In cielo non c’era neppure una nuvola. Non c’era
foschia, non c’era nebbia, non c’era assolutamente nulla. Era una notte
limpida, tra le più belle che Lakeisha potesse
ricordare, e lei di notti ne aveva viste davvero tante.
Ma quella… Beh, quella era
speciale.
Era la notte in cui Axel
avrebbe realizzato quanto fosse grande l’errore che aveva commesso rifiutandola
per la seconda volta.
Gli avrebbe tolto ogni cosa, a cominciare dalla pace
a cui agognava così disperatamente, finché non gli sarebbe rimasto nient’altro
che lei. E allora l’avrebbe accolto tra le sue braccia, avrebbe festeggiato il
suo ritorno, e l’avrebbe legato a sé. Questa volta per sempre.
Quella che stava per iniziare sarebbe stata una
notte di sangue e morte, e Lakeisha non poteva che
gioire all’idea che non ci fossero nubi ad oscurare il cielo: la luna e le
stelle sarebbero state testimoni della sua volontà, avrebbero assistito al
massacro, e avrebbero raccolto e custodito la promessa che la vampira aveva
fatto ad Axel, nel suo cuore.
E sarebbero state sue alleate, ora e per sempre.
11.
Attacco
Cora aveva sentito
tutto: ogni parola di quella conversazione, ogni esclamazione. Tutto.
Del resto non
poteva che essere altrimenti: il silenzio di quella casa dormiente era così
profondo da amplificare ogni più piccolo rumore e lei, rintanata nella camera
che le era stata assegnata per riposare qualche ora, non era stata capace di
rimanere indifferente a quella discussione. Colpa del silenzio e del sonno
leggero, principalmente.
Guardò Ice che, accanto a lei, dormiva ignaro di quello che stava
succedendo nel corridoio. La sua sagoma rannicchiata sotto le coperte
traspariva nella penombra, e il suo volto disteso sembrava sereno. Decise di
lasciarlo dormire ancora un po’: in fin dei conti ne aveva bisogno, soprattutto
dopo le notti intense e piene di emozioni che avevano trascorso.
Si guardò
distrattamente attorno: dalle persiane calate filtrava qualche raggio di sole.
Era mattina, o forse addirittura primo pomeriggio. Non avrebbe saputo
affermarlo con sicurezza.
Quando sentì
cessare le voci provenienti dal corridoio, improvvisamente ripiombato nel
silenzio, decise che era il momento più propizio per andare in bagno: si mise
in ascolto con attenzione, cercando di capire se Axel
e Cloe se ne fossero andati. Aveva la sensazione che
piombare nel bel mezzo di una loro discussione potesse imbarazzarli almeno
quanto potesse mettere in difficoltà lei stessa. Rimase in silenzio per un
breve momento, l’udito all’erta e pronto a cogliere il più piccolo mormorio. Ed
eccolo: il rumore di una serratura. Una porta che si chiudeva.
Esattamente
quello che stava aspettando.
Uscì in
corridoio sicura di non trovare nessuno, ma non appena mise piede fuori dalla
camera lo vide, la sua figura resa ovattata dalla penombra creata dalle
tapparelle calate. Le dava le spalle
e probabilmente non si era ancora accorto della sua presenza, ma Axel era a pochi metri da lei. E dal bagno.
Va bene, nessun problema. Facciamo finta di niente.
«Axel? Che ci fai in piedi?» domandò, dimostrando di
possedere un’insospettabile faccia tosta. Si stupì di se stessa e del tono da stupita-ma-non-troppo che aveva utilizzato: poteva
risultare addirittura credibile. «I vampiri non stanno dentro una bara durante
il giorno?»
Addirittura una battuta. Ma quante ne sai, Cora?
Axel si voltò verso
di lei. Non sembrava affatto sorpreso di vederla, come se si aspettasse di
vedere la ragazza sbucare lì, in corridoio, in quell’esatto momento.
Sorrise alla
domanda di Cora e quell’espressione calda, quasi
rasserenata, le scaldò il cuore.
«Le bare sono
scomode. Personalmente preferisco un letto comodo, meglio se a due piazze.» Non
c’era traccia di malizia in quella puntualizzazione, e forse fu proprio il suo
sorriso da canaglia gentile che lasciò Cora senza fiato.
