Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: Rucci    12/12/2009    9 recensioni
Anche i santi di Atena aspettano i regali sotto l'albero.
Specialmente i più giovani, che con un piccolo racconto natalizio passano da un sogno ad un viaggio, accompagnati da guide sin troppo famigliari.
Quel che non è famigliare, è il futuro.
{what if: post-Hades} {shonen-ai sparso}
Genere: Commedia, Sovrannaturale, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Un Canto di Natale

Un Canto di Natale

 

 

 

Capitolo 3. Il Canto di Pegaso

Dove Seiya non ha granché fortuna con le donne.

 

 

 

Forse fu proprio mentre Shiryu smetteva di agitarsi nel sonno che Seiya apriva gli occhi, di botto.

Se fosse stato per empatia con il compagno nella stanza a fianco o perché davvero aveva avvertito qualcosa di strano, non seppe mai dirlo: certo fu che eretto, sveglio, si accorse subito della presenza che oscurava la finestra.

Non c’erano luna né stelle in quella nuvolosa notte di Vigilia, ma i contorni della sagoma alla finestra erano comunque netti, solidi, nel buio. Seiya li riconobbe perché per molti anni si era svegliato di soprassalto a quella maniera, e talvolta con quell’identico buio a circondarlo. Motivo per cui si rigirò immediatamente, sotterrandosi nelle coperte sin sopra i capelli, in un riflesso automatico:

“Noo... Marin nooo… ti prego, altri cinque minuti…”

“In piedi, Seiya.”

“No, gli allenamenti a notte fonda no!”

“Seiya! In piedi!”

Se era un sogno, era molto più che vivido. Pareva proprio la voce di Marin.

Autoritaria come Marin. Perentoria come Marin. Imperiosa come Marin.

“In piedi, ho detto!” Le coperte furono strappate di dosso a Seiya, che, con un tonfo, si ritrovò proprio ai piedi dell’intruso. Che era davvero Marin.

“Ma... Ma… Marin, sei davvero tu! Che cosa…?”

“Siamo già abbastanza in ritardo, Seiya. Muoviti.”

“Eh…?” Si massaggiò la testa, il ragazzo, strappato dal sonno in maniera sin troppo brutale. Cercò, come al solito, occhi che erano inespressivi vuoti di metallo, e non poteva certo indovinarne l’espressione. Ma si era abituato a farlo, tanto che per lui non era nemmeno più strano: aggrottò le sopracciglia, così, sperando di scorgere pietà anche in una maschera: “Ma non dobbiamo allenarci, vero?”

“No.”

“Ah, per fortuna.”

“Mi seguirai, non è vero, Seiya?”

“Beh, avrai avuto un buon motivo…” si affrettava già Seiya, che in realtà dalla maestra non era abituato a ricevere dolci domande, quanto più ordini e scappellotti sulla nuca. Un saltello, ed era entrato dentro i calzoni. “…per venirmi a svegliare a quest’ora. No?”

Si scosse di dosso il sonno, scuotendo la testa spettinata.

Marin, dietro di lui, impenetrabile, le braccia incrociate, parve apprezzare la sua solerzia:

“Mh!”

“Dove andiamo?”

“C’è un piccolo viaggio, che dovrai affrontare, Seiya.”

“Un viaggio? Ma non posso, domani…”

“Tornerai entro stanotte. Non temere.”

Un sospiro sconsolato, e il santo di Pegaso, vestito e presentabile – si era cambiato frettolosamente in un angolo della stanza – raggiunse la maestra, le mani in tasca. Marin adottò da subito un buon passo, aprendo la porta e precedendolo lungo il corridoio.

Tutto era silenzio. Seiya gettò un’occhiata distratta alla porta di Shiryu: chissà se la notte gli avrebbe portato consiglio.

Lui seguiva la giovane donna davanti a lui, non curandosi di reprimere, ogni tanto, uno sbadiglio. Già pensava a quale improbabile missione avrebbe dovuto affrontare. E naturalmente sperava davvero di tornare prima che gli altri si svegliassero: la gara a chi arrivava prima sotto l’albero era qualcosa che assolutamente non voleva perdersi.

“Ti devo avvisare, Seiya, su chi incontrerai lungo il tuo cammino.”

Erano fuori. Il ragazzo si ricosse, con un brivido nel freddo della sera, lo sguardo sui capelli rossi di Marin. Nel buio, assumevano le sfumature più strane. Si fece attento, dacché da quando erano usciti, i passi della donna santo conducevano giù per la scalinata delle Dodici Case, e si apprestavano ad attraversare la prima senza avvisarne il custode, Aphrodite dei Pesci. Ma con somma sorpresa di Seiya, non vi era che vuoto; le torce ardevano per rischiarare il buio, la casa era abitata e presieduta, ma un silenzio quasi innaturale vi regnava.

“Chi incontrerò? Quali nemici?”

“Nemici?” La voce di Marin rimbombava appena, da dietro la maschera. Oltrepassarono il Tempio, seguendo le scale per raggiungerne altri. Per qualche motivo, Seiya intuì, dentro di sé, che si sarebbero fermati presto. “Per te nessun nemico, questa volta, da affrontare, Seiya. Solo amici.”

“Affrontare… i miei amici?”

