5.
Trovarono la
porta del salotto aperta.
Piton e
Tonks erano seduti sul divano, abbracciati e stavano parlando della situazione
politica.
“Comunque
Kinglsey ha ragione!” stava affermando Tonks con
decisione.
“Su cosa?”
chiese Remus entrando.
“Rispetto a
quello che dice Severus.”
“Qualsiasi
cosa dica Severus,” aggiunse Piton con tono
sommesso.
“Lo irrito…”
Tonks appariva compiaciuta di questo suo
risultato.
Remus e
Hetta si misero seduti sul divano di fronte al loro. Remus riempì i calici con
il vino rimasto e li lasciò sul tavolino in mezzo a
loro.
“Mi sembra
che tu ci riesca spesso.”
“Troppo
spesso.” Il tono sommesso di Piton non convinse nessuno degli altri tre. Severus
Piton odiava essere contraddetto.
“Parliamo di
altro?” chiese Remus appoggiandosi allo schienale del divano con le gambe
accavallate e sorseggiando il vino.
“Hai l’aria
di un uomo soddisfatto,” disse Tonks.
“Ho mangiato
bene, ho un lavoro e un tetto sopra la testa. Direi che mi posso dire
soddisfatto.”
“Sei sempre
molto pratico,” borbottò Tonks. “Dev’essere la vostra
generazione.”
In silenzio
Remus terminò di bere il vino.
“Come è
andato il rientro a casa, Hetta?”
Hetta si
girò verso Severus, notando come la sua mano appoggiasse, leggera, sulla spalla
di Tonks. Era da invidiare,
pensò.
“Ho dovuto
prendere per mano molte cose di Jenny e decidere cosa farne. Mi sento svuotata.
Avevo bisogno di venire qui e non stare
sola.”
“Posso
aiutarti?” Tonks si stava sporgendo verso l’amica con un braccio
proteso.
Hetta le
strinse velocemente la mano.
“Posso
farcela da sola.”
“Serpeverde…” ghignò Piton. “L’orgoglio di essere in grado di fare tutto
da soli.”
“Per te è
perfetto!” Parlando Tonks gli diede un pugno sulla
spalla.
Remus li
guardò sorridendo, anche se la mente stava già ritornando al
passato.
All’improvviso entrò dalla finestra una piccola volpe vaporosa,
portandosi appresso una scia di luce. La voce era di un Auror, Georgette
Smith.
“Qualcuno ha
tentato di fuggire da Azkaban, Severus. Moody ha bisogno di te
immediatamente.”
Scattarono
tutti e quattro in piedi.
Piton uscì
dalla stanza quasi correndo.
Remus e
Hetta appoggiarono i calici sul tavolino e seguirono Tonks sul pianerottolo
delle scale.
Piton stava
già scendendo di corsa con il mantello sulle
spalle.
Diede un
bacio veloce a Tonks. Si girò verso Remus.
“Rientro
quando posso. Appena so qualcosa mi faccio sentire. Avvisa Kingsley che sto
andando là.”
Remus fece
un cenno di assenso.
“Non
aspettarmi qui!” disse rivolto a Tonks.
“Vai a casa…”
E scivolò
lungo le scale fino alla porta d’ingresso.
Remus fece
scoccare il suo Patronus dalla bacchetta con l’informazione per
Kingsley.
Tonks si
stava mordendo il labbro inferiore. Sospirò.
“Penso che
sia meglio andare a casa, a questo punto. Potrebbero chiamarmi. Immagino che
abbiate già riordinato…” Guardò i due amici.
“Tutto a
posto,” le confermò Remus. “Vai pure.”
“Ci vediamo
quanto prima,” gli rispose baciandolo su una guancia. “Grazie di tutto. Hetta…”
si girà verso di lei. “Chiamami in qualsiasi momento ti serva.” Le fece
l’occhiolino. “Se invece avranno bisogno di noi, ci troveremo quanto prima
insieme!” Le fece l’occhiolino.
“Non mi
tirerò indietro.”
