Non l’aveva sentito arrivare, o ,meglio, non aveva pensato fosse un problema. D'altronde Dean aveva ammesso subito quello che aveva fatto, e , anche se pensava fosse una cosa tremendamente idiota e particolarmente stupida, pensava fosse finita lì.
A suo modo, aveva buone intenzioni. Così quando aveva detto di avere idea di dove diavolo fosse andato Malfoy, aveva pensato che almeno avrebbe potuto fare buon uso delle informazioni fraudolente che aveva acquisito in settimane di sotterfugi e intrighi. E poi c’era da ammetterlo, Malfoy non brillava particolarmente d’acume, né di empatia, non se la sentiva del tutto di biasimare Dean. Più d'una volta aveva pensato di accusarlo di qualcosa, tanto per costringerlo a stare un po’ fuori dai piedi, magari in qualche bella villa distante il più possibile, a giocare con quei dannati pavoni e smetterla di comparire continuamente davanti.
Quindi, quando qualche ora dopo Dean lo aveva inviato a casa sua perché c’era una cosa che voleva fargli vedere che riguardava Marietta. non si era preoccupato. Certo, pensava che potesse essere una perdita di tempo, ma meglio di girare a vuoto alla ricerca di Malfoy, e, ancora peggio, di Luna e Hermione, aveva pensato ne valesse la pena.
Erano appena usciti dal camino, però, che Dean lo colpì alle spalle, pietrificandolo. Cadendo in terra con un tonfo si rese conto che, dietro al divano, spuntava un lungo paio di piedi che conosceva bene, avendoli visti per gran parte della sua giovinezza e lamentandosi spesso del loro odore.
«Ron..» cercò di chiamare, ma le labbra erano sigillate nella morsa di pietra della maledizione. Eppure, anche senza vederlo, poteva sentirne gli occhi spalancati.
Dean non disse nulla, limitandosi a sedere sul divano, lo sguardo perso nel vuoto.
Imperius.
C’era qualcosa che l’aveva fatta attivare, forse una parola, o la stessa confessione, che fosse stata estorta davvero dal veritaserum o frutto di una strategia.
«Non preoccupatevi, tra poco sarà tutto finito…» disse infine. Poi aggiunse a voce bassissima, lottando contro ogni parola. «Aiutami,Harry».
Nel gelo delle membra divenute roccia, Harry sorrise dentro di sé. Dean era lì, da qualche parte e stava lottando.
D'altronde, l’aveva detto che era un bravo ragazzo.
C’era stato un rumore sordo, poco prima che l’intera casa iniziasse a tremare, mentre dalle pareti iniziava a colare un liquido nero e viscioso che si induriva in grosse gocce pesanti e lucide come ossidiana. In breve tempo la stanza, una volta luminosa , era diventato un cubo nero dall’odore penetrante di artmesia e legno bruciato.
«Questa volta non potrai scappare», aveva ridacchiato Greg, rialzandosi a fatica e guardandolo con un sorriso folle. «Strano quello che si possa trovare dentro il reparto proibito di Hogwarts, specialmente se sei un Grifondoro con la fama di bravo ragazzo. D’altronde lo dicevamo sempre, no? La Megera ha esattamente lo stesso problema di quel vecchio demente di Silente…».
«Sta zitto, Greg», aveva sibilato Draco,cercando inutilmente di aprire quella che una volta era stata la porta di ingresso e ora invece era una lastra nera.
«Perché? Non era così che lo chiamavi? Hai passato sei anni a lamentarti di lui, a riempirci la testa sul fatto che avresti preferito andare a Durmstrang, che lì sul serio insegnavano le Arti Oscure…poi, quando sei stato scelto per portare onore al Signore Oscuro non solo hai fallito miseramente, ma sei riuscito anche a far fare il lavoro agli altri e a prenderti il merito. Come sempre, del resto».
Draco riuscì a deviare all’ultimo lo schiantesimo che Greg gli aveva lanciato contro e che era rimbalzato dalla parete sino al divano, mandandolo in mille pezzi. «Onore? Sai benissimo che quel folle mi aveva scelto pensando che avrei fallito, voleva solo essere un monito per tutti coloro che lo avrebbero deluso».
«E la mammina è andata a chiedere aiuto a Severus, ben sapendo quanto fossi inutile ed incapace. E ovviamente lei ottiene sempre quello che vuole, vero?Chissà come…», aveva continuato Greg con un ghigno che chiariva perfettamente il resto della frase,mentre lanciava una Cruciatus che si infrangeva di poco accanto al suo orecchio.«Poi c’era zia Bella a pararti il sedere… beh, almeno fino a quando non hai mandato per l’ennesima volta tutto a puttane. E’ stato davvero un peccato che alla fine tuo padre non ti abbia ucciso dopo che non avevi riconosciuto Potter, ero pronto con lo champagne, sai? Dopo averti sentito vantare per anni di mio padre di qui, mio padre di la…».
