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Autore: Defective Queen    08/12/2009    2 recensioni
Due ragazze, con diverse personalità e passato, si incontrano e diventano amiche, anche se sono entrambe due bugiarde e il loro rapporto non è mai quello che sembra.
Kate è straordinariamente bella, viziata, popolare con il sesso opposto e la reginetta (solo apparentemente) superficiale della scuola. Si dimostra gentile e amichevole con tutti, ma in realtà cova dentro di sè rancore verso gran parte delle persone e una glaciale freddezza nei rapporti umani. Roxanne ama disegnare ed essere eccentrica. Imbranata, testarda e sensibile, appena trasferitasi dalla Florida conquista al primo colpo tutti gli amici di Kate, e quest'ultima non può fare a meno di sentirsi minacciata dalla sua crescente popolarità.
Una volta che Roxanne entra nella sua vita, però, Kate cerca più di ogni altra cosa di continuare ad odiarla, ma i suoi sforzi ben presto si rivelano vani.
Questo, e molto altro, è "Beauty is the Beast".
Genere: Drammatico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mi scuso immensamente per l'aggiornamento così in ritardo! Spero che qualcuno continui a seguirmi, in ogni caso!
Un grazie mille a nikoletta89 e ninfea306, che hanno commentato lo scorso capitolo. La prima mi ha resa molto felice per il vivace entusiasmo che mi ha trasmesso con la sua recensione, e la seconda è sempre eccezionale nel recepire lo sviluppo dei personaggi. Tento di filtrare il più possibile i contenuti attraverso il punto di vista di Kate, ed è bello sapere che ogni tanto riesco a trasmettere ciò che vorrei davvero (mi accontento di poco XD). Grazie ancora ad entrambe, dunque.
Eccoci quindi alla ventesima tappa di questa storia! Questo capitolo è un capitolo di transizione, mi andava di scrivere di alcuni momenti quotidiani tra Kate e Roxanne, perciò per la vera azione(siamo sulla strada della conclusione!) aspettate i prossimi aggiornamenti. Spero, comunque che questo capitolo sia piacevole e veloce da leggere, poichè è meno lungo dei precedenti. In generale dovrebbe lasciare un po' di domande in sospeso, proprio in funzione del prossimo capitolo.
Buona lettura!

*La descrizione del Milwaukee County Zoo è presa dal sito ufficiale, tradotta quasi per la gran parte da me. Lo so, è una stupidata, ma Roxanne lo farebbe di certo XD.


***


Roxanne, malgrado naturalmente avvantaggiata dal suo carattere espansivo nello stringere amicizie, trovava essenzialmente complicato il processo successivo a questo: mantenere in piedi dei rapporti personali.
Avere a che fare con persone sempre diverse non era affatto un’impresa facile e priva di seccature.
Ogni volta che questo accadeva, infatti, Roxanne era costretta a sgombrare i suoi pensieri confusionari per poter focalizzarsi sulla persona che aveva davanti e permetterle di entrare nella propria vita, dedicarle un bel po’ di tempo e di attenzione anche nei giorni in cui avrebbe preferito stare sola, offrirle sorrisi, essere accondiscendente, gentile, cordiale…
Tutto ciò, però, non era stato necessario con Kate.
Roxanne non aveva dovuto scostarsi per lasciarla passare, né aspettare che lei decidesse di concederle la sua compagnia, semplicemente la ritrovava accanto a sé, come se questa fosse la cosa più naturale del mondo, in quei momenti in cui lo spazio libero necessario per ognuna di loro diventava troppo, il silenzio gravava insopportabile, oppure il desiderio di stringere una mano calda nella propria s'era fatto opprimente.
Senza alcuno sforzo, Kate aveva colmato ogni spazio, infilandosi in ogni minima frattura, portando Roxanne per la prima volta a pensare che la sua vita non fosse poi così caotica come credeva all'inizio.

Ritornando con la mente al presente, rilasciò un respiro tremulo dalle labbra ormai secche.
Sebbene per lei i ricordi fossero sempre stati solo un tormento, rivivendo i momenti impressi sulla carta di quel diario, Roxanne provò qualcosa di immensamente diverso dal solito: nostalgia.
Nessuna di quelle pagine parlava di qualcosa che l'intimoriva o le faceva desiderare di fuggire via. Affatto.
Ogni singolo attimo, ogni singolo respiro, ogni risata condivisa, era un qualcosa di caro da cui non avrebbe voluto mai separarsi.
Perché le cose erano andate a finire in quel modo, allora?
A questo, però, non seppe rispondersi.
Riuscì solo a trovare una giustificazione all'intenso pulsare del suo cuore, sollecitato dalle memorie di quell’estate.
Lei, nonostante tutto, le mancava.

Da morire.


