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Autore: pralinedetective    04/12/2009    5 recensioni
«A dire il vero», la donna recupera un foglio dalla cartellina che tiene sotto braccio, «quella donna vi ha contattato nuovamente. Questa volta ha mandato questa busta chiusa».
Nel dire ciò, estrae una lettera scura. «A domani», gli sorride.
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri personaggi
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo uno

[I Write Sins Not Tragedies – Panic! at the Disco
Maboroshi – Kanon Wakeshima
I'm Like A Lawyer With The Way I'm Always Trying To Get You Off (Me & You) – Fall Out Boy]




Dio, come mi sento in colpa XDD: tutto questo tempo per presentarvi un capitolo puramente inutile che contiene personaggi puramente inutili. Serve più che altro a descrivere come lavorano, come ossia ha origine il rapporto che coinvolge Prodotto e Cliente...

Insomma, puramente inutile <3



@ DiraReal; La traduzione del titolo mi serve a distinguere questa, che è un po’ come la «fan fiction principale», dalle successive (per ora due) raccolte che coinvolgeranno tema e personaggi. Grazie per l’entusiasmo, sei carissima *O*, spero i primi sviluppi, per quanto ancora lenti e poco significativi, possano piacerti ^^.
@ BloodNyar; Voglio dalla vita tutto meno che un’Asami sulla coscienza, per questo aggiorno il prima possibile XDD. Ancora introduzione, lunga introduzione, tanta introduzione – più lunga è l’introduzione più bella sarà la fan fiction (?), non lo sapevi? XDD Ho fatto una ricerca sul manga da te nominato poiché anche Elisa ha fatto quel nome °^°, spero sia meno shoujo di come lo presenta Wiki XDD Comunque sembra belloccio mki-, magari lo cercherò (c’è anche l’anime oppure ho fatto confusione? XDD) Be’, se ho capito correttamente, la mia idea era sostanzialmente molto diversa riguardo l’impiego di questi «prodotti», non vorrei evolvesse durante la scrittura in una direzione tanto da commedia, proprio non è il mio genere di scrittura òwò.
@ _BellaBlack_; Ricevere una tua recensione è per me un onore *__*, spero di non deludere le tue aspettative con questo primo puramente inutile capitolo =3.
@ Nene; Ohh, padre mio! Le vostre dimostrazioni d’affetto mi commuovono XDD, spero tu non ti sia scervellata troppo ;D
@ Pierrot; Spiacente, posso offrirle solo un Matsuda-pensante [?]. Spero di poter essere perdonata con questo capitoluSSo *huhu*
@ keli; Salve, bellissima *O* È un po’ difficilotto definirla geniale, dato che ancora non è stato il via alla storia – spero di poterci riuscire con il secondo capitolo, questo introduce in maniera piuttosto sommaria i nuovi ruoli dei personaggi... Be’, indubbiamente una vostra recensione fa sempre piacere ;D Fammi sapere, neh!

Grazie alle splendide persone che hanno aggiunto nei preferiti o nei seguiti. Buona lettura!














[Midnight Factory]
La Fabbrica di Mezzanotte.



La donna canta fra sé, prendendo fra le mani la piccola busta blu.
In testa ha ancora le parole di quel giovane che, a distanza di appena una settimana, le ha descritto con gentile professionalità pregi, difetti e modalità d’utilizzo.

Prende una sedia del soggiorno e la trascina verso l’atrio, dove l’appoggia a un paio di metri dalla porta. Si siede con un verso di soddisfazione, la lettera in grembo.
Osserva il nome dell’azienda stampato in un elegante carattere tutto curve. Segue l’andamento delle linee bianche sulla superficie morbida, le traccia con il dito, l’unghia dipinta di rosa pallido che sfiora il cartone.

Gonfia le guance, lasciandosi sfuggire un sospiro.
Alza poi gli occhi in direzione dell’orologio a muro. Sono ancora le dieci e un diciassette minuti.

Si alza e cammina rapidamente in direzione della cucina. Uno, due bicchieri d’acqua. La gola gratta un po’ – forse dovrebbe prendere un cucchiaio di miele, così da evitare che la sua voce risulti sgraziata; si convince a non pasticciare troppo durante l’attesa.

«Sei riuscita a resistere tre lunghe settimane», si dice, «Perché dovresti farti dei problemi adesso?»


