Il
giorno dopo dovrebbe essere il tempo delle riflessioni.
Si tirano le somme, si analizza ciò che è accaduto il giorno prima.
Non
c’è spazio per lasciarsi andare alle emozioni, si deve andare avanti.
Specialmente se è un cacciatore a dover elaborare il proprio dolore.
Ventiquattr’ore
sono tutto ciò che viene concesso, il tempo utile per annegare nella
disperazione, per farsi sommergere dallo sconforto, per sentirsi disorientati.
Confusi.
Perduti.
Dopo
di che si devono lasciare le debolezze alle spalle, nessuna ferita che possa
offrire al nemico un’arma da usare a suo vantaggio.
Non
c’è spazio per il dolore.
4.
Le cose cambiano
Non c’è spazio per il dolore.
Era un precetto
ridondante nella formazione dei cacciatori e nonostante il rigore con cui
veniva impartito, Cora era sempre stata certa di una
cosa: la teoria era facile da imparare, ma la pratica era tutt’altra cosa. L’aveva
sempre sospettato, e solo con la tragica morte di sua madre aveva capito quando
i suoi sospetti fossero fondati.
Non c’è spazio per il dolore. Ventiquattr’ore
sono tutto quello che avete, ripetevano sempre i suoi istruttori, ma non le
avevano mai spiegato come poter elaborare un lutto in così poco tempo. In fin
dei conti non era così sorprendente se in quel momento si trovava per strada,
fuori di sé dalla rabbia, con il cuore che stava per scoppiarle nel petto e Ice che la rincorreva con preoccupazione.
«Cora, per favore…»
«Venite fuori…VENITE FUORI!»
Aveva la mente
ottenebrata dal dolore sordo per quello che era successo a sua madre, un dolore
che avrebbe dovuto gestire in qualche modo, un modo che però non conosceva. Un
dolore alimentato dalla rabbia suscitata da ciò che aveva rinvenuto durante le
sue ricerche, dopo un’intera giornata trascorsa ad affannarsi attorno ai resti
bruciati di quella che una volta era casa sua.
Era notte, la
prima trascorsa senza la presenza di sua madre, senza la familiare sensazione
di protezione che solo il suo letto sapeva darle. Sarebbe potuta ritornare a
casa di Amber, di nuovo, come la notte precedente, ma non ne aveva nessuna
voglia.
Così aveva corso
lungo la strada, diretta verso il luogo dove aveva incontrato quei vampiri
soltanto ventiquattr’ore prima, quando sua madre era –probabilmente- ancora viva.
«Cora, davvero, non è una buona idea…»
«Non è stata una
buona idea quello che hanno fatto a nostra madre, Ice!»
tremò per la rabbia, il freddo e la stanchezza che le stava consumando il
cuore. La sua voce era incrinata dal pianto che tentava di trattenere per
orgoglio e in quel momento, mentre tentava di non soccombere alla disperazione,
si sentì immensamente fragile.
«Stai facendo
una cosa molto stupida.»
Fu come ricevere
una doccia gelata. Guardò suo fratello sconvolta, come se l’avesse appena
tradita.
«Io sto cercando
giustizia!» gridò con nuovo vigore,
cercando di difendere la propria causa come se ne andasse della propria vita.
Ice si lasciò
sfuggire un sospiro. Abbracciò la sorella, e tra quelle braccia Cora rimase rigida, come se fosse fatta di pietra.
«Non è questo il
modo per farci giustizia. Non ne guadagneremmo niente di buono, fidati di me»
mormorò contro i capelli di lei. «È pericoloso stare qui. Andiamo.»
La sospinse con
delicatezza, un invito non troppo insistente, rispettoso e premuroso, ma Cora non ne volle sapere di fare la propria parte. Si
allontanò bruscamente da Ice, come se la sua sola
vicinanza la potesse scottare.
«Andare dove esattamente? Non abbiamo più nulla,
lo sai bene» sibilò ogni parola con rabbia verso il mondo e odio verso i
responsabili della tragedia che aveva sconvolto l’ordine precostituito della
sua vita.
Ice sospirò
accarezzandosi la base del collo, sconfitto. «Cora…»
«No Ice! Non. Dirmi. Cora. Sei libero di tornare a casa di Amber, se è questo che
vuoi. Io starò qui finché qualche vampiro non mi avrà dato le risposte che
cerco.» Era il ritratto dell’ira mentre sibilava ogni parola come se brandisse
con gusto un pugnale affilato. «AVETE CAPITO? NON ME NE ANDRÒ!»
«È difficile non
capire il concetto, visto che stai urlando da circa un quarto d’ora. E, tra le
altre cose, il tuo amico ha ragione a dire che non è una bella idea.»
Cora sussultò.