In quel frangente la penombra si rivelò essere l’alleato migliore per la
ragazza: il rossore che le imporporò le guance era un indizio importante, che
poteva rivelare ad Axel cose che Cora
preferiva tenere per sé, e se il vampiro non se ne accorse fu solo grazie alla
quasi totale assenza di ogni tipo di luce.
«Allora, vediamo…» Cora si appoggiò al
muro esattamente di fronte ad Axel, il maglione
sgualcito e i capelli arruffati. «… Soffri di insonnia?»
Rise. Axel rise. Una risata che le provocò brividi lungo tutto il
corpo. Dio, da quando sentirlo ridere le faceva quell’effetto?
«Non dormo mai,
in effetti. Non perché non ci riesco: noi vampiri non ne abbiamo bisogno.»
«E allora che
cosa fate?»
«Tante cose. A
me piace pensare.» Di fronte all’espressione stupita di Cora,
si affrettò ad aggiungere che, in effetti, ognuno impiegava quelle ore di buio
forzato come meglio credeva: c’era chi dipingeva, chi leggeva, chi amava
studiare tutto quello che poteva avvicinarlo alla cultura umana. Conosceva
addirittura qualcuno che discorreva filosoficamente con se stesso.
«Te l’avevo
detto, ci piace la vostra cultura» concluse sorridendo e per la prima volta Cora sentì chiaramente di provare una profonda stima per
gli Eraclea.
Per loro, per il modo in cui vivevano, per il rispetto che essi stessi davano agli
esseri umani.
E si rese conto
di considerare Axel come qualcosa di più di un
vampiro: lo vide per ciò che era veramente, andando oltre i canini e la pelle
cinerea. Improvvisamente, prima di ogni altra cosa, agli occhi di Cora Axel era una persona.
«Sì, me lo
ricordo. È stata una cosa che mi ha sorpresa, in effetti» ammise abbassando lo
sguardo. Si sentì improvvisamente a disagio, in imbarazzo, e non riuscì a
spiegarsi il perché. C’era qualcosa che la rendeva inquieta, qualcosa che non
le permetteva di rimanere rilassata in presenza di Axel.
Probabilmente la
sua imperscrutabilità, la sua imprevedibilità… Non
riusciva a capire che cosa il vampiro avesse in testa. Era arrabbiato? Era
preoccupato? Era distante? Qualunque cosa pensasse non si rifletteva affatto
sul suo comportamento, che rimaneva sempre misurato, gentile, impeccabile.
Per Cora, Axel era anche un’incognita
senza fine.
«Hai fame? Vuoi
una tazza di caffè?»
Cora sorrise. In fin
dei conti, che fosse una persona che confidasse o meno i propri pensieri, Axel rimaneva pur sempre una creatura dall’animo gentile e
aveva la netta sensazione che questa sarebbe rimasta una di quelle cose
indubitabili, come l’esistenza del sole o la dolcezza del cioccolato al latte.
Non sarebbe mai
cambiato.
«Il caffè va
benissimo.»
*
Il gorgoglio
della moka precedette di pochi istanti l’odore del caffè, che impregnò l’aria
con il suo profumo aromatico e deciso. Axel non ne
aveva mai bevuto neppure un goccio, ma aveva la vaga sensazione che quella
sarebbe potuta essere la sua bevanda preferita se fosse stato un essere umano
qualunque.
Non gli
dispiaceva affatto crogiolarsi nel profumo del caffè appena fatto: gli dava una
sensazione di normalità, di umanità. E poi gli piaceva. Lo trovava un profumo
decisamente buono, molto più attraente di altri aromi.
Certo, il sangue
rimaneva imbattibile sia per sapore che per odore, ma Axel
era un vampiro di larghe vedute, privo di pregiudizi. E trovava l’odore del
caffè particolarmente piacevole.
«Ci mettete
anche lo zucchero, giusto?» domandò, porgendo a Cora
una tazza da latte piena fino all’orlo di caffè. La ragazza strabuzzò gli
occhi, guardando Axel perplessa. Fu un’espressione
buffa, che lo divertì.
