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Autore: miseichan    18/12/2009    15 recensioni
"Per quanto forte, potente e indistruttibile tu sia, devi sapere che i ricordi avranno sempre la meglio!” Il che non sempre è un male, ci sono volte in cui anzi è piacevole, gratificante. Purtroppo in altre occasioni ricordare è doloroso: ad esempio quando l'oggetto dei ricordi è qualcosa, o più precisamente qualcuno, che non è più al tuo fianco. Un qualcuno di cui semmai eri anche follemente innamorato, un qualcuno per cui avresti dato tutto te stesso. Sempre lo stesso qualcuno che ora vorresti solo vedere morto... o quantomeno riuscire a dimenticare. STORIA SOSPESA PER VACANZE ( brevi )… scusate!!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Midnight Lovers'
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12 bacio

 

 

*

 

Ilaria

 

Non riuscivo a crederci. Non potevo crederci.

Come era possibile? Lo vidi guardarsi attorno e poi vedermi.

Non mi staccò lo sguardo di dosso per… non saprei dire quanto tempo. Ma fu per quello sguardo che capii di essermi sbagliata. Il modo in cui si avvicinò, il modo di camminare, di muoversi: furono solo conferme.

Non era lui.

Era Maurizio. Ero terrorizzata, senza motivo, con il cuore che batteva a mille.

Cercai di alzarmi, ma Fil mi bloccò. Lo osservai, e solo in quel momento mi resi conto che non ero stata l’unica a notare il nuovo arrivato. Erano tutti fermi, immobili. Maurizio si era fermato poco lontano, vicino al bancone. Chiesi a Fil di lasciarmi alzare, ma lui non reagì.

Mi sembrava preoccupato, seriamente inquieto per quello che temeva sarebbe accaduto.

Non aveva capito niente. Non avrebbe potuto capire niente.

 Lo rassicurai con un’occhiata e facendo leva con le mani sulle sue ginocchia mi alzai. Mi avvicinai a Maurizio che mi sorrise. Stentai a ricambiare, ma provai: lui non aveva colpe.

- Come stai?-

Mi chiese timido. Non risposi. Mi avvicinai ancor di più e lo abbracciai.

- Vergognati-

Gli sussurrai. Lui non ricambiò l’abbraccio e anzi si irrigidì. Non mi allontanò però e io lo strinsi ancora più forte. Non sapevo perché ma sentivo di doverlo fare.

- Non ti sei fatto più vivo-

Mormorai con un tono leggermente accusatorio. Lui allora sospirò come se fosse divertito dal mio comportamento e ricambiò il mio abbraccio.

- Scusa. Mi dispiace ma… è complicato. Sai quanto me che sarebbe stato difficile. E poi, vedo che te la stai cavando bene-

Anche se non potevo assicuramene sapevo che mentre diceva l’ultima frase fissava Fil e i ragazzi.

Arrossii, sentendomi a disagio, e cercai di sciogliermi dalla sua stretta. Dopo pochi istanti ci guardavamo negli occhi, con pochi metri a dividerci. Mi sorpresi di quanto poco dolore provassi. Il fatto di avere davanti a me il suo gemello, non mi faceva alcun effetto.

Semplicemente perché non era lui.

Quelli non erano i suoi occhi, le sue spalle, il suo sorriso imbarazzato… no, era diverso. Ad occhi estranei non ci sarebbe stata alcuna differenza ma ai miei, il ragazzo che avevo di fronte, appariva solo come Maurizio e non come ricordo vivente di chi volevo dimenticare. Il suo sguardo si spostò ancora verso Fil che ci fissava attento. Leggermente irritata mi schiarii la gola per attirare di nuovo l’attenzione di Maurizio che subito tornò a concentrarsi su di me.

- A cosa devo l’onore di trovarti qui? Non sei un po’ lontano da casa? Credevo non frequentassi questo genere di bar-

Gli dissi schietta, stanca di quel teatrino che stavamo inscenando. Lui abbassò gli occhi e iniziò a fissarsi le scarpe.