Tonks li
salutò ancora con un cenno della mano e scese al piano
terra.
Remus e
Hetta rimasero sulle scale in silenzio per qualche
secondo.
“Andrò
anch’io…” disse la donna. Poi rientrò nel salotto e ne uscì con i calici sporchi
e la bottiglia mezza vuota. “Rimetto un po’ in
ordine.”
“Puoi dare a
me…” la fermò Remus allungando le mani.
“Ma
no…”
Hetta si
mosse verso le scale, cercando di passare a fianco di Remus, ma la poca luce
proveniente dalle candele della sala la ingannò e si ritrovò quasi addosso
all’uomo. Remus d’istinto allungò un braccio per sostenerla, avvolgendole i
fianchi e appoggiando la mano sulla schiena.
Ad entrambi
si bloccò il respiro. Evitarono di girare lo sguardo l’uno verso
l’altra.
Quasi senza
pensare, Remus le accarezzò la schiena e ad Hetta sfuggì un piccolo
sospiro.
“Lascia
andare quei bicchieri…” sussurrò Remus in
fretta.
Hetta
d’istinto aprì le mani. Bicchieri e bottiglia le scivolarono dalle dita. Remus
aveva afferrato la propria bacchetta e mormorando un incantesimo li fece
appoggiare a terra senza danno.
Le mani di
Hetta rimasero immobili, lungo i suoi fianchi, mentre Remus la spostava contro
di sé e le cercava la bocca con la propria.
Era un bacio
arrivato per caso, inatteso e sorprendente.
Leggero.
Remus
interruppe il bacio, ma le sue labbra continuarono a sfiorare quelle della
ragazza.
“Sono
pericoloso,” mormorò.
“Oh, sì…”
sospirò Hetta. “Direi di sì…”
Remus
sorrise. “Sciocchina… non per questo…”
“Ho pensato
tante volte…”
“A
me?”
“Sì. Anche
al lupo mannaro.”
“Sono
pericoloso,” ribadì lui.
“Stammi
lontano allora. Io non ci riesco…”
Remus la
strinse con rabbia contro il suo corpo.
“Non sai,
non puoi capire. Sono pericoloso.”
“Io ti
voglio Remus,” gli rispose sussurrandoglielo in un
orecchio.
“È la frase
più bella che mi abbiano mai detto,” le rispose
ironicamente.
Hetta si
allontanò da lui quanto bastava per guardarlo negli occhi. “Ti
voglio.”
Remus si
chinò verso di lei per baciarla nuovamente.
Qualche
settimana dopo Tonks era di turno al Ministero per il controllo all’ingresso dei
testimoni chiamati per i diversi procedimenti in atto. Quel giorno erano stati
convocati i Malfoy e c’era quindi molto interesse anche da parte della stampa
con molti inviati che tentavano di superare i blocchi previsti utilizzando gli
incantesimi più stravaganti.
C’era un
elenco preciso di coloro che erano ammessi al Tribunale con permessi speciali
rilasciati dal Ministero stesso, compresi pochi eletti giornalisti. Si temevano
in particolare azioni di metamorfismo e tentativi di presentarsi nei panni di
qualcun altro. Era dunque necessario un controllo lungo e snervante fatto di
domande personali e di procedure anti-incantesimo. Chi si presentava era stato
avvisato di questo percorso accidentato da attraversare, ma non tutti erano
disposti ad accettarlo.
Hetta Miles
era alle prese con un vecchio signore di età quantomeno centenaria che
borbottava da dieci minuti lamentandosi per ogni domanda posta e per ogni
controllo che Hetta, gentilmente, gli anticipava. Oltre a loro due erano
presenti altri quattro Auror che svolgevano lo stesso compito. Dietro a loro
Moody faceva da supervisore.
“Mia cara,
direi che alla sua giovane età dovrebbe essere ben più veloce!” disse per
l’ennesima volta il vecchietto.
Per
l’ennesima volta Hetta fece finta di non aver
sentito.
