Note
dell’autrice: Oh, finalmente riesco ad aggiornare. Accidenti a me e a quando
decido di farne duemila. Ma cosa avevo in mente?!
Lasciamo
perdere queste considerazioni da svitata e passiamo a…
L’ANGOLO
DELLE RECENSIONI
BELLIS:
Intanto grazie per la recensione. Per quanto riguarda il urto, un assaggio ti
verrà dato in questo capitolo, poi… si vedrà.
Spero
che ti piaccia.
ASHLEY
SNAPE: Scusami se aggiorno così tardi, ma veramente, c’era una fiction che mi
premeva aggiornare per prima e così ho perso tempo. Mi spiace. Grazie per la
recensione.
Che
dite, si comincia?
Capitolo
14
Il
giorno seguente, al 221/B di Baker Street, piano terra, ma proprio terra, fu
tutto un andirivieni per le varie stanze alla ricerca di attrezzature di ogni
sorta. Verso le cinque pomeridiane, il salotto era pieno di corde, pistole con
relative munizioni, cappotti imbottiti per avere un minimo di protezione dalle
pallottole, torce e quant’altro potesse servire per la pericolosa missione di
quella notte. Sul tavolinetto di fronte al camino, era stata spiegata una pianta
della banca di Londra e, attorno ad essa, stavano discutendo Basil, Topson ed un
ispettore di Scotland Yard, di nome Laroux.
“Dunque” stava dicendo quest’ultimo
“Stamani ho fatto entrare nella Banca una trentina dei miei uomini migliori in
borghese. Hanno l’ordine di nascondersi nell’edificio fino al nostro
arrivo.”
“Perfetto!”
rispose Basil “Ne piazzeremo due dietro le tende dell’ingresso, con l’ordine di
non muoversi se non in caso di fuga dei ladri. Altri due, li voglio al piano
superiore, nel caso che i criminali cerchino qualcosa di diverso dall’oro – con
Rattigan come mente del colpo, non si può mai sapere. Costoro avranno il compito
di fare un segnale ai due agenti nell’atrio, in caso di attacco agli uffici
situati ai piani alti, in modo che questi possano avvertire il resto del
contingente che si troverà nel seminterrato. Viceversa se ci sarà un attacco
troppo difficile da sostenere, saranno gli uomini nel seminterrato a dare
l’allarme.”
Ad
ogni disposizione, il dito del detective indicava un punto diverso sulla
carta.
“E
ora, arriviamo al suddetto seminterrato: voglio almeno quattro uomini per
stanza. Ah, e che facciano attenzione ad essere ben nascosti: se vogliamo
prenderli tutti, dobbiamo portarli ad un punto da cui non potranno uscire se non
con un bel paio di braccialetti. Tutto chiaro?”
“Certamente,
signor Basil, mi sembra tutto perfetto.” Commentò l’Ispettore.
“Basil,
noi dove staremo?” interloquì Topson.
“Amico
mio, noi ci nasconderemo direttamente nel caveau insieme all’Ispettore. Toccherà
a noi dare il segnale d’attacco.”
“Capito.”
“Mi
dica, signor Basil, c’è qualche possibilità che riusciamo a catturare quel
farabutto di Rattigan?” chiese Laroux.
“Ne
dubito fortemente Ispettore. Se lo conosco bene non si farà vivo. No, secondo me
questo è solo uno dei crimini sui quali rifonderà il suo impero del
terrore.”
“Noi,
però, saremo lì ad impedirglielo.” Aggiunse Topson.
“Poco
ma sicuro, dovremo però fare attenzione, non sappiamo con esattezza come
agirà.
“Questo
suo informatore misterioso non è stato molto preciso eh?” chiese Laroux con una
punta di ironia nella voce.
“Se
lo fosse stato, avrebbe certamente fatto insospettire Rattigan: non mi
fraintenda, lui è certamente al corrente del fatto che io abbia degli
informatori ma, fintanto che non ho notizie dettagliate, non può arrivare a
capire chi essi siano.”
