Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Infinity_2015    06/05/2024    0 recensioni
Alex e Bea frequentano entrambi la facoltà di economia aziendale a Verona, dove si conoscono casualmente durante una pausa tra una lezione e l'altra alle macchinetta del caffè al secondo anno. Prima di allora non si erano mai neanche visti, nonostante avessero tutte le lezioni in comune.
Tra loro scatta subito una certa antipatia, riusciranno a superarla?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

TRIGGER WARNING

In questo capitolo verranno trattati in modo abbastanza specifico e approfondito gli attacchi panico. Se siete persone molto suscettibili e/o sensibili a questo argomento, sentitevi completamente liberi di saltare quel pezzo.

Adesso vi lascio al capitolo, spero vi piaccia.

******
 

Bea

Corsi a perdifiato fino a raggiungere il bagno, buttai senza troppa attenzione le mie cose per terra e mi appoggiai con le spalle al muro, ancora con il respiro affannato.

Mi lasciai scivolare lungo la parete e mi portai le gambe al petto; seppellii il viso sulle ginocchia e cominciai a piangere. La sensazione che provavo allo stomaco da quella mattina andava a peggiorare, percepivo come se ci fosse qualcosa che mi stesse mangiando dall’interno. Non riuscivo nemmeno a respirare, sentivo come se il cuore mi stesse per essere strappato dal petto; era come se avessi un enorme masso che non mi permetteva di far entrare aria.

Cominciai a percepire sempre più distante ed estraneo l’ambiente circostante, come se io non fossi più lì, o meglio, come se fossi presente fisicamente ma a livello mentale e psicologico fossi da tutt’altra parte, in un posto molto più brutto e intriso di terrore e paura. 

Cercai di prendere dei respiri profondi e cominciai a contare le mattonelle che formavano il pavimento del bagno. Di solito, con questo tipo di tecniche riuscivo a calmarmi in poco tempo; speravo che quel giorno non fosse l’eccezione.

Purtroppo mi sbagliai di grosso.

Non riuscivo a capire di cosa avessi bisogno per farmi passare quel malessere generale e quella sensazione di soffocamento che non mi lasciava in pace ormai da un quarto d’ora. Avevo la sensazione che le pareti cominciassero ad avvicinarsi sempre di più a me, rendendo l’anticamera del bagno più piccola ed angusta; l’unica conseguenza fu l’aumentare dei miei battiti cardiaci e dei miei respiri affannati. Stavo cominciando ad avere le vertigini e i giramenti di testa; questi sintomi non li provavo spesso, ma quando si presentavano non erano mai un buon segno. 

Di norma, l’unica persona che riusciva ad aiutarmi in quelle circostanze era Noel che ne soffriva da anni, ma non era ancora arrivata in università perché, data l’iniziale del suo cognome, faceva parte del secondo turno per l’esame di Organizzazione Aziendale. Prima di conoscerla avevo imparato ad arrangiarmi perché ero perennemente da sola in quelle situazioni, poi era arrivata lei e avevo trovato qualcuno in grado di darmi una mano.

Sentii dei passi avvicinarsi alla porta, alzai lo sguardo e sperai con tutto il cuore che non fosse la professoressa, non volevo farmi vedere in quelle condizioni né rispondere a qualsiasi domanda potessero farmi in quel momento.

Entrò l’ultima persona che avrei mai potuto immaginare: Alex.

Appena mi vide, il suo sguardo si colmò di preoccupazione e mi si lanciò contro: «Ehy, cariño

Quando notò le lacrime che stavano ancora rigando il mio viso, mi accarezzò la guancia, le asciugò con un dito e mi chiese: «Cosa posso fare per aiutarti?»

Sorrisi lievemente alla sua dolcezza e inclinai la testa verso la sua mano; rimasi in quella posizione per qualche secondo, cullata da quel contatto così inatteso ma allo stesso tempo così consolatorio.

Prima ancora che potessi rispondere alla sua domanda, venimmo raggiunti dall’ultima persona che volevo vedere in quel momento: Andrea.

Non avevo bisogno delle sue energie negative e delle sue sfuriate da prima donna in quell’istante.

«Bea, cosa ci fai qui? Cos’era quella scenata?» esordì il fratellastro di Alex appena mise piede in bagno.

Non avevo nemmeno la forza di rispondergli, quindi rimasi in silenzio e non dissi nulla. 

Il ragazzo al mio fianco si alzò, interrompendo il nostro contatto, e si avvicinò al nuovo arrivato: «Non sono cose che ti riguardano, Andrea. Vattene.»

