Starring:
-Aziraphale: legittimo erede al trono di Agrabah. Ricopre in parte il ruolo originale di Jasmine
-Crowley: ladruncolo dal cuore d’oro che vive d’espedienti. Ricopre in parte il ruolo originale di Aladdin
-Beelzebù, detta Bee: amica d’infanzia di Aziraphale e sua dama di compagnia
-Tracy: amica e consigliera dell’ex Sultana Eden. Reggente temporanea, ricopre in parte il ruolo originale del Sultano.
-Jim/Gabriele: Jinn rinchiuso in una lampada, ricopre in parte il ruolo originale di Genio.
-Jakòbi: l’antagonista principale, Metatron di palazzo (carica che corrisponde al gran Visir). Ricopre in parte il ruolo originale di Jafar.
-Sandalphon: spietato comandante delle guardie di palazzo. Ricopre in parte il ruolo originale di Razoul.
E altri personaggi che appariranno in seguito…
Disclaimer:
La scritta è stata realizzata da me usando il sito DaFont.
L'immagine è presa dal videogioco Kingdom Hearts, qui trovate il link Agrabah.png - Kingdom Hearts Wiki - Neoseeker
Capitolo III
Aziraphale non ricordava di essere mai stato così furioso in vita sua.
Nemmeno quella volta in cui Bee, in seguito a una lite, per dispetto gli aveva fatto credere di aver distrutto alcuni fra i suoi libri preferiti quando in realtà li aveva solamente nascosti.
Mentre si dirigeva a grandi falcate verso le stanze di Jakòbi una marea di pensieri e domande gli affollavano la mente.
Avrebbe voluto trovare il coraggio di chiedergli cosa stesse facendo a Tracy, o perché i più bisognosi del regno venivano trattati in maniera tanto crudele.
Ma alla fine, non senza una buona dose di vergogna verso la punta di egoismo che lo spinse a fare ciò, la sua prima domanda una volta spalancata la porta con irruenza fu…
“Cosa ne avete fatto di Crowley? Cosa vi dà il diritto di agire in questo modo?! Voi non siete il sultano, Jakòbi!”
Jakòbi guardò il ragazzino, che stava senza rendersene conto diventando un uomo, con tutta la condiscendenza che riuscì a mettere insieme.
Avrebbe dovuto aspettarselo.
Pazienza.
Ancora un po’ di pazienza e sarebbe finalmente riuscito a disfarsi di lui e della vecchia.
“Quel volgare furfante da quattro soldi ha ricevuto la pena che meritava. È fortunato che i miei uomini non l’abbiano ucciso sul posto dopo che ha osato rapirvi.” Rispose, col tono di chi sta spiegando le cose a un bambino di cinque anni.
Gli occhi azzurri del principe parevano un mare in tempesta.
“Rapirmi! Che sciocchezze andate farneticando, Jakòbi? Crowley non mi ha rapito, anzi, senza di lui probabilmente ora non sarei qui. Mi ha salvato la vita mentre ero in visita al mercato.”
E così il ragazzino era scappato per davvero. Un sospetto che diventava certezza.
Jakòbi si accarezzò la barba, ancora indeciso su come usare quell’informazione.
“Oh vostra altezza! Io non… non potevo immaginare! Se solo lo avessi saputo prima…”
Sul viso di Aziraphale si dipinse il panico.
“Ve lo chiedo un’ultima volta, cosa ne avete fatto di Crowley?”
“Lui… ora è in viaggio per le miniere di Salphura, Altezza. È stato condannato all’esilio.”
“N-no! Non avevate alcun diritto di fare una cosa del genere, Crowley non ha fatto nulla di male!”
La voce del principe si ruppe e dai suoi occhi presero a sgorgare lacrime di rabbia.
Jakòbi non si aspettava una reazione diversa a quella notizia: le condizioni di vita in quella miniera erano talmente degradanti che la condanna ai lavori forzati laggiù equivaleva a quella a morte.
E che sia il principe, sia il resto del mondo, reputassero morto Crowley, era esattamente quello che Jakòbi voleva.
Tanto fra non molto lo sarà comunque, pensò malignamente, guardando il principe correre via in lacrime.
*
Crowley testò per la decima volta la tenuta delle catene: niente da fare, sembravano fatte davvero a regola d’arte. Era impossibile riuscire a liberarsi i polsi, a meno di non rendersi inutilizzabili le mani nel tentativo.
Questa volta sembrava proprio non esserci via d’uscita.
