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Autore: Miss Moony    27/09/2009    1 recensioni
Ombre. Ombre di vite e di morti, ombre di amori, di amicizie, di rivalità.
Come sono nati e cresciuti i ragazzi della Wammy’s House, com’era la loro vita dietro il sipario del caso Kira. Sono solo ombre ormai. Tutto quello che è rimasto delle loro vite, speranze, sogni, desideri, sono solo ricordi…e ricordare è dolce e doloroso insieme…

E’ arrivata una bambina alla Wammy’s House. Porta nell’orfanotrofio la sua mente geniale, il suo cuore dolce e il suo fratellino in braccio... i due cresceranno e scopriranno fino in fondo le proprie capacità di ragionare e di amare, e decideranno di mettere le loro vite al servizio della giustizia per proteggere sé stessi e quelli che amano…
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, L, Mello, Near
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Splendeva la luna quella sera d’estate. Rain per una volta era sdraiata in cortile all’asciutto, e guardava le stelle. Era il 10 agosto. Si ricordava tutti gli anni che aveva passato quella notte con la mamma e il papà sotto le stelle, prima che nascesse Near, nel piccolo giardinetto che aveva dovuto abbandonare quando i genitori erano stati assassinati. Quando ripensava a quella scena le venivano le lacrime agli occhi… lei era con il neonato Near, nella sua cameretta, nella loro cameretta, aveva insistito perché il fratellino dormisse con lei per fortuna… non riusciva a dormire… poi i rumori, gli spari, le urla… e lei non si era mossa dal letto. Tremava di paura sotto le coperte. Quando tutto tacque, osò alzarsi e andare in camera dei genitori e lì… e lì… trovò un lago di sangue con tre corpi al centro. I suoi genitori e un uomo… un uomo con la pistola… urlò con quanto fiato aveva in gola. Non riusciva a muoversi da dov’era, a staccare gli occhi dai corpi dei genitori… urlò fino a che qualcuno non sfondò la porta di casa per entrare. Ricordava braccia calde che l’hanno avvolta… poi era svenuta. I suoi genitori non erano neanche stati portati all’ospedale, erano già morti. Rain seppe solo più avanti che l’assassino si era salvato per un pelo dal colpo mortale inferto da suo padre, ma qualche tempo dopo si era suicidato. A Rain non importava che fine avesse fatto quell’uomo, o chi fosse stato. Quello che contava era che le aveva portato via i suoi genitori e la promessa di una vita felice, a lei e al fratellino…
Ma se dentro il suo cuore impazziva di dolore, lei non aveva passato le sue giornate a pianngere come le prime settimane. Apparentemente si era ripresa in fretta. Aveva già sentito delle voci in giro, così si era informata meglio sull’orfanotrofio di geni e aveva chiesto di essere portata lì invece che da un’altra parte, quando era chiaro che nessuno si voleva prendere cura di loro. E così si era ricostruita una vita…
Le stelle avevano pianto con lei quell’anno.
Gli anni dopo, quella notte l’aveva passata con Near. A volte lui si addormentava, più spesso guardava con lei il cielo e indicava con il ditino le stelle sorridendo. Ma quell’anno era sola.
Sentiva un vuoto vicino a lei, non nel cuore, ma materiale. Dopo un po’ si accorse che tutte le volte che si era sdraiata in quel punto a guardare il cielo pioveva, e di fianco a lei c’era Ryuzaki, il suo unico e grande amico, il ragazzo che le piaceva anche se non gliel’aveva mai detto.
Tentò di ignorare quel vuoto. Non ci riuscì, allora decise di andare a chiamare Ryuzaki nella sua camera. Sapeva dov’era, ma non era mai entrata da quella porta, perché di solito dopo le loro conversazioni era lui che l’accompagnava in camera sua. Be’, pensò, c’è sempre una prima volta.
Arrivata davanti alla porta esitò un attimo. Magari stava dormendo… in effetti era stupido pensare che fosse ancora sveglio a quell’ora. Poi notò che da sotto la porta filtrava un filo di luce e si accorse di aver esaurito le scuse. Alzò una mano e bussò.