“Giusto,
ma allora perché non farlo venire qui?”
“Per
due semplici motivi, uno gliel’ ho appena illustrato. Per farla breve,
Ispettore, non crederà mica che per scoprire tali complotti faccia affidamento
su persone per bene.”
“Sa
che, dopo queste parole, potrei arrestarla per occultazione di
crimine?”
“Non
le parrebbe vero eh?” mormorò Topson tra i denti.
“Prego?”
scattò l’Ispettore.
“Quello
che il mio collega voleva dire, caro Laroux, è che, se questo è il suo
atteggiamento, la prossima volta mi rivolgerò ad un’agenzia privata per una
missione del genere e mi prenderò tutto il merito: vuole questo? In più, mi
scusi, credo che ci siano abbastanza criminali per ogni cella di Londra, senza
bisogno di sbatterci dentro anche colui che si impegna per riempirle.”
L’altro
rimase in silenzio, combattuto tra il rispondere o meno. La sua decisione fu
però rinviata da un bussare improvviso alla porta dell’ingresso. I tre udirono
l’uscio aprirsi, qualche parola affrettata,poi la signora Placidia entrò nel
salotto.
“Signor
Basil? C’è un’anziana signora che chiede di conferire con lei.”
Annunciò.
“Le
dia una focaccina ed una tazza di thé, poi la mandi via. Ora sono
occupato.”
“Ma,
signore, è accompagnata dalla signorina Morstan.”
All’udire
quel nome, gli occhi di Topson saettarono verso la porta, per poi tornare a
rivolgersi rapidamente sulla cartina della Banca.
Basil,
a cui il gesto non era sfuggito, sorridendo fra sé e sé disse:
“E
va bene, la faccia entrare. Che sia una cosa rapida però.”
La
domestica fece la riverenza, uscì, e poco dopo fecero il loro ingresso nella
sala una vecchina vestita di scuro, un po’ ingobbita, che si appoggiava con un
braccio ad un bastone e, con l’altro, al braccio di Elizabeth Morstan, la quale
aveva una smorfia curiosa dipinta sul viso. Topson fece per offrire una sedia
alla donna, ma questa lo fermò con un gesto.
“Non
si preoccupi giovanotto.” Disse con una vocina roca, rivolgendo lo sguardo al
dottore, che poté così vedere un volto rugoso a fare da cornice ad una fila di
denti giallastri.
“Da
quanto ho capito, il signore qui presente è molto occupato, quindi sarò breve.”
“Signora.”
Intervenne Laroux “Sono un ufficiale di Scotland Yard. Mi permetta di dirle che
alla nostra stazione ci sono moltissimi validi agenti pronti ad ascoltare tutta
la sua storia con grande attenzione e …”
“e,
stava per dire, suggerirmi una casa di cura? Tanto per cominciare, Ispettore,
sono ancora una signorina nonostante l’età, e poi ne ho fin sopra i capelli di
quegli incompetenti dello Yard. Ora, Ispettore, vorrei conferire in privato
con il signor Basil se non le dispiace. Almeno lui, da quello che mi hanno
raccontato le amiche del circolo del cucito, ha un po’ di gentilezza e non
lascia mai deluse e insoddisfatte le persone.”
Il
volto di Laroux era diventato di uno sgradevole color prugna. Dopo un paio di
secondi, l’ufficiale afferrò il suo cappello e si avviò alla porta. Sulla soglia
si fermò per dire con voce secca:
“Allora,
signor Basil, stasera alle otto e mezza. Mi raccomando, sia
puntuale.”
Poi
uscì chiudendo la porta con forse un po’ più forza del dovuto.
Nel
salotto cadde il silenzio. Topson prese a guardare ogni tanto di sfuggita
Elizabeth, che continuava ad avere quella strana smorfia sul viso e che si
ostinava a guardare il soffitto, come se volesse impararne a memoria la
composizione. L’anziana signora, il cui nome era ancora sconosciuto, si guardava
intorno, scrutando ogni anfratto della stanza con i suoi occhietti curiosi.