“Farti guidare da loro. Non temere, sarai presto indietro. Il tempo di un sogno.”

Ecco che come lo disse, Seiya si accorse della distanza troppo esigua tra una Casa e l’altra: ci stavano mettendo troppo poco per affrontare il lungo percorso che collegava i templi. Eppure davanti a sé la distesa di scalini era sterminata come sempre. Rimase in silenzio, quindi.

“Lo Spirito del Natale Passato non fa parte del tuo passato, forse. Ma c’è sempre stato.”

“Che cosa?”

Credendo di non aver sentito bene, Seiya si avvicinò, sbattendo gli occhi.

“Lo Spirito del Natale Presente” proseguì lei, marciando “è il miglior consigliere. Ascoltalo con grande attenzione.”

Un tetto, sopra la loro testa. Una nuova casa oltrepassata. Seiya si rese conto con grande meraviglia di non sapere più dove si trovasse. Quale tempio dello Zodiaco aveva appena sorpassato? Quale lo attendeva?

“Lo Spirito del Natale Futuro ha occhi indomiti, ma che vedono molto lontano.”

Qui Marin si fermò, il vento che le agitava furiosamente i capelli. Seiya si accorse di non sentire freddo come avrebbe dovuto. Incespicò, un passo avanti, stupito, e i suoi passi terminarono sui marmi della Nona Casa dello Zodiaco.

“Marin…!”

“Ascolta questo terzo spirito, Seiya, se possibile, con ancor maggiore attenzione. Lui ti vuole bene. Lui ti consiglierà nel modo giusto.”

“Marin, aspetta! Ma questo è…?”

“Addio.”

“Marin! Marin!”

Si ritrovò solo.

Rimase ad ascoltare l’eco fra le colonne, fermo. Senza nessuno lì con lui.

Passarono un paio di minuti, o almeno così gli parve. Mosse qualche passo, come intontito. Si guardò attorno come se non avesse mai visto quel posto prima d’ora; e invece lo conosceva, ah, conosceva quei muri antichi su cui ora scorreva la mano, pure nell’aria surreale che lo circondava. Vagò minuti e minuti ancora, a quel modo, come si cerca l’uscita di un labirinto, il palmo sempre appoggiato alla parete. Finché incontrò una crepa e poi un dislivello, e muro che si sbriciolava sotto le dita. Alzò lo sguardo, intuendo di cosa si trattasse.

L’iscrizione.

Giovani cavalieri…

“Seiya di Pegasus. Sei infine giunto.”

“Questa voce! Tu sei…” Il giovane santo di bronzo si voltò, incredulo. L’uomo che l’aveva

mille volte guidato, come pura stella, in passato, era lì davanti a lui, in carne ed ossa. E sorrideva, benevolo. Come! Si riferiva a lui, Marin, nelle parole che gli aveva rivolto prima di sparire? Colui che è sempre stato, sicuramente non poteva essere che quell’uomo: il cavaliere che solo con il suo spirito si era fatto sprono di tutti i guerrieri, baluardo della verità. Seiya rimase fermo dov’era, riuscendo solo a balbettare: “Aioros… Aioros di Sagitter!”

Il sorriso si fece luminoso, l’uomo fece alcuni passi. Gli mise una mano sulla spalla.

“Bentrovato, Seiya.”

“Aioros, non sai… che cosa significhi, per me, essere qui con te, in questa notte. Oh, ti ringrazio di essere qui. Marin mi ha detto che dovrò affrontare…”

“Un viaggio, giovane Seiya. Ma è così. Seguimi sino ai piedi della scalinata dello Zodiaco.”

“Mi accompagnerai tu?”

“Certamente. E chi altri?”

“È un lungo tratto. Come potrò ritornare in tempo? Marin mi ha detto che entro domattina io sarò di ritorno.”

A queste parole, Aioros non fece che sorridere. In una maniera splendida.

“È giusto, ciò che dici. Perciò prendi la mia mano. Non ti farò attendere oltre.”

Incredulo, Seiya allungò le dita a sfiorare il palmo ruvido del guerriero più anziano. Lo fece con riserbo, con rispetto. Ma Aioros lo prese forte, protettivo e accogliente, e lo trascinò con sé come se fosse stoffa, un lembo di mantello nel vento. Scomparirono tra le colonne tagliate dalla luce delle torce.

“Aioros! Che cosa…?”

“Guarda. Riconosci questo luogo?”

Non erano nei corridoi del Tempio del Sagittario. Le colonne si erano fatte portici, la sabbia dell’arena volava radente al suolo freddo. Seiya, molto più giovane e molto più malconcio di com’era in quel momento – lì ad occhi spalancati per mano ad Aioros – se ne stava in un angolo a strappare la poca erba sopravvissuta ai margini del campo. Aveva un’aria stizzosa e arrabbiata, e non interrompeva nemmeno per un attimo il movimento brusco delle mani, sebbene i fili freddi e taglienti le stessero graffiando.

“Seiya! Seiya!”

Una nuova figura lo raggiunse, proprio davanti agli occhi dei due viaggiatori.

Seiya non tentò niente di niente. Stette zitto e basta, non osando quasi muoversi.

Marin, anch’essa più giovane – dèi, quasi bambina – raggiungeva il bambino più piccolo nella sera fredda di Atene. Un inverno di molti, molti anni prima.