17 giugno


A meno che la mia memoria non m’inganni - di rileggere il diario non se ne parla -, la scorsa volta ho parlato della cerimonia del diploma, e, di conseguenza, del discorso che ho letto in tale occasione, per poi concludere la ricapitolazione della settimana con la mia riconciliazione con Roxanne.
Forse troppo stanca di scrivere, ho scordato di descrivere i festeggiamenti che sono seguiti alla consegna dei diplomi, il lancio di rito dei classici cappelli indossati sulla toga, e i ricchi banchetti successivi.
Ad essere sincera, mi sarei aspettata di trovare un’atmosfera più nostalgica e piena di esasperati patetismi, ma al termine della cerimonia, tutti i miei compagni mi sono sembrati molto energetici e fiduciosi nei loro propositi futuri. Qualcuno mi ha detto persino che è stato proprio il mio discorso ad averlo aiutato a pensare in questa maniera.
Io, d’altra parte, sono tornata a casa con un’inspiegabile sensazione di benessere, ho lasciato alla mia domestica il diploma perché lo incorniciasse, e dopo aver conservato la mia toga azzurra sul fondo di un cassetto, sono crollata sul mio letto e mi sono addormentata quasi subito, come mi accade difficilmente.
Si era appena conclusa una dura settimana, durante la quale ero stata messa più volte sotto pressione, e io ormai non desideravo altro che riposare. Un po’ di preoccupazioni erano sparite nella mia lista delle priorità, e altre cose si erano sistemate in un modo che io inizialmente non avevo previsto; come se un puzzle avesse acquistato improvvisamente un senso di fronte ai miei occhi, nonostante le parti ancora mancanti.
Mi trovavo di fronte ad una svolta della mia vita: il momento che avevo sempre desiderato, il momento in cui avrei finalmente intrapreso il mio futuro, era arrivato, eppure io non avevo alcuna fretta di percorrerlo, decidendo, invece, di assaporarlo gradatamente.
Anche il tempo sembrava scorrere in una maniera più delicata: con passi misurati e accorti, senza spaventarmi, né sorprendermi in una qualche maniera.
E’ stato allora, probabilmente, che ho ammesso a me stessa di essere stanca di fissare il soffitto e controllare costantemente l’orologio, per trovare inspiegabilmente le lancette quasi sempre nella stessa posizione.
Ero nelle stesse condizioni stamani, quando il mio cellulare ha squillato a vuoto un paio di volte, diffondendo nella stanza un’allegra suoneria. Poco dopo è sopraggiunta Susie che, grattando insistentemente contro la porta della mia stanza con le sue unghie affilate, mi ha fatto capire di volere entrare.
Io, però, non le ho aperto, limitandomi ad ascoltare insieme agli insistenti miagolii, i rumori di stoviglie provenienti dal piano inferiore.
Ho continuato a restare ferma sul materasso, immobile, non perché volessi realmente farlo, ma perché qualsiasi azione, oltre respirare, sembrava costarmi fatica.
Il mio cellulare ha rotto il silenzio ancora una volta e, sospirando esasperata, ho allungato la mano per raggiungerlo, tastando a vuoto il comodino, fino a percepirlo squillante sotto le mie dita.
«Pronto?», ho bofonchiato, senza nemmeno verificare l’ID chiamante.
«Kate! Sono ore che ti chiamo! Che fine avevi fatto?», mi ha domandato la voce di Ashley, accorata.
«Nessuna fine orribile, a quanto pare, se sono ancora qui a parlare con te», ho ribattuto in un tono palesemente acido che l’ha acquietata per qualche secondo.
«Oh, oh, capisco…», ha mormorato, anche se io dubitavo fortemente la verità di tale affermazione.
Dopo un breve momento d'esitazione, s’è concessa persino un'imbarazzata risatina, «Volevo solo dirti che la prenotazione è andata a buon fine.»
Cosa?
«Prenotazione? Quale prenotazione?»
«Quella per l’Europa, no?», ha risposto, come se quello fosse un semplice dato di fatto.
Io ho fatto un lungo sospiro, per evitare di gridare nella cornetta.
Mi ero già dimostrata piuttosto scortese all’inizio, perciò sarebbe stato meglio calmarmi prima di continuare la conversazione.
«Di cosa stai parlando?», ho dirottato la mia impazienza, preferendole un’intonazione apatica.
«Dai, Kate! Non fare la finta tonta! Non avevamo già deciso di organizzare un viaggio all’estero alla fine della scuola?»
L’avevamo programmato? Io non ricordavo nulla in proposito, fuorché il loro inutile blaterare, a cui non avevo mai dato troppa importanza.
Vista la mancanza di segnali di vita da parte mia, Ashley è andata in panico.
«Oddio! Non può essere! Te ne sei scordata?»
Chi tace acconsente. Ho continuato a star zitta, lasciando al famoso detto il compito di rispondere per mio conto.