Mentre lanciava un Impedimenta che Greg aveva scartato all’ultimo, Draco non poté fare a meno di ripensare a quella sera, alla rabbia di Voldemort, le urla dei suoi genitori che venivano torturati…e poi tutto quello che riusciva a ricordare era il sapore del sangue in bocca, i nervi che si tendevano così tanto da sentirli quasi spezzare, il dolore che gli inondava il cervello. Era colpa sua se erano scappati, colpa sua se Voldemort si era visto letteralmente scivolare tra le dita la possibilità di mettere le mani su Potter. Lo sapevano tutti che, nonostante la maledizione che ne sfigurava il viso, era impossibile che non avesse riconosciuto persone con cui aveva condiviso sei anni di scuola. Ma c’era un ricordo che lo tormentava appena lasciava cadere le barriere mentali che aveva imparato a costruire, qualcosa di più doloroso e sconvolgente persino del proprio padre che avevi sempre idolatrato puntarti la bacchetta addosso e torturarti. Weasley che cercava di proteggere la Granger, le sue urla che riecheggiavano tra le stesse mura che un tempo lo avevano protetto e che ora lo rinchiudevano come una prigione. E la voce di Hermione che urlava di dolore,oltre la risata folle di sua zia, sopra i suoi stessi pensieri. Era stato fermo allora, pensando solo a proteggere se stesso. Silente che cadeva dalla Torre. La Burbage divorata viva sul suo tavolo da pranzo. E Hermione che urlava, l’odore metallico del sangue che riempiva l’aria.
«Sai, per anni ho pensato di ammirarti, persino di invidiarti. Ti è piaciuto che ti seguissimo come cuccioli di Crump, sempre pronti a eseguire i tuoi ordini… d’altronde era quello che ci si aspettava da noi, no? », Greg aveva iniziato ad avanzare lentamente, muovendosi con una sinuosità che non gli aveva mai visto prima. « Noi abbiamo fatto di tutto per te… e tu hai abbandonato Vincent e l’hai lasciato morire..:»
«E’ stato lui a lanciare l'Ardemonio. Se non l’avesse fatto, come io gli avevo chiesto se proprio vogliamo essere precisi,a quest’ora sarebbe vivo!» .
Questa volta l’attacco di Greg lo prese in piena spalla,facendolo volare contro quella che una volta era una vetrata.
«L’hai lasciato lì! Come hai lasciato me… avevi detto che eri pronto, che ti saresti preso le tue responsabilità per una volta! E invece hai scelto Potter, per la seconda volta… dì un po’, avresti abbandonato anche me quella sera se non ci fossero stati Potter e Weasley? E mentre tu venivi coccolato al San Mungo, io ero costretto a murarmi in casa, imbottito di Pozioni, incapace di pensare ad altro che al tuo tradimento»., sputò con rabbia in terra.
«Coccolato, Greg? Chi ti ha detto questa stronzata? La Edgecombe? Ti rendi conto che sei stato solo un pupazzo nelle sue mani? ».
«Senti chi parla… prima paparino, poi la Granger. Dì un po’, spero che almeno sia brava a letto. Non so, mi ha sempre dato l’idea di una frigida… e poi, proprio tu, il principino Purosangue che ci guardava tutti come feccia, che si scopa una Sangue sporco», Greg rise, schivando la maledizione di Draco. «Oh, scusa… Non devo parlare male della tua fidanzatina? Avresti dovuto dirlo a Blaise…avresti dovuto sentire quante gliene diceva, quando veniva a trovarmi da solo, pensando che il mio cervello fosse ridotto a quello di un Bubotubero».
«A essere onesti, non vedo una gran differenza», ghignò Draco, cercando di trovare un passaggio per uscire, invano. Ogni alohomora o Revelio che aveva lanciato si erano dimostrati vani, ma forse facendo parlare Greg sarebbe riuscito a trovare un modo per uscire. O forse Potter per una volta si sarebbe reso conto che stava accadendo qualcosa di strano…quanto era passato da quando Hermione e Luna erano uscite? Qualcuno si sarebbe accorto della sua mancanza al San Mungo o avrebbero pensato che fosse scappato per l’ennesima volta?
«Ancora ti credi superiore? Anche dopo che io e Marietta vi abbiamo presi in giro per mesi? Sai quando ho visto la tua foto sul giornale ho avuto un tale attacco di rabbia… era la riprova di quello che avevo sempre pensato…».
«Che sei sempre stato innamorato di me? Scusa Greg, non sei il mio tipo», rimbeccò facendogli volare contro la consolle dell’angolo, che finì in mille pezzi prima ancora di avvicinarsi al Serpeverde. «Cosa c’è vuoi che ti chieda scusa?Va bene, scusami se il mio istinto di sopravvivenza ha avuto la meglio…»
«Non questa volta. Sei stato davvero un idiota a venire qui… davvero pensavi che te la saresti cavata con così poco?Ti credi tanto intelligente ma non hai capito che il ragazzino era solo una scusa…».
Già era stato davvero troppo facile individuare la casa, troppo semplice disarmare Greg e troppo veloce portare via Teddy.
«Qual era quindi il punto? Dimostrare a Hermione che a sedici anni ero un pezzo di merda? Non vorrei deludere le vostre brillanti menti. ma lo sapeva già».
«Beh, se non fossi venuto domani saresti stato ad Azkaban per rapimento di minore e tentato omicido».Il ghigno di Greg si fece ancora più vasto, gli occhi ormai totalmente folli.«Ma visto che hai scelto la via dell’eroe… beh, direi che Azkaban è venuto da te. Che dici? Vuoi incontrare dei vecchi amici?».
Sentì il gelo, prima ancora di vedere le sagome inizialmente fumose staccarsi dalle pareti, ricomponendosi pezzo dopo pezzo, gli stracci fluttuanti che emanavano un odore di carne in putrefazione che riempiva l’aria. La testa gli si annebbiò, mentre le urla si facevano più forti nella sua testa, così potenti da cancellare ogni altro rumore, persino la risata folle di Greg che sembrava accoglierli a braccia aperte.
Dissennatori.
Gli stessi che erano stati cacciati da Azkaban per volere di Kingsley.
Era quasi ironico, davvero. Graziato dal Wizengamot e da uno che per lungo tempo aveva considerato un nemico, per poi ritrovarsi allo stesso punto, a un passo dal bacio, proprio per mano di chi una volta aveva considerato amico. E con il quale ci si era anche travestito da Dissennatore, nella speranza di far spaccare la testa allo stesso Potter che in quel momento sperava apparisse dalla porta.
