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Autore: Enchalott    24/04/2024    2 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il talamo sbagliato
 
Kayran incrociò le braccia sul petto, assistendo con sommo disappunto alla parabola discendente del sole. Scostò il drappo d’ingresso, accingendosi a rientrare.
È uscita dall’accampamento senza informarmi e per giunta non è tornata! La troverò e sarà peggio per lei!
«Perdonate, reikan, reco un messaggio.»
Si voltò per scoprire di chi fosse la voce muliebre che lo distoglieva dai piani punitivi nei riguardi della fidanzata.
Malgrado gli abiti semplici, la shitai era attraente: le ciocche tagliate corte brillavano di riflessi cobalto, le iridi possedevano la medesima tinta del tramonto e le ciglia abbassate le conferivano un’aria inibita. A contrasto, il sorriso accennato pareva un invito alla lussuria.
Tsk, le mie schiave non sono tanto provocanti. Mi chiedo a chi appartenga.
Sentendosi come defraudato, Kayran indugiò sulle sue curve procaci, indagando tra le lievi trasparenze della veste, poi le ordinò di riferire.
«Il capitano Dasmi si scusa per il ritardo, si tratta di un’improcrastinabile questione di clan. Mi manda a tenervi compagnia sperando che non vi sia di disturbo.»
Lui assentì brusco e la invitò a entrare nel padiglione, divorandola con gli occhi.
E si esprime anche a dovere.
«Non ti ho mai vista nella tenda di Dasmi.»
«Sostituisco un’altra dorei. Servo un akacha eccellente, se lo gradite.»
«Tanto per iniziare. Poniamo che l’assenza si prolunghi, come mi intratterresti?»
«La mia signora mi ha istruita sul vostro palato raffinato e ha comandato un desinare diverso da quello abituale.»
Il reikan sogghignò all’accidentale doppio senso, indicandole di preparare la bevanda tradizionale. Mentre lei selezionava le foglie, ammirò la piega sensuale del collo e, quando s’inchinò per offrirgli la tazza, lo sguardo s’intrufolò nell’audace scollatura.
«La cucina non è la stanza in cui dovresti trascorrere il tempo. Sei sprecata per una femmina.»
«Grata per l’apprezzamento, signore. In verità appartengo a un Khai del sangue.»
«Sarebbe?»
«Il generale Eskandar. Poiché è assente, gli shitai che provvedono alle sue esigenze sono smistati altrove.»
«Possa il dio della Battaglia riportarlo tra noi» replicò Kayran in un pro forma che non corrispondeva all’invidia macerante.
Già, il braccio destro di Mahati può permettersi una dorei come questa. Fa venire voglia di strapparle i vestiti e scoppiarle dentro.
Rigirò tra le dita la ceramica pregiata, assaporando l’amarognolo dell’akacha.
«Come sei finita tra i sottomessi?»
La domanda diretta era scortese, però lei replicò senza eccepire.
«La mia famiglia è imputata di sedizione»
«Ignobile. E tu, sei una rinnegata come loro?»
«No, reikan
«Dicono tutti così. Riempimi il bicchiere e fammi vedere come obbedisci.»
Soddisfacendo la richiesta, la giovane gli lanciò una fugace occhiata. Non la prima da quando si trovava al suo cospetto.
«Siamo entrambi Khai, dunque perché mi trovi interessante?»
«Domando scusa, sono stata inappropriata.»
Kayran allungò le dita e le sollevò il mento con un gesto asciutto.
«Rispondi, shitai
Negli occhi arancio, confitti nei suoi, la rabbia si accese e spense in un soffio.
Mi sfida? Certo sarebbe stimolante domarla a modo mio.
«Le dorei dicono che siete bello e virile quanto il sommo Eskandar.»
Il giovane inarcò un sopracciglio: il comandante del primo stormo era il più popolare tra le femmine, schiave comprese, pertanto il paragone lo sorprese e lo lusingò.
«Non è così?» domandò con il sarcasmo di chi conosce già la sentenza.
«Lo superate. Ma è solo l’opinione di una serva.»
Kayran socchiuse le palpebre, appoggiando la guancia al dorso della mano.
«Sei sfacciata» commentò senza celare il compiacimento «Che altro?»
«Si dice usiate la spada in modo eccellente.»
Alla nuova allusione, il reikan posò la tazza con un certo impeto.
«Dunque tra i tuoi difetti c’è anche la curiosità. Vuoi una dimostrazione pratica?»