«Non è possibile!», ha ripreso a lamentarsi Ashley, «E adesso che facciamo?»
«Come “adesso che facciamo”?», ho ripreso a parlare, «Va’ subito a disdire tutto!»
«Non posso!», ha piagnucolato lei, «Partiamo dopodomani mattina! Ho già comprato i biglietti aerei e pagato l’agenzia!»
Che razza di situazione…
Ho affondato il viso nella mano che non reggeva il cellulare, colta da un intenso nervosismo.
«Come…come vi è saltato in mente di organizzare tutto senza avvisarmi?!», finalmente le ho urlato contro, fregandomene del resto, e mi sono sentita soddisfatta di poter scaricare la mia rabbia su qualcuno.
Anche se non mi era possibile vederla, ho chiaramente immaginato Ashley fare un brusco passo indietro, intimorita, dopo esser stata sgridata.
«Kate scusami!», ha iniziato a singhiozzare lei, «Pensavamo che anche tu e Roxanne foste d’accordo e abbiamo anticipato le vostre quote. Ho combinato un casino!»
A proposito di Roxanne, era anche lei a conoscenza di tutta questa storia e non mi aveva avvisata? Come aveva osato?
«Lo sapeva anche Roxanne?», ho domandato a bruciapelo, ignorando le sue auto commiserazioni.
Ashley ha tirato su con il naso prima di rispondere incerta: «Beh c’era anche lei il giorno in cui abbiamo proposto il viaggio, no?»
«Non intendo quello!», ho sbraitato, nuovamente irritata, «Anche lei è a conoscenza della vostra stupida prenotazione?»
«…No.»
Più che nascondere ancora una volta il viso nel mia mano destra con un fiacco sospiro, ho sbattuto violentemente il palmo contro la mia fronte, sperando quasi per un momento che quelli fossero solo dei deliri febbricitanti.
Era praticamente impossibile, però, credere di avere la febbre a metà giugno, con tutto quel calore asfissiante, attenuato solo dai condizionatori in casa.
L’unico aspetto positivo in tutta questa faccenda era che, perlomeno, Roxanne aveva mantenuto la sua lealtà nei miei confronti, a differenza di quelle infami Gallinelle.
Il respiro affrettato ed esitante di Ashley continuava ad infrangersi contro la cornetta, in trepidante attesa di una mia risposta.
«Va bene, l’avviserò io allora», ho risposto dopo un po’, rassegnata.
Ashley è stata colta dall’entusiasmo, scordando il rammarico precedente: «Quindi verrai?»
«Non c’è altra soluzione, no?», le ho fatto presente in tono severo, «Se non ci andiamo perderai tutti i soldi che hai già pagato, giusto?»
«Sì…», ha confessato costernata, sebbene non riuscisse a reprimere totalmente la propria euforia.
Io ho sospirato pesantemente.
Quali alternative avevo ad un viaggio in Europa con le Gallinelle e Roxanne?
Un’estate di party in piscina, sbronzate in piscina, nuotate in piscina, full immersion in piscina, totalmente uguale a quelle degli anni precedenti.
C’è Princeton, a settembre, è chiaro, ma mancano più di due mesi all’inizio dell’università. E’ troppo presto perché io me ne preoccupi.
Ho sospirato ancora, tentando di risollevare il mio umore con pensieri più gradevoli e adatti a me: prima di partire avrei dovuto fare shopping in abbondanza e rifornirmi di tutto ciò di cui avevo bisogno. Una bella sessione di shopping è sempre capace di rendermi attiva e pimpante. E poi non mi stavo già annoiando?
In più l’Europa, sede delle più grandi casate di moda, ha sempre rappresentato per me l’olimpo dell’eleganza e del buon gusto. Sarebbe stato quasi coronare un sogno andarci per un bel tour, no?
Sono stata a Parigi quattro anni fa, è vero, ma allora ci ero andata assieme a mia madre, per accompagnare mio padre durante un viaggio di lavoro a nome dell’ambasciata, e perciò non avevo avuto potuto di girare in lungo e in largo, come invece avrei voluto.
«Va bene», ho sospirato, contenta di essere straordinariamente persuasiva persino con me stessa, «Io intanto avviso Roxanne. Ti chiamo più tardi per sapere tutti gli altri dettagli. Hai detto che partiamo dopodomani, vero?»
«Sì, è un volo diretto dal General Mitchell alle 08.24 di mercoledì mattina!»
Chiudendo in fretta la conversazione, per iniziarne un’altra diretta a Roxanne, ho deciso di tirarmi su da letto e iniziare a preparami. Lamentandosi o meno, Roxanne stavolta sarebbe stata costretta a far shopping con me a qualsiasi costo. Ricordavo che era stata una spina nel fianco le volte precedenti, ma l’impellenza della nostra partenza l’avrebbe sicuramente convinta a seguirmi.