- Watari? Entra. - le rispose Ryuzaki. Rain ci rimase un po’, ma poi le venne in mente che solo Watari bussava a quella porta, quindi era logico che lui pensasse così.
- Watari, entra!
Rain socchiuse la porta e mise il naso dentro.
- Sono io… posso?
Ryuzaki non la sentì subito, stava parlando ad un microfono dal quale usciva… la voce di L? Poi però lui appoggiò il microfono, digitò qualcosa su una tastiera e si girò.
- Watari… Rain?! Che ci fai qui??
- Volevo venire a chiamarti…
- Aspetta, esci che arrivo.
Rain chiuse la porta un po’ imbarazzata. Da quello che aveva potuto vedere, quella stanza era piena di computer e schermi giganti. Ryuzaki stava registrando una voce? La voce di L? Ma…?
La porta si aprì e uscì Ryuzaki, facendo bene attenzione a richiudersela alle spalle.
- Rain, ti avevo detto di non venire qui.
La ragazza si offese un po’. La stava trattando come se fosse una ladra!
- Primo, tu non mi hai mai detto niente del genere. Secondo, ci conosciamo da quasi sette anni, non credi che sia ora di dirmi la verità?
Ryuzaki si guardò un po’ in giro, pescò dalla tasca una zolletta di zucchero e se la mise in bocca. Poi si girò e aprì la porta.
- Entra - le disse, precedendola. Andò verso la sua sedia e si sedette con le gambe contro il petto, come si sedeva di solito. Fece un’ampio gesto per la stanza.
- Guarda e trai le tue conclusioni.
Rain ormai non aveva più dubbi.
- Tu sei… L???
- Il più famoso dei miei nomi. Ora immagino che sarai arrabbiata con me perché non te l’ho detto, o te ne andrai perché odi L, o…
Lo interruppe una sonora risata. Rain rideva e rideva, appoggiandosi al muro, e non riusciva più a smettere. Quando riprese fiato esclamò: - Sei troppo forte Ryuzaki! O dovrei dire… L!!! Come ho fatto in tutti questi anni a non accorgermi di niente! Eppure ti giuro che non sospettavo neanche lontanamente!!! Sei mitico, Ryuzaki!!!
- In effetti, c’era un 20% di probabilità che mi rispondessi così.
Rain agitò un dito per aria, sempre ridacchiando.
- Ah no, a me non la fai caro il mio investigatore! Tu non lo sapevi, invece! Il mio caro signor “Io-non-mi-sbaglio-mai” L non aveva capito un tubo di me! Come potrei mai arrabbiarmi con il ragazzo che mi piace!
L non ebbe nessuna reazione a quella specie di dichiarazione. Rimasero entrambi in silenzio per un po’.
- Beh - disse all’improvviso L. - Ora che sai chi sono, visto che sei l’unica oltre a Watari a saperlo, ti dovrò tenere sempre d’occhio… quindi ti chiedo di seguirmi quando vado in giro per le indagini e di diventare la mia ragazza.
Rain continuò a guardarlo sorridendo, senza dire una parola. Lui si alzò.
- Lo prendo per un sì. - disse. - Quindi, penso che non ci sia niente di male se mi permetto di fare una cosa che aspetto da molto tempo…
Le si avvicinò, chiuse gli occhi e appoggiò le labbra su quelle di lei. Fu un bacio veloce. Si staccarono.
- Che cosa eri venuta a dirmi?
- Fuori… - sorrise lei con le guance rosse.
- Non piove.
- No… ma ci sono le stelle cadenti. Vieni a vederle con me?
- Va bene.
Rain lo prese per mano e lo guidò fuori nel cortile. Era notte, e non c’era più nessuno lì a parte loro. Si sdraiarono sull’erba asciutta, ma si sdraiarono vicini, fianco a fianco, a guardare lo stesso pezzetto di cielo.
- Tutti gli anni sono qui a vedere le stelle, e tutti gli anni sono sempre uguali e sempre diverse… - sospirò lei.
- Per me è la prima volta.
- Davvero??
- Sì.
- Non sei mai stato il 10 di agosto a vedere le stelle cadenti da piccolo con tua mamma?
- No. Non l’ho mai conosciuta.
- Oh…scusami…
- Non importa. Non ho neanche fatto in tempo ad affezionarmi a lei. Avevo pochi mesi quando è morta, mi hanno raccontato tutta la storia più tardi. E’ stato in un banalissimo incidente stradale. Mio papà giudava, e sui sedili dietro c’era lei con in braccio me e la mia gemellina. All’improvviso una macchina è uscita di strada e c’è venuta addosso… sono sopravvissuto solo io, per miracolo.
- Non avevi nessun’altro parente?
