Film > Basil l'Investigatopo
Segui la storia  |       
Autore: Bebbe5    18/10/2009    3 recensioni
Rattigan è tornato in azione e tocca di nuovo a Basil sconfiggerlo. Ci riuscirà anche stavolta? Per tutti i fan dell'argomento. [capitoli e titolo modificati e corretti]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Note dell’autrice: Oh, finalmente riesco ad aggiornare. Accidenti a me e a quando decido di farne duemila. Ma cosa avevo in mente?!

Lasciamo perdere queste considerazioni da svitata e passiamo a…

 

L’ANGOLO DELLE RECENSIONI

 

BELLIS: Intanto grazie per la recensione. Per quanto riguarda il urto, un assaggio ti verrà dato in questo capitolo, poi… si vedrà.

Spero che ti piaccia.

 

ASHLEY SNAPE: Scusami se aggiorno così tardi, ma veramente, c’era una fiction che mi premeva aggiornare per prima e così ho perso tempo. Mi spiace. Grazie per la recensione.

 

Che dite, si comincia?

 

 Capitolo 14

 

Il giorno seguente, al 221/B di Baker Street, piano terra, ma proprio terra, fu tutto un andirivieni per le varie stanze alla ricerca di attrezzature di ogni sorta. Verso le cinque pomeridiane, il salotto era pieno di corde, pistole con relative munizioni, cappotti imbottiti per avere un minimo di protezione dalle pallottole, torce e quant’altro potesse servire per la pericolosa missione di quella notte. Sul tavolinetto di fronte al camino, era stata spiegata una pianta della banca di Londra e, attorno ad essa, stavano discutendo Basil, Topson ed un ispettore di Scotland Yard, di nome Laroux.

 

 “Dunque” stava dicendo quest’ultimo “Stamani ho fatto entrare nella Banca una trentina dei miei uomini migliori in borghese. Hanno l’ordine di nascondersi nell’edificio fino al nostro arrivo.”

 

“Perfetto!” rispose Basil “Ne piazzeremo due dietro le tende dell’ingresso, con l’ordine di non muoversi se non in caso di fuga dei ladri. Altri due, li voglio al piano superiore, nel caso che i criminali cerchino qualcosa di diverso dall’oro – con Rattigan come mente del colpo, non si può mai sapere. Costoro avranno il compito di fare un segnale ai due agenti nell’atrio, in caso di attacco agli uffici situati ai piani alti, in modo che questi possano avvertire il resto del contingente che si troverà nel seminterrato. Viceversa se ci sarà un attacco troppo difficile da sostenere, saranno gli uomini nel seminterrato a dare l’allarme.”

 

Ad ogni disposizione, il dito del detective indicava un punto diverso sulla carta.

 

“E ora, arriviamo al suddetto seminterrato: voglio almeno quattro uomini per stanza. Ah, e che facciano attenzione ad essere ben nascosti: se vogliamo prenderli tutti, dobbiamo portarli ad un punto da cui non potranno uscire se non con un bel paio di braccialetti. Tutto chiaro?”

 

“Certamente, signor Basil, mi sembra tutto perfetto.” Commentò l’Ispettore.

 

“Basil, noi dove staremo?” interloquì Topson.

 

“Amico mio, noi ci nasconderemo direttamente nel caveau insieme all’Ispettore. Toccherà a noi dare il segnale d’attacco.”

 

“Capito.”

 

“Mi dica, signor Basil, c’è qualche possibilità che riusciamo a catturare quel farabutto di Rattigan?” chiese Laroux.

 

“Ne dubito fortemente Ispettore. Se lo conosco bene non si farà vivo. No, secondo me questo è solo uno dei crimini sui quali rifonderà il suo impero del terrore.”

 

“Noi, però, saremo lì ad impedirglielo.” Aggiunse Topson.

 

“Poco ma sicuro, dovremo però fare attenzione, non sappiamo con esattezza come agirà.