Come al solito, però, Roxanne ha rovinato tutte le mie previsioni.
Un’ora dopo la mia chiamata, infatti, eravamo sedute nei comodi sedili dell’abnorme jeep guidata da Madison e dirette verso il centro commerciale, visibilmente contro la sua volontà.
Pur maledicendo ancora una volta l’arrampicata necessaria per raggiungere la jeep, ero piuttosto soddisfatta che Madison avesse deciso di darci un passaggio, oltre che avermi spalleggiata nel portare con la forza Roxanne assieme a noi, dopo aver saputo della nostra imminente partenza per l’Europa.
Roxanne aveva deciso persino di sedersi nei sedili posteriori, in segno di aperta ostilità nei miei confronti e in quelli di sua sorella.
«Non intendo stare vicina ad una di voi due, né parlarvi!», aveva dichiarato, incrociando le braccia e spingendo il mento all’insù, con un broncio ben visibile sulle sue labbra, «E tu poi, Madison, sei una traditrice!»
Io ho guardato Madison, seduta al volante di fianco a me, con un’espressione incuriosita.
«Traditrice? Perché?»
Madison ha roteato gli occhi scuri, tenendoli comunque fissi sulla strada, «Veramente le avevo promesso che l’avrei portata in un posto oggi…»
«Ecco, bene! Spiega perché sei inaffidabile e una traditrice! Dovevi portarmi al Milwaukee County Zoo stamattina!», è intervenuta energicamente Roxanne alle nostre spalle.
«Milwaukee County Zoo?», ho ripetuto, sopresa.
«Sì», ha esclamato Roxanne, proseguendo tutto d’un fiato, «Il Milwaukee County Zoo è una casa serena per più di 1800 mammiferi, uccelli, pesci, anfibi e rettili, con più di 350 specie rappresentate.
Riconosciuto come una delle più grandi attrazioni zoologiche del paese, il Milwaukee County Zoo è una risorsa per educare, divertire ed inspirare.
L’avventura iniziò nel 1892, quando il Milwaukee County Zoo era una semplice mostra di mammiferi ed uccelli nei sobborghi di Milwaukee. Nel 1902, la superficie dello zoo si è espansa fino a raggiungere i 23 acri e 800 feroci animali. Trentadue anni dopo, lo zoo poté crescere ulteriormente e prosperare. Ne ebbe l’occasione nel 1958, quando lo zoo si trasferì nella sua attuale locazione di 200 acri, ricchi di meravigliose aree verdi, colme di attrattive per i più grandi e i più piccoli. Dieci anni dopo il trasferimento nella sua attuale posizione, lo zoo vide diversi sviluppi nella sua struttura: L’Edificio dei Primati, L’Isola delle Scimmie e la costruzione dei Quartieri Invernali. Negli anni 60, vennero completate le tane per i grizzly, orsi polari e orsi bruni, come quelle dei felini, pachidermi, giraffe, uccelli, piccoli mammiferi, rettili e quelle per i marsupiali.
Al giorno d’oggi il Milwaukee County Zoo è tra i più grandi zoo d’America e si distingue tra questi per il suo attivo coinvolgimento nei programmi di recupero delle specie in via d’estinzione.
E’ chiaro che il Milwaukee County Zoo è e rimarrà una delle attrazioni di punta del Wisconsin. Con la sua rinnovata collezione di animali e speciali esibizioni, lo Zoo offre ai visitatori un percorso educativo e di sicuro divertimento, assolutamente da non perdere!»
Ho fissato Roxanne senza parole, dopo il lungo monologo che l’ha lasciata letteralmente senza fiato.
«Ha guardato talmente tante volte il volantino che l’ha imparato a memoria», è intervenuta Madison, rassegnata.
Io non sono riuscita a trattenere una prorompente risata. Un comportamento simile non si poteva definire in altro modo. Era semplicemente Roxannesco.
Roxanne mi ha lanciato un’occhiata stupefatta che ho intercettato dallo specchietto retrovisore: «Bene! Adesso le traditrici sono due!»
«Milwaukee County Zoo?», ho ripetuto, ignorando i suoi sguardi omicidi, e continuando a ridacchiare. Poi ho voltato leggermente il viso nella sua direzione, scrutandola: «E’ per questo che ti sei vestita come se dovessi partecipare ad un safari?»
Il colorito di Roxanne ha assunto tinte scarlatte, mentre istintivamente le sue mani si sono strette attorno al suo corpo, nel tentativo di nascondere il suo vestiario: una semplice canotta nera indossata sopra un paio di bermuda beige, in lino, il tutto coordinato ad un cappellino a visiera, dal quale faceva capolino sul retro una folta capigliatura mogano, acconciata in una coda di cavallo. Scarponcini adatti al trekking, zainetto in spalla e macchina fotografica appesa al collo con un laccetto, completavano poi la scena.
