-Ti
fingerai un uomo al quale è stata sottratta la macchina.
Mentre fanno la
denuncia, guardati un po’ intorno. In particolare, voglio
sapere se c’è un
passaggio che porta ai sotterranei-
-Sotterranei?-
-Insomma,
vedi se ci sono-
Watari
fece come da copione, scrupolosamente approfittò della
denuncia per guardarsi
intorno. Effettivamente c’erano dei movimenti particolari
verso una qualche
scala che portava di sotto. Pensando che doveva esserci qualcosa sotto
come
forse sospettava L, fece una piccola commedia.
-Signore,
non può scendere qui- disse un agente vedendo che scendeva
le scale
-Ah,
no? Il bagno non è da questa parte?-
-No,
signore, il bagno è da quella parte…-
-Oh,
le chiedo scusa… Però vedo che ci va molta gente,
e ho pensato…-
-Quelli
sono uffici privati. Ora mi segua-
L
fu soddisfatto, anche troppo, quando Watari gli fece il resoconto. E
quando
Watari chiese spiegazioni, L contento gli fece rivedere i video,
fermando
l’immagine quando un cliente si stava rivestendo.
-Guarda
sulla giacca… E’ una specie di spilla o
ricamo…-
-Hai
ragione…- notò Watari –E sembra della
polizia!-
-Proprio
come pensavo. Anche la polizia è coinvolta. Non mi stupisco
che hanno subito
messo i sigilli alle porte, e ovviamente non c’era ragione di
rendere pubblico
che dei poliziotti erano coinvolti in prima persona. Sono certo che in
questura
ci siano i documenti e i video originali. E saranno sicuramente al
piano di
sotto dove non ti hanno fatto entrare. Era così
facile… Come ho fatto a non
accorgermene?-
-Ora
però come ci muoviamo?-
-Non
ci resta che intrufolarci lì dentro di notte.
Però non andrai tu. Se vedessero
che quello stesso vecchietto che ha fatto la denuncia si aggira di
notte nel
loro territorio ci scoprirebbero. Andrò io-
Era
rischioso. Si era promesso di non scendere più in campo in
prima persona. Trovò
paradossale quella situazione. Non riusciva mai a mantenere neanche una
sola
promessa.
Comunque,
sarebbe stata l’ultima volta che si sarebbe intrufolato
così in un edificio.
Tanto poi sarebbe stato inutile.
Per
avere solo vent’anni era un giovane intraprendente, del tutto
particolare
rispetto ai suoi coetanei, che normalmente a quell’ora della
notte se ne
stavano in un pub davanti a una buona birra con gli amici o con qualche
fidanzata. Lui invece aveva pochissime occasioni di andare a bere
qualcosa,
tantomeno la birra, lui preferiva il tè, o il
caffè, gli alcolici on erano il
suo forte, ma non perché non ci sapesse resistere molto.
Trovava l’odore del
caffè più inebriante della birra. Poi gli dava
fastidio sentire la schiuma
della birra, o qualche sapore strano dei cocktail. Da bravo inglese
qual’era,
era dedito al tè. E poi l’alcool gonfiava, si
diceva sempre. Una cosa che
faceva sempre ridere Watari.
Inoltre
a lui piaceva sentirsi… Strano. Diverso. Chi se ne fregava
degli altri, detto
sinceramente.
Non
ebbe difficoltà a entrare. Come pensava, almeno la questura
era sicura di
notte. Il problema sarebbe stato entrare di sotto. Meglio camminare
attaccato
ai muri, casomai ci fossero state le telecamere attivate.
Era
arrivato, strisciando tra i muri, davanti a quelle scale. Scendendo
piano,
gradino per gradino, sentiva vociare. Bingo!
Però
non sentiva bene. Doveva scendere ancora.
E
invece si girò di scatto, lanciando un calcio.
Colpì in pieno il mento di una
persona, un uomo vestito con la divisa da agente.