Basil, invece, si era appostato accanto alla finestra per osservare la strada.
Dopo un paio di minuti chiuse le tende e disse:
“Va
bene, se n’è andato, ora finiamola con questa pagliacciata. Cornelia, levati
quella gobba dalla schiena e quella plastica dal viso, sei ridicola. Elizabeth,
ridi pure, tanto come attrice non sei per nulla convincente.
Topson
spalancò gli occhi, sorpreso, ma lo stupore si fece più intenso quando la
“vecchina” si raddrizzò liberandosi del suo costume, lasciando apparire Cornelia
Blackwood., mentre Elizabeth Morstan scoppiava in una risata che pareva aver
trattenuto per troppo a lungo.
Sul
volto dell’attrice, invece, non c’era alcun segno di gioia.
“Non
puoi sempre rovinarmi tutto così. Come hai fatto? Dimmelo, così la prossima
volta farò più attenzione.”
“L’ho
capito quando non sei scesa a salutare l’Ispettore che dovevi essere
sgattaiolata fuori. Carino da parte tua non dirmelo. Quando poi la signora
Placidia mi ha detto che c’era un’anziana signora con Ms. Morstan ho cominciato
ad avere dei sospetti. Ti ho scoperta quando hai alzato il volto per guardare
Topson. Ho riconosciuto i tuoi occhi.”
“Sarei
quasi contenta della cosa se non fosse per la delusione.”
“…
insomma.. ah ah… è stato un divertimento vedere la gente chiedere.. ah ah… gli
autografi solo a me mentre camminavamo e non a lei…”
Stava
raccontando Elizabeth a Topson, ridendo insieme a lui.
“Quindi
stasera si trattiene qui?” le chiese il dottore.
“Sì,
farò compagnia a Cornelia.”
Le
due coppie continuarono a discutere per un po’, anche intrecciando le loro
conversazioni, finché, verso le sette e mezzo, la signora Placidia annunciò che
la cena era pronta.
I
quattro mangiarono in fretta, dato che Basil e Topson dovevano uscire presto per
andare alla Banca.
Verso
le otto e un quarto Basil e Topson, vestiti di nero e attrezzati di tutto punto,
uscirono dal 221/B e salirono su Ugo, il cane preferito del detective, grande
fiutatore di piste, per recarsi all’appuntamento con Laroux.
Cornelia
ed Elizabeth rimasero sulla porta finché il suono dei balzi del cane non fu più
udibile per la strada.
“Tornerà,
vedrai.”disse il medico alla sua amica, cingendole le spalle con un
braccio.
“Oh,
questo lo so. Mi chiedo solo se tornerà tutto intero. Beh, ora è inutile stare a
logorarsi. Che ne dici di farci una bella partita a carte insieme alla signora
Placidia?”
“Sì,
ottima idea.” Le due rientrarono in casa, ignare dello sguardo penetrante e
maligno che, nascosto da un giornale, le aveva osservate per tutto il tempo
dall’altro lato della strada.
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Banca
di Londra, ore 24
Da
quanto tempo si trovassero lì, accovacciati dietro le sbarre del caveau,
nascosti dall’oscurità più totale, Topson non lo sapeva. Dovevano essere
all’incirca quattro ore, a giudicare dai rintocchi di una chiesa vicina. I
muscoli cominciavano a dolergli, a causa della posizione in cui ormai si trovava
da quando si era disposto insieme a Basil e a Laroux nel caveau. Inizialmente
l’adrenalina l’aveva un po’ aiutato a far fronte a questo problema, poi però
erano passate le ore, aveva cominciato a sbadigliare e a sentire i dolori. I
suoi occhi, ormai abituati all’oscurità, si puntarono su Basil, che stava
seduto, immobile, con gli occhi chiusi e che sembrava dormire.