“Che cosa stai facendo?”

“Niente!”

“Sei arrabbiato.”

“Non sono arrabbiato!”

“Seiya! Smettila di fare così!”

“Un anno. Un anno fa ero all’orfanotrofio con mia sorella, e i miei amici. Era un orfanotrofio, ma almeno ci volevano bene!”

“Ascoltami…”

“Abbiamo solo addobbato l’albero e mangiato tutti assieme. Perché noi queste cose non le possiamo fare? Perché non possiamo festeggiare il Natale?”

“Te l’ho già spiegato.” Marin cercava di tenere un tono pacato, che Seiya conosceva molto bene. “Devi dimenticare la vita che hai condotto sin’ora. Non è niente di simile a quello che troverai in questi anni. È una vita dura, diversa. È inutile che io ti faccia delle illusioni, come se tu fossi ancora a casa: comportati da futuro cavaliere, e rientra. Devi dormire, o domani sarai a pezzi.”

“Non voglio dormire!”

“Seiya! Fai i capricci, allora?”

“No! Lasciami in pace!” gridò, allora, una voce che rimbalzò per tutta l’arena. Il bambino gettò per terra l’erba strappata e corse via, lontano. Marin rimase ferma a guardarlo allontanarsi; l’avrebbe ritrovato solo la mattina dopo, addormentato su un albero. Decisamente scomodo, per riposarsi.

“Ebbene?” scandì una voce profonda accanto a Seiya, che era rimasto imbambolato a guardare la scena.

“Ah” si riscosse lui. Lasciò piano la presa al polso forte di Aioros, che non si era reso conto di continuare a stringere. Arrossì appena, come colto in fallo: “Ero solo un bambino! Era normale che facessi i capricci. Adesso non li farei più.”

Rise di cuore, Sagitter. Una risata di pieno petto, che incoraggiò Seiya ad andare avanti:

“Davvero. Posso giurarlo.”

“Tu, Pegasus…” Seiya era assolutamente, sconfinatamente ammirato dal portamento che Aioros teneva in ogni suo gesto. Ora s’incamminava lento, verso i gradoni di pietra, il mantello fluttuante. Nessuna armatura a ricoprirlo, solo una tunica, eppure risplendeva come oro, nella notte. Lo seguì, confuso, salendo un paio di gradoni tra invisibili spettatori. “Sei un santo pieno di valore. Ottimi sentimenti albergano il tuo cuore. Non ti ho voluto mostrare questo Natale passato per rimproverarti.”

“No?”

“No.” Gli sorrise di nuovo, quasi con tenerezza. Come si sorride al fratello minore che, faccia spaurita e biscotti rubati in mano, si aspetta una punizione tremenda. “Dimmi, coraggio: perché eri arrabbiato?”

“Perché…” Il ragazzo ci pensò su, stranito. Come faceva a ricordarselo? “Non lo so. Perché…”

“Forse” suggerì gentilmente lo spirito, contemplando i gradoni dell’arena con grande serietà. Scelse un percorso, salendo ancora, facendosi seguire. “Forse perché non avevi ricevuto nessun regalo.”

“No! Che sciocchezza. Nemmeno all’orfanotrofio ricevevamo regali. Eravamo troppi.”

“Forse, allora, la giovane Marin era stata troppo brusca.”

“No. No, era stata anche più gentile del solito, quella sera.” Seiya si grattò la nuca, imbarazzato. Cercava di stare dietro ad Aioros. “Ho preso delle sberle in faccia per molto meno.”

“Dunque, vediamo” procedette spedito l’altro, con la disinvoltura con cui qualcuno molto prima di lui doveva aver camminato sulle acque. Pegasus era internamente sconvolto dal modo solenne che aveva di farlo. Senza dubbio, lui un giorno avrebbe voluto essere come lui. Assolutamente. “Non era egoismo, dunque: non era per i regali. E non era ingratitudine, poiché sei grato alla tua maestra. Di che cosa si tratta allora?”

“Io…” cercò le parole, il ragazzo più giovane. Era sempre un passo indietro a lui. Non faceva che salire! “Io… ero solo un bambino! Avevo nostalgia di casa!”

Aioros si fermò. Quando si voltò, sorrideva di nuovo.

Un sorriso calmo, pacato, caldo come gli occhi caldi.

“Era questo.”

“Sì… era questo.”

“Il Natale per te è la casa.”

“Lo era. Tanto tempo è passato, da quando… oh, non importa.”

“Per ora, questo è più che sufficiente” gli confidò Aioros di Sagitter, come se fosse un segreto importantissimo. Seiya rimase lì, senza parole, un gradino sotto di lui, guardandolo sorridergli e confidargli segreti che non erano segreti. Aioros risplendeva, come la stella polare. Aioros lo stava guidando verso qualcosa.

“Aioros, tu sei… lo Spirito del Natale Passato?”

“Sì. Avevi bisogno di me, Seiya. Ma ho già fatto quello che dovevo, vedi? Tu hai compreso.”

“Di già? Resta! Sono qui da solo, e non so come tornare indietro!”

“Non sei solo. Qualcuno già ti attende, proprio là, due spalti più in basso. Non farlo attendere.”

