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Autore: Robin Stylinson    24/04/2024    0 recensioni
2114, Oslo. La future library sta per aprire le porte a tutta la popolazione mondiale: una biblioteca composta unicamente da 100 volumi inediti, scritti a partire dal 2014 (uno all'anno). Erik e Rune, i due guardiani, scoprono che uno dei libri è stato rubato e che al suo interno nascondeva un segreto: la soluzione ad un omicidio irrisolto.
Genere: Mistero, Noir, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Signora Larsen si era diretta alla divisione N.U.F.V. dove aveva lavorato per la maggior parte della sua vita ed era pronta a denunciare un omicidio.
Il quartier generale della cyber polizia sembrava un enorme parallelepipedo bianco lungo trecento metri e alto venticinque dove alcuni quadrati ricolmi di piante si alternavano al cemento e al vetro delle finestre. La struttura era ecosostenibile, dotata di pannelli fotovoltaici e di una struttura per immagazzinare l'energia solare, una cisterna per la raccolta dell'acqua piovana e la sua depurazione. Vi era anche un piccolo orticello - con la superficie di cento metri quadrati - per poter provvedere ad una buona parte dell'alimentazione vegetariana dei dipendenti.
La donna conosceva a memoria ogni angolo della N.U.F.V. ma stavolta era ospite. Aveva dovuto registrarsi all'ingresso, prendere un badge per visitatori ed essere accompagnata da Johan, un ragazzo diligente arrivato da meno di un anno, che l'avrebbe scortata fino al suo vecchio ufficio per poter parlare con il capo in carica di ciò che le era successo.
Non appena mise piede nel vecchio covo, l'aria stantia le pizzicò il naso. Le luci erano soffuse mentre il blu degli schermi riempiva la stanza.
«Larsen!» esortò immediatamente Jensen.
Era un uomo alto e muscoloso, sulla cinquantina, con i capelli brizzolati e gli occhi azzurri, aveva lavorato con l'anziana per diversi anni - erano compagni di scrivania - e adesso era diventato capo ufficio di quella divisione.
«Jakob Jensen!» disse la donna di rimando. «Puoi chiamarmi anche per nome adesso, non sono più il tuo supervisore» concluse.
«Assolutamente no, continuerò a chiamarti con il cognome finché non pioveranno rane!»
«Occhio a ciò che desideri.»
«Non ti preoccupare Larsen, sono certo che non succederà nemmeno durante l'apocalisse.»
Nell'ufficio informatico della divisione cyber dei crimini senza violenza fisica era un vizio dimenticarsi dei nomi dei dipendenti a favore dell'utilizzo del cognome e quella maledetta usanza le ricordava molto i film americani che piacevano al suo defunto compagno.
«Cosa ti ha portato nella tana del lupo?» chiese Jensen.
«Harris è venuto a mancare da poco e...»
«Larsen! Non lo sapevo! Ti faccio le mie più sentite condoglianze. Come è successo?» chiese sorpreso l'ex collega rattristato.
«Dicono sia stata colpa dell'età.»
«E a quel "dicono" tu ci credi poco, immagino.»
«Una vita a sospettare di tutti e a fare ricerche illegali sul web non mi hanno resa paranoica, se te lo stai chiedendo» rispose la donna serrando la mascella e mordenddosi la lingua per non mandare a quel paese l'uomo che aveva di fronte.
«Secondo te allora cosa è successo?» la incalzò Jensen assecondandola sapendo quando fosse difficile perdere una persona amata.
«Credo sia stato avvelenato» rispose la signora Larsen estraendo il pacchetto di caffè dalla borsetta e che avevano ispezionato con molta cura all'entrata della N.U.F.V. «Annusa questo» continuò l'anziana porgendo il macinato all'uomo.
Jensen prese il sacchetto sospettoso e se lo avvicinò al naso.
«Non sento nulla» disse.
«Profuma di mandorle amare» gli spiegò la donna.
Jensen allontanò il pacchetto dal viso e lo ispezionò con gli occhi ma non vide nulla di strano.
«Davvero, per me è caffè normalissimo.»
«Anche mia nipote sente lo stesso odore che sento io. Prova a farlo sentire a qualcun altro.»
«Larsen...»
«Il mio vicino ha portato questo pacchetto di caffè ad Harris e adesso lui non c'è più» continuò la donna agitandosi.
«E credi che qualcuno gli abbia fatto una maledizione per fargli andare di traverso il caffè?» chiese sarcastico l'uomo.
«No, ma è avvelenato»
Jensen alzò le sopracciglia e la guardò dritta negli occhi, incredulo.
«L'odore di mandorle amare è dato dal cianuro!» spiegò Larsen.
«Cianuro?»
«Si!» confermò l'anziana pensando di essersi spiegata al meglio.
«Lo sai che il cianuro non viene più prodotto da almeno cinquant'anni?» la informò l'uomo.
«Beh, qualcuno deve averne certo qualche scorta ancora. Basta fare una ricerca sul Dark Web e...»
«Larsen» disse Jensen pendendo le mani della donna tra le sue. «So che è dura perdere una persona così importante in modo inaspettato, ma non possiamo di certo farne un caso di stato arrampicandoci sugli specchi. Sono certo che quelli che ti "hanno detto" che è morto per la sua età avanzata, hanno ragione.»
«Come fai a non credermi?» chiese la donna strappando le sue mani da quelle dell'ex collega. «Lavorando in questo ufficio abbiamo imparato a non fermarci alla prima impressione ma a fare indagini più accurate, e adesso mi vuoi liquidare così?»
Jensen sospirò.
«Bene» concluse Larsen riprendendosi il pacchetto di caffè sospetto. L'uomo lo aveva appoggiato sulla scrivania vicina a loro. La donna lo afferò energicamente per poi andarsene infuriata sbattendo la porta.
 
