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Autore: Eylis    12/10/2009    0 recensioni
“Trovarobe!” A quell’appello il carrello ambulante si fermò, con un tintinnio di campanelli ed uno sferragliare di oggetti di ogni tipo che finalmente avevano modo di fermarsi dopo tanto tremare a causa della strada dissestata. La figura che lo spingeva, un uomo non troppo grande con un alto cappello a tuba ed un vestito lacero, si volse in direzione della persona che l’aveva chiamato e che stava correndo verso di lui.
“Come posso servirla, Signore?”

Ogni cosa si può trovare se è in un luogo conosciuto. Se invece quanto si cerca è in un luogo sconosciuto trovarla diventa già più difficile. Ma è quando l’oggetto desiderato non è in nessun luogo che le cose si complicano davvero…
Questa storia si è classificata quarta al contest "Dal film alla storia" indetto da DarkRose86 sul forum di EFP
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco il primo vero capitolo di questa storia... Spero potrà incuriosirvi, dato che è adesso che le cose iniziano a farsi interessanti!







Dove si parla di Spagus ed entra in scena un personaggio misterioso

Il campanello fissato sulla porta trillò quando questa si aprì, annunciando al padrone della bottega l’arrivo di un cliente. Arcibald Witterson, notoriamente denominato Spagus, alzò il capo dal libro polveroso nel quale era immerso ed osservò i piedi che stavano scendendo la scala a chiocciola che dall’entrata portava nello scantinato. Ma una voce che ben gli era nota precedette il viso della persona che stava arrivando.
“Buongiorno, Spagus, è permesso?” L’ometto smilzo si drizzò in piedi e raggiunse l’ospite mentre questo arrivava finalmente al termine degli scalini per accoglierlo in un caloroso abbraccio.
“Charles Green! Qual buon vento!” Il trovarobe sorrise e ricambiò la stretta, poi si scostò. Spagus gli diede un leggero buffetto sulla guancia. “E così finalmente ti sei degnato di tornare a trovarmi, eh? Mi hai fatto aspettare a lungo questa volta!”
“Hai ragione, amico mio, non ho scuse.” Mentre diceva questo però il viso del trovarobe assunse un’espressione divertita, e presto l’uomo ebbe estratto una bottiglia dal soprabito. “Proprio per questo ti ho portato qualcosa per farmi perdonare!” Nel vedere quel liquido scuro che sicuramente gli avrebbe dato alla testa Spagus si illuminò, e per un attimo i suoi occhi si fecero avidi. Subito però riprese il sorriso, e con una grossa pacca sulla schiena invitò Charles a farsi avanti fra le mille cianfrusaglie stipate in quello spazio angusto. Mentre schivava i vari libri e gli oggetti ammonticchiati sul pavimento il trovarobe si guardò attorno, constatando soddisfatto che la bottega aveva il solito aspetto disordinato. Le finestre sporche accatastate vicino al soffitto filtravano una luce grigia proveniente dalla strada, inframmezzata da linee di ombra date dalle sbarre fini che proteggevano i vetri. Il locale era piccolo e colmo di ogni oggetto esistente, dai mobili più vecchi che avesse mai visto alle suppellettili più assurde, e quell’aria pareva coprire ogni cosa di un fine strato di polvere. L’unica luce accesa era la piccola lampada ad olio sulla scrivania di Spagus, dove un enorme libro antico era poggiato aperto all’incirca a tre quarti della sua lunghezza.
“Vieni, vieni, dovrei avere un paio di bicchieri da queste parti…” La voce roca dell’amico lo distolse dalla sua osservazione. Spagus aveva perennemente il raffreddore, non l’aveva mai sentito parlare normalmente. Presto la bottiglia fu stappata e i due si sedettero alla scrivania brindando a loro stessi. Un lungo sorso ed il liquore scese nelle loro gole bruciandole e rallegrando i loro animi. Poi Spagus poggiò il proprio bicchiere e fissò il trovarobe con fare inquisitore. “Allora, che ti serve? Perché se sei venuto qui e mi hai portato questa bottiglia significa che sei in cerca di qualcosa…” L’interrogato ridacchiò, divertito.