Eppure
il dottore sapeva che, anche se le palpebre erano chiuse, il detective era
sveglissimo ed attento a cogliere ogni singolo rumore al di fuori dei loro
respiri.
Se
Topson però era a conoscenza di questi dettagli riguardo il suo amico,
altrettanto non si poteva dire per Laroux. Questi, infatti, cominciò a sbuffare
e, dopo un po’, non riuscì più a trattenersi:
“E
allora? Dove sono?”
“Shh,
shh” fu la risposta di Basil.
“Siamo
sicuri che il suo informatore non abbia toppato in pieno?”
“Shh,
shh” ripeté Basil, in quella maniera che risultava irritante a chi non era
abituato a sentirsi rispondere così.
Fu
infatti questa la reazione dell’Ispettore.
“Insomma,
se aveva intenzione di far perdere tempo prezioso a me ed ai miei uomini, c’è
riuscito, ma voglio una giustificazione per…”
“Ispettore,
silenzio.” Lo interruppe Basil, aprendo gli occhi ed avvicinandosi alle sbarre
del caveau.
“Ma
insomma, come si..?”
“Ispettore,
stia in silenzio ed ascolti.”
Nella
stanza cadde il silenzio. Inizialmente, né Topson né l’Ispettore udirono nulla e
quest’ultimo stava per riprendere a discutere con il detective quando,
all’improvviso, si sentì un leggero raschiare sotto il pavimento del caveau.
Laroux
non fece neanche in tempo a rivolgere un commento sorpreso a Basil, che, dalle
fessure di una delle piastrelle (piuttosto grandi) che componevano il pavimento,
uscì un fascio di luce.
Topson
guardò Basil: “E adesso?” mormorò con un filo di voce.
Basil
sembrava eccitato, in trance. Senza sollevare lo sguardo dalla luce sotto i suoi
piedi disse con lo stesso tono di voce usato dal dottore:
“Nascondiamoci
dietro le cassette di sicurezza, svelti.” Poi si affrettò, senza fare il minimo
rumore, a posizionarsi dietro uno degli scaffali del caveau.
Topson
e l’Ispettore fecero lo stesso e Laroux, fece un cenno che voleva dire:
“Tenetevi pronti” ai suoi uomini, nascosti fuori dalle sbarre.
Furono
i cinque minuti più lunghi della vita di Topson (a parte ovviamente l’episodio
della trappola di Rattigan, ma quello si aggirava intorno ai venti).
Lentamente,
chiunque si trovasse sotto il pavimento, cominciò a rimuovere la piastrella
sulla quale stava lavorando. Quando questa fu stata spostata, dal buco spuntò un
topo, completamente vestito di nero che, dopo essersi guardato intorno, anche
con l’aiuto di una torcia, fece cenno di salire a qualcuno sotto di lui.
Dopo
pochi istanti, nella stanza c’erano almeno sei topi, tutti della banda di
Rattigan (come la polizia fu in grado di constatare a seguito di alcune indagini
sulla loro identità).
Quello
che era uscito per primo e che, a quanto pare, svolgeva la funzione di “capo”,
disse:
“Bene
ragazzi, cerchiamo di fare un lavoretto veloce. Tu, comincia da quella parte; tu
invece ripulisci quegli scaffali. Scattare!!!”
I
ladri cominciarono la loro opera. Uno di essi, ad un certo punto, si diresse
verso lo scaffale dietro cui si era nascosto Basil. Topson osservò la scena con
il cuore che gli batteva a mille: i brutti ceffi erano sicuramente armati ed il
suo migliore amico era in pericolo. Cosa fare?
Incrociò
per un attimo gli occhi del detective, facendogli percepire il suo desiderio di
intervenire. Basil però, gli fece cenno di restare dov’era. Aveva in mente
qualcosa, e si vedeva benissimo.