«Non ho chiesto a te, stavo parlando con Bea.»

Capii dalle spalle rigide di Alex che stava cominciando ad arrabbiarsi; avrei voluto fare qualcosa per levarlo da quell’impiccio in cui era finito a causa mia, ma ero ancora nel pieno di un attacco di panico.

Mi tappai le orecchie e ricominciai a singhiozzare, con l’ansia e il panico che mi serravano ancora la gola senza farmi respirare.

«Non vedi come sta? Vattene, Andrea.»

«No. Se non sento uscire queste parole da Bea, non me ne vado.»

Alex alzò gli occhi al cielo e si avvicinò a lui: «Senti Draco Malfoy dei poracci, levati dai coglioni. Bea non è in condizioni di parlarti. Non sta bene e ha solo bisogno di stare tranquilla, senza nessuno che le rompa le scatole. Vattene. Non te lo ripeterò un’altra volta.»

Invece di andarsene, Andrea ribattè con tono di sfida: «Tu cosa ci fai qui allora?»

Alex, di tutta risposta lo preso per il colletto del maglioncino che stava indossando e lo spinse contro il muro: «Io, se non te ne fossi ancora reso conto, sono il suo ragazzo. Posso restare qui.» Espirò, stringendo ancora più forte il tessuto, e proseguì: «Tu, invece, per lei non sei e non sarai mai nessuno. Mettitelo bene in testa.»

Mollò la presa e aggiunse: «Ora levati dai coglioni.»

Andrea gli lanciò uno sguardo furioso, ma decise saggiamente di andarsene.

Alex si rilassò e si girò a guardarmi: «Scusami cariño, non volevo assistessi a questa scena.»

Scossi la testa e lui si sedette vicino a me: «Cosa posso fare per aiutarti?»

Con quel poco di voce che mi restava, riuscii a rispondergli: «Abbracciami e basta.»

Il ragazzo al mio fianco non se lo fece ripetere due volte e allargò le braccia, io mi ci tuffai dentro e restammo in quella posizione per quella che mi sembrò un’eternità. Sentivo le sue mani che mi accarezzavano la schiena e i capelli con una delicatezza disarmante; persino il suo profumo aveva un effetto calmante su di me.

Per la prima volta, dopo tanto tempo, avevo trovato un’altra persona in grado di aiutarmi con i miei attacchi di panico.

Quando mi calmai del tutto, mi staccai lentamente dal suo abbraccio e lo guardai attentamente: «Grazie.»

Lui mi fece un sorriso a trentadue denti che mi spiazzò completamente e rispose: «Non devi ringraziarmi di nulla, cariño. Hai bisogno di un po’ d’acqua?»

Io annuii, Alex prese il suo zaino e ne tirò fuori una borraccia, me la passò e disse con tono dolce: «Ecco, tieni»

Bevvi un sorso d’acqua e richiusi la borraccia, poi gli chiesi: «Cosa ci fai qui, Alex?»

Lui scosse la testa e replicò: «Quando ti ho vista scappare dall’aula in quel modo, con gli occhi terrorizzati e lucidi, mi sono preoccupato. Ho immaginato che ci fosse qualcosa che non andava.»

Nascosi il viso tra le mani e sussurrai: «Scusami.»

Alex mi prese le mani e le spostò: «Bea, guardami. Non hai nulla di cui scusarti, anzi. Sarei arrivato prima se la professoressa non mi avesse bloccato.»

«Non volevo far preoccupare nessuno, lo giuro. Mi dispiace.»

«Smettila di scusarti, cariño. Non mi ha costretto nessuno a venire qui da te, l’ho fatto perché volevo e me lo sentivo.»

Per rafforzare il concetto, mi diede un bacio sulla fronte ed io sorrisi. Dio santo, era troppo dolce.

«Non dovevi farlo per forza, lo sai.»

«Sì, lo so. Ti ho già detto che volevo farlo, però.»

«Perché?» chiesi timida.

Ero terrorizzata dalla risposta che avrebbe potuto darmi, avevo paura di aver interpretato male i segnali che mi aveva mandato in quelle settimane.

«Ma come, non l’hai ancora capito, tesoro?»

«Capito cosa, Alex?»

Sospirò ed esclamò: «Mi piaci Bea!»

«In che senso?» chiesi stupita da quella sua affermazione.

«Ma come in che senso!» ridacchiò leggermente Alex. «Nel senso che mi piaci e basta. Mi piace il tuo caratteraccio, il modo in cui mi rispondi da stronza quando ti incazzi, come ti fai valere quando ti giudicano, tutto.»