“Come? Un altro… spirito?” sussurrò il ragazzino, abbassando la voce. Era incredibile, assurdo e senza un perché. Ma funzionava. Era come aveva detto Marin. Era come nel racconto letto da Shion. Solo, senza i balli sotto il vischio e le carrozze e tutte quelle altre cose da film d’epoca. “Davvero?”

“Sì. Vai da lui. Noi ci rivedremo al tuo risveglio.” Una mano sul capo, gli carezzò i capelli, affettuosamente, come un padre. “Giovane cavaliere della speranza.”

Quasi commosso, Seiya lo guardò svanire. Lo fece così, piano piano, davanti ai suoi occhi. Come un fantasma. Cacciò un sospiro nervoso e incredulo nell’aria, rumorosamente. Si guardò le mani, guardò il cielo nuvoloso, scuro. Si sfogò, sopracciglia corrucciate, ad alta voce:

“Di certo devo stare sognando.”

Stai sognando. Non hai sentito quello che ti ha detto Aioros?”

Pegasus abbassò il capo, quasi senza stupirsi neanche. Poco sotto di lui – esattamente come gli aveva detto lo Spirito del Natale Passato – c’era qualcuno che dimostrava decisamente meno fretta; qualcuno seduto a gambe larghe, imponente e assieme rassicurante. Si apprestò a raggiungerlo subito, incuriosito. Se davvero stava sognando, allora tanto valeva giocare fino in fondo!

“Chi sei?” cercò di rendere la voce il più profonda e scenografica possibile, cercando di imitare la gravità che aveva palpato in Sagitter. Era pur sempre il protagonista. Si sarebbe fatto valere.

“Sono lo Spirito del Natale Presente” tuonò l’altro, battendolo di gran lunga su tutti i fronti: possente e maestoso, Aldebaran del Toro lo aspettava a braccia incrociate. Sulla sua voce, nulla da dire.

“Aldebaran! Sei tu!” Seiya scese gli scalini di buona lena. Faceva piacere incontrare gli amici, anche se solo in sogno. Dimenticò anche all’istante la questione della voce scenografica. “Che piacere vederti!”

“Come stai, Seiya?”

“Non c’è male. Ma devo svegliarmi prima di tutti per correre a vedere i regali.”

“Ci tieni tanto, ai regali?”

“A dire il vero no. È solo bello correre per il corridoio spintonando Hyoga.”

In verità, non era tanto sicuro che Hyoga si sarebbe lanciato con la foga di un tempo a rotolarsi con lui sul parquet che sbucciava le ginocchia. Hyoga non faceva più nulla con la foga di un tempo, quando era piccolo, vivace e con la faccia di una polpetta di riso imbronciata. Forse solo arrossire di botto, quello sì. Ma Seiya doveva essere veramente, veramente bravo a trovare la cosa giusta da dire, e qualche volta succedeva persino per caso. Accantonò da parte quei pensieri, per il momento, comunque.

“Allora… sto sognando, vero?”

“Mh-mh.”

Seiya guardò Aldebaran. Rimaneva fisso nel suo proposito di acquisire, un giorno, fra qualche anno – contava di metterci poco – la disinvolta solennità di Aioros. Era perfetto, era sontuoso, era greco. Dalla curva del pollice da discobolo alla punta dei riccioli a forcipe. Ma Aldebaran, per Atena: Aldebaran era maestoso. Avrebbe voluto assomigliare anche ad Aldebaran, un giorno.

“Non guardare me, Seiya.” Esibì uno sguardo più ironico di quanto non volesse lasciar trasparire, il saggio Toro. Senza muovere nulla a parte i muscoli del collo – Seiya ammirò anche quelli, ambendo ad averne di simili, un giorno, sempre molto prossimo, naturalmente – indicò verso il centro dell’arena. Pegasus eseguì, spostando lo sguardo, obbediente.

“Aspettiamo qualcuno?”

“Sì. Qualcuno che dovresti conoscere. Qui comincia il difficile, Seiya di Pegasus. Il tuo Natale Presente non è un granché.” Aldebaran non chinò il capo, ma lo guardò negli occhi, come solo lui sapeva fare. Sensibile e schietto, assieme: “Hai dei conti in sospeso, lo sai?”

“Dei conti in sospeso? Io? Con chi?”

“Ah, dovresti dirmelo tu.”

“Nessun nemico ho lasciato impunito!”

“No, certo che no.”

Seiya rimase perplesso. Ci pensò. Ricaricò:

“E nessun amico lasciato senza soccorso!”

“Oh, per Atena, nemmeno. Ovvio che no.”

Più che perplesso. Sbatté gli occhi:
“E… quindi?”

“Quindi zitto e guarda.”

Spiazzato dalla gaia tranquillità con cui aveva pronunciato quelle parole, Seiya tacque. Non trascorse molto tempo, ad ogni modo, prima che la risposta ai suoi quesiti si presentasse: una donna era venuta a prenderlo nel sogno, una donna venne a spezzarlo a metà. Il santo poggiò le mani, serio, sulle ginocchia, quando riconobbe Shaina e lo scintillio feroce della maschera alla luce delle torce: erano più fiammeggianti che mai, le torce, nel vento di dicembre. Camminava nella sua solita maniera, le curve dei fianchi estremamente pronunciate, nei passi. Teneva il viso appena chino. Sembrava fosse venuta lì senza uno scopo. Non si accorse di loro.

