo arrivati a giustificare il titolo di questa Parte IV...? Eccoci qua :D Cosa mi dite di questo ridicolo gruppo di eroi? Riusciaranno a salvare il mondo? E i due nostri imbecilli innamorati? Aaaah io li amo. Ci stiamo avvicinando a gran carriera verso la fine di questa quarta parte, e poi mi prenderò la consueta pausa per elaborare la quinta, che potrebbe essere la conclusiva. Siete un po' tristi? Io sì :')
A prestissimo, grazie a chi segue, a chi legge e a chi lascia un commento <3 A presto!
   
 
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