«Non merito tale onore.»
Lui si levò con un sospiro annoiato, mascherando l’eccitazione che lo faceva fremere. Staccò l’arma dal supporto lavorato e sguainò. La ragazza si ritrasse, fomentando la voglia mostrarle dal vivo ciò su cui aveva espresso un educato dubbio.
«Hai paura?» le domandò roco.
«Un Khai non teme nulla.»
«Non lo sei più, hanran, non illuderti. Tuttavia, se ricordi il codice, come motivi il tuo impaccio? Una posa per evitare guai o piuttosto un’istigazione?»
«Domando venia, ho sempre ammirato i cavalieri alati.»
«Etarmah!» Kayran le puntò la lama addosso «L’audacia va sempre premiata.»
Affondò, lacerandole la veste senza intaccarne la pelle. Lei sussultò ma non si coprì quando gli squarci misero a nudo le sue grazie.
Il giovane si passò la lingua sulle labbra, un predatore che pregusta il banchetto.
«Quali sono le portate previste per stasera?»
«Carne di sekk con rashi amaranto.»
«Mi propineresti un piatto speziato senza miele?» si avvicinò fino a posarle l’apice della spada sullo sterno «Eskandar trangugia la tua cucina senza frustarti?»
«La rifiuta, mio signore» replicò lei addossandosi al divisorio ligneo.
«Suppongo tu gli serva altrimenti il dolce» la spinse contro il tramezzo pressandola con il proprio corpo e l’odore della sua pelle gli schizzò al cervello.
«No, reikan, v’imploro…»
Kayran conficcò la spada al suolo, la bloccò e insinuò le dita sotto quel che rimaneva delle vesti. Il contatto con le forme calde e sode lo mandò in visibilio.
«Osi rifiutarmi dopo tutte quelle smancerie?»
«Non è come credete, volevo solo…»
«So benissimo cosa volevi» la costrinse a toccarlo torcendole il polso verso il basso «Ti accontento, non lagnarti.»
«State per sposare la mia signora! Infrangereste la promessa!»
«Dasmi non ha bisogno di saperlo. Quanto al resto, faccio come mi aggrada, specie con le shitai che non vedono l’ora di concedersi. Non mentire, lo percepisco!»
L’afferrò per i capelli e le rovesciò la testa all’indietro. Le affondò le zanne nel collo con la cura di non provocarle dolore bensì brama. Lei gemette, provò a respingere senza successo le mani che la trattenevano come spietate morse. La denudò usando gli artigli per accrescere l’eros, frenando la libidine affinché il gioco durasse di più.
«I ribelli rinnegano Belker, non è così? Per te i suoi precetti sono fumo.»
«Io li rispetto!»
«Bugiarda!» si slacciò l’uniforme, ansimando di desiderio «Il generale ti ha mai fatta inginocchiare?» aumentò la pressione, spingendola giù.
«No! No, reikan
Le strinse la gola con sadica crudeltà e la strenua opposizione cessò. Quando avvertì il calore delle sue labbra, Kayran s’inarcò: si appoggiò al tavolo, le forze sfumanti nel crescendo del climax. Gridò, il corpo attraversato da feroci vampe di appagamento.
«Non credere che sia finita» boccheggiò trascinandola sul letto da campo.
 
Nuskan si posò leggero in un’area poco frequentata dei recinti e Shaeta balzò a terra come fosse l’azione più naturale al mondo. Dasmi esitò, provata dal volo.
«Ancora vertigini?»
Le porse il braccio, ma lei lo ignorò. Era ancora seccata per la storia dell’amante, come lui avvertiva lo strascico amaro delle parole che avevano calato un’ombra sui suoi natali. Non si mostrò premuroso per non inasprirla, ma sulla via del ritorno la guerriera rimase in ostinato silenzio, sostenendosi a tratti agli steccati.
Pare voglia farmi pesare che non soffro il mal d’aria. O teme i rimproveri di Kayran e tiene il broncio a me. Dèi, quant’è umorale! Prima piange e quasi mi incoraggia… poi mi guarda di traverso. Tsk!
Giunsero nello spiazzo principale mentre le fiaccole venivano attizzate per la notte: dall’eccitato fermento e dalle uniformi prive di gradi, il principe comprese che erano giunte le reclute che dovevano ultimare l’iniziazione a Belker.
