[I
Write Sins Not Tragedies – Panic! at the Disco
Maboroshi – Kanon Wakeshima
I'm Like A Lawyer With The Way I'm Always Trying To Get You Off (Me
& You) –
Fall Out Boy]
Dio,
come mi sento in colpa XDD: tutto questo tempo per presentarvi un
capitolo puramente
inutile che contiene personaggi puramente inutili. Serve più
che altro a
descrivere come lavorano, come ossia ha origine il rapporto che
coinvolge Prodotto
e Cliente...
Insomma,
puramente inutile <3
@ DiraReal; La traduzione del
titolo
mi serve a distinguere questa, che è un po’ come
la «fan fiction principale»,
dalle successive (per ora due) raccolte che coinvolgeranno tema e
personaggi.
Grazie per l’entusiasmo, sei carissima *O*, spero i primi
sviluppi, per quanto
ancora lenti e poco significativi, possano piacerti ^^.
@ BloodNyar; Voglio dalla vita
tutto
meno che un’Asami sulla coscienza, per questo aggiorno il
prima possibile XDD.
Ancora introduzione, lunga introduzione, tanta introduzione –
più lunga è l’introduzione
più bella sarà la fan fiction (?), non lo sapevi?
XDD Ho fatto una ricerca sul
manga da te nominato poiché anche Elisa ha fatto quel nome
°^°, spero sia meno
shoujo di come lo presenta Wiki XDD Comunque sembra belloccio mki-,
magari lo
cercherò (c’è anche l’anime
oppure ho fatto confusione? XDD) Be’, se ho capito
correttamente, la mia idea era sostanzialmente molto diversa riguardo
l’impiego
di questi «prodotti», non vorrei evolvesse durante
la scrittura in una
direzione tanto da commedia, proprio non è il mio genere di
scrittura òwò.
@ _BellaBlack_; Ricevere una tua
recensione è per me un onore *__*, spero di non deludere le
tue aspettative con
questo primo puramente inutile capitolo =3.
@ Nene; Ohh, padre mio! Le vostre
dimostrazioni d’affetto mi commuovono XDD, spero tu non ti
sia scervellata
troppo ;D
@ Pierrot; Spiacente, posso
offrirle
solo un Matsuda-pensante [?]. Spero di poter essere perdonata con
questo
capitoluSSo *huhu*
@ keli; Salve, bellissima *O*
È un
po’ difficilotto definirla geniale, dato che ancora non
è stato il via alla
storia – spero di poterci riuscire con il secondo capitolo,
questo introduce in
maniera piuttosto sommaria i nuovi ruoli dei personaggi...
Be’, indubbiamente
una vostra recensione fa sempre piacere ;D Fammi sapere, neh!
Grazie alle splendide persone che hanno aggiunto nei preferiti o nei
seguiti.
Buona lettura!
[Midnight
Factory]
La Fabbrica di Mezzanotte.
La donna canta
fra sé, prendendo fra le mani la
piccola busta blu.
In testa ha ancora le parole di quel giovane che, a distanza di appena
una
settimana, le ha descritto con gentile professionalità
pregi, difetti e
modalità d’utilizzo.
Prende una sedia del soggiorno e la trascina verso l’atrio,
dove l’appoggia a
un paio di metri dalla porta. Si siede con un verso di soddisfazione,
la
lettera in grembo.
Osserva il nome dell’azienda stampato in un elegante
carattere tutto curve.
Segue l’andamento delle linee bianche sulla superficie
morbida, le traccia con
il dito, l’unghia dipinta di rosa pallido che sfiora il
cartone.
Gonfia le guance, lasciandosi sfuggire un sospiro.
Alza poi gli occhi in direzione dell’orologio a muro. Sono ancora le dieci e un diciassette minuti.
Si alza e cammina rapidamente in direzione della cucina. Uno, due
bicchieri
d’acqua. La gola gratta un po’ – forse
dovrebbe prendere un cucchiaio di miele,
così da evitare che la sua voce risulti sgraziata; si
convince a non
pasticciare troppo durante l’attesa.
«Sei riuscita a resistere tre lunghe settimane», si
dice, «Perché dovresti
farti dei problemi adesso?»
«Oltre a crearli», sorrise
come per
discolparsi: «Questo termine è sostanzialmente
errato, spero di non averla
spaventata, signorina Gomez».
«Continui, per favore», si chinò in
avanti. Il discorso l’attraeva
profondamente, quelle informazioni dopotutto frammentarie la
incuriosivano non
poco sul fantomatico Prodotto che
tanto l’aveva resa dubbiosa.
