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Autore: Shainareth    14/10/2009    2 recensioni
[Gundam SEED/Gundam SEED Destiny] Quella che segue è una fanfiction che, sostanzialmente, non offre alcuna novità a livello di trama, salvo poche eccezioni, in quanto ripercorre tutta la storia delle due guerre del Bloody Valentine vissute in prima persona da Athrun Zala. Ecco, forse è questa l'unica particolarità: una panoramica su entrambe le serie di Gundam SEED e Gundam SEED Destiny, viste con i suoi occhi e raccontate dalla sua bocca. In definitiva, si tratta di un approfondito studio a trecentosessanta gradi del suo personaggio.
Ho preferito perciò non tediare i lettori con dei capitoli lunghi e particolareggiati, concentrandomi piuttosto sui pensieri e, soprattutto, sugli stati d'animo del protagonista.
Non so quanto possa risultare credibile o attendibile questa mia versione di Athrun, mi auguro però di essere per lo meno riuscita a comprenderne, seppur in minima parte, la profondità. Spero non con la cecità propria della sciocca fangirl che sono.
Infine, ringrazio Atlantislux per il betaggio e per i preziosi consigli.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Comincio col ringraziare chi mi lascia le proprie impressioni su questa lunga riflessione. Riguardo al rapporto fra Athrun e Yzak, anch'io l'ho sempre trovato bellissimo, e per certi tratti più interessante di quello fra Athrun e Kira.
Vi lascio a Lacus e a quello che - così mi pare di aver capito - Athrun provava per lei all'inizio di questa storia.





Lacus Clyne




Benché il mondo intero sia stato sempre convinto del contrario, non ho mai avuto un buon rapporto con le donne. Le uniche che io sia riuscito ad accettare per davvero nella mia vita erano – e sono – mia madre e Cagalli.
   Finita l’accademia militare, ero ormai diventato un soldato di ZAFT a tutti gli effetti. Perciò, prima di affrontare la vita in caserma, ritenni opportuno incontrare la mia fidanzata. Si trattava di un matrimonio combinato dalle nostre famiglie ed entrambi non ci eravamo posti più di tanto il problema dell’onestà di quell’accordo, perché su PLANT, e in special modo tra gli esponenti dell’alta società, era così che funzionava, poiché il numero delle nascite fra Coordinator di terza generazione andava diminuendo a vista d’occhio e si sperava così di fronteggiare questa imminente crisi.
   A parte la sorpresa iniziale, io e Lacus non avevamo in realtà molte lamentele da muovere al riguardo e, anzi, ci ritenevamo piuttosto fortunati. Lei era la figlia dell’allora Presidente Siegel Clyne e, se pure a prima vista poteva sembrare fin troppo spensierata, aveva dalla sua tutto ciò che un uomo sano di mente potrebbe desiderare in una donna. Evidentemente, però, all’epoca io non ero ancora abbastanza sveglio da accorgermi che il mio vago disinteresse nei suoi confronti avrebbe dovuto suonare piuttosto come un campanello d’allarme che mi avvertiva che nella mia testa c’era qualcosa che non andava. Lacus mi piaceva. Piaceva a tutti. Eppure mi sembrava che le mancasse un qualcosa in grado di coinvolgermi al punto da indurre me stesso a rispondere con sicurezza a chi mi avesse chiesto se ne ero o meno innamorato: se provavo a domandarlo alla mia coscienza, dentro di me sentivo riecheggiare soltanto un fastidioso non lo so.
   Mio padre voleva che la sposassi ed io, abituato com’ero a sottostare ai suoi ordini, avrei senz’altro obbedito. Di tanto in tanto, quindi, mi trascinavo per inerzia fino a casa sua, portandole dei fiori o qualche altro regalo che potesse farla felice – il suo sorriso era infatti una delle cose più belle che mi fosse capitato di vedere fino a quel momento. A dire il vero, fra i miei impegni accademici ed il suo lavoro di idol apprezzata e adorata da chiunque su PLANT, non ci capitava spesso di passare del tempo insieme, e pertanto il nostro rapporto continuava a svilupparsi sulla via dell’amicizia piuttosto che su quella dell’amore. Ovviamente anche dal punto di vista fisico era tutto immobile, vuoi per la nostra giovane età, vuoi per la buona educazione ricevuta che ci imponeva di portarci il massimo rispetto, vuoi, infine, per lo scarso coinvolgimento emotivo. Convinti perciò che avremmo comunque avuto tutta la vita per lavorarci su, le uniche manifestazioni d’affetto che ci scambiavamo sporadicamente non andavano mai oltre una gentile carezza o una passeggiata a braccetto. Dopotutto, eravamo ancora dei bambini.
   La guerra ci avrebbe cambiati. Se non nella sostanza, avrebbe per lo meno sconvolto le nostre esistenze al punto da portarci lontani e, soprattutto, da renderci adulti anzitempo. Saremmo quindi ben presto riusciti a trovare, di comune accordo, strade diverse da imboccare almeno sul piano sentimentale. Affiancati entrambi da quelle due persone che hanno cambiato in meglio la nostra vita, facendoci scoprire finalmente l’amore con tutte le sue gioie e le sue sofferenze, e riuscendo lì dove io e Lacus avevamo fallito.






  
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