«Potrebbe essere
un’idea, sì. Altrimenti l’amaro potrebbe uccidermi prima di finire il caffè, e
considerando che la strada è lunga…» commentò lei con
un’alzata di spalle, lasciando intuire il significato sottinteso di quella
frase lasciata a metà. Sorseggiò il suo caffè lentamente dopo averlo addolcito,
soffiando per far stemperare il bollore. Mantenne lo sguardo basso, ben lontano
dal vampiro che se ne stava appoggiato contro la credenza. Era come se non
riuscisse a guardarlo, o chi lo sa: forse si rifiutava di farlo.
La sua pelle
emanava un odore particolare, un profumo dolciastro che si perdeva nell’aria e
si mescolava all’aroma del caffè. Era il suo sangue che ribolliva, scaldato
dalla stessa eccitazione che costringeva Cora a
distogliere lo sguardo da Axel. Era fin troppo
consapevole della presenza del vampiro in quella stessa cucina; lo raccontava
la fragranza che Axel percepiva provenire da lei.
Era come leggere
un libro così velocemente da non capire più niente; come ricevere una miriade
di informazioni in pochi istanti confusi. L’effetto che lui aveva su quella
ragazza era sconvolgente: non perché l’avesse ammaliata –molte,
troppe donne prima di Cora si erano dimostrate
estremamente vulnerabili di fronte al suo fascino- ma per la testardaggine e le contraddizioni che intravedeva in lei,
nel suo profumo.
Lo desiderava,
ma allo stesso tempo voleva non desiderarlo. Che fosse per paura, per orgoglio
o per qualunque altro motivo, Cora era consapevole di
provare desiderio verso di lui e reprimeva questo sentimento. E tutto questo
incuriosiva Axel, lo attraeva come se fosse una
falena intenta a volare attorno alla luce artificiale di un lampione.
Lui, che amava
conoscere ogni sfaccettatura dell’animo umano, rimaneva sempre incantato di
fronte a contraddizioni conflittuali come quella in cui si trovava Cora in quel momento: era espressione di un mondo che
correva parallelo al suo, ma che non poteva raggiungere. E lo desiderava
proprio per questo.
Axel…
Era
affascinante.
«Axel…»
Sussultò, colto
alla sprovvista: era immerso nei suoi pensieri al punto tale da non accorgersi
di Cora, che lo stava guardando come se si aspettasse
qualcosa da lui. Una reazione, una parola. Qualcosa.
Soltanto in quel
momento si rese conto di essere rimasto a fissarla per qualche minuto senza
dire niente.
«Stai pensando a
Cloe?» nella voce di Cora
c’era una punta di dispiacere, decisamente simile all’invidia. Alla gelosia. Si
nascose dietro la tazza fumante e per una frazione di secondo distolse lo
sguardo, prima di guardare Axel con espressione
dubbiosa e colpevole.
Axel la studiò,
confuso dalla sua domanda. «Cloe?»
«Sì. Vi ho
sentiti prima. Naturalmente non era mia intenzione origliare, ma la sua camera
è vicino alla mia e non riuscivo a dormire» si affrettò a specificare come se
volesse discolparsi da qualche errore appena commesso.
Axel si ravvivò i
capelli più volte, lasciandosi sfuggire un sospiro leggero: dunque era per
questo motivo che Cora l’aveva raggiunto in
corridoio. Si sedette di fronte a lei, appoggiandosi al bordo del tavolo in
maniera confidenziale.
«Lei non sa di
che cosa è capace Santiago. Non lo sa, ed è attratta da lui.»
Cora sorseggiò il caffè,
stringendo la tazza calda tra le mani gelate dal freddo. «Se posso darti il mio
parere, io invece sono convinta che Cloe si sia fatta
un’idea.»
Lo guardò di
sottecchi, nascosta dietro la tazza di caffè. Fu un modo di guardarlo che mise Axel in allarme: nel suo sguardo c’erano dei sottintesi, cose non dette ma lasciate abbandonate tra
le righe del discorso. Cora voleva dirgli qualcosa,
ma probabilmente non ne aveva il coraggio.
«Che intendi
dire?»
La ragazza
appoggiò la tazza sul tavolo. «Quando io e mio fratello abbiamo trovato Cloe assieme a Santiago… come dire… lui la stava mangiando. Lei aveva sangue ovunque, e
Santiago la stringeva come se volesse spezzarle la schiena» raccontò, e Axel notò i solchi di espressione che si formarono sul viso
della cacciatrice nel momento in cui Cora si
accigliò, turbata dal suo stesso ricordo. «Non sono mai stata morsa in modo
così violento, ma ti assicuro che quando Santiago mi ha azzannato la gamba ho
sentito chiaramente la rabbia accecante che lo spingeva ad attaccarmi. Credo
che un morso di un vampiro possa far capire molte cose, anche a Cloe.»