“Abbiamo
terminato i controlli, Mister Kendryke. Potete accomodarvi in Tribunale,” gli
annunciò dopo qualche istante. Il vecchietto sbuffò sonoramente e proseguì
impettito verso l’aula del Ministero dove si riunivano i
giudici.
Hetta lanciò
uno sguardo esasperato a Tonks che rispose con una smorfia. Le diverse file
davanti agli Auror stano diminuendo. Ma era previsto poi che si spostassero
nell’Aula di Tribunale per i controlli durante il processo, almeno quattro di
loro, tra cui Hetta e Tonks. Hetta si era proposta per fare i turni in Tribunale
anche tutti i giorni, mentre gli altri cercavano di alternarsi per poter avere
missioni all’esterno e soprattutto
all’aperto.
Per Hetta
era invece piacevole starsene in Tribunale e poter osservare Remus Lupin nella
sua qualità di Cancelliere, intento a trascrivere le informazioni e sollecito
nell’intervenire con il Presidente ogni qualvolta emergevano discrepanze o
evidenti bugie. Si muoveva con fare felino nella stanza, quasi invisibile. Non
si notavano i suoi movimenti e sembrava che comparisse in punti diversi
all’improvviso. Kingsely si era premurato di fargli sapere, già al suo secondo
giorno di lavoro, che il Presidente e i giudici apprezzavano il suo modo di
fare. Dato che si trattava di persone del tutto estranee all’Ordine della Fenice
e ad Hogwarts, erano complimenti piacevoli da sentire, perché arrivavano grazie
al suo lavoro e non grazie al suo nome. Non erano stati fatti commenti neppure
dai giornali sulla sua presenza in Tribunale e Remus era convinto che fosse
merito del Ministro della Magia e della sua
influenza.
Dalla sera
del loro primo bacio Remus e Hetta non si erano più rivisti da soli.
Remus non si
era sbilanciato oltre qualche languido bacio e qualche carezza sotto i suoi
abiti in salotto. Erano stati distratti dall’arrivo del Patronus di Piton che
annunciava il suo rientro a breve, dato che il tentativo di fuga era stato
sventato senza conseguenze.
Con dolcezza
l’aveva invitata ad andare a casa sua, assicurandola che era felice per quello
che era accaduto tra loro e che la trovava dannatamente
attraente.
Da allora,
in quelle lunghe settimane, c’erano stati saluti cortesi, sorrisi, qualche
veloce sfioramento nei corridoi del Ministero. Ma nessun altro tentativo di
approfondire il rapporto. Neppure durante le frequenti cene, sempre
rigorosamente in gruppo, alle quali entrambi prendevano
parte.
Il rapporto
tra Tonks e Piton proseguiva a gonfie vele. Per quello che poteva rappresentare
questo concetto per quei due.
Hetta
sorrise al vuoto ripensando al modo in cui la coppia si
gestiva.
Vivevano
separati, ma Tonks era quasi ogni giorno a Grimmauld Place, fermandosi anche a
dormire. Piton si rifiutava di andare a conoscere i genitori di Tonks adducendo
scuse varie, ma sempre basate sul fatto che la sua vita non lo rendeva un buon
partito agli occhi dei futuri suoceri.
I genitori
di Tonks avevano dichiarato in più occasioni e a più persone che pur trovando
strana la scelta della figlia, la approvavano perché la rendeva felice. Per
questo motivo anche le visite frequenti degli Weasley a Grimmauld Place o quelle
di Piton alla Tana diventavano motivo di lieve attrito in quanto tutti lo
invitavano a conoscere i suoceri e definire la relazione con
Tonks.
Da circa due
giorni Piton era stabile ad Azkaban poiché le prime sentenze stavano
costringendo a molti cambiamenti nella prigione. Tonks aveva evitato di
presentarsi alla prigione anche solo per i turni di guardia, per non rendere la
situazione di Piton ancora più precaria.