La donna aveva percorso l'intero viaggio in Førerløs bil piangendo. Oltre al danno, la beffa, si disse: aveva perso il compagno ed era più che cerca che qualcuno lo avesse ucciso eppure alla sua vecchia divisione non sembrava importargli granché. Nessuno dei suoi ex colleghi l'aveva salutata, l'unico che si era preso la briga di fare due chiacchiere era stato Jensen ma solo per dirle che era diventata vecchia, bisbetica e anche pazza, ma lei voleva credere al suo istinto. Non credeva minimamente che Harris aveva lasciato questo mondo per la sua età, non nel 2111.
La signora Larsen si asciugò il volto con un fazzoletto di stoffa che teneva sempre nella tasca del cappotto. Si pettinò i capelli con le dita affusolate e si disse che aveva abbastanza esperienza per scoprire cosa fosse successo realmente: il primo passo sarebbe stato andare dal signor Moen e cercare di scoprire qualcosa senza essere sospetta.
 
Appena l'anziana arrivò davanti alla sua palazzina, si fermò un istante e fece un respiro profondo.
I giochi erano aperti.
Estrasse le chiavi dalla borsetta e aprì il portone del condominio e salì i pochi gradini che la dividevano dal suo appartamento e da quello di Moen. Fece uno scalino per volta cercando di non far rumore con le scarpe e quando arrivò davanti alla porta del principale sospettato, inclinò la testa prima verso destra e verso sinistra poi suonò il campanello.
Il signor Moen aprì l'uscio senza chiedere chi fosse e rimase sorpreso alla visione della vicina.
«Signora Larsen, buongiorno. Posso aiutarla?» chiese.
«Ecco a lei» disse l'anziana porgendogli il pacchetto di caffè incriminato.
«Può tenerlo, se vuole.»
«Purtroppo io non bevo caffè e senza Harris non so che farmene.»
«Oh.»
La donna lo guardò fissa negli occhi ma non vide nulla che potesse darle conferma di ciò che aveva fatto. Aveva solo una gocciolina di sudore sulla fronte: e se davvero non sapesse che il caffè era mischiato al cianuro? E se avesse dovuto berlo lui e fosse bersaglio di qualcuno che lo voleva morto?
«Prego, entri» le disse il signor Moen.
«Grazie» disse la donna superando l'uscio.
«È proprio sicura che non le possa offrire del caffè?» chiese l'uomo.
«No, grazie. Però volevo chiederle una cosa.»
«Mi dica» Moen chiuse la porta dietro di lui.
«Conosce qualcuno che potesse avercela con mio marito?»
«Perché?» rispose prontamente.
La signora Larsen si sorprese quando l'uomo che aveva di fronte non aveva dato una risposta negativa, ma bensì, voleva sapere la motivazione di quella domanda. Poteva solo essere un caso oppure un primo indizio.
«Perché credo che qualcuno lo volesse morto» gli spiegò la donna.
«E cosa glielo fa pensare?» chiese l'uomo.
Anche questa risposta - o meglio, domanda - poteva diventare una prova.
Larsen aveva studiato per diversi anni le risposte che un sospettato dava a seguito di domande specifiche e nella maggior parte dei casi, il colpevole rispondeva sempre in modo evasivo oppure cercava di restare sul vago  facendo domande all'apparenza innocue per scoprire di quali informazioni erano venuti in possesso coloro che indagavano.
«Penso sia stato avvelenato» disse fuori dai denti la signora.

 
Buongiorno a tutti, lettori!
Mi dispiace di non aver pubblicato nelle settimane scorse ma ero malata!
Spero che questo capitolo vi piaccia!
Rob.
  
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