Sospirò e proseguì: «Me ne sono reso conto al pranzo con mio padre, ma non ero ancora pronto ad ammetterlo nemmeno a me stesso, figurarsi a qualcun altro. Ho realizzato che mi piacessi nel momento in cui Gonzalo ha iniziato a trattarti di merda ed io non sono riuscito a sopportarlo. Come ti ho già detto quel giorno, non stavo fingendo. Anzi, se devo essere sincero, non ho mai finto in queste settimane. Per me, era troppo naturale stare con te, tenerti per mano, baciarti, abbracciarti, coccolarti. Tutto troppo naturale.»

Boccheggiai: «Wow.»

Tutto quello che riuscivo a pensare era esattamente quello, wow. Ero troppo sorpresa, non avevo nemmeno considerato l’idea che potesse ricambiare i miei sentimenti, almeno non fino al giorno prima, quando mi aveva baciato senza alcun motivo apparente.

«Ah. Penso di aver appena rovinato tutto. Scusami, non dovevo dirtelo.»

Fece per alzarsi, ma riuscii a bloccarlo per il polso: «No, Alex. Hai fatto bene.»

«Sì? Dalla tua reazione non sembra.»

Santo cielo, stavo rovinando tutto. Dovevo risolvere la situazione e pure in fretta.

«Scusami, sono rimasta solo sorpresa dalla tua confessione. Non me l’aspettavo. Ho sempre dato per scontato che non avrei mai potuto piacerti.»

«Come mai?» chiese lui, guardandomi attentamente negli occhi.

«Visto come sono cominciate le cose tra di noi, con le tue battutine sul mio aspetto fisico e le prese in giro, ero convinta che non sarebbe mai successo nulla tra di noi.»

«Ha senso, dovevo aspettarmelo che avrei pagato le conseguenze delle mie azioni» replicò lui, abbassando lo sguardo sulle sue scarpe.

Scossi la testa: «No, non hai capito niente. Dal pranzo con Gonzalo e Ana ho cominciato a rivalutarti e a cambiare idea su di te.»

«Questo che significa?» chiese alzando il viso.

Sorrisi imbarazzata: «Significa che mi piaci anche tu, Alex.»

La sua reazione fu un qualcosa di adorabile: «Non potevi dirmelo prima? Mi hai fatto passare le pene dell’Inferno!»

Scoppiai a ridere: «Ti piaccio lo stesso, però. L’hai detto tu.»

Scosse la testa e replicò: «Non fare la stronza con me, cariño. Potresti pentirtene.»

Mi alzai e dissi, con tono di sfida: «Ah sì? E come pensi di farmene pentire?»

«Solletico. Semplice.»

«Assolutamente no. E poi sei stato tu ad affermare che ti piace quando faccio la stronza, o erro?»

«Non sbagli.» Si passò una mano tra i capelli e si alzò: «Qualcosa mi dice che era meglio se me ne stavo zitto.»

Scoppiai a ridere e presi la mano che mi aveva appena porto, Alex mi aiutò a tirarmi su e mi strinse a lui.

«Hai fatto bene a dirmelo, invece. Io stavo solo aspettando che ti dichiarassi tu, avevo paura di espormi e di prendermi il palo» affermai, guardandolo negli occhi.

Scosse la testa e replicò: «Ti capisco, anch’io ero così qualche anno fa. Ho capito solo dopo che è meglio buttarsi e prendersi il palo che non farlo e continuare a rimuginarci, chiedendosi cosa sarebbe successo se avessimo fatto diversamente.»

Ero curiosa di scoprire cosa fosse successo in passato, ma prima che potessi porgere la mia domanda mi squillò il telefono. Sospirai e, staccandomi dall’abbraccio di Alex, lo presi dalla tasca dei jeans per controllare chi fosse; appena vidi il mittente, risposi: «Ciao Vivi, tutto bene?»

«Sì, tutto a posto. Ti chiamo per quelle pratiche da sbrigare con l’avvocato.»

«Sì, mi ricordo. Dimmi tutto!»

Alex mi avvicinò ancora a sè e mi abbracciò da dietro, appoggiando il mento sulla mia spalla.

Sorrisi e tornai a prestare attenzione a Viviana dall’altro capo del telefono: «Avrei bisogno che facessi da interprete per legalizzare la donazione, è una cosa fattibile per te?»

Annuii, convinta che potesse vedermi e sentii la risata di Alex nel mio orecchio.