Lui si schiarì la voce e la donna si riprese,
indietreggiando improvvisamente
sulla propria sedia.
«Oltre a crearli e avendo delle richieste da soddisfare senza
poter installare
programmi di comportamento da noi, li sottoponiamo a dei corsi rapidi e
molto
efficaci che stimolino in loro l’interesse nella direzione
corretta. Avete
indicato sul vostro modulo – indicò con la mano
sinistra il foglio poggiato
sulla scrivania – di star cercando una compagnia con la quale
poter discutere
d’arte».
Serena abbassò gli occhi, arrossendo.
Come le era venuto in mente?, andare a cercare un
«amico» in una fabbrica di
esseri umani! Si giustificò mentalmente, incolpando
nuovamente quella società
troppo frenetica che si rifiutava di dar tempo al tempo, vietandosi un
momento
di stasi durante il quale restare a gioire del calore di un salotto
confortevole durante una tormenta.
Il signor Hunt s’interruppe per un istante, riprendendo poi
con la propria
spiegazione.
«Perché soddisfino le richieste del Cliente,
sottoponiamo quindi il cervello
del Prodotto a stimolazioni che favoriscano la successiva interazione e
l’attenzione
rivolta alla materia. Sono come dei bambini affascinati dal mondo che
li
circonda – noi forniamo i confini di quel mondo da
apprezzare, consci che tali
limiti verranno raggiunti e superati con l’intervento del
Cliente».
Nel momento in cui il campanello suona, il cuore di lei fa un balzo.
Interrogativi di ogni sorta si accavallano nella sua mente –
c’è qualche
possibilità che lui la rifiuti? E se quel mix di fattori
avesse dato origine a
un individuo che le fosse incompatibile? Per quanto secondario, quale
sarebbe
stato il suo aspetto?
Respira a bocca aperta per tranquillizzarsi, poi apre (finalmente) la
busta che
le è stata consegnata la mattina.
«Noi forniamo
un’identità al Prodotto.
Non tutti approvano questa procedura, perciò consegniamo il
nome e altre
informazioni personali al Cliente; sarà questo a decidere di
utilizzarle o
meno».
La donna si trattenne dallo storcere il naso.
Porre il nome fra le mani dell’acquirente equivaleva a
privare della libertà
prima dell’essere umano, quella cioè di possedere
una propria individualità, un
qualcosa che mai avrebbe potuto andar perduto.
Alec lasciò cadere uno studiato silenzio sulla
conversazione, contando sulla
risposta di lei.
—
Il momento in cui quelle precise parole avevano lasciato le labbra di
Lawliet,
quasi con noncuranza, una risata era nata spontaneamente in
“Beyond”.
«Devi essere molto disperato, ottimista o stupido
per chiedermi una cosa del genere, L», aveva risposto, il
volto trasformato da
quel ghigno. «Quel che mi chiedo è contro ogni tuo
precedente».
«Questo significa che hai già provato a creare un
essere umano al di là degli
stupidi giocattoli che rifili ai
“clienti”».
«Sì, la curiosità mi ha già
vinto una volta, però non lascio di certo simili
mostri in vita – l’uomo è capace di
tutto, nessuno meglio di noi può saperlo;
immagina dunque uno di questi privo di limiti quali
l’età e le capacità».
“L” si concentrò sulla tazza di
tè che aveva di fronte.
«Se dovessero rendere l’umanità
immortale non ci sarebbe alcun problema,
giusto?»
Il primo tentativo aveva inorgoglito non poco il direttore.
Brillante e indipendente, nutriva una predilezione per le materie
inquadrate con
una logica rigida, confine sul quale giocava più che
volentieri. Aveva
l’aspetto di un giovane di circa vent’anni e nei
suoi occhi viveva una gloriosa
ribellione.
Dopo i primi esami, “B” lo aveva visitato a propria
volta.
L’aveva trovato seduto sulla piccola branda, vestito con una
tuta grigia; i
capelli biondi ricadevano sul volto pallido. In lui, Beyond aveva visto
il
riflesso di un uomo sull’orlo del suicidio, alieno a quel
mondo sconosciuto,
quasi irreale.
Gli aveva affidato un nome, «Mihael Keehl», da
custodire gelosamente. Aveva
parlato per qualche minuto, sicuro che la mente ancora vergine avrebbe
ricordato e interpretato le sue parole in un secondo momento.