“Non ti sfugge nulla, eh? Ma questa volta non è niente di speciale. Un signorotto dei quartieri alti è in cerca di sigari italiani, di quelli della migliore marca, ed io ho pensato che sicuramente tu avresti potuto procurarmeli…” Di fronte a queste lodi Spagus batté un pugno deciso sul piano.
“Accidenti a me se non ci riesco! Sigari italiani, eh? Proprio questa sera dovrei incontrare quel commerciante… sta sicuro che li otterrò senza problemi!” Charles sorrise.
“Sarebbe perfetto. Ho promesso che per domani alle sette di sera avrebbe avuto i suoi sigari, e questo mi permetterà di esaudire la sua richiesta.” Spagus era fatto così, Charles lo sapeva. Sembrava un personaggio rozzo, ma in realtà aveva un gran cuore, e soprattutto amava le trattative. Avrebbe riempito la testa di quel commerciante di mille parole fino a che questo gli avrebbe dato i sigari per una sciocchezza, ed il giorno dopo glieli avrebbe presentati con espressione fiera. “Bene, amico mio, questo significa che domani ci rivedremo!” Il trovarobe si alzò in piedi, spolverandosi il soprabito malandato, e tese la mano verso Spagus. Questo lo fissò, deluso.
“Vuoi già andartene? Sei appena arrivato…”
“Hai ragione, ma alcuni affari mi chiamano altrove, mi dispiace. Domani provvederò a fermarmi più a lungo, te lo garantisco.” L’amico lo studiò, indagatore.
“Affari altrove, eh? Devi forse… tornare a casa?” Il trovarobe allora annuì leggermente, pensieroso.
“Già… ormai non posso più rimandare. Ma rimarrò una notte sola, il tempo di un bagno caldo ed un pasto decente e poi tornerò da queste parti, come al solito.” Spagus scosse il capo, rassegnato.
“Io non ti capisco, proprio no. Potresti avere tutto ed invece…” Charles lo bloccò con un gesto gentile della mano.
“Non devi preoccuparti, amico mio. È una scelta mia, ed in ogni caso… sto meglio così.”
“Già, si vede…” Lo guardo ironico di Spagus lasciava intendere che il suo pensiero dicesse l’opposto delle sue parole, ma l’uomo preferì sorvolare su quel discorso che più volte aveva tentato di affrontare senza successo. Così si alzò in piedi a sua volta ed accompagnò l’amico alla scala, dove lo salutò con un altro potente abbraccio. “Mi raccomando, abbi cura di te. Ti aspetto qui, domani, nel pomeriggio.” Il trovarobe annuì.
“A domani, Arcibald Witterson!” Mentre saliva le scale dopo averlo salutato con un gesto sentì Spagus che gli inveiva contro.
“E non chiamarmi in quel modo, te l’ho già ripetuto mille volte!” Ridacchiò divertito, si divertiva sempre a provocare l’amico.

“James, sono a casa!” Nel sentire la voce del suo padroncino James corse verso la porta e gli saltò sulle gambe. “Ciao bello, come stai?” Il cagnolino nero scodinzolò felice, cercando per l’ennesima volta di scrollarsi il pelo lungo dagli occhi per vedere l’umano. Mentre gli stava leccando accuratamente la faccia però fu interrotto da un’altra voce che ben conosceva.
“Bentornato signorino, sono felice di rivederla.” Charles alzò lo sguardo cercando di tenere a bada il cane e sorrise al maggiordomo.
“Mai quanto io sono felice di rivedere te, James II!” L’uomo, alto e magro come si confaceva ad ogni buon maggiordomo, alzò gli occhi al cielo e con santa pazienza aiutò il suo padrone ad alzarsi prendendo in braccio il cagnolino assetato di affetto.
“La prego, signorino, non mi prenda in giro… So bene quanto lei detesti tornare in questa casa, e non dirò nulla su questo fatto. Ma potrebbe almeno chiamarmi in un altro modo?”