«C’è qualcun’altro con te, Bea? Ho sentito una risatina»

«Non ti preoccupare, Vivi. Tornando al discorso principale, cosa dovrei fare da interprete?»

«Tu non me la racconti giusta, sei stata troppo evasiva.»

Fece una pausa e ne approfittai per lanciare un’occhiataccia al ragazzo dietro di me, lui alzò gli occhi al cielo e mi diede un piccolo bacio sul collo.

Vivi riprese: «Fondamentalmente dovresti tradurre ciò che dice l’avvocato ai presenti, in particolare a mia nonna. Poi, se non è chiederti troppo, ci sarebbe da trascrivere in spagnolo il documento dell’avvocato.»

Arrossii al contatto delle labbra di Alex col mio collo e lo sentii ridacchiare piano, mentre io risposi al telefono: «Mmmh, per me va bene. Non ho problemi.»

«Sicura vada tutto bene? Ho sentito di nuovo qualcuno che rideva.»

«Va bene, tanto vale che te lo dica.»

«Dirmi cosa?» chiese Viviana incuriosita.

Io mi staccai da Alex e mi girai a guardarlo, volevo vedere la sua reazione alle mie parole.

«La risatina che hai sentito era quella del mio ragazzo» dissi sorridendo.

Alex rimase a bocca aperta davanti alla mia affermazione, evidentemente non se lo aspettava; improvvisamente raccattò tutte le nostre cose, mi prese per il polso e mi trascinò fuori dai bagni.

Dall’altro capo del telefono, Vivi non aveva ancora risposto alla mia rivelazione: «Oi, tutto bene? Sei ancora viva?»

«Sì, scusami Bea. Sono rimasta solo un attimino scioccata dalla tua notizia; non sapevo nemmeno che ti piacesse qualcuno, figurati aspettarmi che ti fossi fidanzata…» scoppiò a ridere lei.

«Non hai tutti i torti, Vivi. Sei la prima persona a cui lo racconto, non lo sanno nemmeno i miei genitori e la mia migliore amica…»

«Ma quindi è cosa fresca! Da quanto state insieme?»

«Cinque minuti, in realtà. È appena successo» replicai con ancora lo stesso sorrisone di prima in faccia. Non riuscivo a smettere, ero troppo felice.

«Wow, sono veramente felice per te!» esclamò a voce talmente alta da rischiare di spaccarmi un timpano.

«Tornando al discorso iniziale, sei riuscita a risolvere il problema dei testimoni? Se non ricordo male, tutti e due devono conoscere lo spagnolo e capirlo, giusto?»

«Esatto, brava che me l’hai ricordato.» Sospirò e riuscii a percepire la sua preoccupazione, c’era qualcosa che non mi stava dicendo.

«Vivi, che succede?» chiesi leggermente allarmata.

«Mi manca un testimone, la persona che ero riuscita a trovare mi ha dato buca e l’incontro è tra poco più di 24 ore. Sono in alto mare. Non so a chi chiedere, non mi viene in mente nessuno. Tu per caso conosci qualcuno?»

«Guarda, sei veramente fortunata. Il mio ragazzo è venezuelano, se vuoi posso chiedere a lui» proposi, cercando di risolvere il problema.

Alex mi lanciò un’occhiata interrogativa a cui io risposi con un semplice gesto della mano, come a dirgli che gli avrei spiegato solo dopo.

«Oddio, mi salverebbe veramente se riuscisse a darci una mano» Replicò Vivi dall’altro capo del telefono, poi aggiunse: «Prova a sentirlo e vedi che dice, per favore»

«Va bene, ci parlo e ti aggiorno appena so qualcosa. Intanto mandami il file da tradurre che ci penso io, per favore.»

«Ok, te lo invio subito. Grazie mille, Bea»

«Figurati, quando vuoi. Ci vediamo dopodomani, ciao Vivi»

«Ciao»

Chiusi la chiamata e guardai Alex vicino a me, lui ricambiò il mio sguardo e mi chiese: «Cos’era quello?»

«Di cosa stai parlando?» mi avvicinai e gli cinsi la schiena con le braccia, appoggiando la testa sul suo petto.

«Le hai detto che sono il tuo ragazzo, cariño. Non so se te ne sei resa conto» replicò accarezzandomi i capelli.

Sorrisi: «Scusami, non è così?»

«Non ne avevamo ancora parlato, sono rimasto sorpreso dalla tua uscita, tutto qui.»