- In effetti… cercavo te. Io, io ero venuto a cercarti a casa ma ho trovato solo Mirko. Mi ha detto lui dove trovarti. Non che mi sia stato difficile toglierglielo di bocca: era mezzo nudo e molto, molto agitato. Temo di averlo interrotto-

Sogghignò ma non mi feci distrarre:

- E perché mi cercavi?-

Chiesi spazientita. Maurizio mi rispose con il tono più innocente del mondo:

- Avevo bisogno di una consulenza, di lavoro è chiaro. Ho aperto una nuova filiale e mi serve un mago del computer per sistemare tutto, il migliore in circolazione sei tu-

Normalmente mi sarei sentita lusingata, ma conoscevo bene quel ragazzo e stetti attenta a non lasciarmi forviare:

- Maurizio-

Gli intimai ma lui allargò le braccia:

- Che c’è? E’ vero che sei la migliore, non essere modesta! Se ti va bene perciò ti aspetto nel mio ufficio dopodomani-

Lo guardai e vidi solo determinazione nel suo sguardo: non aveva intenzione di cedere. Era chiaro che non mi aveva cercata per quello ma qualunque fosse il reale motivo, non lo avrei scoperto quella sera.

Annuii e lui mi sorrise in risposta.

- Fantastico! Ora devo andare, è tardi. Ti do un passaggio a casa?-

Non ebbi modo di rispondere, che qualcuno alle mie spalle mi aveva già preceduto:

- No, grazie. Ci penso io a riaccompagnarla-

Era stato Fil a parlare. Un Fil vigile e circospetto. Maurizio annuì e i due si squadrarono per qualche attimo, poi mi salutò baciandomi sulle guance ed andò via. Non appena la porta gli si fu chiusa alle spalle, un coro di fischi partì alle mie spalle. Mi voltai e notai le facce meravigliate degli altri ragazzi.

- Maurizio D’Amico! Conosci Maurizio D’Amico!-

Gridò Valerio incredulo, feci per controbattere ma Valentino fu più veloce:

- Conoscere? Io dico che c’era molto di più!-

Scossi la testa con decisione e riuscii a dire:

- No! Certo che no!-

I ragazzi scoppiarono a ridere:

- A chi vuoi darla a bere? Dai, quanto tempo siete stati insieme?-

Fermamente ribattei:

- Non stavo con Maurizio!-

Mi accorsi troppo tardi di aver formulato male la frase: avevo lasciato intendere che nascondevo qualcosa.

Così, sotto lo sguardo di attesa degli altri continuai:

- … stavo con suo fratello-

Per un po’ nessuno parlò. Come si dice, la calma prima della tempesta.

- TU con Davide?! Davide D’Amico?! O mio Dio!-

Le esclamazioni che seguirono furono tutte simili a questa. Solo una si distinse, sconcertandomi:

- Non è alla tua altezza, Fil. Te lo avevo detto!-

Era stato Valentino a parlare. E solo in quel momento mi ricordai della presenza di Fil alle mie spalle.

Mi girai timorosa per vedere come aveva reagito e il suo sorriso mi sorprese:

- Val, potrà anche non essere alla mia altezza, ma ad accompagnarla a casa stasera sono io-

Era sottinteso “e non Davide D’Amico” ma omesse questa parte.

Mi prese a braccetto e mi guidò fuori dal bar, verso la sua macchina.

 

*

 

Davide

 

Stavo uscendo di casa con una certa fretta, quando passando davanti alla cucina, vidi Muzi ed Andrea che facevano colazione. E la curiosità fu più forte di me: dovevo sapere cosa era successo ieri sera.

Mi fermai vicino alla porta ed appoggiatomi allo stipite li salutai maliziosamente. Si girarono a guardarmi e mi sorrisero.