 

“Questo suo informatore misterioso non è stato molto preciso eh?” chiese Laroux con una punta di ironia nella voce.

 

“Se lo fosse stato, avrebbe certamente fatto insospettire Rattigan: non mi fraintenda, lui è certamente al corrente del fatto che io abbia degli informatori ma, fintanto che non ho notizie dettagliate, non può arrivare a capire chi essi siano.”

 

“Giusto, ma allora perché non farlo venire qui?”

 

“Per due semplici motivi, uno gliel’ ho appena illustrato. Per farla breve, Ispettore, non crederà mica che per scoprire tali complotti faccia affidamento su persone per bene.”

 

“Sa che, dopo queste parole, potrei arrestarla per occultazione di crimine?”

 

“Non le parrebbe vero eh?” mormorò Topson tra i denti.

 

“Prego?” scattò l’Ispettore.

 

“Quello che il mio collega voleva dire, caro Laroux, è che, se questo è il suo atteggiamento, la prossima volta mi rivolgerò ad un’agenzia privata per una missione del genere e mi prenderò tutto il merito: vuole questo? In più, mi scusi, credo che ci siano abbastanza criminali per ogni cella di Londra, senza bisogno di sbatterci dentro anche colui che si impegna per riempirle.”

 

L’altro rimase in silenzio, combattuto tra il rispondere o meno. La sua decisione fu però rinviata da un bussare improvviso alla porta dell’ingresso. I tre udirono l’uscio aprirsi, qualche parola affrettata,poi la signora Placidia entrò nel salotto.

 

“Signor Basil? C’è un’anziana signora che chiede di conferire con lei.” Annunciò.

 

“Le dia una focaccina ed una tazza di thé, poi la mandi via. Ora sono occupato.”

 

“Ma, signore, è accompagnata dalla signorina Morstan.”

 

All’udire quel nome, gli occhi di Topson saettarono verso la porta, per poi tornare a rivolgersi rapidamente sulla cartina della Banca.

Basil, a cui il gesto non era sfuggito, sorridendo fra sé e sé disse:

 

“E va bene, la faccia entrare. Che sia una cosa rapida però.”

 

La domestica fece la riverenza, uscì, e poco dopo fecero il loro ingresso nella sala una vecchina vestita di scuro, un po’ ingobbita, che si appoggiava con un braccio ad un bastone e, con l’altro, al braccio di Elizabeth Morstan, la quale aveva una smorfia curiosa dipinta sul viso. Topson fece per offrire una sedia alla donna, ma questa lo fermò con un gesto.

 

“Non si preoccupi giovanotto.” Disse con una vocina roca, rivolgendo lo sguardo al dottore, che poté così vedere un volto rugoso a fare da cornice ad una fila di denti giallastri.

“Da quanto ho capito, il signore qui presente è molto occupato, quindi sarò breve.”

 

“Signora.” Intervenne Laroux “Sono un ufficiale di Scotland Yard. Mi permetta di dirle che alla nostra stazione ci sono moltissimi validi agenti pronti ad ascoltare tutta la sua storia con grande attenzione e …”

“e, stava per dire, suggerirmi una casa di cura? Tanto per cominciare, Ispettore, sono ancora una signorina nonostante l’età, e poi ne ho fin sopra i capelli di quegli incompetenti dello Yard. Ora, Ispettore, vorrei conferire in privato con il signor Basil se non le dispiace. Almeno lui, da quello che mi hanno raccontato le amiche del circolo del cucito, ha un po’ di gentilezza e non lascia mai deluse e insoddisfatte le persone.”

 

Il volto di Laroux era diventato di uno sgradevole color prugna. Dopo un paio di secondi, l’ufficiale afferrò il suo cappello e si avviò alla porta. Sulla soglia si fermò per dire con voce secca:

“Allora, signor Basil, stasera alle otto e mezza. Mi raccomando, sia puntuale.”

Poi uscì chiudendo la porta con forse un po’ più forza del dovuto.