Non sono riuscita di nuovo a trattenermi dal ridere, accompagnata questa volta da Madison, la quale ha poi ammesso di non essersi accorta dell’abbigliamento a tema della sorella, finché non gliel’avevo espressamente fatto notare io.
«Sporche traditrici!», ci ha accusato di nuovo Roxanne con fare volutamente drammatico, «Giuro di non rivolgervi più la parola!»
«Sono più di venti minuti che aspettiamo che tu lo faccia», ha scherzato Madison, tamburellando le dita sul volante, «Eppure non hai smesso neppure per un secondo di blaterare.»
«Se io la smettessi di blaterare», ha spiegato lei, per nulla turbata, «voi due avreste dei musi lunghi quanto…quanto…»
«Serve aiuto?», sono intervenuta io, ridendo nonostante tutto.
«No, ce l’ho! Ce l’ho!», ha risposto Roxanne, «Se io la smettessi di blaterare, voi due avreste dei musi lunghi quanto il Mississipi
«Bel paragone», ha commentato Madison, e il suo sorriso ha perso per qualche strano motivo il brio iniziale.
«E anche tu, Kate! Non pensare che l’espressione di prima mi sia sfuggita!», è tornata alla carica Roxanne, sorprendendomi.
«Beh», ho esitato, «è perché le ragazze mi hanno avvisata all’ultimo momento e hanno scombussolato tutti i miei piani.»
«Anche i miei piani sono stati totalmente scombussolati!», ha annuito Roxanne con fervore, «Ma qui non sembra importare a nessuno!»
«Andiamo, Anne, lo zoo non scappa di certo», ha tentato di calmarla Madison.
Roxanne s’è azzittita e io, incuriosita, mi sono voltata a guardarla, ostacolata in parte, però, dalla cintura di sicurezza.
Fino a quel momento, la minore delle Miller aveva insistito a recitare la parte dell’imbronciata, lamentandosi e assillandoci, sebbene io l’avessi vista discretamente soddisfatta delle nostre risate e del generale buon umore diffuso nell’abitacolo a causa sua. Stavolta, però, il suo temperamento si era acquietato repentinamente, e solo un sussurro, che tuttavia non sono riuscita comprendere interamente, è fuoriuscito dalle sue labbra.
Sopportando la cintura di sicurezza tesa contro il mio collo, ho sbirciato la sua figura intenta a guardare fuori dal finestrino, cercando di convincermi che le sue ultime parole non fossero state: «E se fossi io a scappare?»
Dopo qualche secondo di silenzio, che ho sopportato a fatica a causa dall’ansia che quella presunta frase mi aveva trasmesso, Roxanne è tornata a parlare: «Non ho ancora chiesto a mamma di prestarmi i soldi per il viaggio. Sarà d’accordo secondo te, Mad?»
Chiaramente esclusa da quel tipo di domanda, ho fatto in modo di mantenere almeno in apparenza la mia discrezione, fissando lo sguardo verso il paesaggio soleggiato che scorreva ai bordi della carreggiata.
Per me, d’altronde, i soldi non sono mai un problema. Basta solo una telefonata a papà, e la mia carta di credito mi permette di fare qualsiasi acquisto.
«Sai che mamma sarebbe pronta a spendere qualsiasi cifra per te, dopo il modo in cui il Preside e gli altri insegnanti ti hanno lodata il giorno del diploma», le ha risposto Madison, mantenendo gli occhi fissi sull’automobile che ci precedeva, «e se avessi trascorso tutto l'anno scolastico a Milwaukee, saresti stata persino in pole position per il ruolo di valedictorian.»
La sua affermazione mi ha ovviamente infastidita, anche se ho tentato in tutti i modi di non darlo a vedere. Considerando che ero stata io la valedictorian di quell’anno, affermare che Roxanne avrebbe meritato pienamente quel titolo, equivaleva in qualche modo a screditare la mia persona. Avevo ricevuto parole simili dallo stesso Preside e, di certo non mi aveva fatto piacere. Se avessi potuto, avrei volentieri spaccato la faccia di quel vecchio rimbambito, che aveva osato assegnarmi un tale compito solo cinque giorni prima della cerimonia ufficiale. Magari avrei riservato a Madison un atteggiamento meno crudele, dato che talvolta avevo apprezzato la sua compagnia, ma non avrei comunque tollerato simili parole da parte di nessuno.
Roxanne ha pensato bene di intervenire al mio posto, prima che io potessi rispondere in maniera esplosiva: «No, no. Io non sarei mai stata in grado di fare il magnifico lavoro che ha fatto Kate…assieme a tutto il resto
Sapevo bene cosa Roxanne intendesse con “resto”, ma onestamente non credevo di potermi assumere tutti i meriti in proposito. A dire il vero, nemmeno io avevo ben presente quale fosse stata la dinamica che ci aveva portate a riappacificarci.