Axel rimase in
silenzio, incapace di replicare. Aveva intuito che Santiago non fosse stato
delicato con la mannara: gli era bastato un solo sguardo per capirlo; le
condizioni in cui Cloe era ridotta quando Axel e William l’avevano trovata erano più che sufficienti
per spiegarlo. Ma sentirlo raccontare da chi aveva assistito con i propri occhi
a tutto questo era tutt’altra storia.
«Accidenti che
sguardo scuro… Sembri il padre di Cloe.»
L’osservazione
fu pungente al punto giusto: esattamente quello che ci voleva per strappare Axel dalla nube dei propri pensieri, ma non abbastanza da
urtare la sensibilità del vampiro. Il sorrisetto ironico della ragazza fu quello
che più di ogni altra cosa lo colpì: il modo in cui rideva, il modo in cui lo guardava… Erano segnali seduttivi,
utilizzati per lanciare messaggi che molto spesso avevano lo stesso
significato. Guardami. Mi piaci. Sono
disponibile.
Era così, eppure
allo stesso tempo c’era qualcosa di diverso: in ogni gesto di Cora, in ogni sguardo che gli lanciava c’era interesse,
desiderio e innocenza. Era come se stesse flirtando con lui senza rendersene
conto. Una contraddizione rara e affascinante che stuzzicava ulteriormente la
curiosità di Axel verso quella ragazza.
«In un certo senso
è come se lo fossi: ho cresciuto io Cloe» ammise
accennando un sorriso. E, proprio come si aspettava, Cora
rimase decisamente stupita da quella rivelazione.
«L’hai
cresciuta? Quindi tu e lei non siete…» gesticolò, in
evidente difficoltà. Quello che intendeva domandare era chiaro, decisamente
inequivocabile. Ma Axel si ritrovò inaspettatamente
schiavo di quella reazione imbarazzata, del diffuso rossore che colorava le
guance di Cora, dell’improvviso e intenso odore che
il suo sangue emanava. Fece finta di non capire.
«Non siamo cosa?»
«Non siete…» Cora cercò di battere il
proprio imbarazzo e di cercare le parole giuste, ma l’ombra del dubbio le
accese lo sguardo. Quando guardò Axel, i suoi occhi
lo stavano rimproverando. «Mi stai prendendo in giro, vero?»
Axel si strinse
nelle spalle con naturalezza. «Assolutamente no.»
«Mh…»
Non sembra molto convinta.
«Comunque… Tu e Cloe non siete
intimi?» Cora riuscì finalmente a chiedere. L’istante
successivo era già nascosta dietro la tazza di caffè ormai piena a metà, e
mordicchiava il bordo con insistenza.
«Che intendi per
intimi?» In realtà Axel aveva capito benissimo dove Cora volesse andare a parare. Solamente, non riusciva a
smettere di divertirsi nel vederla in difficoltà, e non perché questo gli desse
una sorta di sadico piacere. Era piuttosto un’attrazione verso ogni smorfia,
verso ogni sguardo che intravedeva in Cora.
«Intimi. Se
avete una relazione» rispose, sconfitta. Poi, non scorgendo alcuna
collaborazione da parte di Axel, riprese. «State
insieme? O è solo sesso tra trombamici? Capisci… Intimi.»
«Ah, intimi!» Axel
si finse stupito e Cora lo fulminò con lo sguardo
prima di mimare un sorriso che sfumava in una smorfia inacidita. Fu sufficiente
per convincere Axel a tornare finalmente serio.
«Te l’ho detto,
l’ho cresciuta. L’unica cosa che ho preso da lei è stato il suo sangue, perché ha
scelto lei di donarmelo.»
«Caspita…»
«Vedo che ti ho
lasciata senza parole» Axel ridacchiò. «Oggi torni
alla scuola?»
Cora annuì. Non
sembrava particolarmente entusiasta. «È dalla notte dell’incendio che non hanno
notizie mie né di Ice. Devo tornare.»