“Non ci può vedere, vero?”

“No.”

Altro silenzio. Seiya cercava di capire che cosa, che cosa si volesse da lui, questa volta. Aioros aveva detto che per il momento lui aveva compreso – non gli era ben chiaro che cosa, ma di Aioros doveva fidarsi per forza – e forse anche Aldebaran intendeva fargli capire qualcosa. Naturalmente, gli era subito stato chiaro il significato di conto in sospeso, non appena aveva riconosciuto la donna nella notte. Le frenetiche battaglie che avevano condotto dagli abissi marini agli inferi i santi di bronzo non avevano lasciato né spazio né tempo a quella piccola, grande questione. Questa spina dal sentimento indefinibile. Una donna che gli aveva rivolto parole d’amore.

Lentamente come aveva camminato sin lì, Shaina alzò il viso, senza curarsi dei due seduti immobili sugli spalti. Per lei non esistevano.

“Che cosa ci fa qui a quest’ora?”

“Quello che fa ogni donna innamorata, Seiya” rispose pacatamente Aldebaran, confermando solamente i suoi pensieri. Tuttavia, Seiya non si aspettava tanto. Strinse le mani sulle ginocchia. “Non riesce a dormire, sapendoti qui. Non riesce a non pensarti. La sua testa vortica di domande a cui nessuno ha dato risposta. Certo, il silenzio di un uomo genera di per sé una risposta; ma talmente vaga, talmente ambigua che la poveretta vaga in continuazione da amare certezze ad altrettanto amare speranze. E questo la tormenta.”

Seiya osservò ogni cosa.

Osservò le mani stringersi a pugno e il viso restare fermo in direzione della Tredicesima Casa, tanto più in alto, tanto più lontano.

Osservò la maschera strapparsi, le lacrime scorrere e l’espressione di un viso dolce trasformarsi in rabbia e poi frustrazione e generare altre lacrime.

Aldebaran, invece, per riserbo, tenne gli occhi chiusi. Anche se era solo uno spirito.

“Aldebaran… non serve che me le fai vedere, queste cose. Io… lo so.”

“Non mi sembra, Seiya. O almeno, sì. Le sai. Ma vederle è un’altra cosa.”

“Sì. Credo di sì. Mi dispiace. Mi sento così desolato. Non so cosa fare.”

“Non sai quali sono i tuoi sentimenti? Basterebbe sapere questa piccola cosa, per risolvere tutto.” Aldebaran riaprì gli occhi su di lui, mentre una maschera cadeva a terra, violentemente, cozzando contro la terra dura. Seiya alternava inquieto gli occhi da lui a lei, muto. “Basterebbe davvero. Decidi una risposta per quella ragazza, Seiya. E dagliela. Qualsiasi risposta, che rispecchi quello che pensi. Qualsiasi risposta; ma dagliela.”

“Io…” Pegasus abbassò lo sguardo, per non guardare più nessuno dei sue. I rumori che avvertiva, fisici, forti, lo turbavano nel profondo. Sapeva che in quello stesso momento, mentre lui dormiva nel suo letto, nell’arena deserta risuonavano acuti i singhiozzi, e forte la terra raspata. Non lo immaginava. Non lo aveva mai immaginato, e questo lo colpì. Era vero quello che diceva Aldebaran: sapere non è la stessa cosa che vedere. Deglutì. “Io credo di essere ancora troppo confuso, da quello che Shaina mi ha detto. Io non lo capisco. Non capisco lei. Io… forse sono troppo giovane, per queste cose. Troppo inesperto. Non ci penso. Non voglio spezzarle il cuore. Non voglio neppure illuderla. Non so che cosa fare.”

“Ma questa” sorrise Aldebaran, fiero nella notte. “Questa è già un’ottima risposta.”

“…che cosa? Che cosa dici, Aldebaran? Non potrei dirle una cosa del genere!”

“Potresti eccome. È un buon inizio.”

“Mi ucciderebbe!”

Rise, e le risate tonanti coprirono i singhiozzi, che come avvertendole diminuirono. Seiya scorse una schiena scossa appena da qualche singulto. Poi distolse lo sguardo. Erano come lampi di visione. Questa parte del sogno si stava facendo confusa, e non capiva perché. Era davvero come in quei sogni in cui le immagini si sovrappongono. Dov’era Shaina? Aldebaran sorrideva.

“Non ti ucciderà affatto. Avrà una risposta, che placherà i suoi tormenti. Cesserà di sentirsi ignorata. Sentirà dalle tue labbra la tua confusione e sarà disposta a capirla. Quantomeno saprà cosa provi, e cesserà di sentire il tuo silenzio come un peso. Parlale, Seiya. Primo passo per diventare un uomo. Mh?”

“Aldebaran… non so se ne sono in grado…” Cominciava a girargli la testa. Il ragazzino se la prese tra le mani, cercando di rimettere a fuoco qualcosa, qualsiasi cosa. Andavano bene anche i gradoni dell’arena. “Non so se ne sono…”

“L’indecisione non è propria di un cavaliere: farai bene ad esserne in grado, Seiya. Altrimenti non sai che cosa ti aspetta.”