Non
era poi così tranquillo come sembrava. Per fortuna aveva
riflessi pronti e
aveva imparato qualche stile di lotta. Non si faceva mancare nulla.
Sicuramente
non era passato inosservato il suo ingresso. Nel caso fossero arrivati
altri
agenti, sarebbero stati guai grossi.
L’importante
era prendere quei documenti, in un modo o nell’altro.
Poco
dopo sentiva passi sempre più pesanti e frequenti, era
costretto a nascondersi
ad ogni angolo e sgattaiolare ogni volta. Dovette anche abbandonare le
scarpe
per essere più silenzioso, e poi sarebbe servito da
diversivo.
Per
fortuna il piano sotterraneo non era così grande, e
c’erano pochi uffici,
abbandonati dagli agenti in cerca dell’intruso.
Comportarsi
da ladro non era certo una cosa ortodossa per un investigatore, ma
doveva o no
mandare in galera quella gente? Poi, c’erano dei poliziotti
che se ne andavano
tranquillamente dalle puttane, quindi tanto vale ripagarli con la
stessa
moneta. Era così che la pensava. Occhio per occhio, dente
per dente. O come
preferiva dirlo lui: non c’è colpo che non renda.
Faceva
piuttosto freddo, là sotto. Proprio come pensava. Il fatto
che nei video erano
presenti dei poliziotti e che vociferavano su un posto freddo dove
erano stati
spediti i documenti faceva supporre che gli incartamenti si trovavano
molto pi
vicino di quanto L non pensasse. Per freddo si poteva intendere anche
un
frigorifero o una stanza con l’aria condizionata.
Sentiva
anche delle voci spaventate. Delle ragazze. A quanto pare persino sotto
la
questura veniva sfruttata qualche prostituta.
Comunque,
prima dei documenti era bene cercare i video originali, quelli non
tagliati.
Non ci volle molto a trovare una sala video, e non ci volle molto
nemmeno a
trovare le cassette, ma le avrebbe visionate con calma una volta fuori.
Ora, i
documenti.
Sul
cammino incrociava qualche agente che doveva tramortire, oppure
capitava che
entrasse “per sbaglio” nella stanza di qualche
porco che non si era accorto che
stava succedendo il putiferio. Bastava tramortirli un po’. E
quelle povere
ragazze almeno se ne potevano andare, approfittando della confusione.
-Eccolo!-
Ora
cominciavano anche a sparare, merda. Nascondersi dietro
l’angolo non l’avrebbe
aiutato di molto. Bastava una svista o fare leggermente capolino per
beccarsi
una pallottola. E un colpo infatti gli arrivò, alla gamba e
allo stomaco. Non
sembrava grave, ma doveva correre, più che mai.
Anche
volendo le tracce di sangue non riusciva a cancellarle del tutto, e
muoversi si
era fatto sempre più faticoso. Merda, doveva starci
più attento! A vent’anni si
era fatto fregare come un allocco!
Comunque,
alla fine fu un successo: trovò i documenti. Si era chiuso a
chiave,
approfittando per prendere in fretta il cellulare e comporre un numero.
-Hai
la voce stanca… Ansimi… Che ti è
successo?-
-Sto…
Bene…- disse L –Watari… Non
c’è tempo… Ora… Vieni subito
qua… Ho… Le prove…-
Qualcuno
si accorse che era lì. Stavano cercando di forzare la
serratura. Cercò di
spostare il mobile davanti, ma le forze gli mancavano.
-Sono
ai piani sotterranei… Stanza… 271… Dal
piano di sopra non sarà difficile aprire
un buco per te… O… Una cosa…
Simile…-
-Arrivo
subito! Cerca di resistere!-
Mentre
aspettava, cercò di spostare ancora il mobile, quel tanto
per non far aprire la
porta. Ma la vista si annebbiava, e dovette appoggiarsi sul mobile per
riprendere fiato. La gamba non se la sentiva più, mentre il
resto del copro
sembrava dirgli addio. Si tenne lo stomaco per un attimo, lasciando che
la mano
si sporcasse di sangue, e imprecando tra sé e sé
per il dolore.