«A te sta bene? Non volevo combinare un casino né tantomeno decidere per te» risposi staccandomi leggermente da lui.

«Certo che mi sta bene, cariño! Non hai combinato nessun disastro, stai tranquilla.» Mi riavvicinò a lui e mi diede un leggero bacio sulle labbra; sorrisi e mi riappoggiai sul suo petto.

«Cos’è che mi devi chiedere?» cambiò discorso Alex.

Mi staccai da lui e mi sedetti su una sedia lì vicino, facendogli cenno di accomodarsi accanto a me. Solo quando fu seduto, iniziai a parlare: «Viviana è una mia amica e dopodomani deve andare dall’avvocato per concludere la pratica di donazione della casa da parte di sua nonna. È colombiana e ha bisogno di un’interprete, che sarei io, e di due testimoni che conoscano e capiscano lo spagnolo. Fondamentalmente, gliene manca uno ed io ho pensato di chiedere a te. Potresti aiutarci, tesoro?» chiesi con la mia migliore espressione da Gatto con gli stivali.

Lui scoppiò a ridere e rispose: «Ti avrei detto di sì anche se non avessi messo su quell’espressione, però così è anche meglio.»

Sorrisi e gli domandai: «Quindi ci aiuterai?»

«Ovviamente!»

«Grazie, tesoro. Potresti darmi una mano a tradurre il documento in spagnolo, per favore? Essendo per dopodomani, se lo facessi da sola ci impiegherei un’eternità. Se lo facciamo in due, ci mettiamo meno.»

«Sì, certo.» Per rafforzare il concetto, si avvicinò a me e mi diede un piccolo bacio sulla punta del naso. A quel gesto così intimo, arrossii e nascosi il viso tra le mani. 

Per quanto ci fossimo già baciati più volte, consideravo i baci sulla fronte o sulla punta del naso molto più intimi rispetto ai baci a stampo o ai limoni.

Alex mi tolse le mani dalla faccia e sorrise: «Per quanto tu sia adorabile quando arrossisci e ti imbarazzi, con me non devi coprirti. Mai.»

Sorrisi a mia volta e gli diedi un bacio a stampo che, nell’arco di qualche secondo, si trasformò in un bacio alla francese.

Quando sentimmo dei passi sulle scale, ci staccammo ed io appoggiai la testa sulla sua spalla. L’attacco di panico mi aveva veramente distrutta a livello psicologico e, di conseguenza, ero stanchissima. Chiusi appena gli occhi, ma pochi secondi dopo sentii la voce della mia migliore amica: «Ehy! Cosa ci fate qui, insieme, così vicini? Mi sono persa qualcosa?»

Aprii di scatto gli occhi e risposi: «Ciao amo, ho avuto un attacco di panico proprio ad inizio esame e sono uscita di corsa dall’aula. Mi sono rifugiata in bagno e, un quarto d’ora dopo, Alex mi ha raggiunta e aiutata.»

«Oddio, mi spiace. Avrei voluto esserci per darti una mano.»

«Amo, non ti preoccupare. Alex è riuscito a calmarmi, esattamente nello stesso modo in cui fai tu.»

«Wow. È la prima persona a parte me che riesce ad aiutarti durante un attacco.»

In quel momento avrei preferito venire inghiottita dal pavimento, non volevo che Alex venisse a saperlo in quel modo. Grazie a Dio, lui non fece osservazioni su questa cosa e lasciò correre.

Noel aggiunse: «Poi che è successo? Siete troppo vicini e Andrea non è in giro. Cosa mi sono persa?»

Presi la mano di Alex incrociando le mie dita con le sue e risposi, tutta sorridente: «Ci siamo appena messi insieme, amo»

«Veramente?!» urlò lei, in preda ad uno dei suoi attacchi di gioia improvvisa.

Io annuii e replicai: «Sì, amo, sul serio.»

La mia migliore amica si lanciò su di noi, abbracciandoci e saltellando come una vera e propria deficiente. La apprezzavo anche per queste piccole cose, in realtà.

«Sono veramente felice per voi, era ora! Vi stavate sbavando dietro da settimane, ormai!»

Scoppiammo a ridere e risposi: «Hai ragione. Devo raccontarlo agli altri, adesso.»

«Ho un’idea! Vi scatto una foto e la mando sul gruppo, che ne dite?»

Io e Alex annuimmo e ci baciammo a stampo mantenendo la posa, Noel scattò la foto e la inviò. La reazione dei miei amici fu una sola: ‘Alleluia! Finalmente ce l’avete fatta!’

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Infinity_2015