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Autore: Eylis    18/10/2009    1 recensioni
“Trovarobe!” A quell’appello il carrello ambulante si fermò, con un tintinnio di campanelli ed uno sferragliare di oggetti di ogni tipo che finalmente avevano modo di fermarsi dopo tanto tremare a causa della strada dissestata. La figura che lo spingeva, un uomo non troppo grande con un alto cappello a tuba ed un vestito lacero, si volse in direzione della persona che l’aveva chiamato e che stava correndo verso di lui.
“Come posso servirla, Signore?”

Ogni cosa si può trovare se è in un luogo conosciuto. Se invece quanto si cerca è in un luogo sconosciuto trovarla diventa già più difficile. Ma è quando l’oggetto desiderato non è in nessun luogo che le cose si complicano davvero…
Questa storia si è classificata quarta al contest "Dal film alla storia" indetto da DarkRose86 sul forum di EFP
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dove il trovarobe si trova in impaccio e cerca aiuto per la sua missione

“Spagus!” Charles irruppe nella bottega dell’amico con furia, uccidendosi quasi nel percorrere la stretta scala a chiocciola che conduceva nel seminterrato. L’ometto, di fronte a tanta irruenza, si levò in piedi rovesciando la sedia sulla quale era seduto.
“Mio Dio Charles, che diamine succede? Mi hai spaventato!” Quando vide il volto cereo dell’amico però la sua paura poté solo acuirsi. Gli si avvicinò e mentre questo si prendeva i fianchi, ansante per la corsa, gli parlò con voce insolitamente ferma. “Charles Green, cos’è successo per portarti qui come se il diavolo ti stesse alle calcagna?” Malgrado la situazione il trovarobe sollevò lo sguardo mostrando un piccolo luccichio d’ironia.
“Il diavolo stesso…” Spagus sbuffò, mentre un tremito di preoccupazione ed irritazione lo attraversò.
“Certo, e magari aveva dietro di sé schiere di angeli!”
“Ma questo non sarebbe possibile, gli angeli non seguono i diavoli…” Questa volta il trovarobe si meritò uno scappellotto sulla nuca per il suo modo di deridere persino le situazioni che apparivano fra le peggiori.
“Raccontami che cos’è successo, e smettila di scherzare!”
“D’accordo, d’accordo…” Charles riprese un’aria seria, e fu a quel punto che Spagus iniziò a preoccuparsi davvero. L’amico lo stava ascoltando ed aveva abbandonato il suo solito modo di schernire ogni cosa.
“Forza sediamoci…” I due si sedettero alla scrivania, seppure senza un bicchiere in mano. Spagus aveva finito la bottiglia la sera prima quando era rimasto solo. “Allora?”
“Ho davvero incontrato il diavolo, Spagus…” L’amico alzò un sopraciglio dubbioso. “Poco fa, nel Quartiere dei Mercanti. Un tizio enorme, strano, non sono riuscito a vederlo in faccia. Mi ha chiesto… anzi, mi ha ordinato di trovargli una cosa, o… mi ucciderà, credo.” Il bottegaio sussultò a quella dichiarazione. Deglutì piano, poi prese un respiro.
“E… che cosa ti ha chiesto?” Charles guardò altrove, quasi imbarazzato.
“Devo trovargli la vita.” Il silenzio cadde immobile nella bottega per un lungo minuto. Poi Spagus sbuffò.
“E tu davvero gli credi?! Ma sei diventato pazzo? Questo tizio sarà un folle, uno squinternato, come mai si potrebbe trovare la vita?! Davvero credi che potrebbe ucciderti?” L’uomo era esploso in quel fiume di domande retoriche a metà tra l’isteria e la risata, non sapendo se sentirsi sollevato o preoccupato per la mente del suo amico. Ma quando Charles tornò a guardarlo si sentì ghiacciare il sangue nelle vene per quello sguardo inequivocabile. Non scherzava affatto, e non l’aveva fatto neanche l’uomo misterioso. Che fosse un pazzo od un personaggio eccentrico, pareva avesse davvero spaventato Charles, e per questo anche lui ora provava brividi in tutto il corpo. Dopo qualche istante fiatò di nuovo. “Cosa pensi di fare?”