L’aveva colta di
sorpresa. Non l’aveva sentito avvicinarsi, e lui era riuscito ad arrivarle alle
spalle senza darle alcun sospetto. Quando si voltò, si ritrovò a guardare il
volto perfetto di Axel, che la guardava con
curiosità.
«Voi siete quelli
di ieri sera, vero?»
Ice si frappose
subito tra il vampiro e Cora, come un cane da guardia
che accorre a proteggere il padrone.«Io e mia sorella ce ne stavamo andando
proprio in questo momento. Se vuoi scusarci…» fece
per prendere il braccio di Cora, ma la ragazza si
scostò. Rivolse ad Axel un’occhiata accusatoria e
ostile.
«La notte scorsa
è stata incendiata una casa. Qualcuno ha visto delle persone aggirarsi lì
attorno quando è stato appiccato il fuoco, qualcuno con una carnagione molto
pallida.»
Ciò che voleva
insinuare con quelle parole era fin troppo facile da intuire. Vampiri. Creature
come quella che si trovava davanti a lei, tutte uguali ai suoi occhi di
cacciatrice. Stava accusando Axel, come stava
accusando tutti i vampiri sparsi nel mondo, ma per lui non sembrò rappresentare
un problema.
Si limitò ad
ascoltarla a braccia conserte.
«E quindi? Io
che posso farci?»
«Tu non ne sai
niente? Sei dell’ambiente, no?»
«Mi stai
accusando?» il tono di Axel divenne improvvisamente
serio, ed Ice si intromise nella conversazione con
baldanza, sul viso un sorriso largo e gioviale.
«E i tuoi amici?
I due che erano con te ieri non ci sono?»
«Ice…» Cora gli scoccò un’occhiata
raggelante che esprimeva un imperativo inequivocabile: stanne fuori. A volte sapeva essere molto convincente.
«Non sono stato
io. Nessuno dei vampiri che condividono la mia ideologia è responsabile per ciò
che è successo in quella casa. Se voi cacciatori cercaste di conoscere il nemico
che cacciate, lo sapreste» Axel ne approfittò per
riprendere la parola. Il suo atteggiamento era composto mentre si difendeva
dalle accuse che gli venivano mosse, e la calma con cui le demoliva irritava Cora.
Era lei a
insinuare la colpevolezza di quel vampiro, eppure Axel
la faceva sentire come se la colpa per tutto quello che era accaduto fosse da
imputare a lei.
Cercò di
controllare il disagio che provava, per non dargli ulteriori vantaggi su cui
fare leva per fronteggiarla.
«L’unica cosa
che so è che i vampiri non si sono mai avvicinati alle case degli umani.»
«Le cose cambiano…» le rispose con un sorriso enigmatico.
Non era affatto
giusto. Quel sorriso la stordiva e per un istante le faceva dimenticare ogni
cosa: il perché si trovasse lì, l’oggetto della conversazione, perfino la
presenza di suo fratello accanto a lei. L’unica cosa di cui era consapevole era
lui.
Ammaliante.
Seducente.
Se in quel
momento le avesse sfiorato la pelle della mano e le avesse sussurrato
all’orecchio di venire via con lui, probabilmente lei lo avrebbe seguito
ovunque, febbricitante.
Era una
seduzione così sconvolgente e totale che quando Ice
le assestò una gomitata tra le costole, Cora sussultò
spaesata.
«Lo stavi
fissando a bocca aperta… Dovresti vergognarti, sei imbarazzante…»
Non ebbe il
coraggio di replicare, semplicemente perché era consapevole che quanto suo
fratello aveva detto corrispondeva alla verità. Lo aveva guardato. Lo aveva fissato.
Lo aveva spogliato con la mente, e non era stata capace di distogliere lo
sguardo dai suoi occhi viola.
Lui non
gliel’aveva concesso. L’aveva rapita, l’aveva soggiogata.
Si sentì ancora
più arrabbiata: con lui per averla fatta cedere, e con sé stessa per avergli
concesso così tanto.
Ma, dovette
riconoscere con sdegno, lui era l’unico che poteva darle le risposte che
cercava. Le costò uno sforzo molto grande, ma non riuscì a trovare altre
soluzioni. Doveva scendere ad un compromesso.
«Che cosa sai?»
Axel si guardò
attorno. Fiutò l’aria, e la sua espressione si rabbuiò all’istante.
«Seguitemi.
Credetemi, è meglio se parliamo in un posto più sicuro.»
*
Il posto sicuro,
così com’era inteso da Axel, si rivelò essere una
grande villa in stile vittoriano, dall’aspetto cupo ma allo stesso tempo
affascinante. Prometteva avventure al di fuori del tempo, dove anche la persona
più annoiata si sarebbe potuta sentire così viva da avere i brividi.