Certo che la vita, a volte, aveva davvero uno strano senso dell’umorismo.
Probabilmente era Tassorosso.
Ben presto l’intera Diagon Alley si era radunata attorno all’edificio, guardando incredula l’enorme struttura nera, cui nessuno riusciva ad avvicinarsi: l’area era avvolta da una densa nebbiolina maleodorante che si appiccava alla mente ancora prima della pelle. Erano le emanazioni degli spettri dei Dissennatori richiamati dalla maledizione, delle entità molto più potenti dei precedenti guardiani di Azkaban che in molti, purtroppo, avevano conosciuto durante gli anni bui della Seconda Guerra Magica.
La magia oscura era talmente potente che persino gli incantesimi venivano risucchiati dal vortice scuro che aveva iniziato a formarsi pochi minuti dopo che l’edificio aveva cambiato forma, diventando implacabilmente sempre più veloce e più alto.
Sentiva le voci dietro di sé, i bisbigli preoccupati che qualcun altro fosse all’interno, le rassicurazioni che quel palazzo fosse disabitato da tempo, nonostante i balconi rigogliosi di fiori, del fatto che l’intero sistema di comunicazione e la linea di smaterializzazioni fossero inutilizzabili. Tutto quello cui riusciva a pensare era come il suo Patronus creato per avvertire Harry e gli Auror fosse durato neanche qualche secondo, prima di svanire in una nube grigiastra.
Aveva sentito la voce burbera di Aberforth urlare che andava ad avvertire la McGranitt, ma persino lui sembrava non sapere cosa fare. Luna, accanto a lei,fece appena un cenno con la testa, mentre fissava la casa dei Black, con gli occhi sgranati e il respiro leggermente più affannato del solito, come se facesse fatica. Eppure era stata una delle poche, insieme a lei, ovviamente, che aveva cercato di avvicinarsi il più possibile, cercando di aprirsi un varco in quel muro nero e solido. Erano ancora molto vicine quando il terreno sotto di loro aveva iniziato a cambiare consistenza, diventando una sorta di magma liquido.
Luna aveva capito prima di lei cosa stesse succedendo, iniziando ad urlare e costringendola a tornare indietro, rivelando una forza che davvero non pensava fosse possibile avere. Aveva iniziato a blaterare qualcosa sui flussi geomagnetici e Merlino solo sapeva che cosa.
Il suo cervello, invece, aveva cercato di recuperare ogni parola di quello che aveva letto sulla maledizione che aveva davanti a sé. Di certo appena gliel’avessero raccontato anche la McGranitt si sarebbe precipitata... ma avrebbe saputo cosa fare?Una parte di lei ammirava quasi Marietta, aveva orchestrato il tutto per mesi, tessendo paziente una tela nella quale erano caduti in pieno. Se non fosse riuscita a salvarlo, se non fosse stata abbastanza intelligente… avrebbe portato portato per sempre il peso di quella morte, chiedendosi se non sarebbe bastato davvero poco: distruggere la sua immagine pubblica.
E la cosa peggiore è che lei era pronta a farlo, se solo quel testardo di Draco non avesse deciso di fare di testa sua.
Sentiva il passo cadenzato e regolare di Lupin, che passava accanto ai loro banchi, la voce calma che parlava con il suo tono pacato e razionale. Non faceva mai pause inutili, non si perdeva mai in commenti maligni, ogni deviazioni del discorso alla fine ricollegando parola dopo parola, erano unite tutte da un filo rosso della logica. Non seguiva mai il libro, ma faceva molte domande, costringendoli a pensare, a tirare fuori quello che avevano appreso, a seguirlo in quella corsa logica. Aveva passato l’anno facendo finta di snobbarlo per i suoi vestiti lisi, per il suo aspetto sciatto e, poi, quando aveva colto il suggerimento di Piton aveva detto di esserne disgustato. Non era un mistero per nessuno che fossero stati i suoi genitori a spingere per l'allontanamento e il fatto che fosse un lupo mannaro c’entrava poco. Era più un tentativo di ristabilire il potere.
Gli era venuto in mente spesso, quell’uomo gentile e riservato con lo sguardo malinconico, il suo violento contrasto con la rabbia e il sadismo di Greyback, lo sguardo folle che pregustava il sangue. Gli era venuto in mente anche quella sera, proprio poco prima che Voldemort desse l’ordine a suo padre. Greyback era lì, che si leccava le labbra, pronto ad affondare le sue zanne nella sua gola.
Si era chiesto per un attimo come sarebbe diventato lui, se avrebbe sopportato di diventare un animale, di trasformarsi definitivamente nel mostro che già sentiva di essere.
La voce di Lupin si insinuò nella sua mente, oltre le parole sconnesse di Greg,nel salone a braccia spalancata che sembrava accogliere più che temere i Dissennatori. Ormai lo aveva accerchiato, girandogli intorno in una macabra parodia dei girotondi che facevano da bambini.
Concentratevi su un pensiero felice…
Sorrise, amaro. A quel tempo pensava di averne molti, dalla prima volta che era riuscito ad usare una scopa da grandi - nonostante Cockey fosse dovuta venire a recuperarlo sul tetto di casa- oppure quando aveva scritto con orgoglio a casa raccontando di come fosse stato smistato velocemente a Serpeverde; il primo bacio, la prima vittoria della sua squadra, il primo bicchiere di rhum alle bacche elfiche che Blaise aveva portato di nascosto e avevano bevuto tutta la sera, sdraiati sulla spiaggia della villa al mare dei Nott.