Il
ladro, intanto, aveva quasi riempito la sua borsa con il contenuto della parte
anteriore dello scaffale. Soddisfatto, si diresse verso il lato posteriore per
completare l’opera. Arrivato dall’altra parte, sollevò la torcia, il cui fascio
di luce illuminò il volto del detective. Il criminale rimase pietrificato per
qualche secondo, prima di riuscire ad esclamare:
“Ehi,
che diavolo…?”
“ORA!!”
gridò Basil, avventandosi sull’altro che era ancora troppo sorpreso per reagire.
Laroux soffiò nel suo fischietto e, dalla porta del caveau, entrarono una decina
di uomini della polizia. Fu ingaggiata una lotta furiosa. Alla flebile luce
delle lampade (dato che nessuno, preso dalla foga della situazione, era stato
così intelligente da accendere le luci), era difficile discernere chi fosse il
proprio avversario.
In
più di un’occasione, un poliziotto o un criminale si era trovato a stringere la
gola di un proprio collega.
Basil,
intanto, aveva messo fuori gioco il suo avversario e si era diretto verso la
botola, unica vera via di fuga per i criminali. Era appena riuscito a
riafferrare la piastrella quando un click, che somigliava tanto a quello del
cane di una pistola quando viene caricato, lo congelò.
“Posi
quella piastrella, investigatopo, e forse le risparmierò al vita.”
Basil
si voltò e fissò negli occhi colui che lo minacciava: si trattava niente meno
che del capo della banda, un tale di nome Thurber, famoso scassinatore ed anche
assassino.
“BASIL!!!”
gridò una voce alle spalle dei due. Thurber si voltò per un secondo, distratto,
ma fu abbastanza per permettere a Basil di sferrare un calcio al polso che
stringeva l’arma, facendola cadere, e di saltare addosso al
pluricriminale.
I
due cominciarono a colpirsi, dando e ricevendo pugni, graffi e colpi vari quasi
in egual misura. Alla fine, Basil riuscì ad atterrare il suo avversario e a
sferrargli un colpo tale da fargli perdere i sensi. Quando risollevò lo sguardo,
uno dei poliziotti aveva acceso le luci e, così, poté vedere il risultato della
lotta: Tutti i malfattori giacevano a terra, privi di sensi oppure ammanettati,
o anche tutt’e due.
I
suoi occhi vagarono per la stanza, alla ricerca del suo amico dottore:
finalmente riuscì a scovarlo, intento a medicare provvisoriamente la ferita,
inferta quasi certamente da un pugnale, che uno dei poliziotti aveva
ricevuto.
“Topson
stai bene?” chiese avvicinandosi.
“Io
sì, e tu?” chiese a sua volta il dottore.
“Tutto
a posto, a parte qualche graffio. Ti devo la vita, se non avessi urlato,
probabilmente…”
“Non
mi devi ringraziare, è stato istintivo” rispose Topson, finendo di medicare
l’infortunato ed alzandosi per stringere la mano del suo amico e
collega.
“L’importante
è che sia finita bene.”
“Signor
Basil?” chiamò una voce da dietro di loro. Voltandosi, videro Laroux
avvicinarsi.
“La
ringrazio per averci aiutato ad acciuffare questi malviventi e vorrei chiederle
scusa per la poca fiducia che ho riposto in lei.” Disse.
“Non
si preoccupi, Ispettore. L’importante è che li abbiamo presi.” Rispose il
detective, allungando la mano destra che, prontamente, l’Ispettore afferrò
sorridendo.
“Bene,
è stata una nottata lunga. Ora li portiamo al fresco e poi, finalmente, un po’
di meritato riposo.”
“Già,
effettivamente è stato un po’ stancante.” Disse Topson.
Gli
uomini di Scotland Yard cominciarono a trascinare fuori i prigionieri, alcuni
dei quali erano ancora svenuti.
Basil
e Topson, dopo aver raccolto le proprie cose, seguirono il drappello fuori dalla
Banca. All’improvviso, il detective udì qualcosa che gli fece capire che la sua
serata non era ancora finita.