“E perché? Dopotutto James è un nome perfetto per un maggiordomo, si chiamano tutti così!” Fece segno di riflettere qualche secondo. “Ma se preferisci ti chiamo William, anche questo potrebbe essere un buon nome…” Il maggiordomo lo guardò con condiscendenza.
“E non potrebbe invece chiamarmi Frederick, come ha fatto mia madre quando sono nato?” Ma Charles sembrava intenzionato a continuare a prendersi gioco del servitore, e scosse il capo con fermezza. Entrambi sapevano che quello era il modo con il quale l’uomo gli dimostrava il suo affetto e la sua gratitudine.
“Suvvia James, poche storie… Ora ti prego, preparami un bagno caldo ed una buona cena, ho un buco nello stomaco per la fame!” Ancora una volta il maggiordomo levò gli occhi al cielo, incapace di comprendere perché un signorino ricco come Charles Green potesse preferire la vita di strada ad un’esistenza ricca di agi. Poi con un inchino di servizio si congedò da Charles e si diresse verso le scale della servitù, mentre il suo padrone si avviava per lo scalone principale che portava al piano superiore. In realtà quella divisione non era necessaria, ma Frederick teneva al rispetto dell’etichetta, almeno quando si trattava di decidere delle proprie azioni.
Arrivato nelle proprie stanze Charles si liberò degli abiti logorati dalle intemperie ed indossò una vestaglia semplice ma morbida. Si affacciò ad una finestra per osservare i propri possedimenti. Ogni volta che tornava in quel posto ricordava cosa significasse vivere una vita vera, ma proprio per questo ogni volta vi sfuggiva nuovamente. Mentre si infilava nella vasca colma di acqua calda e profumata, poco tempo dopo, la sua convinzione a tornare sulla strada il giorno seguente era, se possibile, ancor più salda nel suo cuore.

“La ringrazio, signore, le auguro una buona giornata!” Il vecchio ricambiò il cenno di saluto e si allontanò fischiettando dal carretto ambulante con la propria gabbietta sottobraccio. Il trovarobe lo osservò, soddisfatto dell’affare appena concluso. Per quella vecchia gabbia per uccelli non aveva speso un centesimo, l’aveva trovata in un cumulo di spazzatura qualche mese prima, e da allora la portava ammonticchiata sul suo mezzo di trasporto. Così, quando l’anziano gli aveva chiesto una casa per l’uccello che intendeva regalare alla nipotina, aveva fatto presto ad estrarla dal cumulo di oggetti per mostrargliela. Ma non era il primo acquisto della giornata, nella tasca del vestito nuovo, che aveva accuratamente stracciato e sporcato a casa la sera prima, già tintinnavano diversi pennies. Non che con questi potesse davvero sopravvivere, ma in fondo… i soldi non gli mancavano. Trovava vagamente ipocrita mantenersi con i soldi di quella ricchezza che nella vita cercava di rinnegare, ma almeno gli servivano anche per fare, indirettamente, del bene alle persone che erano povere per davvero e che gli cercavano oggetti che sarebbero costati molto più di un penny.
Si allontanò da quel quartiere per dirigersi in quello vicino, dove spesso trovava ottime occasioni, e camminando prese a canticchiare una vecchia melodia della sua infanzia. Gliel’aveva insegnata la sua tata, che gliela ninnava quando lui si appoggiava al suo petto e tentava di cogliere il battito del suo cuore attraverso tutta quella carne. Da piccolo aveva sempre creduto che tutte le tate fossero così prosperose, ma crescendo aveva scoperto che in realtà quella particolare bambinaia era particolarmente grassa. Così si era convinto che tutta quella mole le serviva a contenere la sua grande allegria.