La sua
nomina era stata accolta con un generale gelido silenzio. Alcuni giornali
avevano tentato qualche commento caustico, ma non aveva avuto seguito. Piton
evitava le occasioni che lo avrebbero esposto al contatto con i giornalisti, non
rilasciava interviste o pareri, neppure sulla prigione. I rapporti di Azkaban
con la stampa erano tenuti da una strega che aveva specificatamente questo
ruolo. Kinglsey aveva decretato che per motivi di sicurezza eventuali interviste
con prigionieri o rappresentanti del Governo dovevano essere autorizzati dal
Ministero, in particolare da Arthur Wealsey che si era dimostrato molto parco
nel concederle. E i contenuti erano stati così scarsi che le richieste erano
state quasi nulle.
Hetta si
concentrò sull’aula di Tribunale. A
volte le testimonianze erano noiose e ripetitive. Raccontavano episodi risaputi
oppure del tutto insignificanti. Eppure i giudici ponevano attenzione a tutto e
sembravano memorizzare ogni dettaglio.
“Fate
passare Lucius Malfoy.”
L’annuncio
lo aveva dato il giudice più anziano, rivolgendosi alle guardie che, in fondo
alla stanza, controllavano l’ingresso con le celle di detenzione del
Ministero.
Hetta guardò
entrare un uomo alto, emaciato, sconfitto. Eppure c’era ancora un aurea di
potenza e di bellezza in quell’uomo. Si chiese come mai in tutti gli uomini di
quella stessa generazione, come Remus o Severus, ci fosse un qualcosa di
affascinante anche se, a parte Lucius, non erano certamente belli. E in quel
momento anche Malfoy non poteva dirsi
attraente.
Con una
smorfia si stizza si disse che erano solo stupidi pensieri e cercò di
concentransi nell’ osservare i partecipanti alla sessione del
Tribunale.
Conosceva
oramai quasi tutti. Non notò nessun viso particolare fino a quando non colse il
movimento di lunghi capelli biondi raccolti da un foulard color avorio. Non
poteva meravigliarsi del fatto che Narcissa fosse presente all’interrogatorio
del marito, eppure non si aspettava di vederla. Non l’aveva notata neppure in
fila all’ingresso. Aveva un’espressione tesa e seria in volto, lo sguardo fisso
sul marito, gli occhi lucidi. Hetta si chiese come si sarebbe sentita al suo
posto.
Durante gli
anni di scuola la figura di Lucisu Mlafoy era un mito tra gli studenti dei
Serpeverde per la sua potenza e arroganza. Molti lo riconoscevano come un
modello da seguire. Hetta aveva sempre pensato che fosse un uomo difficile e
autoritario, mentre ammirava molto la moglie, silenziosa eppure ben presente.
Partecipavano a tutte le feste organizzate dalla Casa e, anche se non li aveva
mai conosciuti personalmente dato che non era figlia di nessuno di importante,
ne aveva seguito le vicende grazie ai gossip dei suoi nobili compagni di
scuola.
Cercò il
volto del figlio, ma non lo vide da
nessuna parte.
Lucius stava
raccontando dei suoi rapporti con Voldemort, senza rinnegare nessuna delle sue
scelte. Hetta ne ammirò la coerenza.
“Coerente?!
Ma se ha ucciso e tradito Merlino sa solo quante persone!” Remus era
arrabbiato.
“Ho detto
che ne ammiro la coerenza, non le sue azioni! Capisco che è dal lato sbagliato
della strada, ma non lo rende meno
coerente!”
Hetta
raccolse gli ultimi residui di cibo dal piatto e li mise nella scodella per il
cane. A casa Weasley era arrivato, meno di due mesi prima, un cane randagio,
accolto con affetto da George e lasciato in custodia a chiunque passasse di là.
Non era mai senza cibo o acqua nonostante non avesse nessun padrone
ufficiale.
Remus stava
raccogliendo il resto delle stoviglie e aveva dato inizio alle
pulizie.
Tutti i
partecipanti alla cena erano usciti in giardino lasciando la coppia a sistemare
la cucina.