«Sì, certo, non volevo togliere nulla al discorso di Kate, ci mancherebbe», s’è corretta immediatamente Madison, e io le ho semplicemente rivolto un falso sorriso salottiero, mettendo da parte i miei propositi di vendetta.
A convincermi era stato soprattutto il pronto intervento Roxanne, e non di certo quelle insulse giustificazioni dell’ultimo momento.
«In ogni caso», la ventitreenne si è focalizzata nuovamente sul proposito iniziale della loro discussione, «Non devi preoccuparti dei soldi, mamma non esiterà a pagare. Te lo meriti. E poi sabato, prima che tornasse in Florida, mi aveva persino accennato di voler vendere il camper…»
«Il camper?!», ha esclamato Roxanne con un salto, e tutto il veicolo è stato scosso dal brusco movimento.
«Sì. Nessuno lo guiderà più, d’altronde. E mamma vuole solo sbarazzarsene.»
«Ma certo», Roxanne ha risposto ironica dal sedile anteriore, «Sbarazzarsene è la soluzione migliore.»
Io ho iniziato a sentirmi un po’ a disagio. Non mi andava di essere così palesemente esclusa dalla conversazione, incapace persino di individuare il significato nascosto dietro quelle parole.
Madison ha sbuffato.
«Cerca di capirla, Anne. E’ necessario andare avanti. E poi lei adesso ha Liam e…»
Ero certa, anche se non mi era stato possibile accertarmene, che Roxanne avesse trattenuto come me il respiro alla menzione di quel nome, per poi fermare bruscamente la sorella.
«Va bene, ho capito», ha detto in un tono privo di qualsiasi spessore, «Hai ragione. Mamma ha ragione. Tutti quanti hanno ragione, tranne me.»
«Anne-»
«Oh, ecco! Siamo arrivati!», ho esclamato, cambiando argomento. Era estremamente frustrante non capire a cosa si stessero riferendo.
«Già», ha concordato Madison.
«Ahimè!», ha sospirato Roxanne, riacquistando rapidamente le vesti di eroina tragica, «E’ arrivato il momento di dire definitivamente addio alla mia visita al Milwaukee County Zoo!»
Io e Madison abbiamo sogghignato in risposta.
Fortunatamente, i discorsi troppo seri e difficili da comprendere erano stati messi da parte.
«Voi due potete scendere già», ha detto Madison un momento dopo, fermando la jeep di fronte all’ingresso del centro commerciale, «Io vado a cercare un parcheggio. Aspettatemi qui.»
Trattenendo il respiro, sono letteralmente saltata dalla jeep, ringraziando di indossare delle calzature basse, abbinate ad un paio di pantaloni bianchi scampanati ed una camicetta a maniche corte, sempre bianca, sulla quale avevo indossato un gilet marrone, chiuso sul davanti da grandi e simpatici bottoni, nei quali purtroppo tendeva ad impigliarsi spesso la collana multifilo che portavo al collo.
L’atterraggio è andato bene sia per me che per Roxanne (versione safari selvaggio), che ho potuto esaminare meglio una volta scesa dall’auto.
Ho sghignazzato, mio malgrado, adocchiando nuovamente la sua mise, e Roxanne mi ha trucidata con lo sguardo, fino a che Madison non ci ha raggiunte poco dopo.
Roxanne, come avevo previsto, non è stata affatto facile da gestire. Preferiva rintanarsi in negozietti assolutamente inutili, per poi emergerne con ogni sorta di cianfrusaglia possibile, piuttosto che concentrarsi su quello che ci sarebbe stato utile per il viaggio.
Ridotta alle strette, allora, Madison ha iniziato a comprare per lei, senza chiederle nulla, e costretta ad intervenire per fermarla, Roxanne alla fine ha scelto ciò che le piaceva di più tra quello che la sorella aveva selezionato.
Abbiamo acquistato insieme anche due set di trolley in coordinato. A casa ne ho già uno firmato, ma Roxanne si era talmente impuntata, perché prendessimo gli ultimi colori rimasti (blu per me, rosso per lei), che ho finito per accontentarla. Ora che ci penso, nonostante la decisione improvvisa delle Gallinelle mi avesse disturbata non poco, dovevo essere di certo di buon umore per avere un simile atteggiamento. Un umore che ha continuato a migliorare mano a mano che il tempo passava e l’eccitazione per il viaggio cresceva. Roxanne, allo stesso modo, dopo i capricci iniziali, ora zigzagava di qua e di là, immaginando i vari scenari europei e le peripezie che avremmo affrontato, sebbene non sapessimo poi molto dell’itinerario che avevano scelto le altre.