“Che… che cosa?”

Alzò la testa, e tutto vorticò.

Tutto, di colpo.

“…cosa mi aspetta?” domandò, tuttavia, sforzandosi, col presentimento che fosse importante.

“Ah, questo… non è compito mio, mostrartelo.”

E sul sorriso di Aldebaran scese il nero.

Un nero profondo, in cui quasi ronzava l’eco di tutto quello che era stato.

Seiya rimase come incosciente, come se il sogno si fosse interrotto, e ne provò una grande angoscia, nei pochi, confusi secondi di niente. Sentiva di aver smarrito la parte importante. Marin gli aveva detto: ascolta il terzo degli spiriti con più attenzione di tutti…

Urla e grida di folla lo sovrastarono, e le sue palpebre si spalancarono.

Alzò il capo di scatto, un dolore circolare alle tempie, come quando il sonno prende per pochi istanti in posizione eretta: il suo collo si era mosso automaticamente all’indietro, svegliandolo di botto. Spalancò gli occhi su un pubblico sterminato, in una mattina tersa d’inverno. Ansimò, e il suo fiato creò vapore. Accanto a lui, uomini delle età più diverse vociavano grida d’incitamento. Sveglio, incurante del dolore alle tempie, si alzò in piedi sulle gradinate per scorgere il combattimento che si stava svolgendo sul campo, e trasalì: quello era lui! Il cuore gli martellò in gola ad un ritmo fortissimo: non riusciva a vedersi bene, da quella distanza. Era combattuto da una curiosità feroce e l’assurdo desiderio di non volere vedersi affatto.

“Bensvegliato. Usciamo da questa folla.”

Una mano lo prese per il polso. Con sua grande sorpresa si girò per vedere chi lo stava trascinando con sé, ma nella confusione non riusciva nemmeno a vederlo, nel rumore delle ovazioni scatenate non era riuscito a riconoscere la voce. Pensò freneticamente, quasi con disperazione: aveva bisogno di un viso amico sopra ogni altra cosa, perché l’angoscia che gli era nata in petto col buio lo mordeva cieca allo stomaco.

Nessun nemico, questa volta, da affrontare, Seiya. Solo amici.

Lo Spirito del Natale Futuro ha occhi indomiti, ma che vedono molto lontano.

Il batticuore aumentò. Spropositatamente.

Poteva sbagliarsi, ma…

Lui ti vuole bene. Lui ti consiglierà nel modo giusto.

“Aioria!” gridò, più forte che poteva.

Si morse le labbra, chiudendo gli occhi mentre veniva strattonato fuori dalla folla.

Aveva così bisogno di Aioria. Se non fosse stato lui…. se non fosse stato lui…

“Apri gli occhi, Seiya. Da quando ti fai spaventare da un po’ di spintoni?”

Pegasus riuscì solo ad esibirsi in un’atroce faccia da schiaffi, di fronte a Leo. Vergogna: con un sorriso divertito, il suo senpai lo canzonava. Con un affetto senza pari.

“Aioria! Per fortuna sei tu!”

Per la prima volta da quando era un moccioso, Seiya sentì il distinto bisogno di buttarsi fra le braccia di qualcuno. Non lo fece solo perché non se lo sarebbe mai perdonato per tutta la vita.

Aioria, il forte, generoso Aioria, però, scintillò gli occhi verdi, alla sua espressione smarrita, e senza abbandonare il sorriso sicuro gli diede una stretta forte e affettuosa alla spalla. Seiya tirò su con il naso e si sentì rinfrancato. Quella era bastata.

“Animo, Seiya. Non la senti tutta questa gente? È qui per te!”

“Per me?”

“Guarda. Questo è quello che ti attende per un Natale futuro. Molto, molto futuro.”

Pegaso abbagliava, nel sole scintillante. Era tutt’uno con il cielo. Volava.

Seiya tacque vedendo quell’uomo alto e slanciato piegare sotto colpi puliti un avversario di grande forza. Riconobbe anche quell’avversario, i capelli lunghi e neri saettare nell’aria come lingue di drago. Sentì l’aria vibrare dei loro colpi, nitida e forte, e vide Dragone cadere. Per un millesimo di secondo.

“Non ci posso credere.”

“È stato un lungo scontro amichevole. Ma alla fine hai vinto tu.”

“Quello… non…”

“Shhht. Guarda.”

Shiryu!” scandì il vincitore, tendendo una mano forte all’altro. Le grida festose risuonavano per tutta l’arena. “Grande prova.”

“Ti ringrazio, Seiya. Ma hai vinto tu.”

“Per un soffio” ammiccò quello, un caldo sorriso. Shiryu ricambiò, appena, rimettendosi in piedi con grande eleganza. Lontano, Seiya, accanto alla figura rassicurante e salda di Aioria – dea, per fortuna non lasciava la presa sulla sua spalla – non poté fare a meno di notare quanto fosse diventato alto. Rispetto a quel giorno, ovviamente. Ed entrambi i contendenti si guardavano negli occhi, stringendosi la mano, alti e belli nella piana bianca dei duelli.

Quella scena possedeva un fascino impagabile. Erano loro e non erano affatto loro. E adesso Seiya vedeva sé stesso mettere una mano sulla spalla di Shiryu e soffiare un saluto troppo rapido, correndo poi di fretta altrove, verso un punto dove teneva fisso lo sguardo.