«Oltre a crearli», sorrise come per discolparsi: «Questo termine è sostanzialmente errato, spero di non averla spaventata, signorina Gomez».
«Continui, per favore», si chinò in avanti. Il discorso l’attraeva profondamente, quelle informazioni dopotutto frammentarie la incuriosivano non poco sul fantomatico Prodotto che tanto l’aveva resa dubbiosa.

Lui si schiarì la voce e la donna si riprese, indietreggiando improvvisamente sulla propria sedia.
«Oltre a crearli e avendo delle richieste da soddisfare senza poter installare programmi di comportamento da noi, li sottoponiamo a dei corsi rapidi e molto efficaci che stimolino in loro l’interesse nella direzione corretta. Avete indicato sul vostro modulo – indicò con la mano sinistra il foglio poggiato sulla scrivania – di star cercando una compagnia con la quale poter discutere d’arte».

Serena abbassò gli occhi, arrossendo.
Come le era venuto in mente?, andare a cercare un «amico» in una fabbrica di esseri umani! Si giustificò mentalmente, incolpando nuovamente quella società troppo frenetica che si rifiutava di dar tempo al tempo, vietandosi un momento di stasi durante il quale restare a gioire del calore di un salotto confortevole durante una tormenta.

Il signor Hunt s’interruppe per un istante, riprendendo poi con la propria spiegazione.
«Perché soddisfino le richieste del Cliente, sottoponiamo quindi il cervello del Prodotto a stimolazioni che favoriscano la successiva interazione e l’attenzione rivolta alla materia. Sono come dei bambini affascinati dal mondo che li circonda – noi forniamo i confini di quel mondo da apprezzare, consci che tali limiti verranno raggiunti e superati con l’intervento del Cliente».


Nel momento in cui il campanello suona, il cuore di lei fa un balzo.
Interrogativi di ogni sorta si accavallano nella sua mente – c’è qualche possibilità che lui la rifiuti? E se quel mix di fattori avesse dato origine a un individuo che le fosse incompatibile? Per quanto secondario, quale sarebbe stato il suo aspetto?

Respira a bocca aperta per tranquillizzarsi, poi apre (finalmente) la busta che le è stata consegnata la mattina.


«Noi forniamo un’identità al Prodotto. Non tutti approvano questa procedura, perciò consegniamo il nome e altre informazioni personali al Cliente; sarà questo a decidere di utilizzarle o meno».

La donna si trattenne dallo storcere il naso.
Porre il nome fra le mani dell’acquirente equivaleva a privare della libertà prima dell’essere umano, quella cioè di possedere una propria individualità, un qualcosa che mai avrebbe potuto andar perduto.

Alec lasciò cadere uno studiato silenzio sulla conversazione, contando sulla risposta di lei.




Il momento in cui quelle precise parole avevano lasciato le labbra di Lawliet, quasi con noncuranza, una risata era nata spontaneamente in “Beyond”.

«Devi essere molto disperato, ottimista o stupido per chiedermi una cosa del genere, L», aveva risposto, il volto trasformato da quel ghigno. «Quel che mi chiedo è contro ogni tuo precedente».
«Questo significa che hai già provato a creare un essere umano al di là degli stupidi giocattoli che rifili ai “clienti”».
«Sì, la curiosità mi ha già vinto una volta, però non lascio di certo simili mostri in vita – l’uomo è capace di tutto, nessuno meglio di noi può saperlo; immagina dunque uno di questi privo di limiti quali l’età e le capacità».

“L” si concentrò sulla tazza di tè che aveva di fronte.
«Se dovessero rendere l’umanità immortale non ci sarebbe alcun problema, giusto?»



Il primo tentativo aveva inorgoglito non poco il direttore.
Brillante e indipendente, nutriva una predilezione per le materie inquadrate con una logica rigida, confine sul quale giocava più che volentieri. Aveva l’aspetto di un giovane di circa vent’anni e nei suoi occhi viveva una gloriosa ribellione.

Dopo i primi esami, “B” lo aveva visitato a propria volta.
L’aveva trovato seduto sulla piccola branda, vestito con una tuta grigia; i capelli biondi ricadevano sul volto pallido. In lui, Beyond aveva visto il riflesso di un uomo sull’orlo del suicidio, alieno a quel mondo sconosciuto, quasi irreale.
Gli aveva affidato un nome, «Mihael Keehl», da custodire gelosamente. Aveva parlato per qualche minuto, sicuro che la mente ancora vergine avrebbe ricordato e interpretato le sue parole in un secondo momento.