La casa si
trovava in cima ad una piccola collina, in una posizione privilegiata: da lì si
poteva scorgere quasi tutta la città, e risultava anche un posto strategico per
il controllo della zona, essendo al centro del territorio dominato da Axel.
Non c’era da
stupirsi che fosse una delle case di proprietà degli Eraclea, e più si avvicinavano
alla villa imponente, più i dubbi assalivano Cora.
Non era affatto
sicura che quella fosse la cosa giusta da fare: seguire un vampiro fin dentro
casa era inequivocabilmente stupido. Dal tronde, Axel non aveva ancora dimostrato cattive intenzioni: era
sempre stato disponibile, composto, forse un po’ freddo, ma sicuramente mai
aggressivo.
Però era un
vampiro.
Che cosa lo
rendeva diverso dalle altre creature della sua razza? Poteva essere sicura che
non avrebbe fatto loro del male, una volta entrati dentro quella villa?
Guardò suo
fratello che, seduto accanto a lei sul sedile posteriore dell’auto, guardava
fuori dal finestrino con ostinata attenzione. Il suo silenzio prolungato era
abbastanza per capire che Ice non vedeva di buon
occhio quello che stavano facendo.
Non poteva
biasimarlo.
«Siamo quasi
arrivati» Axel guardò nello specchietto retrovisore,
e quando Cora incrociò il suo sguardo avvertì di
nuovo quella strana sensazione, quell’elettricità che le infiammava il sangue.
Distolse lo sguardo, sforzandosi di trovare interessante il paesaggio collinoso
oltre il finestrino. Era meglio ignorare quelle strane sensazioni, negarle, per
impedire loro di esistere. Era l’unico modo che conosceva per difendersi.
Quando entrarono
in casa, però, Cora dimenticò per un istante le sue
preoccupazioni: ciò che aveva davanti agli occhi era semplicemente magnifico.
Mobili in
mogano, tendaggi pregiati, tappeti persiani, vetrate immense e piene di luce.
In quella casa si respiravano millenni di storia.
Axel si levò il
cappotto e lo appoggiò sulla spalla del divano.
«Nonostante
quello che possono dire i Sangre, anche noi siamo piuttosto legati al passato» indicò
le poltrone, come un perfetto padrone di casa. «Accomodatevi.»
«Oh, sì. Grazie»
balbettò Cora. Si sentiva fuori posto e in imbarazzo
di fronte a quella cortesia inaspettata.
«Chi sono i Sangre?» Ice, comodamente seduto come se si trovasse a casa sua,
guardò Axel con curiosità. Aveva improvvisamente
cancellato tutta la propria diffidenza con una semplice domanda.
«Vampiri come
noi, eppure profondamente diversi. Noi Eraclea siamo dei filantropi. Il mondo, gli esseri umani… tutto per noi è fonte di curiosità, è scoperta, è
una fonte inesauribile di vita e di conoscenza. La vostra cultura ci affascina.
Mi affascina» il suo sguardo profondo
cadde su Cora, che lo ascoltava con meraviglia.
Non aveva mai
sospettato che ci fossero vampiri che guardassero gli uomini con occhi diversi
da quelli di un predatore. Era come scoprire un mondo inesplorato.
«Rispettiamo
profondamente la vostra vita. Non vi cacciamo.»
«E per mangiare?
Come fate? Ero sicuro che i vampiri cacciassero…» Ice, stupito quanto Cora,
sembrava quanto meno aver conservato l’uso della parola, e ne riusciva a fare
un pieno utilizzo.
Axel sorrise. Si
sedette sul divano, appoggiando compostamente un braccio sullo schienale. Aveva
movenze signorili, feline, eleganti. Sembrava che ogni suo gesto chiamasse Cora, e la costringesse a dare a quel vampiro assoluta
attenzione.
«Non uccidiamo
gli esseri umani, né li trattiamo come se fossero solamente cibo» continuò Axel. «Non siamo legati all’ebbrezza che ci da la caccia e
anzi, cacciare non ci entusiasma particolarmente. Preferiamo utilizzare i Ghoul per sfamarci.»
Ghoul. Cora aveva già sentito quella parola in precedenza.
Le tornò in
mente una ragazza dagli occhi verdi e i capelli arruffati. Una ragazza umana.
«Lei è un Ghoul?» domandò riscuotendosi dal torpore che le movenze
seducenti di Axel avevano causato.
«Cloe? Sì, lei è un Ghoul.»
«Ma che cosa
sarebbe questo Coaul?» Ice,
dalla sua poltrona, era meditabondo.