 

Nel salotto cadde il silenzio. Topson prese a guardare ogni tanto di sfuggita Elizabeth, che continuava ad avere quella strana smorfia sul viso e che si ostinava a guardare il soffitto, come se volesse impararne a memoria la composizione. L’anziana signora, il cui nome era ancora sconosciuto, si guardava intorno, scrutando ogni anfratto della stanza con i suoi occhietti curiosi. Basil, invece, si era appostato accanto alla finestra per osservare la strada. Dopo un paio di minuti chiuse le tende e disse:

 

“Va bene, se n’è andato, ora finiamola con questa pagliacciata. Cornelia, levati quella gobba dalla schiena e quella plastica dal viso, sei ridicola. Elizabeth, ridi pure, tanto come attrice non sei per nulla convincente.

 

Topson spalancò gli occhi, sorpreso, ma lo stupore si fece più intenso quando la “vecchina” si raddrizzò liberandosi del suo costume, lasciando apparire Cornelia Blackwood., mentre Elizabeth Morstan scoppiava in una risata che pareva aver trattenuto per troppo a lungo.

 

Sul volto dell’attrice, invece, non c’era alcun segno di gioia.

“Non puoi sempre rovinarmi tutto così. Come hai fatto? Dimmelo, così la prossima volta farò più attenzione.”

 

“L’ho capito quando non sei scesa a salutare l’Ispettore che dovevi essere sgattaiolata fuori. Carino da parte tua non dirmelo. Quando poi la signora Placidia mi ha detto che c’era un’anziana signora con Ms. Morstan ho cominciato ad avere dei sospetti. Ti ho scoperta quando hai alzato il volto per guardare Topson. Ho riconosciuto i tuoi occhi.”

 

“Sarei quasi contenta della cosa se non fosse per la delusione.”

 

“… insomma.. ah ah… è stato un divertimento vedere la gente chiedere.. ah ah… gli autografi solo a me mentre camminavamo e non a lei…”

 

Stava raccontando Elizabeth a Topson, ridendo insieme a lui.

 

“Quindi stasera si trattiene qui?” le chiese il dottore.

 

“Sì, farò compagnia a Cornelia.”

 

Le due coppie continuarono a discutere per un po’, anche intrecciando le loro conversazioni, finché, verso le sette e mezzo, la signora Placidia annunciò che la cena era pronta.

 

I quattro mangiarono in fretta, dato che Basil e Topson dovevano uscire presto per andare alla Banca.

 

Verso le otto e un quarto Basil e Topson, vestiti di nero e attrezzati di tutto punto, uscirono dal 221/B e salirono su Ugo, il cane preferito del detective, grande fiutatore di piste, per recarsi all’appuntamento con Laroux.

 

Cornelia ed Elizabeth rimasero sulla porta finché il suono dei balzi del cane non fu più udibile per la strada.

 

“Tornerà, vedrai.”disse il medico alla sua amica, cingendole le spalle con un braccio.

 

“Oh, questo lo so. Mi chiedo solo se tornerà tutto intero. Beh, ora è inutile stare a logorarsi. Che ne dici di farci una bella partita a carte insieme alla signora Placidia?”

 

“Sì, ottima idea.” Le due rientrarono in casa, ignare dello sguardo penetrante e maligno che, nascosto da un giornale, le aveva osservate per tutto il tempo dall’altro lato della strada.

 

()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()

 

Banca di Londra, ore 24

 

Da quanto tempo si trovassero lì, accovacciati dietro le sbarre del caveau, nascosti dall’oscurità più totale, Topson non lo sapeva. Dovevano essere all’incirca quattro ore, a giudicare dai rintocchi di una chiesa vicina. I muscoli cominciavano a dolergli, a causa della posizione in cui ormai si trovava da quando si era disposto insieme a Basil e a Laroux nel caveau. Inizialmente l’adrenalina l’aveva un po’ aiutato a far fronte a questo problema, poi però erano passate le ore, aveva cominciato a sbadigliare e a sentire i dolori. I suoi occhi, ormai abituati all’oscurità, si puntarono su Basil, che stava seduto, immobile, con gli occhi chiusi e che sembrava dormire.