Ma ora? Tutti quei ricordi erano stati spazzati via da quello che aveva fatto, dai morti che aveva sulla coscienza, incluso il premuroso Remus Lupin. Nessun mago oscuro poteva lanciare un Patronus, pena una morte orribile.
E lui aveva un marchio indelebile sulla pelle che gli ricordava quale fosse il suo status.
Draco Malfoy, Purosangue, Serpeverde, Mangiamorte.
Non puoi essere così egocentrico- Era stata la Granger a dirglielo, esasperata, troncando come al solito i suoi tentativi di scusarsi, di farle capire quanto fosse dispiaciuto.
La Granger che guardava con gli occhi brillanti i libri al Ghirigoro, la Granger che teneva testa a tutti al Ministero, Hermione che si rifugiava a casa da lui, che passava ore a discutere di ogni piccola cosa, la Granger che era ancora più bella quando si infuriava e aveva le guance infuocate dalla rabbia.
Hermione che non era scappata quando l’aveva baciata, la sua pelle morbida sotto le sue dita, la sensazione inebriante di essere dentro di lei, la sensazione del suo corpo addormentato accanto al suo.
«Chissà se davvero hai sempre ragione, Granger», si trovò a chiedere a nessuno, mentre sentiva una parte di lui che veniva strappata fuori dal suo corpo come trascinata da un uncino infuocato e la sua testa si riempiva una dopo l’altra di tutte le morti.
Riuscì a tirare fuori la bacchetta, sollevarla appena
Expecto Patronum.
Poi tutto iniziò a tremare attorno a lui.
«Cosa cazzo è quello?».
Pansy era apparsa accanto a lei, sgomitando tra la folla accalcata, con la frangetta solitamente perfetta che ora formavano delle strane virgole. Hermione la guardò stranita, notando che fosse a piedi scalzi.
«Ho una proprietà da queste parti… siamo riuscite a raggiungerla poco prima che chiudessero tutto… », aveva spiegato Theo raggiungendolo poco dopo.
«Queste parti un corno. Come diavolo vivono i Babbani senza materializzarsi ? Merlino, pensavo mi venisse un infarto».
«Perché sei una viscida serpe che non fa esercizio fisico», aveva commentato Ginny, spintonandolo via. «Harry è qui? Non riesco a contattarlo in alcun modo. Ma quella cosa è …».
«Ovviamente Potter quando può essere utile è sparito, che cosa strana», continuò Blaise, bloccando però a sua volta mentre il suo sguardo veniva inchiodato dalle figure color fumo che si accalcavano attorno all’edificio.«Pensavo fosse solo una leggenda…»
«Cosa? Tu sai cos’è quello?» lo spronò Ginny, ma fu Hermione a rispondere:
«Lo spirito maligno di Azkaban. Si narra che il mago che l’ha costruita avesse usato una maledizione oscura, volta a creare uno spazio dove lo stesso respirare portasse via la speranza . È così che sono nati i Dissennatori». Fece una pausa, poi aggiunse, quasi non volesse sentire ad alta voce quelle parole: «Draco è bloccato lì dentro con Goyle».
«Sta diventando troppo forte… la McGranitt non arriverà mai in tempo..».
«Dove cazzo è Potter? Gli Auror? Qualcuno insomma!» gridò Pansy inviperita, strappandosi di dosso il braccio di Theo che stava cercando di calmarla. «Se non vogliono farlo per Draco, che almeno lo facessero per non vedere questo schifo di posto sprofondare!».
Hermione non ascoltò neanche le rimostranze di Ginny… Pansy aveva ragione: l’aria sembrava crepitare di magia oscura, che sembrava pronta a espandersi come un’onda nera su tutta Hogsmeade e chissà fino a dove. Nessuno aveva mai osservato dal vivo la maledizione, come aveva detto Blaise per molti era stata solo una leggenda.
Doveva pensare…doveva riuscire a superare quel muro che assorbiva ogni incantesimo che aveva lanciato come fosse una pietruzza in un lago.
«Non possiamo lasciarli lì dentro». La voce di Luna era dolce, bassa, ma con una determinazione che le ricordava la Battaglia Di Hogwarts. «Basta morti».
Hermione annuì, cercando di trovare una soluzione, ricordare un cavillo di uno degli innumerevoli libri che aveva letto negli anni che potesse permetterle di aggirare l’impossibilità di lanciare incantesimi. L’occhio le cadde sulle dita di Luna, che si muovevano incessantemente, stringendo e rilasciando la bacchetta, danzando nell’aria tracciando segni senza senso.
Magia antica, prima delle bacchette, prima degli Incantesimi, prima ancora che un Dissennatore venisse pensato.
Le stelle… quelle stesse stelle di cui i Black sembravano ossessionati… qualcosa fece click nel suo cervello.
Certo, era un tentativo disperato, ma al momento non aveva nessuna altra idea.
«Quante probabilità ci sono che i Black abbiano messo dei meccanismi di protezione?» chiese con urgenza, cercando di valutare la situazione.
«Alte, ma non mi sembra stiano funzionando», sbuffò Blaise. «Dannazione, si fa fatica a respirare, sembra di essere dentro un incantesimo Testabolla».
«Qual è il simbolo dei Black?» chiese, ignorandolo, mentre nella sua testa iniziava a formarsi una strana teoria.
«Il corvo. Anzi, tre corvi per essere esatti. Oltre alla scritta Toujour Pur», rispose Theo, guardandola interrogativo. «Cosa hai in mente, Granger?»
Draco, Regulus…Andromeda, Bellatrix, Sirius….