Evitò i loro sguardi, imbarazzato al pensiero di una scelta tanto fisica quanto fredda per la loro prima volta. Non aveva mai assistito ad alcuna cerimonia, perciò fu tentato di chiedere.
«Senti, Dasmi, l’entharak è un rituale preciso o un invito informale?»
«Vale solo per i Khai, fatti passare il prurito» ringhiò lei.
«Macché prurito, approfondire le vostre tradizioni è parte del mio addestramento!»
«Questa non ti serve, non seccarmi!»
«Come non detto, mi rivolgerò a Valka.»
La ragazza si girò di scatto con un’espressione furente.
«Ehn, vai a farti istruire dalla bocca della verità! Magari te lo mostra dal vivo!»
«Avverto una lieve asprezza, non è che ti sei pentita di averlo allontanato?»
«Cosa!? Piuttosto che tornare nel suo letto…»
Si interruppe e sul volto transitò un’indicibile tristezza: lui preferì non infierire, poiché era già promessa al peggio che avrebbe voluto usare come contrappeso.
«Principe Shaeta?»
Trasalì per essere stato interpellato con il suo titolo più che per l’appello inatteso.  Spalancò gli occhi davanti alla giovane guerriera che lo puntava, la mano sul fianco e il mantello girato su una spalla: aveva occhi di ghiaccio azzurro, lunghi capelli color miele e le labbra piene erano incurvate in un sorriso seducente.
Dire che è graziosa sarebbe offenderla.
«D-Desiderate?» balbettò.
«Uhm, sì» assentì lei ambigua «Vorrei che mi iniziaste al dio della Battaglia.»
Shaeta pensò che la mandibola stesse per cadergli a terra e non riuscì ad articolare risposta, in compenso divenne paonazzo.
«E tu chi saresti?» intervenne Dasmi «Presentarsi è passato di moda?»
«Capitano Indyvar, per la gloria del celeste Belker.»
«Porti i gradi ma non sai che nell’entharak è vietato accoppiarsi con un sottomesso?»
«Non mi risulta che l’erede minkari lo sia» ribatté la prima senza scomporsi.
«Puoi scordartelo, carina!» abbaiò l’altra «Scegliti un Khai come fanno tutte!»
«Non sei un reikan, non devo renderti conto. Quell’uomo porta la divisa, parla la nostra lingua, vola ed è attraente. A meno che non sia il tuo compagno, se accetta possiamo goderci l’amplesso finché ci pare.»
«Il mio…» trasecolò Dasmi «Non disgustarmi e vattene, prima che finisca male!»
L’alterco iniziò a captare l’attenzione dei presenti, che fecero capannello intorno alle due ragazze: Shaeta avvertì la pressante esigenza di seppellirsi, ma lasciò prevalere la calma che gli era stata insegnata.
Valka mi darebbe la benedizione e una pedata nel didietro per spedirmi dritto tra le braccia di quella recluta. Somma Azalee, che situazione!
Pensare al suo mentore gli fornì la soluzione.
«La vostra preferenza mi onora, capitano» asserì cortese «Nondimeno mi è stato riferito che l’amplesso con uno straniero non manda in circolo la tossina, scopo del rituale. Attenendomi al vostro credo, sono costretto a declinare.»
Dasmi lo fissò sbigottita, mentre i presenti si spesero in un mormorio d’approvazione. Indyvar arricciò la bocca con evidente delusione.
«Sudenha» concordò poi «Attenderò che i miei artigli siano velenosi. Che rispettiate le nostre regole incrementa la vostra allettante mascolinità.»
Si allontanò senza voltarsi e Shaeta tirò un sospiro di sollievo.
Valka mi darà dell’imbecille, sento già le orecchie fischiare.
«Ienaarak!» le imprecò dietro Dasmi «Lurida cagna in calore!»
«Ssh! Nemmeno io necessito del tuo intervento, soprattutto quando complica le cose e offende il prossimo! Mi spieghi perché ti sei arrabbiata tanto?»
«Non hai sentito? Tornerà alla carica!»
«Adesso non girare la frittata, sei decollata in verticale prima che lo dichiarasse! Qual è il problema? Che una Khai non provi repulsione per un Minkari?»
La guerriera rimase interdetta e tentennò impacciata.
«Resterebbe il talamo sbagliato!» sputò tra le zanne.
Shaeta evitò di arrovellarsi e scosse il capo: avrebbe risolto i dubbi con Valka.
«Quello lo decido io» ribatté per punzecchiarla.
Lei non riuscì a controbattere poiché furono interrotti per la seconda volta.