Il giorno seguente si trovò a camminare verso il Quartiere dei Rovi. Si sentiva alquanto ridicolo nel pensare a quanto stava per fare, ma Spagus gli aveva assicurato che era il migliore, e che da lui sicuramente avrebbe ricevuto le risposte che cercava… Nonostante questo continuava a chiedersi come un indovino - un millantatore, sicuramente, pensava lui - potesse dirgli come trovare la vita e renderla tangibile per poterla consegnare al suo folle cliente.
Malgrado la situazione non aveva rinunciato a portare con sé il proprio carretto, e così durante il suo tragitto, quasi più per sfogare la propria ansia che per affarismo vero e proprio, concluse alcune vendite di poco conto. Una pipa, un vecchio completo elegante, antiche monete straniere… Ogni volta le persone erano meravigliate di quel che il trovarobe aveva sul suo mezzo ambulante, ma Charles sapeva che in realtà quelle poche cose erano solamente sciocchezze. Parlando con i clienti evitava persino di guardarli in volto, limitandosi a giocherellare con la scatola di sigari italiani che portava nell’ampia tasca destra del soprabito. Fortunatamente Spagus era riuscito a mantenere la testa là dove lui l’aveva quasi persa, e poco prima che se ne andasse dalla sua bottega l’aveva richiamato per consegnargli l’oggetto desiderato. L’appuntamento con il grasso Lord del giorno precedente era poco dopo quello con lo sconosciuto, e dopo aver incontrato quest’ultimo… se fosse sopravvissuto, certo, non avrebbe più avuto abbastanza tempo per tornare dall’amico a farsi dare la scatola.
Il Quartiere dei Rovi era un luogo relativamente tetro, dove la nebbia della città veniva forata dalla luce solo raramente a causa dei vicoli stretti che si infilavano fra caseggiati molto alti. Quando arrivò di fronte alla casupola dell’indovino però si rese conto con sorpresa di un fatto davvero curioso: il piccolo edificio era l’unico ad avere un piccolo praticello che lo circondava, e si trovava al centro dell’unica piazza presente nel raggio di un miglio. A causa di questo, la luce del sole riusciva addirittura a colpire parte dell’area, permettendo così anche ad alcuni fiori di sbocciare. Avevano colori tenui, opachi, ed i più si arrampicavano sullo steccato o sulle mura della costruzione per cercare di meglio agguantare quella sorta di dono di Dio. Quasi intimorito da questa visione, Charles si avvicinò con cautela all’ingresso del terreno, e quando vi mise piede come per magia la porta della casupola si aprì.
“C’è… c’è qualcuno?” Passo dopo passo Charles si avvicinò alla porta, incapace di vedere all’interno dell’abitazione a causa del denso fumo bianco che ne usciva.
“Avanti, avanti! Si accomodi signore, la stavo aspettando!” Perplesso Charles si affacciò alla porta scrutando l’interno dell’abitazione, e di colpo si trovò a fissare i profondi occhi scuri di un vecchio. Impiegò qualche secondo a distogliersi da quello sguardo magnetico per notare i tratti vagamente asiatici, un buffo copricapo a turbante e la lunga veste che portava al posto di un normale vestito.
“Buongiorno, io…” L’anziano indovino lo interruppe.
“Mi spiegherà ogni cosa dopo una buona tazza di tè. Venga avanti, la prego!” Il trovarobe si vide così condurre entro la casupola che dall’interno sembrava molto più grande di quanto potesse apparire da fuori, fino a raggiungere una piccola saletta dove il fumo era un poco più rado. La stanza era vuota, se non per un tappeto, un basso tavolino e due cuscini che fungevano da sedili posizionati al centro del pavimento. In alto, un lampadario ricoperto di pesanti stoffe irradiava una luce rosata e tenue. Su invito dell’indovino si sedettero, ognuno ad uno dei lati più lunghi del tavolo, le gambe ripiegate in una scomoda posizione sui cuscini. Charles si guardò attorno per qualche secondo, non sapendo come iniziare e cosa pensare. D’un tratto però gli venne spontanea una domanda, creata dal suo scetticismo.
“Ha detto che mi aspettava, come faceva a sapere che stavo arrivando?” A quella richiesta il vecchio gli sorrise, enigmatico.
“Siete un uomo di terra, vero? Non credete alle superstizioni o agli indovini.”
“Già… Non sarei qui, se non mi avesse convinto un mio amico a venire.” L’indovino annuì solennemente, pensieroso.