«Capisco» Axel si alzò, senza distogliere lo sguardo da Cora. I suoi capelli erano un disastro, scarmigliati e
aggrovigliati, e i suoi occhi erano cerchiati dalle occhiaie. A vederla così
probabilmente nessuno le avrebbe dato un centesimo, eppure quella ragazza di
media statura aveva un carattere da leone. E Axel non
se lo sarebbe mai dimenticato.
«Penso che se Cloe sia ancora viva, lo devo soltanto a te. Grazie.»
*
Cora era accoccolata
sul divano, il telecomando in mano e la televisione accesa.
Aveva preferito
aspettare che Ice si svegliasse, prima di lasciare la
casa di Axel e tornare a raccogliere i pezzi della
propria vita per tentare di rimetterli assieme. Così, nell’attesa, era finita
in salotto, sprofondata nel divano e cullata dalla penombra offerta dalle
tapparelle perennemente calate.
Peccato
solamente che la televisione non offrisse niente di meglio che televendite di
prodotti di dubbia qualità e telegiornali in cui si sormontavano facce anonime
e ordinarie. Non era nulla di speciale.
Fu sul punto di
cambiare l’ennesimo canale, quando lo schermo della televisione si riempì di
immagini che a Cora sembrarono familiari: erano case,
alberi, strade che lei era sicura di avere già visto.
Allarmata, alzò
il volume della televisione, che si riempì di pianti, sirene e voci allarmate.
Poi, finalmente, lesse la scritta riportata in calce.
I VAMPIRI DICHIARANO GUERRA.
STRAGE IN CITTÀ: MASSACRATI GLI ABITANTI DELL’INTERO
COMUNE.
«Come avete
detto in studio, l’attacco è avvenuto durante la notte. I vampiri hanno
sorpreso tutti nel sonno e pare che non ci sia nessun sopravvissuto. I
cacciatori sono già stati allertati» la voce dell’inviata era acuta e
spiacevole, ma in quel momento tutto passava in secondo piano di fronte
all’enorme portata di quella notizia.
Poi,
all’improvviso, il collegamento si interruppe e la linea tornò allo studio,
dove il conduttore del telegiornale era seduto al suo posto, in compagnia di
una donna che Cora non aveva mai visto e che aveva
sicuramente poco in comune con le persone che lavoravano per la redazione.
Era decisamente bella,
così tanto da far male. Una bellezza aggressiva, predatrice: pelle cinerea,
lunghi capelli neri, labbra piene, occhi chiari, glaciali e vuoti.
Cora capì
immediatamente che quella donna strizzata in un tailleur nero fosse una
vampira.
«Abbiamo qui con
noi un’ospite. Ci ha contattato gentilmente perché ha delle informazioni
sull’attacco di questa notte» il giornalista la guardò, pieno di sorrisi e
servilismo. «Quindi ora le lascio la parola, signora Lakeisha.»
Non appena sentì
il suo nome, Cora schizzò in piedi: dunque era lei, Lakeisha. L’assassina di sua madre.
Sentì la rabbia
montare dentro di lei, violenta. Chiedeva sfogo, le gridava vendetta, eppure Cora non poté far altro che rimanere lì, di fronte al
televisore, e guardare la creatura che aveva ridotto a pezzi la sua vita
parlare con assoluta tranquillità. Come se non fosse un’omicida.
«È vero, ho
delle informazioni che ritengo siano di vitale importanza» Lakeisha
guardò verso la telecamera. Non stava parlando con il giornalista: si stava rivolgendo
all’intero paese. Di più, a tutto il mondo. «So chi è il responsabile del
massacro di questa notte.»
Uno scoop in
diretta. La notizia del giorno. Il colpo di scena. Il testimone chiave.
Non seppe dire
perché, ma Cora tremò di paura. Forse fu il gelo che
lesse nello sguardo di quella creatura, o piuttosto fu l’indifferenza con cui
annunciò quello di cui era a conoscenza, ma Cora
rimase paralizzata di fronte alla televisione, completamente persa.
«È uno della mia
stessa razza. È un vampiro, esattamente come me. Ma io posso proteggervi da lui
e dal suo seguito: se mi stringerete la mano, io sarò la vostra più fidata
alleata contro il Mostro e contro i suoi seguaci.»