«Nobile Dasmi, il vostro futuro marito v’informa di un cambio di programma. Stasera non verrà alla vostra tenda, siete invitata a raggiungerlo ora nella sua.»
«Come se fossi anch’io una dorei» sibilò la ragazza, squadrando la messaggera che si allontanava «E poi chi diavolo è quella?»
«Non la conosci?»
«Bah, non presto attenzione alle schiave.»
«Ti accompagno» disse il principe, in preda a un pessimo presentimento.
Lei alzò le spalle e si avviò verso l’area riservata ai reikan d’alto rango.
Non mi ha cacciato via, forse mi devo preoccupare sul serio. O paventa che qualche nuova arrivata mi accalappi sbattendo le ciglia.
Gli venne da sorridere, ma Dasmi non poteva essere gelosa, era solo l’abitudine khai di marcare il territorio. Sospirò rassegnato e la affiancò.
 
Il padiglione di Kayran aveva le luci smorzate, come fosse deserto. Dasmi sbuffò, sistemò l’uniforme ed entrò senza chiedere permesso. Attraversò il divisorio, diretta al talamo, certa che lui si trovasse lì per reclamare il rapporto che gli era dovuto.
Se sapesse che assumo le erbe, diverrebbe una furia. Non voglio partorire suo figlio né adesso né mai! Se lo persuado della mia sterilità, chiederà l’annullamento degli sponsali. Devo pazientare, sopportarlo solo per qualche tempo.
I cupi ragionamenti si interruppero davanti al tramezzo che riparava l’alcova: sbarrò gli occhi quando udì suoni inequivocabili. Lo superò e congelò alla scena.
Kayran, avvinghiato a una donna in una posizione oscena, non si era neppure premurato di denudarsi: i vestiti di lei erano invece a brandelli tra le lenzuola e la designavano come sottomessa.
Dasmi li fissò esterrefatta, ma loro non si avvidero della sua presenza né percepirono il suo odore. Posò le dita sull’elsa, pronta a vendicare l’affronto, ma la ragione suggerì una via diversa: quella di scampo.
È un tradimento, stanno violando le leggi sacre a Belker. Che insperata opportunità!
«È questo il valore delle tue promesse, Kayran?» pronunciò gelida, sforzandosi di impedire al giubilo di prevalere sulla finta aria scandalizzata.
Il giovane trasalì e serrò gli abiti scomposti, mentre la schiava si rannicchiò celando il viso tra le chiome ribelli. Sulla sua pelle c’erano lividi e segni rossi recenti.
«Dasmi? Che diavolo fai qui!?»
«Assisto a un frammento della nostra futura vita coniugale. A me sfornare eredi, a te sbatterti una femmina compiacente, non è così?»
«Cosa!? Non è così, questa sgualdrina deve avermi sedotto con un trucco subdolo! La mia mente è confusa, non ricordo com’è iniziata!»
«Oh certo, ho visto quanto eri costretto.»
Kayran torse un braccio alla shitai.
«Sai che non ero in me, confessa!» minacciò «Cosa mi hai fatto?!»
«Tutto ciò che avete chiesto, reikan! Non avrei mai ardito scontentarvi!»
All’affermazione ambigua la colpì con un manrovescio.
«Non giocare con le parole, sporca ingannatrice! Quale droga hai usato!?»
Lei posò la mano sulla guancia arrossata, le spalle tremanti, gli occhi spalancati.
«Nessuna, lo giuro! Vi ho obbedito come compito di ogni dorei
«Basta!» intervenne Dasmi quando lo vide levare il braccio, gli artigli contratti per uccidere «Le sostanze psicotrope non funzionano coni noi, piantala con le fandonie!»
«Fandonie!? Questa cagna ha detto che l’hai mandata da me per scusarti del ritardo! Ho pensato mi avessi accordato un risarcimento!»
La guerriera aggrottò la fronte: un altro elemento fuori posto dopo il messaggio fasullo che l’aveva attirata lì in quel preciso frangente. Qualcuno aveva manovrato gli eventi, non certo Kayran, che era stato colto con le mani nel miele e si arrampicava sugli specchi anziché sfoderare la consueta boria.
«E ci hai creduto? Tipico di una sposa khai ordinare a un’altra di aprire le gambe all’uomo che le ha giurato fedeltà. Le tue sono menzogne, il vincolo è infranto e l’infedeltà successiva alle asheat è un adulterio. Non la passerai liscia quando riferirò a mio padre.»