Era quasi arrivato nel luogo che si era prefissato quando, dallo stretto vicolo che aveva appena percorso, udì un leggero rumore di passi. Così era vero, qualcuno lo stava seguendo… Se ne era accorto da diversi minuti, ma ora ne aveva la conferma. Forse si trattava di un cliente particolarmente timoroso… Sicuramente aveva una richiesta imbarazzante, magari cercava un oggetto particolare per soddisfare una donna, o aveva bisogno di un’arma per compiere qualche azione avventata… Charles trovava tutto, non gli importava cosa poi i clienti ne avrebbero fatto. Cercava unicamente di svolgere al meglio il suo lavoro, poi stava alla coscienza di chi veniva soddisfatto nella propria richiesta di decidere cosa fare dell’oggetto ottenuto. Si girò con un’espressione quasi seducente, parlando al vuoto.
“Si faccia avanti, Signore, da me può trovare tutto ciò che sta cercando!” Per diversi secondi però solo un lungo silenzio gli rispose. Perplesso lanciò un nuovo appello verso il vicolo. “Avanti, non mangio nessuno! C’è qualcuno lì?” Ancora una volta nessuno gli rispose, così, un poco intimorito, cercò di mostrarsi risoluto. “Se c’è qualcuno che si faccia avanti, non ho tempo da perdere!” Vedendo però che anche questa volta non aveva avuto successo decise, con un’alzata di spalle, di andarsene. Afferrò deciso i manici del suo carretto e lo sollevò, prendendo la forza necessaria per farlo ripartire. Fu in quel momento che i passi si fecero risentire e si avvicinarono a lui. Questa volta preoccupato, si voltò nuovamente verso la fonte di quei rumori. Poco distante da lui stava una figura imponente, avvolta in un cappotto scuro di pelle logora ma preziosa, il volto oscurato da un grande cappello e dall’alto collo dell’indumento.
“È lei il trovarobe?” Una voce rauca, quasi unicamente sussurrata. Charles annuì, impaziente.
“Sì, sono io. Mi ha spaventato Signore, cosa cerca?” L’uomo gli si avvicinò, chinandosi per osservarlo in volto.
“Mi dicono che lei sa trovare ogni cosa… È vero? È famoso per questo.” Il trovarobe si congratulò internamente con sé stesso per quel successo.
“Certo Signore, mi dica cosa le serve e la soddisferò certamente in breve tempo!”
“Bene, bene… Allora mi ascolti bene, trovarobe, perché quello che mi serve da lei è qualcosa di davvero raro.”
“Mi dica, Signore…” Charles si chiese se davvero quell’oggetto potesse essere tanto particolare, ma gli restava ancora qualche possibilità che l’uomo fosse un ignorante, seppure non lo sembrasse, e che la sua ricerca si rivelasse più facile di quel che sembrava. Ma certo non si aspettava una risposta simile.
“Ho bisogno che lei mi trovi qualcosa che pare sia molto prezioso, trovarobe. Voglio che le mi trovi la vita.” Il trovarobe rimase sconcertato per qualche istante, poi scoppiò a ridere.
“La vita, Signore? Ma la vita non è qualcosa che si possa trovare!” Ma l’uomo misterioso non rise, ed al contrario la sua voce si fece ancor più seria e bassa.
“Io invece credo di sì, trovarobe… Credo proprio che lei me la troverà. Non ha forse detto che lei può trovare tutto? In caso contrario sarò costretto a fare qualcosa di molto, molto spiacevole…” Di fronte a queste parole Charles sbiancò, e per la prima volta ebbe davvero paura.
“Cosa intende?”
“Per ora non ha importanza, trovarobe… Mi trovi quanto cerco e me lo porti qui, domani, prima che l’orologio suoni le cinque pomeridiane. Se non sarà all’appuntamento la troverò a modo mio, glielo garantisco…”
“Ma…” Lo sconosciuto lo interruppe con un gesto brusco.
“Nessun “ma”, trovarobe… La aspetto domani. Sia puntuale, mi raccomando… Le auguro una buona giornata, ed una buona ricerca.” Prima che Charles potesse trovare le parole per formulare una frase di senso compiuto l’uomo era già sparito nel vicolo dal quale era arrivato, in silenzio.

  
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