Non che ci fosse poi molto da immaginare, comunque, dato che mancavano poco meno di quarantott’ore alla partenza.
Dopo più di quattro ore e mezza di shopping non-stop, abbiamo deciso di mandar giù un boccone per il pranzo, anche se un po’ fuori orario.
Per la prima volta ho visto Roxanne non mangiare solo ed esclusivamente alimenti dolci, e la visione mi ha scioccata non poco.
In risposta al mio stupore, Roxanne ha sorriso, dopo aver trangugiato con gusto più di metà del suo trancio di pizza: «Madison non vuole che io esageri con i dolci.»
«Per forza, non fai che mangiare altro. Il tuo corpo ha naturalmente bisogno di proteine, e fibre, oltre che di zuccheri», ha risposto Madison, seduta di fronte a lei, addentando a sua volta un hot dog.
Io ho ridacchiato sotto i baffi all’assurdità di quel commento salutista, proveniente proprio da qualcuno intento a mangiare del fast food.
Poco dopo siamo definitivamente uscite dal centro commerciale, cariche di buste, e Madison si è di nuovo allontanata in cerca del luogo dove aveva parcheggiato la jeep, mentre noi abbiamo deciso di aspettarla all’ingresso. La differenza climatica tra l’ambiente interno e l’insopportabile afa all’esterno era innegabile.
Eppure, nonostante il caldo, avremmo continuato ad aspettare Madison lì, se Roxanne, noncurante dei pacchi che trasportava in mano, non si fosse letteralmente precipitata verso un’altalena, circondata da un mini parco giochi riservato ai più piccoli.
Io ho tentato di richiamarla: «Roxanne, dobbiamo andare!»
«Un momento solo!», ha gridato lei in risposta, accomodandosi sull’asse di legno dell’altalena, per poi darsi una leggera spinta e iniziare a dondolare.
L’ho raggiunta sbuffando e lei mi ha accolta con un gran sorriso, indicando il sedile libero accanto al suo.
«Dai, Kate! Provaci anche tu!»
«No, grazie.», ho risposto in un tono pacato, «É tardi. Madison ci starà sicuramente aspettando all’entrata.»
«Solo un minuto!», ha riso lei, spingendo le gambe in avanti per aumentare la velocità del dondolio, «Adoro le altalene!»
Ho trattenuto il sorriso che stava per sfuggirmi, avendo cura di mantenere un atteggiamento impassibile: «Buono a sapersi. Ora andiamo.»
«Quanto sei noiosa!», ha esclamato lei, leggermente affannata, e, nonostante la mia occhiata omicida, ha continuato imperterrita il suo discorso, «Non piacerebbe anche a te sentire questa fresca brezza sul viso, nonostante il caldo, mentre ti dondoli liberamente senza nessun pensiero?»
Di fare caldo, effettivamente faceva caldo. Anche troppo.
Mi stava seriamente tentando.
«Sei un demonio», le ho detto a denti stretti.
Lei mi ha risposto con una fresca e sonora risata, ben lontana dall'essere demoniaca.
La mia forza di volontà, infiacchita dalla calura, è stata capace di fornirle solo una misera resistenza: «I miei pantaloni sono bianchi, potrei sporcarmi.»
Roxanne, ha deciso di aizzarmi, sfruttando a suo favore la mia naturale competitività.
«Basta scuse», ha dichiarato categorica, «Dì la verità: non ne sei capace!»
Ho alzato un sopracciglio, aggrottando la mia fronte ormai sudata, «Stai cercando di provocarmi?»
«Esattamente!», il suo volto si è illuminato di un sorriso, e i capelli stretti nella lunga coda, sono stati frustrati all’indietro dal movimento ondulatorio dell’altalena.
«Andiamo! Solo per un po’!», ha continuato Roxanne e io, mi sono lasciata lusingare da quel richiamo.
«E va bene!», ho detto, prendendo posto sul sedile accanto a quello di Roxanne, mentre quest’ultima esultava con piccoli gridolini. Ho iniziato a spingere l’altalena con le gambe, fino a raggiungere una velocità accettabile.
Oh, davvero. Che magnifica brezza.
«Visto che bello?», mi ha richiamata Roxanne e io mi sono accorta solo allora di aver chiuso le palpebre quasi in un’estasi mistica.
«Sì», le ho risposto concedendole un sorriso.
«Vediamo chi riesce ad andare più forte?», mi ha proposto lei e, anche se una parte di me continuava ad obiettare che esser contagiata così da Roxanne fosse un’azione estremamente stupida ed infantile, non ho potuto fare a meno di accettare.
E tra quelle risate, quelle urla di vittoria per un match in cui era praticamente impossibile trovare dei vincitori o dei vinti, con i nostri capelli che perdevano totalmente la loro piega iniziale, ho notato una cosa magari un po’ scontata, a cui però non avevo fatto mai caso prima.