«Axel…» Cora comprese con terrore,
e la gravità di quello che stava succedendo la raggelò. Disorientata, fece per
correre verso la camera di Axel con l’intenzione di
trascinarlo davanti alla televisione e fargli
sapere. Ma Axel era già lì, fermo sulla porta del
salotto, le braccia lungo i fianchi e l’espressione sconvolta di chi è stato
appena pugnalato alle spalle.
«Ci può dire il
nome di questo Mostro?» il giornalista non espresse alcun giudizio su ciò che
la vampira aveva appena detto, ma avrebbe fatto qualunque cosa lei gli avesse
ordinato, almeno a giudicare dal sorriso lezioso che le riservava.
Lakeisha guardò la
telecamera.
Scacciò una
ciocca di capelli, splendida come una creatura di Dio.
Traditrice come
Giuda.
«Axel.»
L’angolo
dell’autrice
Prima di
cominciare a blaterare qualunque cosa, vorrei davvero dedicare questo capitolo
a hinata_in_love, che voleva un po’
di Axel/Cora (cara, per il
resto ci leggiamo più sotto, nello spazio commenti <3). E io accontento
sempre le mie lettrici, nei limiti del possibile! *__* (e vorrei vedere, è il
minimo!)
Capitolo
difficile da scrivere, questo. La relazione tra Axel
e Cora è un po’ complicata da delineare, soprattutto
all’inizio, perché è molto delicata. Insomma, non è carnale e passionale come
quella tra Santiago e Cloe, per intenderci, o almeno
non per ora :P
Ma, oltre a
questo, comincia anche a spiegarsi il legame che unisce Axel
a Cloe (ok, lo so, a spiegarsi non molto, ma diciamo
che si può dargli un nome XD).
E poi,
finalmente, torna Lakeisha. Quale sarà la prossima
mossa di Axel & Co?
Ma passiamo a
voi, che mi fate sempre felice. Sì, anche a voi che inserite Slayer’s tra le storie seguite e a cui va il mio GRAZIE: CriCri88, Sybille, Ukyu93 e Luc. Siete il
mio impareggiabile pubblico e siete davvero meravigliosi (sì, anche chi legge e
basta. Tutti meravigliosi! <3)
Anche se lo scettro
delle più belle (o più belli, anche se i maschietti ogni tanto spariscono) va a
loro: le mie commentatrici! *__*
Atina: se quello è il
primo pensiero che hai alla fine del capitolo, direi che l’effetto è ottimo! :D
In compenso però questo capitolo è abbastanza lunghetto: 7 pagine di word. Non
male direi. Spero che ti sia piaciuto e che sia risultato scorrevole come il
precedente.
hinata_in_love: vedi? Tu chiedi e io ti do XD
Comunque hai ragione, Cora è la protagonista. Però
devo ammettere che mi piace anche esplorare i punti di vista di altri
personaggi, in modo che anche voi lettori possiate conoscerli tutti più a fondo
;) Comunque mi ha fatto davvero piacere che tu abbia espresso il tuo parere, la
trovo una cosa positiva: avere i lettori che hanno coppie preferite (o
personaggi preferiti) che non coincidono, penso sia indice di un discreto
lavoro da parte mia XD
jess: vedo che sei
un’intenditrice… Brava, brava! XD (in realtà ti do
ragione, penso che non resisterei neanche io se mi trovassi davanti uno come
Santiago ahah :P)
Deb: carissima, ma
che piacere rileggerti! *___* Guarda, visto che è Natale e siamo tutti più
buoni, in via del tutto eccezionale ti regalo Santiago. In bocca al lupo, ne
avrai bisogno XD Ti ringrazio per avermi avvisata dell’errore: mi era
completamente sfuggito. Penso sia sul capitolo precedente, mo ricontrollo e
correggo. E fidati, è meglio se non ricordi com’era strutturata la versione
precedente, potrebbe prenderti un colpo XD
Anche per questa
volta abbiamo finito. Vi auguro buon Natale e felice anno nuovo, visto che
dubito di riuscire ad aggiornare prima. Dipende da quanta libertà mi lasceranno
il ragazzo e lo studio.
E se voi voleste
farmi trovare un regalo sotto l’albero, io sarei più che felice di ricevere
qualche commento *___* (ahah, ci provo sempre XD)
Brin