«Non farai nulla del genere! Rovinarmi la carriera per una sciocca gelosia è da codardi!»
«Per l’Arco infallibile, scarichi la colpa su di me!? Ti sei tuffato di faccia dentro un’altra e il problema sarebbe il tuo avanzamento di grado!? Mi fai schifo! Non voglio più vederti, figurati diventare tua moglie!»
Lui impallidì nel sentirla determinata a distruggergli la reputazione.
«Davvero scontenteresti i clan? Passeremmo seri guai se non convolassimo a nozze dopo gli accordi intrapresi tra le nostre famiglie, siamo troppo in vista per rinunciare.»
«Se parli di šokai, l’unico compromesso sei tu. I miei approveranno, quando rifiuterò un porco fedifrago che oltraggia il dio della Battaglia.»
«Mettiamoci d’accordo» tentò Kayran «Farò ammenda, ci sarà pur qualcosa che desideri. Sostenere l’esame di volo o levarti lo sfizio con un altro maschio… quello che ti scaldava il materasso prima del sottoscritto, per esempio.»
«Una volta svincolata da te, farò ciò che mi aggrada senza il tuo benestare.»
«È la tua parola contro la mia!» ringhiò lui in un ultimo disperato tentativo.
«Mh sì, quella shitai non ha voce in capitolo, tuttavia la testimonianza del principe dell’Irravin verrà di sicuro considerata attendibile.»
«Stai fingendo, siamo soli!»
«Non disturbarti a cercarlo, è qui fuori.»
Il reikan balzò in piedi reggendo i pantaloni allentati, la pelle ancora lucida di sudore e di eros. Afferrò la spada e si erse minaccioso, bloccandole l’uscita.
«Un altro passo e giuro che ti ammazzo!» ansimò furente.
Dasmi provò a spingerlo via, ma fu costretta a difendersi dalla sua rabbia cieca. Le lame cozzarono violente in uno scontro nel quale si trovò subito in netto svantaggio.
 
Quando il sole si sciolse tra le colline, Shaeta serrò il mantello adattandosi alla temperatura inclemente della sera. Pur affamato, preferì non allontanarsi, dando ascolto alla sensazione negativa che lo aveva pervaso.
Mi sento un idiota che si ostina in una faccenda che non gli compete affatto.
L’idillio violaceo del crepuscolo fu turbato da un improvviso clangore di spade. Trasalì e l’inquietudine incrementò quando comprese che proveniva dall’interno della tenda.
Esitò prima di gettarsi a capofitto in quello che poteva essere uno scontro d’onore tra demoni o un esercizio, poi bandì gli indugi e scostò il drappo d’ingresso.
Una giovane Khai, avvolta in un lenzuolo sgualcito, gli piombò addosso. Impiegò qualche secondo a riconoscerla.
Iroya?
«Vuole ucciderla!» gridò lei trafelata «Kayran è impazzito! Fermatelo, vi prego!»
Il principe si precipitò nel padiglione, guidato dal forte tramestio, la mano pronta sull’impugnatura e i pensieri turbinanti.
Dasmi era ferita alla spalla destra, il sangue le inzuppava la manica e rendeva viscida l’impugnatura della sua arma: combatteva con l’energia della collera e digrignava le zanne per non cedere. Il futuro marito la incalzava senza pietà, gli occhi azzurri freddi come l’inverno eppure ardenti di furore.
«Reikan! No!»
Il grido ebbe l’unico effetto di palesare la sua presenza, nessuno dei due gli prestò attenzione, come fosse un minuscolo insetto.
Kayran andò di nuovo a segno, affondando la lama nella coscia della ragazza, che perse la stabilità e rovinò a terra. Una violenta gragnola di colpi si abbatté sulla sua precaria difesa, fugando i dubbi sulla consistenza dello scontro e sul possibile vincitore.
Shaeta sguainò, consapevole di quanto la mossa azzardata avrebbe comportato.
«Non osare, sporco Minkari!» gli ruggì contro il cavaliere alato.
«Non osate voi piuttosto! Recedete!»
L’altro esplose in una risata sprezzante.
«È una minaccia, shitai? Terrai compagnia alla mia sposa nello sconfinato regno di Reshkigal, se ci tieni tanto! Traccerò la via per entrambi!»
Shaeta si parò difronte alla guerriera con un’audacia che esulava dal temperamento pacato di sempre. Lei non ebbe la forza di reagire e restò accasciata a fissarlo.