Le stelle e il sangue, ecco cosa aveva sempre guidato la famiglia Black… le stelle e il sangue che si univano al Corvo in una delle leggende di cui aveva letto. A volte si chiedeva se fosse stata l’unica a seguire Astronomia avanzata.
O forse stava solo impazzendo. Forse aveva passato solo troppo tempo con Luna. Probabilmente nessuno l’avrebbe seguita… ma al momento non aveva altre opzioni. Prese un lungo respiro, poi si piazzò davanti alla folla, proprio al limite del punto in cui il ciottolato antico iniziava a muoversi in strisce fluide di materiale. Fece un primo tentativo… bene il Sonorus funzionava. Il che era un bene, significava che solo gli incantesimi semplici funzionavano. E, per una volta, era quello che serviva a lei.
Silenzioooooooooooooooooooooooooooooo!
Dannazione, ecco perché silente sembrava così soddisfatto nel farlo. La sua voce si propagò tra i vicoli di Hogsmeade, rimbalzando contro le pietre centenarie, facendo vibrare le vetrate delle finestre e dei negozi lasciati aperti nella foga di uscire.
«Mi chiamo Hermione Granger. Alcuni di voi mi conoscono, altri forse hanno sentito parlare di me...»
«Dov’è Potter!» urlò qualcuno dalla folla.
«Dove sono gli Auror!».
«Prima il Marchio… poi questo…».
«Fate Silenzio, dannazione! » sbottò Ginny, con il suo tono di voce da capitano della squadra di Quidditch che poteva incutere timore anche ai giocatori più refrattari. «Siamo bloccati, non lo vedete. Chiudete il becco e ascoltate, se volete uscirne vivi».
Hermione si schiarì di nuovo la gola, cercando di non pensare al vento gelido che sentiva alle sue spalle e che le sfiorava il collo con lunghe dita simili a artigli.
«Ho bisogno dell’aiuto di tutti voi. Dobbiamo cercare di colpire da ogni lato possibile…e no, lo so che i Patronus non funzionano. E so bene che avete paura…»iniziò indicando l’edificio dietro di lei, prima che la folla iniziasse a rumoreggiare nuovamente.«E so che questo vi ricorda quando queste strade erano pattugliate dai Mangiamorte e avevate paura che i vostri cari non tornassero a casa la sera. Di ricevere la notizia che erano stati portati a Azkaban…o peggio».
Draco. Draco era ancora vivo? Lo avevano già preso?
No, non poteva lasciarsi andare a quei pensieri.
«Ma quei tempi sono lontani. Abbiamo ucciso Voldemort. Non Harry, non gli Auror, non io. Ma ognuno di voi. Ognuno di voi che ha preso mano alla bacchetta ed è corso a Hogwarts. Ognuno di voi che ha girato la manopola su Radio Potter, o ha permesso a un fuggitivo di guadagnare qualche ora. Ognuno di voi che avete aspettato e lottato per questo nuovo mondo. Ce lo siamo guadagnato, abbiamo sacrificato i nostri cari per averlo…». Per un attimo le sembrò che il fiato le si tagliasse in gola, proprio mentre le sembrava di scorgere tra la serie di volti anonimi quelli di tutti coloro che aveva perso la vita. C’era Fred, proprio vicino a Zonko, che giocherellava con una caccabomba. C’era Dora, con la testa sulla spalla di suo padre, con Remus poco distante, nascosto dietro un gruppo di maghi e streghe che non aveva mai visto e che parlottava fitto fitto con due ragazzi con il maglione di Grifondoro. E, lontano, il riflesso azzurro di un occhio che poteva vedere tutto. «Loro ci hanno insegnato che possiamo battere insieme chiunque. E’ per questo che vi chiedo di ascoltarmi. Se non blocchiamo la maledizione spazzerà via Hogsmeade e….».
«E poi tutto il resto. Corretto come sempre, Signorina Granger». La McGranitt si era fatta largo con il suo passo svelto, seguita da Neville, Lumacorno e gli altri professori. «Certo, poi vorrei sapere come siamo arrivati di nuovo sull’orlo della distruzione del mondo magico, ma sono certa che il tuo racconto sarà pieno di dettagli. Ora, dimmi che cosa vuoi fare».
La McGranitt ascoltò attenta il suo piano, avvicinandosi, mentre sentiva gli sguardi dell’intera popolazione di Hogsmeade fissi su di loro. Restò in silenzio per un lunghissimo minuto, senza emettere un fiato, lo sguardo fisso su un punto indefinito del muro in fondo alla via. Poi alzò lo sguardo al cielo, girandosi tutto intorno, come valutando la situazione. Poi, girandosi verso la folla, disse, secca: « Vi ricordo che ho insegnato a praticamente tutti voi, quindi il primo che non si comporterà bene se la vedrà con me. Ora, posizionatevi vi ha detto la Signorina Granger. E fatelo velocemente e in silenzio e non come una banda di babbuini balbuzienti».
Mentre maghi e streghe, giovani e meno giovani, sfilavano davanti a lei, disponendosi obbedienti in due cerchi concentrici, in modo da circondare quella che era stata la casa dei Black, Hermione non poté fare a meno di provare un moto di immensa gratitudine per quella strega dai modi spicci e la lingua tagliente, ma capace di farla sentire al sicuro come quand’era bambina con quella madre che non si ricordava più di lei,
«La costellazione del Corvo», spiegò Hermione, disegnandola in aria. «Devono essere il più possibile contro il vortice. Fate attenzione, probabilmente ci saranno dei colpi di ritorno, per questo le seconde file saranno incaricati di lanciare gli scudi di protezione» disse indicando il cerchio più esterno, fermando però con un braccio Ginny e Pansy che stavano raggiungendo gli altri. «Voi mi servite qui. Appena la barriera si incrinerà noi dovremmo disegnare un calice stilizzato. Pansy, tu, Theo e Blaise siete quanto più simile abbiamo ai Black qui, a voi spetta l’ultima parte del piano».