«Non sarai l’ultimo», si era congedato,
«però esigo che tu
resti il primo».
Aveva quindi salutato con un cenno del capo, imitato prontamente dal
ragazzo,
ed aveva abbandonato definitivamente la stanza.
Quell’esperimento si era scoperto essere intelligente, molto
più dei suoi
predecessori. Gli scienziati si chiedevano se la ragione risiedesse nel
DNA,
nel maggior tempo d’incubazione o, ugualmente probabile,
nelle continue
stimolazioni a cui era sottoposto da “L”.
Dopo quasi due mesi, era stato presentato al primo vincitore un nuovo
risultato: i capelli rossi erano un tratto
decisamente insolito – genotipi rari venivano inseriti su
richiesta del Cliente
e solo in quel caso, la tendenza era rendere i Prodotti il
più anonimi
possibile. “Mello” aveva alzato gli occhi dal libro
di Fisica e, senza aprir
bocca, aveva passato velocemente la mano fra i capelli di
“Matt”, come per
assicurarsi che non si trattasse di una parrucca; era quindi tornato
alle sue
letture.
Mail Jeevas era dotato di minori capacità non per mano degli
studiosi:
l’intento era quello di avvicinarlo alla tecnologia, nei
confronti della quale
il precedente tentativo nutriva una quasi completa insofferenza.
Quel che mancava agli esperimenti era un bugiardino per segnalare
modalità di
somministrazione ed effetti indesiderati – non che questi si
manifestassero al
pari di comuni rash,
spasmi
muscolari, ritardi nella crescita, tremori, vertigini o cataratte in
coloro che
si trovavano, fortunatamente o meno, a dialogare con «le due
Emme della parola
Inferno».
Come fosse una barzelletta, talvolta si raccontava di quel professore
giunto in
gran segreto da Greenwich per interessare il duo alla scienza
astronomica e che
si era trovato, dopo un’importante discussione con i
«mocciosi senza fede
alcuna», uscito pazzo e rinchiuso in istituto
d’igiene mentale.
Uno studioso di Teologia era invece incorso nell’improvvisa e
ingiustificata
ira di Mello, il quale non aveva ucciso l’ospite per
miracolo, fermato prima da
Matt e poi dalla sicurezza. Conserva da quel giorno il ciondolo
strappato allo
sfortunato visitatore, e rimane in silenzio di fronte a ogni domanda
che gli si
rivolga al riguardo.
Trascorso un anno e qualche mese di relativa pace, si era aggiunto a
loro «l’Acca
di Paradiso»; a Nate River il destino aveva riservato le
sembianze di un
sedicenne albino, capelli tanto chiari da parer bianchi e occhi grigi.
Gli
scienziati si erano mostrati più che scettici – il
suo fisico era debole, il
meglio sarebbe stato riprovare con le stesse premesse ma attraverso un
procedimento differente.
Contrariamente a quel parere, dopo due settimane
“Near” era stato sottoposto al
suo primo test.
I risultati avevano lasciato allibiti ed estasiati i ricercatori, anche
un
sorriso sorpreso aveva approfittato dell’occasione e si era
fatto strada sul
volto di Lawliet.
Oltre a grandi capacità logiche e mnemoniche, dimostrava una
destrezza non da
poco nell’utilizzo di sofisticate strumentazioni
avvicinategli dallo stesso L.
Il ragazzino, il cui sviluppo era stato seguito non con indifferenza da
Matt e
Mello, si era ritrovato ben presto trascinato in una sfida che aveva
dell’incredibile.
All’ombra della già soffusa figura del loro
«maestro», i tre impegnavano la sorprendente
intelligenza artificiale nella risoluzione di casi presentati loro
sotto forma
di giochi ed enigmi.
Così un pericoloso serial-killer attivo nella zona di Dallas
diventava il protagonista
della tragedia opera di un autore sconosciuto, il bottino di una
consistente
frode informatica la fuga estiva del signor Pierre, gli indizi di una
scaltra
coppia di ladri in Italia l’unico modo per avere accesso al
dolce.
Con l’avanzare del tempo, anche il modo di pensare degli
impegnati assistenti mutava,
si evolveva seguendo il
normale corso vitale forse in maniera più rapida e
consapevole.
Mihael era attivo da undici anni, Matt da dieci e Near quasi nove,
quando
Lawliet li coinvolse per la prima volta nel caso
«Kira».
[Prossimo capitolo:
«Precipitare».]