Il primo incrocio si tradusse in una vibrazione dolorosa che gli rammentò la spiccata supremazia khai in duello. Non si lasciò abbattere, sebbene il cuore stesse pulsando rintocchi di paura e il sudore gli stesse impregnando l’uniforme.
«Sei patetico, moccioso! Certo non quanto lei che si nasconde dietro uno come te!»
«Quale follia vi governa? Dasmi è la vostra preziosa, perché la attaccate?»
«Non ti devo spiegazioni!»
Parò il successivo attacco, che tuttavia lo spinse indietro con la potenza di un ariete, mandandolo a urtare il mobilio.
Calmo. Devo restare calmo.
Riconquistò l’autocontrollo e ignorò il dolore al fianco, spostandosi lateralmente per non incorrere nell’offensiva diretta. Non si lasciò intaccare dallo scherno che leggeva nello sguardo dell’avversario, né distrarre dalle ferite aperte della ragazza. Si concentrò sullo scintillio del metallo nemico.
Kayran si mosse in un arco opposto, studiandolo con aria divertita.
«Vediamo quanto reggi il gioco» sogghignò sdegnoso.
«Versare sangue non è un passatempo!»
«Lo è, come cacciare o possedere una femmina. Appena quella miserabile renderà l’anima al Custode, costringerò le dorei Minkari ad allietarmi le nottate. Mi piace udirle gridare, scorgere il terrore sui loro volti, respirare la loro vergogna! Si dice facciano qualunque cosa pur di essere risparmiate.»
«Dannato bastardo!»
Sapeva che era una provocazione, però i ricordi e le sofferenze della sua gente, di Evlare, delle vestali che lo avevano accolto al tempio pesavano come piombo. Eppure non intaccarono la sua lucidità, al contrario accrebbero la determinazione, lo convinsero della necessità di farsi portatore di una giustizia equanime.
Per tutti! Anche per lei, per Dasmi, per chi non si può difendere!
Socchiuse gli occhi e rallentò la respirazione, smise di arretrare, le mosse difensive guadagnarono in scioltezza, le braccia non accusarono fatica.
Shaeta continuò a parare, per assurdo i movimenti del rivale erano alla sua portata, gli affondi non risultavano troppo veloci o destri. Acquisì il ritmo del duello, ignorò gli insulti e i colpi di striscio che gli tagliavano l’epidermide, non ebbe esitazioni.
Rovesciò la situazione, partì all’attacco pareggiando l’abilità dell’altro e gettandolo nello sconcerto.
«Non esaltarti, verme minkari! È pura fortuna!»
«Allora gli Immortali sono dalla mia parte.»
Il demone schiumò di sdegno, riprendendo l’assalto con rinnovata ferocia. Saltò come un acrobata, atterrando accanto al divisorio, impugnando la seconda spada.
«K-Kayran, no…» ansò Dasmi «Se lo uccidi, il Kharnot…»
«Sta’ zitta!» intimò lui sferrando un colpo a vuoto «Vi ho sorpresi nell’amplesso, ho riscattato l’onore come mio diritto. Mahati la berrà come akacha! Non frignare, avrai il rito e il ricordo dei tuoi. E tu, principino, otterrai la stessa sorte di tuo padre, pezzo più pezzo meno. Non sei contento?»
«Mio padre è tutto intero» ringhiò Shaeta «Compresa la dignità che tu non possiedi.»
Il reikan scattò in avanti con un’imprecazione, deciso a porre fine allo scontro.
Lo scambio sfumò in un crescendo sempre più rapido, finché una delle due spade non raggiunse l’obiettivo. Lo spruzzo scarlatto investì Dasmi, imbrattandole il viso: la lama vittoriosa sporgeva dalla schiena dello sconfitto, tinta del medesimo colore.
Kayran si accasciò al suolo e non si mosse più.
Un manipolo di guerrieri armati irruppe nell’ambiente, capeggiato da Valka.
«Per tutti gli dèi, che diavolo state…»
La voce gli si incagliò in gola. Osservò Shaeta e il corpo riverso in un lago di sangue.
Si inginocchiò, lo esaminò e, quando tornò a guardare il suo protetto, il volto era una maschera di sbigottita incredulità.
«È morto.»
Subito dopo Sheratan fece il suo ingresso in un silenzio tombale.
«Avvertite immediatamente il Šarkumaar» ordinò.
   
 
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