«Che piano idiota è ?», chiese Blaise, indicando furioso l’edificio. «Draco potrebbe essere già morto, lo capisci».
Hermione scosse la testa. No, non lo era, non poteva esserlo. E lei aveva deciso che un antico scritto che parlava del Cratere, la costellazione accanto al Corvo, e di giovani sacrificati per dimostrare che nessuno sarebbe stato salvo dopo aver recato un’offesa. Se non fossero stati degli psicopatici razzisti avrebbe quasi ammirato la Famiglia Black.
«Al tuo via, Signorina Granger», disse la McGranitt con un cenno del capo mentre teneva sguainata la bacchetta. Hermione annuì, poi alzò in alto la bacchetta, lanciando un vermiglios che ricadde in gocce scarlatte tutto attorno a loro.
Nello stesso momento decine e decine di Schiantesimi risuonarono nello stesso momento, risucchiati ben presto dal vortice.
«Non hanno nessun effetto», gridò qualcuno, dal fondo.
«Oh, invece lo hanno eccome! Giù!», urlò Ginny accanto a lei, proprio un attimo prima di lanciare un protego, mentre l’onda degli incantesimi si riversava su di loro.
Nonostante la protezione l’urto fu tale che finirono in terra.
«Granger, mi sa che devi cambiare tattica», sbuffò Theo, sollevandosi a fatica e porgendole una mano per aiutarla a rialzarsi.
«L’avevo detto di stare attenti», rispose invece, non potendo fare a meno di guardare soddisfatta la pioggia di incantesimi che si riversava su di loro, abilmente schermata in larga parte dai soli McGranitt e Flitwick, che parevano fare a gara a chi riuscisse a deviare di più. Perché questo significava un’altra cosa, oltre al fatto che aveva avuto ragione… alcune delle decine degli Schiantesimi lanciati riuscivano a superare il vortice, aprendo delle piccole crepe. Maggiore era il numero di quelli che riuscivano a superare la barriera, anche di poco, e minore diventava forte la barriera, al punto che alcuni dei Dissennatori attaccati alle pareti iniziavano a dare segni di irrequietezza.
«Ora tocca noi. Voi tre, tenetevi pronti. Appena si vedrà la sagoma del Cratere lanciate l’incantesimo, va bene?» urlò, cercando di superare il frastuono. Ginny si occupò dei punti sul lato destro, Luna di quelli sul lato sinistro, Neville del tratto discendente centrale. E poi arrivò lei, tracciando la linea retta della base che chiudeva il tutto. Appena tracciato l’ultimo punto della stella, i Serpeverde dietro di lei urlano Avis.
Fu come se il tempo si fermasse per un attimo, in un silenzio irreale, salvo poi esplodere nelle grida assordanti di centinaia e centinaia di piccoli uccelli luminosi dai becchi aguzzi che sembravano scaturire dalla sagoma del calice, per poi attaccare folli di rabbia le pareti lucide e nere, staccandone pezzo dopo pezzi, insensibili agli attacchi dei Dissennatori.
Magia oscura. La McGranitt lo sapeva benissimo e l’aveva lasciata fare…ma c’era sempre un prezzo. Aveva pensato ai Dissennatori, alla possibilità a quel punto di lanciare i Patronus. I primi a buttarsi nella mischia furono un gatto dai lineamenti affilati e una capra che caricava a testa bassa, seguiti dalla lepre di luna,il cavallo di Ginny, la sua lontra. Si girò appena, vedendo sfrecciare accanto un grande cervo e un piccolo Jack Russel, seguiti a breve, giusto in tempo per vedere un malconcio Harry Potter, accompagnato da un ancora più malconcio Ron che teneva in piedi un esausto Dean Thomas con un libro malconcio in mano.
«Vedo che non hai avuto bisogno di noi», disse con un sorriso stanco, poco prima che venissero investiti da un’ondata di luce bluastra così potente da sbalzarli indietro di diversi metri.
Una volta rialzati, dove poco prima c’erano le solide e malvagie mura di una novella Azkaban, c’erano solo rovine.
«Draco!», urlò, gettandosi a capofitto verso il mucchio di macerie nere e fumanti, superando di corsa chiunque altro e ignorando gli sguardi. Non voleva sapere, non voleva sentire nessuno che dicesse che se l’era meritato, non voleva sentire nessuno gioire.
Fece saltare la grande lastra superiore, spaccandola in mille pezzi, mentre attorno a lei le rocce si sollevavano al tocco di bacchette amiche. Quando sentì Pansy urlare, si rifiutò di credere che avesse potuto trovare il corpo di Draco. No, non poteva essere. Non lo avrebbe permesso.
«Hermione, hanno trovato Goyle… era già morto prima del collo, aveva ricevuto il bacio…» tentò dolcemente Harry. «Lascia fare a noi, ora che le linee di apparizione e la metropolvere rifunziana stanno arrivando i miei ragazzi. Se c’è…».
«Harry se non mi levi quella mano di dosso, giuro che te la taglio», ringhiò senza guardarlo, facendo volare via un masso dopo l’altro. «Draco non può essere…».
Hermione si interruppe, un suono allo stesso tempo familiare e totalmente estraneo al contesto impossibile da ignorare. Alzò lo sguardo, seguendo il suono di rumorose fusa, giusto in tempo per vedere un felino grosso come un Kneazle, dallo spelacchiato pelo argenteo e l’espressione arrabbiata, sgusciare tra i resti del crollo. Poco dopo una mano pallida, con un inconfondibile anello argenteo con una M incisa sopra.