Il ladro sospirò adagiandosi contro la parete umida della cella. Poco distanti un paio di topolini si litigavano quella che sembrava una vecchia crosta di formaggio.
Crowley chiuse gli occhi, reclinando la testa.
Aziraphale.
L’ultima cosa che aveva sentito prima di venire stordito e portato via, era stata la voce del principe che chiamava il suo nome.
Il pensiero gli scaldò il cuore in un modo mai provato prima.
Si ritrovò a sperare che l’altro stesse bene e non fosse stato punito per aver tentato di andarsene dal palazzo.
Rimani con me.
Puoi fidarti, ti aiuterò io.
Frasi che era stato quasi sul punto di pronunciare quando aveva colto la paura inespressa del principe di doversela vedere da solo col mondo esterno.
E invece probabilmente non lo avrebbe rivisto mai più: quella realizzazione gli fece salire le lacrime agli occhi.
Crowley scosse la testa.
“Ma che cazzo mi prende? Ho trascorso con lui nemmeno mezza giornata, non posso seriamente aver cominciato a provare qualcosa.”
“Oh, nessuno ti biasimerebbe, giovanotto. Il principe è decisamente quello che si dice un gran bel bocconcino.”
Crowley per lo spavento quasi si tirò su di scatto, salvo poi ricordarsi delle catene che gli bloccavano i polsi e lo tenevano costretto a terra.
Da dove veniva quella voce? Stava forse cominciando a perdere il senno?
“Sono qui, ragazzo.”
La udì di nuovo e questa volta vide anche a chi apparteneva. Si trattava di un vecchietto ricurvo con una lunga barba bianca e un bastone a fargli da sostegno.
“E tu chi saresti? Da quanto sei lì?” chiese Crowley fissandolo con sospetto. Avrebbe giurato che non ci fossero altri prigionieri in quella segreta.
“Oh, abbastanza da assistere all’intero tuo spettacolo di auto commiserazione. La mia cella è proprio di fianco alla tua e c’è una piccola fessura ad unirle. Ormai sono talmente scheletrico da riuscire a infilarmici senza problemi.”
“Davvero affascinante.” Replicò Crowley, sarcastico, ma il vecchietto parve quasi non udirlo.
“Quindi saresti tu il giovanotto che ha rapito il principe. Le guardie fuori dalla mia porta non parlavano d’altro.” Disse, invece.
“Rapito?! No, aspetta un momento-”.
“Oh, non c’è bisogno di scaldarsi, ragazzo, l’ho capito da me che era solo una storia di copertura inventata per calmare le acque. Da tutti i tuoi rimuginamenti mi sembra invece piuttosto evidente che qualcuno qui si sia preso una bella cotta.”
Crowley si sentì avvampare. Non sapeva nemmeno lui se per rabbia, imbarazzo o entrambe le cose.
Il principe lo aveva tremendamente colpito, inutile negarlo – per quanto inizialmente avesse tentato di farlo, soprattutto a sé stesso.
“Anche se fosse non ha nessuna importanza. Dubito lo rivedrò mai”, soffiò in risposta, la voce carica di amarezza.
Il vecchio gli si avvicinò sfoggiando un sorriso inquietante, composto per lo più da denti marci.
“Non credevo che il famoso Demone Rosso – oh sì, non guardarmi così, ho capito subito chi avessi di fronte – fosse tipo da arrendersi tanto facilmente. E se ti dicessi che conosco il modo per uscire di qui e allo stesso tempo conquistare il tuo bel principe?”
Crowley alzò un sopracciglio.
“Ti chiederei cosa cazzo tu ci faccia ancora in questo posto, se davvero sai come andartene.”
“Forse stavo solo aspettando la compagnia giusta” fu l’enigmatica risposta. “Ora ascoltami bene, figliolo.”
Vinto dalla curiosità e dalla brama di uscire da lì, Crowley si piegò in avanti verso il misterioso prigioniero, le orecchie spalancate.
*
Quando Bee finalmente riuscì a liberarsi di tutte le incombenze che le erano piovute addosso trovò Aziraphale disteso sul letto, a piangere silenziosamente.
Non lo aveva mai visto ridotto così – non dalla morte dei suoi genitori, almeno – e, per la prima volta in vita sua, la dama di compagnia si trovò senza parole.
Sfiorò la schiena dell’amico con una carezza.
“È stata tutta colpa mia, Bee. Lo hanno preso ed esiliato perché ha cercato di aiutarmi.”