«Non sarai l’ultimo», si era congedato, «però esigo che tu resti il primo».
Aveva quindi salutato con un cenno del capo, imitato prontamente dal ragazzo, ed aveva abbandonato definitivamente la stanza.

Quell’esperimento si era scoperto essere intelligente, molto più dei suoi predecessori. Gli scienziati si chiedevano se la ragione risiedesse nel DNA, nel maggior tempo d’incubazione o, ugualmente probabile, nelle continue stimolazioni a cui era sottoposto da “L”.


Dopo quasi due mesi, era stato presentato al primo vincitore un nuovo risultato: i capelli rossi erano un tratto decisamente insolito – genotipi rari venivano inseriti su richiesta del Cliente e solo in quel caso, la tendenza era rendere i Prodotti il più anonimi possibile. “Mello” aveva alzato gli occhi dal libro di Fisica e, senza aprir bocca, aveva passato velocemente la mano fra i capelli di “Matt”, come per assicurarsi che non si trattasse di una parrucca; era quindi tornato alle sue letture.
Mail Jeevas era dotato di minori capacità non per mano degli studiosi: l’intento era quello di avvicinarlo alla tecnologia, nei confronti della quale il precedente tentativo nutriva una quasi completa insofferenza.

Quel che mancava agli esperimenti era un bugiardino per segnalare modalità di somministrazione ed effetti indesiderati – non che questi si manifestassero al pari di comuni rash, spasmi muscolari, ritardi nella crescita, tremori, vertigini o cataratte in coloro che si trovavano, fortunatamente o meno, a dialogare con «le due Emme della parola Inferno».

Come fosse una barzelletta, talvolta si raccontava di quel professore giunto in gran segreto da Greenwich per interessare il duo alla scienza astronomica e che si era trovato, dopo un’importante discussione con i «mocciosi senza fede alcuna», uscito pazzo e rinchiuso in istituto d’igiene mentale.
Uno studioso di Teologia era invece incorso nell’improvvisa e ingiustificata ira di Mello, il quale non aveva ucciso l’ospite per miracolo, fermato prima da Matt e poi dalla sicurezza. Conserva da quel giorno il ciondolo strappato allo sfortunato visitatore, e rimane in silenzio di fronte a ogni domanda che gli si rivolga al riguardo.


Trascorso un anno e qualche mese di relativa pace, si era aggiunto a loro «l’Acca di Paradiso»; a Nate River il destino aveva riservato le sembianze di un sedicenne albino, capelli tanto chiari da parer bianchi e occhi grigi. Gli scienziati si erano mostrati più che scettici – il suo fisico era debole, il meglio sarebbe stato riprovare con le stesse premesse ma attraverso un procedimento differente.

Contrariamente a quel parere, dopo due settimane “Near” era stato sottoposto al suo primo test.
I risultati avevano lasciato allibiti ed estasiati i ricercatori, anche un sorriso sorpreso aveva approfittato dell’occasione e si era fatto strada sul volto di Lawliet.

Oltre a grandi capacità logiche e mnemoniche, dimostrava una destrezza non da poco nell’utilizzo di sofisticate strumentazioni avvicinategli dallo stesso L. Il ragazzino, il cui sviluppo era stato seguito non con indifferenza da Matt e Mello, si era ritrovato ben presto trascinato in una sfida che aveva dell’incredibile.
All’ombra della già soffusa figura del loro «maestro», i tre impegnavano la sorprendente intelligenza artificiale nella risoluzione di casi presentati loro sotto forma di giochi ed enigmi.

Così un pericoloso serial-killer attivo nella zona di Dallas diventava il protagonista della tragedia opera di un autore sconosciuto, il bottino di una consistente frode informatica la fuga estiva del signor Pierre, gli indizi di una scaltra coppia di ladri in Italia l’unico modo per avere accesso al dolce.
Con l’avanzare del tempo, anche il modo di pensare degli impegnati assistenti mutava, si evolveva seguendo il normale corso vitale forse in maniera più rapida e consapevole.

Mihael era attivo da undici anni, Matt da dieci e Near quasi nove, quando Lawliet li coinvolse per la prima volta nel caso «Kira».







[Prossimo capitolo: «Precipitare».]

  
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