- No. Nessuno si poteva prendere cura di me, e dall’ospedale sono stato portato direttamente in un’orfanotrofio dove sono cresciuto…
- Non qui?
- Io vivevo in Giappone… e poi, che motivo c’era di portare qui un bambino senza prima aver testato le sue capacità? A pochi mesi non si può dimostrare niente a nessuno.
- Già…
- Era un’incubo in quell’orfanotrofio, sin da quando a tre anni hanno scoperto che sapevo scrivere e leggere il giapponese, e a cinque anche l’inglese. Non è una cosa da tutti. Ovviamente rimasi da solo… e per di più non ero libero di fare quello che volevo. Quando ho cominciato ad andare a scuola è stato ancora peggio… facevo le elementari e avrei potuto essere al liceo. Non potevo sedermi come volevo ma dovevo stare composto nel banco, e puoi immaginare come per me fosse una tortura. Gesti che ora faccio senza pensarci, come mangiucchiarmi il pollice, mi erano proibiti. Probabilmente mi ritenevano un po’ pazzo… ma soprattutto non potevo mangiare dolci… come se a te togliessero i fili di mano e ti mettessero invece una bambola che dice mamma.
Rain inorridì. - Che incubo! Le ho sempre odiate quelle bambole! E come sei fuggito da lì?
- Per puro caso. Nella città dov’era l’orfanotrofio era stato commesso un delitto, una cosa da poco, ma nessuno riusciva a trovare prove sufficienti per arrestare uno dei tre indiziati. Tu capisci che mi annoiavo da morire, e pur di fare qualcosa… sono uscito di nascosto dall’orfanotrofio e ho esposto alla polizia il mio ragionamento. La notizia del bambino di otto anni che risolve un caso è arrivata alle orecchie di Watari, che mi ha adottato e mi ha dato tutto quello di cui avevo bisogno. Nel giro di due anni ero un’investigatore abbastanza famoso e Watari ha aperto la Wammy’s House.
Rimasero in silenzio per un po’, poi parlò Rain.
- Grazie.
- Mmm?
- Grazie di avermi raccontato di te.
- …
- Sono la prima a cui racconti tutto, vero?
- Mm-mmm.
- In cambio ti farò un regalo.
- Mmm?
Rain girò la testa di lato e avvicinò la bocca all’orecchio di L. Sussurrò due parole.
- Reen River…
L sussultò, poi girò la testa e le loro labbra si incontrarono, e si unirono in un bacio lungo e dolce. Si rotolarono nell’erba, senza interrompere quel bacio.
Dopo un’ora, o due, o anche tutta la notte, si separarono e si distesero sull’erba.
- Guarda. - le disse L, alzando la mano ad indicare il cielo. - Una stella cadente…
- Sì… è bellissima…
- Bellissima e veloce… non c’è tempo di esprimere un desiderio…
- Non serve - sussurrò Rain. - Se lo desideri davvero… allora il tuo desiderio è lì, fermo, nel tuo cuore, e in quel momento c’è…
L si girò a guardarla alla luce della luna. Era bellissima, più di ogni stella, con i suoi ricciolini neri scompigliati che incorniciavano il viso sorridente, e quegli occhi blu come la notte che riflettevano il cielo stellato…
- Mi hai regalato il tuo nome, Reen, e io ti dirò il mio…
L glielo disse in un soffio. Rain sgrano gli occhi sorpresa.
- No! Non ci credo! - esclamò ridendo.
- Ti assicuro che è vero… - rispose lui, per nulla stupito dalla reazione della ragazza.
Si baciarono ancora. Insieme rimasero sul prato tutta la notte, e si addormentarono vicini, quando il sole illuminò il cielo di luce rosata…



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Scusate per la lentezza ad aggiornare! E' un po' che avevo scritto questo capitolo ma non mi decidevo mai a pubblicarlo...
Spero vi sia piaciuto! E' stato molto difficile scrivere il passato di L senza snaturare il personaggio, e non so se ci sono riuscita, comunque mi piacerebbe sentire le opinioni dei lettori, anche se negative! Al prossimo capitolo!

Ecco la risposta alle vostre recensioni... (scusate se negli altri capitoli mi sono dimenticata...)

indialilla: Grazie ^^ Spero che ti siano piaciuti anche i capitoli dopo!
Kano_chan: Anche a me il nome Rain piace un sacco, e infatti... ^^ spero che Near ti stia simpatico anche ora, nel prossimo capitolo lo vedremo pi più
  
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