“Vuoi vedere dove stai andando?”

“Puoi portarmici?”

“Certo. Vieni con me.”

E così, Seiya correva nell’arena che aveva calpestato innumerevoli volte.

Il sole era così forte, l’aria così fredda da sembrare davvero un sogno.

Passarono oltre Shiryu, che non era più Shiryu, e guardava ogni cosa con una malinconia che Seiya non ricordava. Passarono per alberi dal tronco ruvido e colonne diroccate. Calpestarono la brina senza lasciare orme.

Seiya ormai correva, per stare al passo con Aioria, che lo conduceva sicuro e senza esitazioni. Avrebbe davvero, davvero voluto essere come lui. Andava bene anche non avere l’aura principesca di Aioros, o l’imponenza grandiosa di Aldebaran; il cavaliere del Leone, umano più che mai, camminava celando anni di pianti e insicurezze, e contemporaneamente camminava imprimendo tutto sé stesso in ogni passo, come se marchiasse il suolo. Come se non esistesse il tornare indietro.

Seiya la strinse, la mano di Aioria. Neanche fosse dentro un incubo.

“Non sei andato lontano” parlò basso, quasi complice. Sorrise appena, un cenno sbrigativo in avanti. “Guarda là.”

Shaina!

“Che cosa vuoi?”

Il Santo di Pegaso era cresciuto, questo era certo. Membra conosciute si erano irrobustite saldando il corpo di un uomo giovane, più grande, più forte, più uomo. Eppure, l’espressione del volto era irriconoscibile. Gli stessi occhi castani, gli stessi ciuffi ribelli sul viso; ma non avevano niente a che fare con quell’espressione di dolore.

“Shaina, ti prego, fermati! Ascoltami!”

“Te l’ho già detto, Seiya. Vattene. Sono ancora in tempo per ucciderti.”

“Non lo farai.” Questo sembrò farla andare su tutte le furie. “Non così. Shaina, tu devi ascoltarmi. Tu mi fuggi. E tu sai quello che devo dirti. Ti prego…”

“Menzogne. Sono stanca.” Il portamento di Shaina, più bella e altera che mai, era immobile come quello di un serpente in punta. Era una postura di difesa, ma non avrebbe esitato ad attaccare al minimo cenno brusco. Era di pietra. La maschera ancor più minacciosa.

“No! Tu devi credermi, invece!”

“Io non ti devo nulla. E ora vattene.”

Lo schiocco sordo di una porta fu come un colpo inferto in pieno fianco, per Seiya. Si fece più vicino ad Aioria, come a pregarlo di non scomparire. Se fosse scomparso lui, avrebbe smarrito sé stesso, e si sarebbe trovato da solo con quell’altro sé più grande, più adulto, più capace, più orribilmente solo, che si ritrovava a sbattere pugni contro il muro incapace di fare niente con le parole. Aveva provato molte emozioni, nella sua giovane vita, Seiya di Pegasus, ma non era pronto a vedere le lacrime bollenti e amare che sanno scatenare sentimenti del genere. Quello di cui doveva essere preda, in quella mattinata troppo tersa nel futuro, era in grado di deformargli il volto in una maschera di dolore e squassargli il petto, mentre si prendeva la testa fra le mani. Era così irriconoscibile che dovette sussultare, quando Aioria tentò di riscuoterlo.

“A… Aioria.”

Si era smarrito. Recuperò il respiro. Si ricordò di essere vivo e di non trovarsi davvero lì.

“Questa” sancì brevemente Aioria “è solo una possibilità di futuro. Lo sai, vero? Nulla è già stato scritto.”

“Ma… è terribile. Davvero terribile.”

“No. Sei diventato ciò che promettevi di diventare. Un guerriero forte e coraggioso, un vero e proprio faro. Un punto stabile. Solo, non sei stato in grado di conciliare i tuoi sentimenti. I silenzi hanno generato incomprensioni, che hanno rovinato irreparabilmente qualcosa. Quella che stavi guardando prima era una scena che potrebbe avere mille perché e mille soggetti di discussione. Ma quello che risaltava era chiaro: non esisteva fiducia. Non esisteva comprensione.”

Seiya si guardò le mani, senza commentare niente. Gli pareva strano essere lì, ed essere altrove.

Per fortuna, non vedeva più sé stesso. Ma la sua espressione si era stampata a fuoco nella sua mente.

“Questa, ripeto, è solo una delle possibilità che ti si aprono in futuro. Potrebbe darsi che tu non ti innamorerai di Shaina. Forse ti innamorerai di qualchedun’altra. Forse neppure mai lo farai. Ma…” Questo lo disse con profonda autorità, il cipiglio severo. Forse imitava suo fratello. “Non credo proprio.”

“Pe-perché?”

“Perché tu sei troppo simile a me.” In quel momento, qualcosa si sciolse. Qualcosa di molto grosso. Con un nuovo sorriso, abbassando gli occhi per un minuto, Aioria proseguì: “Hai il cuore caldo, sei governato dalle passioni. Troverai l’amore. Ti attanaglierà sin nelle viscere. Ti prenderà e strapperà il cuore e tu non potrai farci proprio niente. È che sei ancora giovane, Seiya. Di questo di sicuro non devi e non puoi rimproverarti. C’è tempo. Ma…”

“Ma? Allora… allora come devo fare? Sai dirmelo, Aioria?”