- Già in piedi a quest’ora? Dì un po’ dobbiamo seriamente preoccuparci per te? Ho sentito dire che stai passando del tempo in ufficio, non posso fare a meno di chiederti: chi sei tu e cosa hai fatto del mio amico?-

Mi chiese malignamente Andrea, ripetendo una battuta troppo brutta anche per i suoi canoni. Incrociai le braccia sul petto ignorando la domanda di Andrea:

- Ieri siete spariti entrambi, si può sapere che siete andati a fare?-

I diretti interpellati si scambiarono uno sguardo e poi in contemporanea risposero:

- Niente!-

Sentendo le loro voci fondersi tornarono a fissarsi, per poi distogliere nuovamente lo sguardo, in imbarazzo: cercavano di evitare l’argomento, era chiaro ma erano assolutamente lontani dal riuscirvi.

Ne uscì fuori una scenetta comica che a volerla preparare, non sarebbe riuscita altrettanto bene. Annuii con aria comprensiva, tentando di capire cosa gli passasse per la testa:

- Capisco, sì, non avete fatto niente-

Affermai, scettico. 

- Mi dispiace per voi, sapete? Io invece mi sono divertito tantissimo! Oh, sì… ho avuto il piacere in commensurato di stare per oltre mezz’ora a telefono con papà e mi sono guardato circa sei puntate di Scrubs- Continuai, impettito, sorridendo. Maurizio mi guardò appena un po’ risentito:

- Mi dispiace Davide, per papà intendo. Almeno con Scrubs ti sei tirato un po’ su di morale, no?-

Mi chiese sempre senza guardarmi in faccia. Senza alcuna pietà ripresi, divertito dal loro disagio del quale mi approfittai piuttosto esplicitamente:

- Andrea! Mi fai preoccupare così: che c’è il gatto ti ha mangiato la lingua? Dai, non ci credo che non hai niente da raccontare! Ieri sera che hai fatto? Da chi sei stato?-

Incalzai, cercando di farlo parlare: non lo avevo mai visto tanto a disagio. Vai a sapere con chi se la intendeva! Decisi di lasciar perdere, visto che sembrava intenzionato a non dirmi nulla, e mi concentrai su mio fratello:

- E tu Muzi? Se non avevi niente da fare, dove sei stato? Andrea almeno ha la scusa di non abitare qui, ma tu?-

Mi stavo comportando in maniera terribilmente sadica, ma non mi toccava più di tanto: era troppo spassoso e poi, quando mi sarebbe capitata ancora un’ occasione simile? Di solito capitava l’esatto contrario, io colpevole e loro a mettermi sotto interrogatorio. Ora i ruoli si erano invertiti: io me ne ero stato buono buonino a casa e loro se ne erano andati chissà dove, per quale assurdo motivo non avrei dovuto cercare di trarne un qualche vantaggio?

Maurizio stava spalmando del burro su un toast, ignorandomi apertamente. Quando feci un colpo di tosse per fargli notare l’assenza di risposta, se lo mise tutto in bocca per essere così impossibilitato a parlare: intero, ricoperto solo di burro… okay, stavamo superando i limiti di decenza.

Scossi la testa incredulo e allargai le braccia in segno di resa.

- Va bene, basta. Vado a lavoro-

Uscii e raggiunsi la macchina.

Oh, non avevo intenzione di andare in ufficio, non nel mio, almeno.

Arrivai in centro in dodici minuti esatti: parcheggiai in doppia fila e mi fiondai verso l’ascensore all’interno del palazzo. Salii al sesto piano. Quando fui arrivato, mi guardai in giro spaesato, poi notai la targhetta rossa fuori l’appartamento in fondo al corridoio: bingo!

Mi indirizzai da quella parte. La porta era socchiusa. La aprii lentamente e mi fermai un attimo nell’anticamera: la luce fuori la porta successiva era rossa, il che significava probabilmente che non sarei dovuto entrare.

Ci pensai solo un attimo, poi feci spallucce a la aprii lo stesso. Avevo detto a papà: “Farò qualcosa” ma non avevo specificato cosa: irruzione.