-Watari…
Corri… Merda…-
Dopo
non capì più niente. chiuse gli occhi.
Quando
li riaprì era in una stanza d’ospedale, pronto a
ricevere un operazione. Watari
era accanto a lui, con una valigetta, circondato dai medici.
-Va
tutto bene. Ti sono solo rimasti dei proiettili nel copro, ora te li
levano.
Per fortuna non hanno colpito organi vitali-
No,
farsi toccare no. Per niente al mondo. Non voleva assolutamente farsi
toccare,
aveva paura.
-Aaaaah!-
non si vergognò minimamente di manifestare la sua sofferenza
davanti ai medici
che toccavano la sua gamba, anche se con delicatezza.
-Cristo
santo…-
-Stai
calmo…- diceva Watari
-Aaaaaaagh!
Aaaah!-
-Bene-
disse un medico –Abbiamo trovato il punto. Ora le facciamo
l’anestesia e
procediamo-
-Non
potevate farla prima, maledizione?!-
-Se
l’avessimo resa insensibile non avremmo saputo esattamente
dov’era il
proiettile. Ora stia calmo-
E
dopo sarebbe toccato allo stomaco. Non avrebbe passato una nottata
felice. Ma
il pensiero che dopo sarebbe stato meglio lo rasserenava un
po’. E poi, aveva
trovato le prove. Sicuramente Watari li aveva messi nella valigetta.
Quando
si risvegliò, dopo l’operazione e con dei punti
nella gamba e nello stomaco,
Watari era sempre vicino a lui. Era un po’ intontito, ma
almeno riusciva a
parlarci.
-Quando
sei… Arrivato?-
-Poco
dopo la tua chiamata. Ero appostato vicino alla questura, come
d’accordo. Ho
preso una cartina della questura e non è stato difficile dal
piano di sopra
trovare la tua stanza e farci un buco. Ti ho visto svenuto a terra e
tutto
insanguinato, mentre la porta era sull’orlo di cadere. Hai
fatto fatica a
metterci il mobile davanti?-
-Abbastanza…
Poi che è successo?-
-Ti
ho portato d’urgenza qui e nel frattempo ho preso le cassette
e i documenti-
disse indicando la valigetta
-Ottimo
lavoro, Watari-
-Io
invece ti darei uno schiaffo-
-C’è
tempo per quello… C’è tempo…-
Ora
voleva solo dormire. Davvero. Mai come in quel momento voleva dormire.
La
clinica privata in cui si trovava aveva accordato con Watari il fatto
di tenere
segreta l’identità del paziente speciale, e solo
le alte sfere sapevano che si
trattava di L. Nel frattempo L si riprendeva, snervato
dall’atmosfera
ospedaliera, soprattutto perché gli avevano imposto una
dieta idrica con tè che
non sapeva di nulla. E senza zucchero.
Ma
aveva anche altro a cui pensare.
-Watari…
Quando uscirò di qui, organizza una conferenza stampa. Devo
mostrare le prove
sul caso-
Ci
volle un po’ di tempo prima che si potesse riprendere del
tutto. Se lo
aspettava. Quello che non si aspettava era una visita
all’infuori di Watari.
-Ma
tu…-
-Che
ti dicevo? La curiosità uccide- disse Caroline, prendendo
una sedia. Aveva
portato anche Nathan. Lui sospirò
-Stavolta
hai davvero rischiato-
-Vorrei
parlare d’altro, per favore-
-Ok,
ok. Non ho intenzione di infierire. Ti ho portato un regalo-
-A
me?-
-A
te- prese una busta, in cui c’erano un pacco di biscotti e
panna –Immagino sia
dura stare sempre qui a mangiare quello che vogliono loro-
-Sì…
Grazie- Nathan non era cambiato di una virgola –Lui come sta?-
-Benone!