A corto di parole di conforto di fronte a una cosa del genere, a Bee non rimase altro che abbracciare Aziraphale.
“Se Jakòbi ha detto il vero purtroppo non possiamo fare più nulla.” Mormorò. “Una piccola milizia è partita per Salphura poche ore fa. Probabilmente il tuo amico è con loro.”
Aziraphale tirò su col naso, colpito dalla frase “Se Jakòbi ha detto il vero.”
Poteva avere mentito? Certo, la cosa non era assolutamente da escludere. Ma se in quel caso a Crowley fosse toccata una sorte ancora peggiore?
Non aveva il cuore di pensarci, adesso. Bastava il ricordo di quei bellissimi occhi dorati, di quel sorriso malandrino e di quel tono strafottente ma sincero, a tormentarlo.
Che cosa avrebbe dato per sentirlo nuovamente chiamarlo “angelo”. Il perché all’inizio quel soprannome gli avesse dato fastidio quasi non lo ricordava più.
Deglutì e poi prese un respiro profondo.
“Hai ragione, Bee. Ma se davvero per lui non posso fare più nulla, non ho comunque intenzione di restarmene con le mani in mano. La situazione per i poveri là fuori è peggiore di quanto pensassi.”
“Dai racconti che mi arrivano tramite i ragazzi di cucina non faccio fatica a crederlo.” Bee piegò le labbra in una smorfia amara.
Aziraphale le prese le mani fra le proprie: “Mi dispiace di essermi comportato in maniera tanto superficiale finora. La mia fuga sarà anche finita male ma almeno è servita ad aprirmi gli occhi.”
“Cos’hai intenzione di fare?”
“Devo cercare di parlare con Tracy, convincerla che posso essere un buon Sultano anche senza un marito al mio fianco, o persuaderla perlomeno a lasciarmi scegliere da me chi sposare. Non posso permettere che Jakòbi continui a governare nell’ombra in questo modo. Tu sei con me?”
Bee sorrise, lieta che l’amico si stesse riprendendo.
“Non hai neanche da chiederlo, moccioso.”
*
Il nome “Caverna delle meraviglie” era quanto mai appropriato per il posto dove il vecchio galeotto aveva condotto Crowley.
Il giovane non ricordava di essersi mai trovato in un luogo più surreale.
“Portami la Lampada e io ti darò una ricompensa oltre ogni immaginazione”.
Qualunque cosa fosse quello strano artefatto che Dalek – Crowley dubitava che fosse il vero nome del vecchio, ma non avevo esternato i suoi dubbi – gli aveva chiesto di prendere da quella mistica grotta, Crowley voleva recuperarlo alla svelta e andarsene di lì. Per quanto le pareti sfavillassero come di luce propria, e ogni angolo della caverna fosse ricoperto di pietre preziose, c’era qualcosa nell’aria che non lo convinceva e gli metteva i brividi.
Come se in qualche modo la grotta fosse stata viva, dotata di una volontà ben definita, e pronta a richiudersi su sé stessa da un momento all’altro.
Crowley scosse la testa a scacciare quel pensiero irrazionale e proseguì il cammino verso quello che pareva il fondo della caverna. Davanti a lui si snodavano alcuni gradini lungo una via in discesa e la luce in quella direzione si faceva sempre più intensa.
Ben attento a non toccare nulla – non prendere altro che la Lampada, se ci tieni alla vita, ragazzo. Il resto di quel tesoro è maledetto – Crowley si addentrò verso il fondo, senza apparentemente dare segno di accorgersi che qualcosa, o qualcuno, aveva cominciato a seguirlo.
Welcome back my lovies!
Ed eccoci al terzo capitolo **, un pochino più di passaggio lo ammetto :/ ma comunque necessario.
Due note tecniche: Salphura è un nome di mia invenzione. Nel mio immaginario è una località non troppo distante da Agrabah dove, in via del tutto eccezionale, vengono mandati i criminali a cui è stata risparmiata la pena capitale.
Dalek invece è il nome che ho scelto per Jakòbi sotto mentite spoglie (come dimenticare l'adorabile Old!Jafar che regalava perle di saggezza quali "colui che ha l'oro delle leggi se ne infischia") prendendo spunto dai teneeeeeeri droidi di Doctor Who LOL.
Venendo ai ringraziamenti, oltre a Inzaghina e Koa non posso non citare Cida e Light che mi hanno fatto una bellissima sorpresa **
Ci sentiamo la prossima settimana, un abbraccio e buona lettura ♥
Bennina vostra