E una voce strascicata e debole che proveniva da un pertugio. «Granger!».
Il Patronus lanciò uno sguardo soddisfatto in giro, prima di svanire in una nuvola argentea.
Ancora una volta aveva avuto ragione.
Draco non era un Mago Oscuro.
E, soprattutto, era vivo.
I giornali non avevano fatto altro che parlare di quello che era successo a Hogsmeade, non c’era testata che non l’avesse messa in prima pagina, farcita da una serie di racconti.
Hermione Granger, il leader di cui abbiamo bisogno.
O un altro titolo idiota del genere.
Guardò Marietta, al di là del vetro della Stanza di isolamento al San Mungo, poco distante da quella di Lockhart, che fissava il muro, giocherellando con il ciondolo che teneva al collo. Si era rifiutata di parlare con tutti, persino con Cho che era andata a trovarla in lacrime. Aveva ignorato gli avvocati, gli Auror, i Guaritori.
«Probabilmente prenderà l’infermità mentale… Sempre che Dean non la prenda prima», Harry era accanto a lei da molto tempo ormai, ma fino a quel momento non aveva preferito parola. «O Andromeda. Ho dovuto metterle un paio di Auror di guardia, non vorrei che alcuni istinti sopiti prendano il sopravvento».
«Hai notizie di Draco?» chiese infine, senza smettere di osservare la stanza.
Harry scosse la testa. «L’ha interrogato il mio superiore, non è stato simpaticissimo, ma è stato rilasciato. E sta bene, sai quanto sia dura quella zucca Serpeverde. Pensavo lo sapessi, non vi siete visti? Sono passati diversi giorni ormai».
«Non vuole vedermi. Dice che non può rovinare la mia immagine, ora che sono, parole sue, a un passo dall’elezione. Si può essere più idioti?».
«Di Malfoy? Difficile.», sorrise Harry. «Anche se… davvero il Patronus di Malfoy è Grattastinchi? Merlino, lo prenderò in giro a vita».
«Sempre che tu riesca a vederlo… è sparito dal suo appartamento. Se non credessi che fosse impossibile direi che è tornato nel Wiltshire. O forse in qualche isola caraibica, sono certa che i Malfoy ne abbiano una da qualche parte».
«Beh in quel caso basta cercare quello con le ustioni da esposizione al sole», sorrise di nuovo l’amico, passandosi le mani tra i capelli sempre più scarmigliati. Poi aggiunse. «Sono contento che tu abbia deciso di non parlare di quello che è successo. Di Marietta, intendo. Kingsley ha anche accettato di imporre al Wizengamot la segretezza delle carte…e poi …».
«Non vuoi che si sappia che è tutta colpa mia», conclusione amara. Ci aveva riflettuto per giorni, da quando era tornata a casa. Una parte di lei voleva raccontare al mondo quello che era successo con l’esercito di Silente, cosa aveva portato tutto quel rancore. Ma le tornava in testa il discorso di Pansy, lo sguardo sincero di Harry che le aveva chiesto di non farlo.
Il mondo ha bisogno di speranza, Mione. Le aveva detto, guardandola serio. Ha bisogno di te. Non possiamo passare quattro anni tra le mani di gente che rischia di farci tornare indietro.
E la sua parte razionale aveva preso la decisione più difficile.
Andare avanti.
Peccato che Draco non fosse con lei a godersi la parte finale del viaggio.
Aveva bisogno di riflettere, di staccarsi dalle pressioni del mondo Magico, dallo sguardo sfuggente di Justin che non le rivolgeva parola se non costretto, dalle congratulazioni di tutti quelli che incontrava.
Persino casa sua le stava stretta, insofferente allo stare tra quattro mura.
Si, un caffè era quello che ci voleva, un caffè forte un bel muffin alle doppie gocce di cioccolata, in un posto in cui non era Hermione Granger, la stella più brillante del Ministero, ma una ragazza anonima di cui nessuno si sarebbe mai preoccupato.
Aveva bisogno di immergersi nel caos delle strade di Londra, confondersi tra la folla istrionica e ricostruire, piano piano i pezzi, permettersi per un momento di sentirsi delusa e ferita, immergersi in uno dei libri che si portava dietro da settimane senza aver avuto modo di leggere.
Si sedette con la sua tazza fumante ad uno dei divanetti di fronte alla vetrata, lasciandosi trasportare dal frastuono dei piatti che sbattevano, il rumore ritmico del registratore di cassa, le chiacchiere degli altri avventori che creavano un tappeto sonoro che la isolava dal resto.
Sprofondò tra i cuscini avvolgenti, le dita che sfioravano appena la carta ingiallita dal tempo, lasciandosi cullare da quelle parole che pure sapeva di certo a memoria.
«Sai, credo di avere quello stesso libro a casa».
La voce la fece trasalire, quasi al punto da lasciar cadere il libro in terra- cosa che trattandosi della prima edizione che aveva preso da casa di Draco sarebbe stata l’apoteosi di quelle giornate ingombranti- alzando la testa per guardare il ragazzo in pantaloni blu e camicia sportiva con le maniche arrotolate che le porgeva la mano.
«Draco», si presentò. Poi, sbuffando di fronte al suo sopracciglio che urlava Forse dovresti tornare di corsa al San Mungo, aggiunse. «Granger, mi stai rovinando l’entrata. Ho pensato che questa fosse l’occasione perfetta per ricominciare da zero. Qui non abbiamo un passato, non…».
