EPILOGO
Jacob
A venti giorni dal nostro ritorno mi trovavo in un gigantesco gazebo bianco
nel giardino di casa
Cullen.
Alice aveva organizzato le cose in
grande stile: gli invitati erano più di duecento – e mi chiedo
ancora dove avesse trovato tutta quella gente – e, ancora una volta, il branco
e i vampiri si trovavano riuniti insieme per festeggiare.
Le nostre vite erano ormai legate più di quanto ci si potesse immaginare.
La mia anima sarebbe stata legata indissolubilmente a quella di Nessie, lì, quel giorno,
da un sacerdote ignaro della natura degli sposi e delle loro famiglie.
Alice e Jasper erano
andati a prenderlo a Seattle, e lì l’avrebbero
riportato non appena fosse terminata la cerimonia.
Ero lì, di fronte all’altare, ad attendere la mia dolcissima Renesmee, che non vedevo
da più di un giorno ormai – Alice aveva tenuto alla tradizione, non
permettendomi di avvicinarmi a lei la notte precedente, nonostante dal nostro
ritorno fossi tornato a vivere stabilmente a casa Cullen – nervoso
ed irrequieto, tanto che Seth,
il mio testimone, mi aveva dovuto raccomandare più volte di mantenere la calma.
Fissavo continuamente l’ingresso del gazebo, ornato con un arco di rose rosso sangue avvolte nel tulle
bianco. Il colpo d’occhio era meraviglioso.
Dovevo ammetterlo, Alice ci sapeva proprio fare. Non
che già non lo sapessi, ma vederla all’opera in quegli ultimi giorni era stato
veramente emozionante.
L’arrivo di Gabe e Ness l’aveva
messa a dura prova, ma dopo averli conosciuti si era resa conto che il suo
nervosismo era stato del tutto ingiustificato. Si affezionò a loro come se
fossero due di famiglia, e li invitò a tornare con più calma dopo il
matrimonio, quando io e Nessie ci saremmo trasferiti
e ci sarebbe stata una stanza libera per ospitarli. Credo che Alice ogni tanto
si scordi di essere una vampira, tanto è presa nella sua finzione di umanità,
ma è pur vero che ogni coppia ha bisogno della sua intimità.
Il momento più intenso di quei
giorni era stato sentire il racconto di Gabe.
Carlisle era stato felice di
sapere che qualcuno aveva seguito il suo esempio, nonostante non fosse stato
coinvolto da lui in prima persona, e già faceva strane congetture matematiche
su quanti vampiri potessero essere coinvolti in quel modo di vivere senza che
lui ne fosse a conoscenza. Al secondo “se” mi scoppiava già la testa, e Nessie che si era
accorta della mia faccia stravolta, mi aveva trascinato fuori dalla stanza,
baciandomi fino a farmi passare il mal di testa e a farmi venire i rimorsi per
la promessa che avevo fatto ai suoi.
I suoi.
Bella, la mia migliore amica, stava per diventare mia suocera, ed era una cosa
completamente anomala: le suocere non possono essere amiche degli sposi, per
definizione.
Edward… dal mio
ritorno era stato meno scontroso verso di me. Il fatto che sua figlia fosse
felice ormai gli bastava. Il
che mi faceva ben sperare per il futuro.
Mentre facevo queste riflessioni, i quartetto d’archi che Alice aveva assunto
per l’occasione iniziò a suonare la marcia nuziale. Alzando gli occhi incrociai
quelli splendidi della mia Renesmee.
La osservai, mentre lentamente
attraversava il grande gazebo al braccio di suo padre, visibilmente emozionato.
I suoi lunghi capelli color del bronzo erano raccolti
in uno chignon che lasciava libere alcune ciocche che, in una cascata di
boccoli, incorniciavano il lato destro del suo viso. Il vestito che indossava
era principesco. Il corpetto, senza maniche, in raso di
seta ricamato, si stringeva sulla vita per allargarsi sulla gonna di seta
damascata, che scivolava verso terra in onde morbide. Il colore,
bianco, oltre ad incarnare la purezza della donna che sarebbe stata mia per
sempre, metteva in risalto il colore dorato che la sua carnagione aveva assunto
stando al sole.
Era semplicemente perfetta.