Era chiaro a
tutti, in particolare dopo i commenti di Tonks, che i due avevano bisogno di
qualche occasione per stare insieme e che Remus aveva bisogno di un gran calcio
sul didietro per fare il primo passo.
Severus si
era rifiutato di fare qualsiasi cosa, commentando che l’età di Remus lo rendeva
abile e autonomo. Tonks aveva sbiascicato un commento a mezza voce sulle
capacità degli uomini di fare alcunché da soli, commento che Severus aveva
preferito ignorare dopo una giornata di
lavoro.
“Non capisco
come tu possa pensare di trovare delle scusanti per quell’assassino!” Remus con
un colpo un po’ violento della bacchetta ruppe un bicchiere. Con un sospiro di
rabbia lo riaggiustò.
“Non lo
scuso!” Hetta buttò con troppa determinazione i resti nella ciotola del cane,
spargendone una parte per terra. Con un sospiro di rabbia li rimise nella
ciotola con un colpo di bacchetta. “Ho solo detto che è stato coerente con le
sue idee. Come lo siamo noi.”
“Io,” disse
Remus, “ritengo che le idee creino una dannatissima e profondissima
differenza.”
“Anch’io!”
Hetta si girò finalmente a guardalo. “Altrimenti non sarei qui, adesso! Ho
parlato della sua coerenza, non delle sue idee! Potresti ascoltarmi senza
tagliare tutto con il coltello!?” Si mise le mani sui
fianchi.
Remus
appoggiò le proprie sul ripiano della cucina, prima di girarsi verso di lei e
incrociarle al petto. “Sei tu quella che taglia con il coltello,” disse
pacatamente. “Non puoi dividere una persona da quello che
pensa!”
“Se lo
facessi ti avrei chiesto di farlo uscire di prigione, dato che la coerenza è una
gran bella cosa! Invece penso che ci stia bene lì dentro, per tutto quello che
ha fatto, anche se è coerente!”
“Allora ho
ragione io.”
“Remus
Lupin, sei un dannato idiota!” Hetta si sentì le lacrime salire agli occhi. Ma
doveva sputare fuori tutto quanto. “Hai le stesse emozioni di un pezzo di
ghiaccio, sei rigido e duro come un blocco di cemento! E sei coerente tanto
quanto Lucius Malfoy e con gli stessi pessimi risultati! Non fai altro che
allontanare gli altri. Fai male agli altri con la tua dannata logica
coerenza!”
Oramai le
lacrime scendevano senza controllo per la rabbia e la frustrazione di non
riuscire a controllarsi. Remus la guardava sbigottito, quasi senza capire quello
che era successo. Sicuramente senza parole.
Hetta
singhiozzò e poi afferrò il maglione che aveva appoggiato ad una
sedia.
“Spiega tu
agli altri perché me ne vado, stupido!”
“Hetta!”
Remus allungò un braccio per trattenerla, ma lei si Smaterializzò
all’istante.
Remus rimase
a guardare il punto della stanza nella quale si trovava la ragazza fino ad un
secondo prima, incredulo. Non riusciva a capire quando la conversazione era
degenerata. Stavano parlando di Lucius Malfoy e all’improvviso si era parlato
delle sue emozioni. Ma non era quello l’argomento della loro discussione. O
almeno non gli era sembrato.
“Sembri
leggermente folgorato.”
Remus si
girò di scatto verso la porta d’ingresso della Tana. Severus, dritto in piedi,
lo guardava con un sorrisetto ironico e per nulla
gentile.
“Evita il
sarcasmo.” Si sentiva irritato.
Notevolmente.
“Abbiamo
capito tutti che stavate litigando. Ci chiediamo
perché.”
“Non lo so!”
sbottò Remus allargando le braccia in segno di resa. “Non ne ho la più pallida
idea del perché se ne sia andata!”
Severus
allargò il suo sorrisetto ironico.
“Sono
bravissime in queste cose.”
“Cosa vuoi
dire?”
“Che sono
abili nel farti sentire responsabile per qualcosa che non hai fatto.