Uno
dei topi che venivano portati via mormorò ad un suo compagno:
“Speriamo
che agli altri sia andata meglio.”
“Sì
dai.” Rispose l’altro “Saranno sicuramente a metà lavoro.” Concluse poi,
fissando un punto imprecisato al di là degli edifici che accerchiavano la
Banca.
Basil
si bloccò sul posto. Topson scese qualcun altro dei gradini della scalinata al
di fuori dell’edificio, quando si accorse che il suo amico si era fermato e che
fissava un punto indeterminato nel cielo.
“Basil,
cos’hai? stai bene?” chiese preoccupato.
Per
alcuni secondi il detective non rispose. Poi, dalle sue labbra, uscì un
mormorio:
“Mi
ha ingannato di nuovo.” Come riprendendosi da uno state di trance,
gridò:
“UGO,
VIENI QUA!!!”
Il
cane obbedì immediatamente all’ordine. Il detective gli montò sul dorso e Topson
si apprestò a fare altrettanto, ma Basil lo fermò.
“Topson,
voglio che tu corra a Baker Street, subito. Non c’è un minuto da perdere.” E partì di gran carriera, attaccandosi
al collare di Ugo.
Topson
rimase basito per un attimo. A cosa poteva essere dovuta quell’azione così
repentina?
Poi
gli tornarono in mente le parole che Basil aveva mormorato pochi attimi
prima.
Risalì
i gradini della Banca (che aveva sceso per avvicinarsi ad Ugo) e rivolse lo
sguardo al punto cui si era fissato quello del suo amico poco prima. Con orrore
e sgomento, vide la Torre di Londra e, “parcheggiato” all’ultimo piano di
questa, un dirigibile invisibile ad occhio umano, con una R dorata, disegnata
sopra.
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Baker
Street, ore 24,30
“Yawn, Cornelia, che ne dici di andare a
letto?” chiese un’ Elizabeth stanca ed assonnata.
“Vai
pure, io non ce la farei a dormire.” Replicò Cornelia, seduta su una poltrona
accanto al fuoco a leggere.
“Signorina,
io concordo con la sua amica: di quale giovamento le sarebbe restare ancora
sveglia?” si inserì la signora Placidia.
“La
ringrazio per la premura, ma davvero, non credo che….”
Alla
porta risuonarono tre colpi. Le tre donne, incuriosite, rivolsero i loro sguardi
all’ingresso.
“Elizabeth,
aspettavi qualcuno?” chiese Cornelia.
“Stavo
per farti la stessa domanda.”
“E
io non ho invitato nessuno” aggiunse la signora Placidia “Magari è un cliente
del signor Basil.”
“A
quest’ora?”
“Mi
creda, Ms. Blackwood, non sarebbe la prima volta.”
“Sarà,
ma io non mi fido. Aspettate qui.”
La
ragazza si avviò alla porta e, una volta raggiuntala chiese:
“Chi
è?”
“Signorina,
siamo un gruppo di amici di una persona che lei conosce molto bene. Ci manda lui
a chiederle una cosa. Potrebbe cortesemente lasciarci entrare per chiarire la
cosa a quattr’occhi?” replicò una voce maschile, per nulla rassicurante.
“Conosco
molte persone: chi sarebbe questo signore che vi manda?”
“Oh,
se lo ricorderà sicuramente: il professor Padraic Rattigan(*).”
FINE
DEL CAPITLO
(*)
Il nome è quello originale, dato al nostro “amatissimo” personaggio da Eve Titus.
Allora,
come vi è sembrato? Spero che vi sia piaciuto e che abbia compensato l’attesa a
cui vi ho sottoposti. Sono diabolica è? Due cliffhanger in n solo
capitolo.
Dai,
cerco di aggiornare presto.
Fatemi
sapere cosa ve n’è parso
Bebbe5