“Devi essere onesto, devi affrontare i problemi che ti si presentano.”

“Anche quando non so come fare?”

“Va bene anche non sapere come fare. Basta pensarci sopra. Vedrai che qualcosa caverai. Sei un ragazzo in gamba. Ma mai, mai e poi mai ignorare il problema. Mi sono spiegato?”

“Sì. Sì, ti sei spiegato benissimo.” Barcollò, tuttavia, impallidendo appena. Da quando le cose avevano cominciato a vorticare, sotto lo sguardo di Aldebaran, sentiva un gran mal di testa. Anche dall’arena al fitto degli alberi aveva dei vuoti di memoria. Le scene si sovrapponevano.

“Ti sentirai stanco. Vuoi tornare a dormire?”

Seiya alzò gli occhi verso quelli di Aioria.

Si rese conto che da quando l’aveva preso per mano e tratto dalla folla, come suo fratello prima ancora lo aveva fatto scomparire tra le colonne della Nona Casa, era la prima volta che lo guardava per bene. Osservò gli occhi seri e il volto pulito, e lo riconobbe, e si fidò.

Annuì, deciso.

“Ci vediamo al tuo risveglio, allora.” Il cavaliere di Leo sorrise ancora, chiudendo poi placidamente gli occhi. Seiya sentiva che stava cedendo, lasciando che il dolore alle tempie si oscurasse per sprofondare nell’incoscienza. Ora che aveva capito, poteva andare. Ora che aveva compreso, non c’era più niente da rincorrere. Annuì ancora, scoprendo che non riusciva più a parlare.

Poi si riaddormentò.

 

 

 

 

 

The Carol

 

Somme scuse. Non sono riuscita a postare il Terzo Canto entro la mezzanotte di venerdì, come avevo promesso, ma sono stata impegnata più del previsto, oggi. Sono andata ad assistere ad una laurea e mi sono divertita a fare la first lady, quindi potreste avercela con me, ma la laurea era in Ingegneria Elettronica, voglio dire. Sono scusata, direi, dato che sono stata punita con un sacco di circuiti.

Povero Seiya. Non intendevo farla così angst fino a che i personaggi mi hanno fatto ciao ciao con la manina e hanno cominciato a muoversi da soli. Sino ad ora tra l’altro gli Spiriti dei Natali Presenti sono quelli che risollevano l’atmosfera generale, ma!, io vi ho promesso del fluff, ricordate. E fluff sarà. Non v’è dubbio. Abbiate fiducia in me.

 

Kijomi: Tesoro, credo che questo sia stato il commento più lungo che tu abbia mai lasciato in anni e anni di sfaccendata osservatrice di EFP! Me ne bullerò in eterno! *O* Sì, ribilancia il karma. E non sfuggire a Shiryu. È un bilancino sì, eh! <3

Shinji: Gli imbizzarrimenti ci vogliono, dai, senza non saprei più stare. Grazie per i complimenti, non odiare il povero Biscio—Dragone, spucciati tutti gli spucciabili e prosegui dickensianamente nella lettura! *C* Tivvibbì! ;O;

Kagura92: Muwahahahah! Muwahahah! Ebbene sì! Lo ammetto! Mi hanno assoldata tutte quelle infami ditte produttrici di dolciame natalizio! Scherzi a parte, tesoro, è bello riaverti qui. :) Speriamo ti lasci soddisfatta. <3

Pucchyko_girl: Grazie di tutto, felice dell’entusiasmo, felice della coccolosità che traspare. Ma i moniti! Santo cielo, ormai dovresti averlo appurato che lo spam di crack in questa zona non funziona! Tu ci provi, ci provi, ma guarda come io lo spolvero via. *spolver* *C*

BianchiD: Ciao! Arrivano, arrivano tutte, questa ha ritardato ma è stato un caso! *^* Spero proprio che ti piaceranno anche le altre, specie quelle di Shun e Ikki, dunque. Attendiamo! :D

Himechan: LOL, Shura diventerà un idolo pop. O jpop. Hanno sempre quell’aria un po’ depressiva, poveri. Ma vabbè, a parte questo ti ringrazio di nuovo per i complimenti, che sono sempre carinissimi, e ti abbraccio. <3 Alla prossima.

Malu Lani: Oh cielo, non sia quanto mi rassicurino i commenti su Shiryu! non avendolo mai trattao prima sai com’è, c’è l’ansia da prestazione. Questa cosa m’inorgoglisce molto. Per Seiya credo che la faccenda sia un attimo diversa, ma, tutto sommato, speriamo di non aver fatto un pasticcio! *O* Un bacio!

Regina di Picche: Grazie, le tue rassicurazioni sono infinitamente preziose. *O* Come dicevo su, questo era il turno di Seiya, e ahimé, Seiya andrebbe curato per non farlo cadere nello stereotipo classico del raccomandato. O anche tenerlo. Che a me piace. Ma magari fare in modo che sia più facile simpatizzare con lui. XD <3 Attendo pareri!

 

 

 

  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: Rucci