Convincendoti però di averlo fatto.”
“Non ho
parlato di sentimenti e mi ha accusato di essere un pezzo di ghiaccio e di
allontanare le persone.” Remus era
pensieroso.
“Visto?”
sorrise Severus. “Abilissime. Immagino che tu le abbia solo evidenziato che il
suo commento sulla coerenza di Lucius era del tutto…
incoerente.”
“Più o
meno.”
“Devi
scusarti.” Severus lo disse con fermezza.
“Per cosa?”
Remus lo guardò attonito. “Non ho fatto o detto
nulla!”
“Non
importa. Quello che hai detto ha provocato un terremoto, dato che dal tono di
voce stava anche piangendo. Quindi era qualcosa che non dovevi
fare.”
“Merlino,
Severus! Ma ti ascolti? Mi sembra di sentire Ron Weasley!” Remus lo guardò
schifato.
“Lo so, lo
so… sembra, anzi no, è una stupidaggine. Ma quello che hai detto ha provocato un
problema. Devi risolvere il problema.”
“Ma quale
problema? Lei si è creata il problema, non io!” Diede un pugno sul piano di
marmo della cucina.
“Remus,”
Severus sospirò guardando l’uomo davanti a sé. Era invecchiato forse più di lui
negli ultimi mesi. Aveva più capelli bianchi e anche più rughe. Ma gli occhi
erano gli stessi, lucidi e profondi di vent’anni prima. “Non ne capisco molto più di te,”
Severus entrò nella stanza, avvicinandosi.
“Per favore
non fare l’esperto! Non lo sei per nulla!”
“Ho qualche
settimana in più di esperienza con Ninpha.”
“Non farmi
sapere nulla della vostra relazione!”
“Eviterò di
dirti cosa facciamo a letto…”
“Severus!”
Remus si girò verso di lui, pronto a prenderlo a
pugni.
Piton alzò
le braccia in segno di resa.
“Intendo
solo dire che quando discuto con Ninpha avviene lo stesso. Parliamo di un
argomento e presto ci ritroviamo a discutere di emozioni e sentimenti senza che
capisca come ci siamo arrivati. Devi solo lasciar perdere quando la discussione
è poco importante e insistere quando lo è. Cercando di capire il loro punto di
vista.”
“Ma la
discussione è fatta per discutere!” sbottò Remus. “Non per far finta che l’altro
abbia ragione!”
“Non per le
donne. Non per tutte, almeno. Essere capite è più importante del
risultato.”
“Oh,
Merlino!” Remus di avvicinò al tavolo e si lasciò afflosciare su una sedia. “Che
accidenti stai dicendo?”
“Che se vuoi
una relazione con Hetta ci sono alcune condizioni… perché tu vuoi una relazione
con Hetta, giusto?”
Remus si
passò le mani sulla faccia. “Intensamente. Dolorosamente.
Spasmodicamente.”
“Chiaro,” lo
fermò Severus. “Molto chiaro. Devi scusarti. Adesso,
direi.”
“Devo andare
a casa sua?”
“No,
chiamala a rapporto da te!” ironizzò
Severus.
“Puoi
evitare di essere sarcastico, per favore?” chiese con lo stesso tono
Remus.
“Dovresti
andare. E quando Tonks te lo chiederà raccontale quanto sono stato
convincente.”
A Remus fu
necessario qualche secondo per capire l’implicazione di quell’ultima
precisazione. Ma quando si rese conto che anche Severus era manovrato da una
donna, scoppiò a ridere.
Hetta entrò
in casa maledicendosi per la sua reazione. Non era possibile continuare a
ripetersi che anche un bacio con Remus era meglio di niente se poi la sua
vicinanza la rendeva più instabile di un incantesimo di un bambino di tre
anni.
Con gli
occhi ancora umidi di pianto chiuse la porta alle sue spalle e si distese sul
divano in salotto. Sopra la sua testa c’era una foto della sorella mentre alzava
le braccia al cielo dopo una vittoria di Quidditch con i
Serpeverde.