Eppure il dottore sapeva che, anche se le palpebre erano chiuse, il detective era sveglissimo ed attento a cogliere ogni singolo rumore al di fuori dei loro respiri.

 

Se Topson però era a conoscenza di questi dettagli riguardo il suo amico, altrettanto non si poteva dire per Laroux. Questi, infatti, cominciò a sbuffare e, dopo un po’, non riuscì più a trattenersi:

 

“E allora? Dove sono?”

 

“Shh, shh” fu la risposta di Basil.

 

“Siamo sicuri che il suo informatore non abbia toppato in pieno?”

 

“Shh, shh” ripeté Basil, in quella maniera che risultava irritante a chi non era abituato a sentirsi rispondere così.

Fu infatti questa la reazione dell’Ispettore.

 

“Insomma, se aveva intenzione di far perdere tempo prezioso a me ed ai miei uomini, c’è riuscito, ma voglio una giustificazione per…”

 

“Ispettore, silenzio.” Lo interruppe Basil, aprendo gli occhi ed avvicinandosi alle sbarre del caveau.

 

“Ma insomma, come si..?”

 

“Ispettore, stia in silenzio ed ascolti.”

 

Nella stanza cadde il silenzio. Inizialmente, né Topson né l’Ispettore udirono nulla e quest’ultimo stava per riprendere a discutere con il detective quando, all’improvviso, si sentì un leggero raschiare sotto il pavimento del caveau.

Laroux non fece neanche in tempo a rivolgere un commento sorpreso a Basil, che, dalle fessure di una delle piastrelle (piuttosto grandi) che componevano il pavimento, uscì un fascio di luce.

 

Topson guardò Basil: “E adesso?” mormorò con un filo di voce.

 

Basil sembrava eccitato, in trance. Senza sollevare lo sguardo dalla luce sotto i suoi piedi disse con lo stesso tono di voce usato dal dottore:

 

“Nascondiamoci dietro le cassette di sicurezza, svelti.” Poi si affrettò, senza fare il minimo rumore, a posizionarsi dietro uno degli scaffali del caveau.

Topson e l’Ispettore fecero lo stesso e Laroux, fece un cenno che voleva dire: “Tenetevi pronti” ai suoi uomini, nascosti fuori dalle sbarre.

 

Furono i cinque minuti più lunghi della vita di Topson (a parte ovviamente l’episodio della trappola di Rattigan, ma quello si aggirava intorno ai venti).

 

Lentamente, chiunque si trovasse sotto il pavimento, cominciò a rimuovere la piastrella sulla quale stava lavorando. Quando questa fu stata spostata, dal buco spuntò un topo, completamente vestito di nero che, dopo essersi guardato intorno, anche con l’aiuto di una torcia, fece cenno di salire a qualcuno sotto di lui.

Dopo pochi istanti, nella stanza c’erano almeno sei topi, tutti della banda di Rattigan (come la polizia fu in grado di constatare a seguito di alcune indagini sulla loro identità).

 

Quello che era uscito per primo e che, a quanto pare, svolgeva la funzione di “capo”, disse:

 

“Bene ragazzi, cerchiamo di fare un lavoretto veloce. Tu, comincia da quella parte; tu invece ripulisci quegli scaffali. Scattare!!!”

 

I ladri cominciarono la loro opera. Uno di essi, ad un certo punto, si diresse verso lo scaffale dietro cui si era nascosto Basil. Topson osservò la scena con il cuore che gli batteva a mille: i brutti ceffi erano sicuramente armati ed il suo migliore amico era in pericolo. Cosa fare?

Incrociò per un attimo gli occhi del detective, facendogli percepire il suo desiderio di intervenire. Basil però, gli fece cenno di restare dov’era. Aveva in mente qualcosa, e si vedeva benissimo.