Quando noi siamo in movimento, anche il mondo lo è. Quando saltiamo, anche lui salta con noi in cerca del cielo, e quando scendiamo a terra, lui ci accoglie sempre e comunque, ponendo un fine alla nostra caduta.
Roxanne dondolava nel mio campo visivo, mostrandomi il suo sorriso dondolante, e dondolanti erano anche i suoi occhi e il battito del mio cuore.
Trascinata dal vento che penetrava le mie narici, asciugava il mio sudore, sferzava violentemente la mia capigliatura, sono stata vittima dell’illusione che fossimo parte di un moto perpetuo.
Sono stata vittima dell’illusione che Roxanne avrebbe continuato a dondolare assieme a me all’infinito, con le sue mani strette alle catene che reggevano il sedile all’intero supporto, e le gambe ricoperte dai bermuda, proiettate in avanti per acquistare una maggiore spinta, in grado di competere con la mia.
Per qualche istante mi sono illusa che tutto ciò potesse durare per sempre. Che noi potessimo stare lì per sempre.
Ad interromperci ci ha pensato però un colpo di tosse, di qualcuno che cercava evidentemente di catturare la nostra attenzione, prima totalmente focalizzata su quella piccola gara.
Roxanne s’è fermata di colpo, tenendosi bene stretta alle catene, per non essere sbalzata via dall’altalena e anche io ho subito rallentato, per rendermi conto di chi si trattasse.
Una donna, affiancata da altre due signore e da quattro bambini impazienti, ci guardava spazientita, picchiettando le dita nervosamente sulle sue braccia conserte.
«Allora ragazze, credete sia possibile permettere anche a questi bimbi di divertirsi come stavate facendo voi fino ad un secondo fa?», ha domandato la signora, rivolgendoci un sorriso velenoso.
Roxanne, si è immediatamente alzata, rossa in viso, raccattando le nostre buste, e io ho fatto lo stesso, facendo ben attenzione a rivolgere alla signora che aveva parlato un sorriso ben più perfido e calcolatore del suo.
«Ma certo», è stata la mia noncurante risposta al vetriolo, «Fate pure.»
Poi ho sostituito al falso sorriso un’espressione che sembrava suggerire molto eloquentemente: “Fottiti, vecchia stronza”, lasciando le altre donne alquanto stupite, prima di seguire con calma regale Roxanne, che si era già allontanata in tutta fretta, senza assistere alla scena (per fortuna).
Avrei voluto rivolgere un altro “Fottiti, stronza”, anche a Madison, la quale ci ha assillate con ogni sorta di rimprovero al nostro ritorno, ma obiettivamente ho dovuto riconoscere che anche lei aveva le sue ragioni.
«Mi avete lasciata qui ad aspettarvi come una stupida!», s'è lamentata Madison. Io e Roxanne abbiamo preferito tacere, lasciandola sfogare.
«E si può sapere dove vi siete andate a cacciare nel frattempo? Mi avete fatta preoccupare!», ha continuato, e noi non abbiamo fatto alcuno sforzo per fermarla.
Io avrei voluto in qualche modo discolparmi. Perchè dovevo accettare così passivamente quelle grida?
Non era stata tutta colpa di Roxanne, in fondo? Non mi aveva trascinata lei in qualcosa che non avrei voluto fare?
Voltando leggermente il viso dal suo posto del passeggero, che questa volta aveva deciso di occupare, lasciando a me i sedili posteriori, Roxanne mi ha rivolto di nascosto un piccolo sorriso, nel bel mezzo dei borbottii di Madison.
«Ma mi state almeno ascoltando?»
Ignorando gli sproloqui di Madison, non sono riuscita a non ricambiare lo sguardo di Roxanne attraverso lo specchietto retrovisore.
Quando noi siamo in movimento, anche il mondo lo è. Quando sorridiamo, anche il mondo sorride.
Ci ho pensato un po' su e le ho sorriso, lasciando perdere le colpe e le responsabilità. Non contavano più molto adesso.
Roxanne ha inclinato leggermente la testa, continuando a guardarmi. Ne è valsa la pena, no?
Le ho sorriso ancora.
Assolutamente.


Ok, piccola annotazione. Porterò con me in viaggio questo diario e racconterò tutte le nostre esperienze non appena mi sarà possibile, senza aspettare che passi una settimana. Ho già rotto oggi questa piccola regola, d’altronde. Dovrò solo fare attenzione che né le Gallinelle, né Roxanne lo scoprano o lo leggano. Probabilmente farei meglio a tenerlo sempre in borsa, visto che non è molto ingombrante. Sì, penso proprio che farò così.
Al prossimo aggiornamento, allora! L’Europa mi aspetta!
(E menomale che all’inizio non ero per niente eccitata al pensiero di un viaggio all’estero…)
   
 
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