Ma questo, lo sapevo
da sempre.
Dopo la cerimonia, il ricevimento, al termine del quale scoprimmo che Charlie ci aveva
regalato la sua casa, poco prima che i fuochi d’artificio dichiarassero chiusi
i festeggiamenti.
Alice e Bella aiutarono Nessie ad uscire
dal vestito da sposa e le fecero indossare un tubino di seta blu. Al collo
portava la collana di perle che mio padre le aveva regalato.
Andammo a casa nostra.
Dove siamo anche ora. Carlisle è nella
nostra stanza da letto. Nessie ha
insistito così tanto per partorire in casa. Dice che altrimenti Bella non sarebbe potuta stare con
lei. Eppure non posso fare a meno di pensare che questa mi abitudine
a lasciarla fare come vuole l’abbia condotta a questa sofferenza non
necessaria.
Edward sta ascoltando i
miei pensieri.
Mi guarda e mi sorride.
Ma è un sorriso
triste.
Questo momento lo riporta al giorno in
cui è nata Renesmee.
So che quando ci pensa si sente ancora morire. So che una parte di lui è morta
con l’umanità di Bella.
Ma so anche che lui sa che questa volta andrà in maniera diversa.
Per quanto stia soffrendo
nel momento del parto, la gravidanza di Nessie è
trascorsa serena, il suo corpo si è arrotondato in maniera “naturale” – per
quanto mi riguarda a quella parola metterò sempre le virgolette, non credo più
che ci sia una cosa che possa essere definita “naturale” in senso assoluto – ed
ha aumentato anche il suo appetito per il cibo umano, soprattutto nell’ultimo
periodo.
Concludo questo pensiero nel
momento in cui Bella apre la porta della camera che è stata di Charlie per quasi vent’anni, prima che la
casa diventasse di mia proprietà.
Mi guarda sorridendo e mi dice: «Congratulazioni papà! E’ nato un bel
maschietto!»
«Congratulazioni anche a te, nonna!» le dico, facendo una
linguaccia ed entrando di corsa nella stanza un po’ per evitare lo scappellotto
che sicuramente mi avrebbe tirato, un po’ perché sono realmente impaziente di
vedere mio figlio.
E’ tra le braccia di sua madre.
Carnagione di uno strano miscuglio tra il mio color bronzo e il
pallore vampiresco di Nessie.
Occhi verdi.
Carlisle sorride quando si
accorge che ho notato questo particolare.
«Sono della stessa tonalità degli occhi di Edward quando era
umano» mi dice.
Sono felice che abbia preso qualcosa di lui. Ma non lo
ammetterò mai.
Cavolo! Mi scordo sempre che sa leggere nel pensiero. Sicuramente lo saprà già.
«Jake?» chiede Nessie senza
aprire gli occhi. E’ stanchissima, e voglio lasciarla riposare, ma prima devo
stringerla tra le mie braccia.
«Cosa c’è dolcezza?»le rispondo.
«Come lo chiamiamo?» mi chiede.
Ci penso un po’ su, poi le rispondo.
«Che ne diresti di Nathan Ephraim?»
«Nathan? Come
mai questo nome? Ephraim è il nome del tuo bisnonno,
quindi posso capirlo, ma Nathan è
insolito, sia per la mia famiglia che per la tua» mi dice scaldandosi un po’.
«Beh, pensavo che con il fatto dell’immortalità non ci sia da scherzare,
dare lo stesso nome a più persone in questa famiglia potrebbe diventare problematico! E soprattutto
voglio qualcosa che
sia semplice
pronunciare» le dico ridendo.
Lei mi sorride di rimando.
«E vada per Nathan Ephraim. Ma il nome
del prossimo lo scelgo io!»
Il piccolo sceglie quel momento per agitarsi un po’.
Lo prendo dalle braccia della
mamma per stringerlo al mio petto. Ancora non mi sembra reale che quel
fagottino sia mio figlio.
Nathan smette di agitarsi.
Il suo respiro si regolarizza. Si è addormentato.
Lo poso di nuovo tra le braccia della mia Nessie,
ed abbraccio entrambi, certo che da questo momento in poi il sole non
tramonterà più sulla mia vita, perché il mio sole splendente sono loro.