 

Il ladro, intanto, aveva quasi riempito la sua borsa con il contenuto della parte anteriore dello scaffale. Soddisfatto, si diresse verso il lato posteriore per completare l’opera. Arrivato dall’altra parte, sollevò la torcia, il cui fascio di luce illuminò il volto del detective. Il criminale rimase pietrificato per qualche secondo, prima di riuscire ad esclamare:

 

“Ehi, che diavolo…?”

 

“ORA!!” gridò Basil, avventandosi sull’altro che era ancora troppo sorpreso per reagire. Laroux soffiò nel suo fischietto e, dalla porta del caveau, entrarono una decina di uomini della polizia. Fu ingaggiata una lotta furiosa. Alla flebile luce delle lampade (dato che nessuno, preso dalla foga della situazione, era stato così intelligente da accendere le luci), era difficile discernere chi fosse il proprio avversario.

In più di un’occasione, un poliziotto o un criminale si era trovato a stringere la gola di un proprio collega.

Basil, intanto, aveva messo fuori gioco il suo avversario e si era diretto verso la botola, unica vera via di fuga per i criminali. Era appena riuscito a riafferrare la piastrella quando un click, che somigliava tanto a quello del cane di una pistola quando viene caricato, lo congelò.

 

“Posi quella piastrella, investigatopo, e forse le risparmierò al vita.”

 

Basil si voltò e fissò negli occhi colui che lo minacciava: si trattava niente meno che del capo della banda, un tale di nome Thurber, famoso scassinatore ed anche assassino.

 

“BASIL!!!” gridò una voce alle spalle dei due. Thurber si voltò per un secondo, distratto, ma fu abbastanza per permettere a Basil di sferrare un calcio al polso che stringeva l’arma, facendola cadere, e di saltare addosso al pluricriminale.

I due cominciarono a colpirsi, dando e ricevendo pugni, graffi e colpi vari quasi in egual misura. Alla fine, Basil riuscì ad atterrare il suo avversario e a sferrargli un colpo tale da fargli perdere i sensi. Quando risollevò lo sguardo, uno dei poliziotti aveva acceso le luci e, così, poté vedere il risultato della lotta: Tutti i malfattori giacevano a terra, privi di sensi oppure ammanettati, o anche tutt’e due.

 

 

I suoi occhi vagarono per la stanza, alla ricerca del suo amico dottore: finalmente riuscì a scovarlo, intento a medicare provvisoriamente la ferita, inferta quasi certamente da un pugnale, che uno dei poliziotti aveva ricevuto.

 

“Topson stai bene?” chiese avvicinandosi.

 

“Io sì, e tu?” chiese a sua volta il dottore.

 

“Tutto a posto, a parte qualche graffio. Ti devo la vita, se non avessi urlato, probabilmente…”

 

“Non mi devi ringraziare, è stato istintivo” rispose Topson, finendo di medicare l’infortunato ed alzandosi per stringere la mano del suo amico e collega.

“L’importante è che sia finita bene.”

 

“Signor Basil?” chiamò una voce da dietro di loro. Voltandosi, videro Laroux avvicinarsi.

 

“La ringrazio per averci aiutato ad acciuffare questi malviventi e vorrei chiederle scusa per la poca fiducia che ho riposto in lei.” Disse.

 

“Non si preoccupi, Ispettore. L’importante è che li abbiamo presi.” Rispose il detective, allungando la mano destra che, prontamente, l’Ispettore afferrò sorridendo.

 

“Bene, è stata una nottata lunga. Ora li portiamo al fresco e poi, finalmente, un po’ di meritato riposo.”

 

“Già, effettivamente è stato un po’ stancante.” Disse Topson.

 

Gli uomini di Scotland Yard cominciarono a trascinare fuori i prigionieri, alcuni dei quali erano ancora svenuti.

Basil e Topson, dopo aver raccolto le proprie cose, seguirono il drappello fuori dalla Banca. All’improvviso, il detective udì qualcosa che gli fece capire che la sua serata non era ancora finita.