Mi ritrovai in un salotto ben arredato, con un bel tappeto, una scrivania, ed un divano che aveva un aspetto comodissimo. La sedia dietro il tavolo era girata, ma quando mi chiusi la porta alle spalle, attirato dal rumore, stupito il proprietario si girò subito. Ricambiai sorridente l’occhiata meravigliata che il ragazzo seduto mi lanciò:

- Armando! Tutto bene? Devi scusare l’intrusione: so che ti avevo promesso di chiamarti prima, ma avevo fretta. Non ti dispiace vero, Nando?-

Dissi, senza aspettare risposta, togliendo il giacchetto, prima di continuare:

- E’ un posticino accogliente, eh? Complimenti, molto carino! L’unica pecca è che non vedo birra o alcool in giro… niente? Vabbè vedrò di arrangiarmi-

Mi sistemai per benino sul divano, e chiusi gli occhi:

- Pronto Nando?-

Rimasi molto sorpreso dal sentirmi rispondere:

- Anche stavolta non posso parlare? O…-

Lo zittii con uno “Shhh!” prolungato e aggiunsi:

- E’ una storia lunga…-

 

-Ilaria… bel nome-

Ma lei non mi guardava, la sua attenzione era completamente rivolta verso l ’auto. Sorrisi, era una novità bella e buona. Preferiva la macchina a me?

- Posso darti un passaggio?-

Lei alzò lo sguardo verso di me per un attimo, divertita dalla mia sfrontatezza:

 - No, grazie. Prendo il pullman-

Mi rispose, studiando l’interno dell’auto.

Non potevo crederci. Aveva detto che preferiva il pullman? Forse notò il mio sguardo allibito perché continuò, divertita:

- E poi, io sono una brava ragazza. Non accetto passaggi dagli sconosciuti. Non si fa, sai? E’ pericoloso- Scherzò. Passò le dita sul cofano della macchina e salutandomi con l’altra mano, si incamminò verso la fermata dell’autobus. Salii in macchina di corsa, e dopo pochissimo ero di fianco al marciapiedi, seguendo il  suo passo. Mi sembrava di star vivendo un deja vu… Abbassai il finestrino e ripresi il discorso:

- Non siamo sconosciuti. Ci siamo presentati-

Lei scosse la testa divertita:

- E’ troppo poco- …

 

-Nando, non so se afferri appieno il mio stato d’animo di quel momento. Cioè, non mi era mai capitata una cosa del genere: una ragazzina qualunque che si faceva pregare per salire in macchina con me?! Ma stiamo scherzando! Lì per lì, te l’ho detto, non ci stavo capendo niente… volevo solo stare con lei un altro po’, e se questo significava trovare un modo per accompagnarla a casa…-

 

… -E se ti lasciassi guidare?-

Le parole mi uscirono dalla bocca, ma non con il mio consenso: forse qualche neurone schizzato aveva preso l’iniziativa.

Sul serio le avevo chiesto di guidare? La mia macchina?!

Non era possibile. Nessuna donna era mai stata al posto di guida con me presente. Era una cosa contro natura. Eppure alla mia proposta lei rallentò impercettibilmente il passo e non riuscii a trattenere un moto di contentezza, quando capii di averla in pugno. Avevo appena scoperto il suo punto debole: ora dovevo solo insistere.

- Non ti va di provare l’ebbrezza di portare una Aston?-

Mi guardò, di sfuggita, ma lo fece.

- Ultima offerta-

Annunciai. Lei allora si fermò e chiese diffidente:

- Dici sul serio?-

Sorrisi sotto i baffi, trionfante.

- Certo. Prego è tutta tua-

 Accompagnai le parole con l’esplicita azione di spostarmi sul sedile del passeggero e lei rise. Una risata breve, dolce e festosa. Mi sorpresi a pensare che avrei fatto di tutto pur di sentirla sempre ridere così, felice.

Lei aprì lo sportello lentamente e mi osservò ancora  sospettosa. La presi per un braccio e delicatamente la spinsi sul sedile. Era un po’ stranita ma chiuse lo sportello: voleva guidare. Quando girò la chiave nella toppa e il motore iniziò a ringhiare, i battiti del mio cuore rallentarono paurosamente, che stavo facendo? Morire in un incidente d’auto non era certo uno dei miei progetti futuri più prossimi! Alzai gli occhi sentendola ridere:

- Non è che ti fai venire un infarto?-

Sorrisi involontariamente: l’aveva capito.