Cora gli indirizzò
un’occhiata in tralice. «Ghoul, non Coaul! Scemo…»
Axel li guardò, sorridendo
divertito. «Un Ghoaul è un essere vivente che accetta
di stipulare un patto con un vampiro di sua spontanea volontà. Egli si impegna
a sfamare il vampiro in cambio di qualche goccia di sangue dello stesso vampiro
a cui ha donato il proprio. Sangue per sangue.»
«Non capisco il
senso di questo patto…» Cora
si accigliò.
«È conveniente.
Noi non dobbiamo cacciare, e il nostro sangue permette al nostro Ghoul di vivere molto più a lungo di quanto la sua vita
possa concedergli. Lo fa invecchiare molto più lentamente, lo preserva dalle
malattie, cura le sue ferite. È un elisir di lunga vita.»
In quel momento
la porta all’ingresso si aprì, e pochi istanti dopo fecero capolino dal
corridoio due volti che Cora aveva già visto la sera
precedente. Erano un uomo e una donna, i due vampiri che avevano aiutato Axel a scacciare il gruppetto di Sangre che aveva attaccato lei e
suo fratello.
«Allora?» Axel scattò in piedi come una molla, improvvisamente in
apprensione.
La donna –una bionda dalla bellezza di una bambola di porcellana-
scosse il capo.
«Non l’abbiamo
trovata. Mi spiace.»
La delusione sul
bel viso di Axel era evidente. Chiunque fosse
sparito, per lui doveva essere decisamente importante.
«Non mi piace.
Non mi piace affatto. Se lei non torna…»
«Axel, la troveremo» era l’altro vampiro a parlare, e
l’impressione che diede a Cora confermava ciò che la
ragazza aveva pensato la prima volta che l’aveva visto: non c’era creatura al
mondo più raffinata di lui. Persino Axel sbiadiva al
suo fianco, sembrando poco più che normale.
Doveva aver
ricevuto un’educazione puntigliosa e aristocratica: ogni gesto, ogni parola,
ogni espressione era squisitamente misurata.
«Forse è meglio
andare, che ne dici Cora?» Ice
si mise in piedi, rassettandosi la giacca.
«Non potete
andarvene. Lei deve curarsi la ferita, prima» Axel
indicò Cora con un cenno del capo, e lei non riuscì a
trovare le parole per ribattere di fronte al suo carisma. Era un capo degno di
questo nome, non c’erano dubbi: nonostante le preoccupazioni che lo
affliggevano, riusciva a vedere ciò che era giusto e ciò che era sbagliato. Certo,
i sensi lo avvantaggiavano, ma la sua presenza di spirito era un aiuto prezioso.
Le prese la mano
e la condusse verso le scale. Poi, prima di salire al piano di sopra, si voltò
verso i suoi due compagni.
«Will, Emma, il
ragazzo lo lascio a voi.»
L’angolo dell’autrice
Sono
molto, molto felice, sì. C’è bel tempo, io scrivo, e trovo anche il volto in
carne, ossa e sguardo che mi ero sempre immaginata per Santiago °ç°
Cioè… parliamone:
http://img186.imageshack.us/img186/2700/benbarnesfactory05.jpg
Per
chi non lo sapesse, il belloccio è Ben Barnes, il
principe Caspian di Narnia
2 che all’epoca non mi aveva fatto né caldo né freddo, ma quando l’ho visto in
questa foto ho pensato “è lui! È Santy! Ò.ò”.
Con
tanto di faccia, sì.
Sono
felice, ecco. Anche voi mi rendete tanto tanto
felice, perché mi recensite e mi mettete tra i preferiti *__* Quindi, bando
alle ciance e passiamo ai cincillà ( °O° ):
Un
grazie enorme, davvero di cuore, a yuuki_4ever
e a loli89 che hanno messo Slayer’s tra i preferiti, e a flavia93 e a urumi che l’hanno inserita tra le seguite. Davvero, non
avete idea di quanto io sia contenta! *__*
Ma
passiamo ai commenti:
Urumi: visto? Mai perdere le speranze!
:D spero che continuerai a seguire Slayer’s ^^
Jennifer90: ma tu non sai quante volte ho
letto il tuo commentooooooo!! Non hai idea, ero
felicissima!! :D Davvero, sapere che Santy e Cloe ti sono mancati al punto da leggere i capitoli su di
loro mi ha fatta crescere di due chili ahahah!! Mi fa
davvero felice sapere che i miei due rompini sono
entrati nel cuore di qualche lettore e ci sono rimasti dopo tutto questo tempo!
*__* Anche se mi spiace, questo capitolo è dedicato tutto ad Axel e Cora: avevo bisogno di
cominciare a spiegare un paio di cosette nuove su cui si baseranno le vicende a
venire. Fammi sapere che ne pensi, mi raccomando! ;)
Ci
vediamo la prossima settimana con il prossimo capitolo di Slayer’s
Vampires.
Brin