Mi da sempre un gran da fare! Vuoi tenerlo?-
-Non
credo di essere nelle condizioni…-
-Comunque,
fuori i medici dicono che presto uscirai. Potrai definitivamente
chiudere il
caso e tornare alla tua vita-
Non
disse niente, si limitò ad annuire con la testa.
-E’
buffo vederti su un letto d’ospedale, sai?-
-Perché?-
-Così,
lo trovo buffo- disse lei ridendo.
Mentre
parlavano L la trovava diversa, sia dentro che fuori. Fuori aveva
cambiato
acconciatura, modo di vestire, aveva più colorito. Dentro la
vedeva sempre più
contenta e serena. Anche se la sua faccia in quel momento si fece amara.
-Io
ora devo andare…-
-Capisco…-
-E’
un peccato salutarsi in questa circostanza-
-Non
ti seguo-
-Immagino
tu non possa mantenere la tua parola di tornare a trovarmi…-
Merda,
l’aveva capito.
-Caroline,
io…-
-Va
bene così- fece spallucce e sorrise –In fondo non
posso pretendere molto da un
detective. Stammi bene e metticela tutta. E vedi di non morire la
prossima
volta-
Sorrise
anche lui, stavolta. Però era un saluto davvero amaro.
-Avvicinati,
Caroline-
-Mh?-
-Avvicinati…-
Si
erano capiti tutti e due, nel profondo. Lei non fece nessuna obiezione,
si
chinò lentamente, con Nathan in braccio, mentre L
posò lentamente una mano tra
i suoi capelli spuntati. Forse in quel modo il saluto sarebbe stato
meno amaro.
Teneva la mano sempre più stretta su quella nuca, per
evitare che scostasse la
testa, evitare di interrompere bruscamente quel… Bacio. Gli
era venuto
quell’impulso, ma non l’amava. Era certo al 100%
che non la amasse, e nemmeno
lei lo amava. C’era una specie di attrazione, ma diversa.
Degli amici speciali,
ecco. E comunque non restarono molto a pensarci, mentre si scambiavano
quel
bacio sensuale. A loro andava bene così. Tanto non si
sarebbero più rivisti.
Il
bacio finì allo stesso modo di com’era iniziato:
lentamente. Se lo erano goduto
finchè potevano.
-Caroline…
Non fraintendermi. Io non ti amo-
-Lo
so-
-Non
vorrei che questo ti abbia resa triste-
-No,
affatto. Anzi. Guarda che nemmeno io sono innamorata di te-
-Meglio
così-
-Almeno
così avrai un ricordo diverso da me rispetto alla prostituta
che hai
conosciuto-
-Io
non ti ho mai considerata una persona simile. Anche Nathan se ne
renderà conto-
-Grazie,
Nicholas. Grazie davvero-
Addio,
Caroline.
Il
caso finì in modo eccellente. I documenti c’erano,
i video anche. E anche
registrazioni. Ebbene sì: quando Watari si era appostato per
sorvegliare Erin
che si era introdotta lì e la stavano minacciando, attaccato
al fucile c’era un
microfono direzionale con un registratore. E con tutte quelle prove,
parte
della polizia non poté che costituirsi e andare in galera.
Le ragazze erano libere
da quello sfruttamento, e tutto tornò alla
normalità.
Sempre
più spesso di sentì parlare di L, nel corso degli
anni. Sempre meno era
concesso vederlo. Aveva imparato la lezione. Aveva aguzzato la
prudenza, e col
passare degli anni continuò il suo lavoro di detective.
Mentre di Caroline non
ne sentì più parlare, non ne ebbe più
notizia.
Ma
almeno lei aveva modo di sapere di lui.
A
modo suo, aveva mantenuto la promessa.