- Sai almeno guidare?-

Chiesi timoroso. Lei non rispose, sorrise e partì. Ero terrorizzato. Stava accelerando.

Dio mio! Ma era forse ammattita? Incollato al sedile mi concentrai sulle sue mani: erano salde, sul volante, completamente a loro agio. Tornai ad osservare la strada. Non eravamo ancora andati a sbattere contro un palazzo o cose simili, e non sentivo urla strazianti di dolore dietro di noi: questo significava che non avevamo neanche investito qualcuno. Un po’ più calmo, mi rilassai, sorpreso da quella ragazzina.

Sapeva guidare, e anche bene, davvero bene. Andava veloce, molto, quel tanto che avrebbe terrorizzato a morte mio fratello. Si fermò davanti ad un palazzo dopo poco tempo, e si appoggiò serena al sedile.

- Uau, è una macchina stupenda-

Disse e notando la mia espressione ancora leggermente sconvolta aggiunse:

- Neanche un graffio, visto? Dovevi fidarti di me. Sei ancora vivo, no?-

Sorrise e scese senza darmi il tempo di rispondere. Fece il giro dell’auto e poi si avvicinò al portone, dandomi le spalle. Prima di entrare però mi lanciò un’ultima occhiata:

- Grazie per il passaggio-

Disse, non senza ironia e poi sparì dalla mia vista.

 

- Rimasi pietrificato sul posto del passeggero per almeno cinque minuti, sai Nando? Quello che era appena successo era letteralmente assurdo! Senza contare che l’avevo lasciata guidare la mia Aston, e lei mi aveva lasciato lì! Non era rimasta incantata da me al punto da pregarmi di non andarmene, quasi era successo il contrario! Per me che ero abituato ad avere tutte le ragazze che volevo con uno schiocco di dita, era inammissibile… -

Armando si schiarì la gola e ignorando il mio sguardo molto eloquente chiese:

- Te ne eri già innamorato?-

Alla sua domanda risi, di cuore:

- No! Certo che no. Ero solo, come dire? Incuriosito. Divertito da quella novità. Era come un diversivo dal mio normale approccio con le ragazze, capisci?-

Lui annuì e ribattè:

- Un diversivo, sì. Hai detto di averla presa come una sfida. Qual’era lo scopo? Portartela a letto? L’unica che non era impaziente di venirci di corsa?-

Scossi la testa:

- No! Ma che porco credi che sia?! Era un diversivo nel senso che… era un cambiamento: ero curioso di vedere perché si comportava in quel modo, come era possibile che non mi pendesse dalle labbra-

Armando sorrise serafico:

- E nel mentre che compivi questa indagine non vedevi le altre ragazze o…?-

Risi di nuovo:

- Ma da dove le trovi queste sparate? Come ti viene in mente? Se possibile aumentai ancora di più il ritmo: rimorchiavo fra le due e le tre ragazze a sera!-

Guardai Mister Topo per assicurarmi che stesse seguendo il mio ragionamento.

Lui mi fece cenno di andare avanti. Sorrisi ancora incredulo per quello che mi avevo chiesto e stavo per ricominciare a raccontare quando si sentì un ronzio proveniente dalla porta.

Armando guardò l’orologio sul muro e cacciò un’esclamazione sorpresa:

- Le dieci! Davide io ho altri appuntamenti: sono già in ritardo. Devi andare, scusami. Se vuoi ci rivediamo stasera o…-

Mi alzai dal divano svogliatamente e mi stiracchiai. Soffocando uno sbadiglio risposi:

- Certo. Stasera. Vieni tu a casa, rifornisco il frigo di birra-

Aprii la porta e feci per uscire. Trovai la stanza prima vuota ora strapiena di persone. Sorrisi in imbarazzo e mi avviai verso l’uscita. Prima di andarmene però, mi rivolsi ai presenti:

- Ah, signori, se siete d’accordo, avrei da proporre un’idea: che ne dite di convincere Nando a mettere a disposizione degli alcolici durante le sue sedute?-

 

*

 

 

   
 
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