“Ma non vi avrebbe convinto se voi aveste creduto che fosse possibile un’altra soluzione. Il che significa che ciò che vi ha condotto qui è un fatto grave.” Charles lo squadrò, sorpreso, poi annuì brevemente. “Ebbene mio signore, vi posso garantire che da me non avrete trucchi da prestigiatore o giochi di carte, ma solo consigli che sarete libero o meno di accettare. Quanto al fatto che vi stavo aspettando… Le persone che arrivano in questo luogo e osservano la mia casa con la vostra perplessità hanno in genere una sola meta, questo luogo. Quindi non è stato difficile per me capire che stavo per avere visite quando vi ho visto dalla finestra.” Nuovamente l’anziano sorrise con sguardo sveglio, e questa volta anche Charles si lasciò sfuggire un’espressione più rilassata e convinta.
“Sono stato uno sciocco a credere che mi avreste presentato una sfera di cristallo, vero?”
“No, signor Green, non è stato uno sciocco. In fondo in un qualsiasi altro luogo come questo sarebbe potuto accadere.” Il trovarobe sorrise nuovamente, poi si zittì. Come poteva quell’uomo conoscere il suo nome quando lui non si era presentato? Aprì bocca per chiederglielo, ma poi si fermò, senza ben capirne il motivo. Chissà, forse un po’ di magia al mondo poteva esistere… Si fissarono in silenzio per qualche tempo, poi, mentre gli serviva del tè in una curiosa tazzina senza manici, l’indovino gli si rivolse nuovamente con garbo.
“Dunque mi dica, signore, qual è il motivo della sua visita?” Imbarazzato Charles sorseggiò la bevanda, seppure fosse bollente, per prendere tempo.
“Ecco, io… vede, di mestiere sono un trovarobe.” L’indovino annuì, invitandolo a continuare senza paura. “Ciò vuol dire che chiunque può venire da me e chiedermi di trovargli qualcosa, più o meno posso procurare qualsiasi cosa… in effetti è il mio vanto.”
“Quindi se io le chiedessi di trovarmi una sfera di cristallo lei me la porterebbe.” Charles fissò l’anziano chiedendosi se lo stesse prendendo in giro, ma il suo viso era imperscrutabile.
“Sì, io… credo di sì. Ma…”
“Ma ora qualcuno le ha chiesto di trovare qualcosa di più complesso.” Il trovarobe abbassò il capo, sconfitto. “Le posso chiedere di cosa si tratta?”
“Ecco, mi hanno chiesto di trovare… di trovare la vita.” Ancora una volta il viso dell’indovino era indecifrabile, e Charles non riuscì ad intuire i suoi pensieri.
“Lei non ha valutato la possibilità di nascondersi a casa sua? Lì potrebbero non trovarla…” Dunque l’indovino sapeva anche questo?
“Credo che… mi troverebbe comunque, mi ha minacciato e ha detto che mi scoverà, non penso che mi sentirei al sicuro, e poi…”
“E poi lei non vuole perdere questa sfida, vero? Vuole mantenere la propria fama.” Charles spalancò gli occhi, sorpreso.
“No, certo che no! Tengo solo alla mia vita!” Ma l’anziano lo guardò interrogativo.
“È così certo di quanto ha appena affermato?” Ammutolito, il trovarobe non seppe come rispondere.
“Ad ogni modo devo trovare una soluzione. Per questo sono qui, lei ha detto che mi avrebbe dato un consiglio, non è vero? Come posso trovare la vita?” Allora il suo interlocutore gli prese le mani, chiuse gli occhi e gli fece cenno di fare altrettanto. Rimasero qualche istante in silenzio, e quando l’indovino gli rispose lo fece con voce lenta e grave, eppure riuscì a trasmettere a Charles un vago senso di tranquillità.
“Mio caro… La vita non è un oggetto qualsiasi come quelli che lei cerca ogni giorno, per quanto rari possano essere. La vita in effetti non è un oggetto, e proprio per questo non è qualcosa che si possa trovare. Si può solo accettare, cosa che tutti noi dovremmo fare. Guardi dentro di sé, nel profondo, saprà cosa fare…” Quando il trovarobe riaprì gli occhi, l’indovino era scomparso.
Si allontanò dal Quartiere dei Rovi ancor più confuso di quando vi era entrato, chiedendosi cosa potessero significare quelle parole, e come avrebbe potuto trovare dentro di sé la vita da donare al misterioso cliente.

  
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