«Non mi hai mentito molteplici volte e detto di non volermi più vedere», puntualizzò lei, mentre valutava se in quel momento prevalesse l’istinto di abbracciarlo o di ficcargli la forchetta del dolce proprio su quel punto del collo che gli piaceva tanto quando veniva mordicchiato.
«Vedi? E’ un piano perfetto. Ricominciamo da qui. Da questa bevanda oscena che sto cercando di farmi piacere e un dolce al cioccolato. Solo io e te. Draco e Hermione. Niente Ministero, niente giornalisti, niente raccolta fondi, non ti dirò neanche che so che hai in pugno la stragrande maggioranza dei Grandi Elettori. Senza contare quelli ordinari che squittisce di fronte alle tue foto…».
«E di cosa dovremmo parlare allora?», chiese sospettosa, non potendosi impedire di sorridere. In fondo Draco le stava dando esattamente quello che desiderava, qualcosa che chiunque altro le avrebbe detto di lasciar perdere.
Malfoy sorrise, accomodandosi davanti a lei. «Di quello che vuoi. Persino di quel libro che mi hai sottratto con l’inganno».
Un ghigno comparve sul volto di Hermione. Oh, era così che voleva giocare?«Com’è l’Italia in questo periodo?».
Draco sembrò appena toccato, limitandosi a girare pigramente il caffè, al quale aveva aggiunto un quantitativo tale di zucchero e cannella da renderlo ormai una bevanda totalmente diversa dall'originaria. «Troppa umidità. E anche la compagnia fa desiderare».
«Cosa diremo se dovessi venire eletta? Come giustificare…questo?», chiese muovendo l’indice avanti e indietro indicando loro due.
«Sì, in effetti più di una persona potrebbe chiedersi come fai a bere questa brodaglia», disse con voce lamentosa, prima di mettere una mano sulla sua, sul tavolo.«Ti amo, Hermione. E ti amerò persino in un posto come questo, circondato da Babbani e con quelle diavolerie che sfrecciano qua fuori e che mi hanno quasi messo sotto».
Hermione sorrise, aprendo il libro e tirando fuori l’origami di uccellino che aveva usato come segnalibro. Lo stesso che Draco aveva fatto volare verso di lei quando erano alla casa di Hogsmeade, mettendolo tra di loro.
«Ma non ti risponderò a quello che c’è scritto qui dentro, va bene?», commentò secca. «Non per il momento almeno».
«Posso aspettare. Sono bravo, sai?».
«No, non lo sei, sei pessimo. Ma imparerai» sorrise, alzandosi e sendosi vicino a lui per baciarlo. «E, Malfoy, ci sono due cose che devo dirti…la prima è che ti amo anche io. Nonostante tutto».
Draco ghignò sotto le sue labbra. Si staccò da lui, il tempo di fargli chiedere, sospettoso. «E la seconda?».
Hermione si accomodò meglio, annusando la tazza che Draco aveva portato con se.
«Prenditi un tè, per l’amor di Merlino».
Ed eccoci finalmente alla fine! Grazie per aver avuto la pazienza di fare questo viaggio con me, seguendomi negli alti, nei bassi e nei tornanti più insidiosi. Spero che alla fine il tempo che hai dedicato a questa storia sia stato piacevole e che ti abbia tenuto compagnia.
Come al solito arrivo all’ultimo ad aggiornare, ma non volevo essere in ritardo proprio l’ultimo giorno, quindi potrebbe esserci qualcosa non proprio al 100 per cento corretta, ma sono giorni di fuoco e ho finito di scrivere questa notte alle due.
Grazie a Giulia che mi ha sempre supportata e sopportata e che spesso mi ha spronata ad andare avanti e non lasciare per la prima volta una storia incompiuta, a chi mi ha lasciato un commento, a chi ha espresso i suoi dubbi e mi ha costretto a guardare questa storia da una prospettiva diversa, a chi mi ha scritto perché ero in ritardo con gli aggiornamenti e a chi ha atteso paziente i nuovi capitoli, tenendo duro nei momenti in cui tutto sembrava traballare. Non metto nessun nome perché non ho chiesto il permesso, ma sappiate che ciascuna parola che mi avete lasciato è stata importante per me.
Ho fatto abbastanza fatica ad entrare nella mente di Hermione, mi sono interrogata spesso su quale sarebbe stata la sua scelta alla fine. Avrebbe accettato di mantenere un segreto per un bene più alto, anche se può essere considerato narcisistico? Secondo me sì, perché sa benissimo che il suo ruolo nel mondo magico può essere davvero determinante. Ho talmente tanto rimurginato su questo punto che ho chiesto anche il sostegno e l'opinione di un gruppo stupendo di personcine legate ad un podcast ( E tu cosa hai letto?), con il quale ci ritroviamo su telegram a parlare di libri, pelosetti e varie cose belle.
Questa storia è piena di quelli che sono i miei canon personali, come Draco innamorato di Hermione già da Hogwarts, i Malfoy come una famiglia sicuramente disfunzionale ma non abusiva, Andromeda e Lucius amici dai tempi diHogwarts. Della notte a Malfoy Manor- mi rifiuto di chiamarla Villa Malfoy- e del perché credo che Voldemort sia stato talmente sadico da aver costretto Lucius a torturare Draco ho già scritto nel capitolo di Aletheia dedicato a Narcissa https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=4049160
Ancora una volta grazie e spero che questo finale ti sia piaciuto.
Ora vado a farmi un caffè, alla faccia di Malfoy.
ps. La storia delle stelle del Cratere ( o Calice) l'ho presa, stiracchiandola un po' da "Planetario:simboli e misteri" di Cattabiani ed è vero che si trova vicino alla costellazione del Corvo.