Uno dei topi che venivano portati via mormorò ad un suo compagno:

 

“Speriamo che agli altri sia andata meglio.”

 

“Sì dai.” Rispose l’altro “Saranno sicuramente a metà lavoro.” Concluse poi, fissando un punto imprecisato al di là degli edifici che accerchiavano la Banca.

Basil si bloccò sul posto. Topson scese qualcun altro dei gradini della scalinata al di fuori dell’edificio, quando si accorse che il suo amico si era fermato e che fissava un punto indeterminato nel cielo.

 

“Basil, cos’hai? stai bene?” chiese preoccupato.  

 

Per alcuni secondi il detective non rispose. Poi, dalle sue labbra, uscì un mormorio:

 

“Mi ha ingannato di nuovo.” Come riprendendosi da uno state di trance, gridò:

 

“UGO, VIENI QUA!!!”

 

Il cane obbedì immediatamente all’ordine. Il detective gli montò sul dorso e Topson si apprestò a fare altrettanto, ma Basil lo fermò.

 

“Topson, voglio che tu corra a Baker Street, subito. Non c’è un minuto da perdere.”  E partì di gran carriera, attaccandosi al collare di Ugo.

 

Topson rimase basito per un attimo. A cosa poteva essere dovuta quell’azione così repentina?

 

Poi gli tornarono in mente le parole che Basil aveva mormorato pochi attimi prima.

Risalì i gradini della Banca (che aveva sceso per avvicinarsi ad Ugo) e rivolse lo sguardo al punto cui si era fissato quello del suo amico poco prima. Con orrore e sgomento, vide la Torre di Londra e, “parcheggiato” all’ultimo piano di questa, un dirigibile invisibile ad occhio umano, con una R dorata, disegnata sopra.

 

()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()

 

Baker Street, ore 24,30

 

Yawn, Cornelia, che ne dici di andare a letto?” chiese un’ Elizabeth stanca ed assonnata.

 

“Vai pure, io non ce la farei a dormire.” Replicò Cornelia, seduta su una poltrona accanto al fuoco a leggere.

 

“Signorina, io concordo con la sua amica: di quale giovamento le sarebbe restare ancora sveglia?” si inserì la signora Placidia.

 

“La ringrazio per la premura, ma davvero, non credo che….”

 

Alla porta risuonarono tre colpi. Le tre donne, incuriosite, rivolsero i loro sguardi all’ingresso.

“Elizabeth, aspettavi qualcuno?” chiese Cornelia.

 

“Stavo per farti la stessa domanda.”

 

“E io non ho invitato nessuno” aggiunse la signora Placidia “Magari è un cliente del signor Basil.”

 

“A quest’ora?”

 

“Mi creda, Ms. Blackwood, non sarebbe la prima volta.”

 

“Sarà, ma io non mi fido. Aspettate qui.”

 

La ragazza si avviò alla porta e, una volta raggiuntala chiese:

 

“Chi è?”

 

“Signorina, siamo un gruppo di amici di una persona che lei conosce molto bene. Ci manda lui a chiederle una cosa. Potrebbe cortesemente lasciarci entrare per chiarire la cosa a quattr’occhi?” replicò una voce maschile, per nulla rassicurante.

 

“Conosco molte persone: chi sarebbe questo signore che vi manda?”

 

“Oh, se lo ricorderà sicuramente: il professor Padraic Rattigan(*).”

 

FINE DEL CAPITLO

 

(*) Il nome è quello originale, dato al nostro “amatissimo”  personaggio da Eve Titus.

 

Allora, come vi è sembrato? Spero che vi sia piaciuto e che abbia compensato l’attesa a cui vi ho sottoposti. Sono diabolica è? Due cliffhanger in n solo capitolo.

Dai, cerco di aggiornare presto.

Fatemi sapere cosa ve n’è parso

Bebbe5

 

 

 

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Basil l'Investigatopo / Vai alla pagina dell'autore: Bebbe5