“Perché ti
sei innamorata di lui, Hetta?” chiese a se stessa a voce alta. Con un braccio si
coprì gli occhi.
“Non è
bello, non è attraente… perché Hetta? Perché lui e non Kirk Fannigan?” si chiese
ripensando ad un capitano di Tassorosso preda di molte ragazze di Hogwarts nei
suoi anni.
Sospirò. Con
i piedi si tolse le scarpe, lanciandole al centro della
stanza.
Con un altro
sospiro si girò su un fianco, pronta a piangere di nuovo. Era convinta che fosse
necessario svuotare il serbatoio di lacrime, prima di ricominciare a vivere. Si
raggomitolò.
Scattò a
sedere quando sentì bussare alla porta. Dovevano essere passati almeno dieci
minuti e le lacrime erano quasi finite.
“Chi è?”
chiese avvicinandosi alla porta.
“Remus.”
Si bloccò a
metà del corridoio che portava all’ingresso. La mente priva di
pensieri.
“Hetta?”
chiamò Remus dopo qualche secondo.
Senza
rispondergli aprì la porta.
Era in piedi
lì di fronte. Proprio lui. Con tutti i suoi capelli bianchi, gli abiti
stazzonati da una giornata di lavoro, gli occhi affaticati. Bello come sempre.
Per lei.
La fissava
in silenzio.
Lei rimase
ferma, una mano sulla maniglia interna della casa, l’altra mano aperta sullo
sterno.
“Qualsiasi
cosa abbia detto, non intendevo farti piangere,” esordì Remus. “Non mi piace
vederti piangere.”
Una lacrima
le scese su una guancia.
Remus
allungò una mano e gliela tolse, sfiorandola con un
dito.
“Sono
importante per te?” chiese all’improvviso
Hetta.
Non era
quello che intendeva dire. Non era quello che aveva pensato di dirgli. Non era
quello che una donna poteva chiedere ad un uomo. Non era opportuno
chiederglielo. Non era strategico
chiederglielo.
“Sì.”
Hetta
deglutì.
“Perché mi
tieni lontana?” sussurrò.
“Per non
farti male.”
“Mi stai
facendo molto male,” disse con voce
tremante.
“Ho paura,
Hetta.” Lo disse con voce sicura.
“Di
cosa?”
“Della prima
notte di luna piena che ci dividerà.”
“Saprai chi
sono?”
“No, non
riconoscevo i miei genitori né i miei
amici…”
“Allora me
ne andrò via, quella notte. Lontano. Ma solo quella,” disse con
ardore.
“Ci faremo
molto male, Hetta. Credimi.” Remus la guardò con mestizia. “Possiamo farci solo
del male.”
“Come lo
sai?”
“So quello
che sono…”
“Sì,”
sospirò Hetta. “Ma penso che…” Trattenne il fiato per un attimo e poi, con un
altro sospiro gli fece cenno di entrare in casa. Remus salì lentamente i pochi
gradini e le passò accanto, attento a non sfiorarla. Si fermò nel corridoio
d’ingresso e si girò a guardarla. Aveva chiuso la porta e vi si era appoggiata
contro. Con un colpo di bacchetta Remus accese qualche candela per rischiarare
la stanza.
“Penso di
poter fare la differenza, no?” gli chiese, concludendo la frase lasciata a
metà.
Remus scosse
la testa, senza capire.
“Non conosco
il tuo passato, quello privato, intendo.” Remus assentì con la testa, in
silenzio. “Non so se parli così per qualche relazione finita male o…
tragicamente…”
Remus scosse
la testa, con decisione.
“Ah,”
commentò Hetta con un mezzo sorriso. “Credevo di dovermi confrontare con un
amore impossibile o perduto…” confessò senza
guardarlo.
“No,” si
limitò a confermare Remus. Avrebbe deciso poi cosa raccontarle delle sue mancate
relazioni.
“Mi piaci
Remus…” gli disse guardandolo negli occhi nuovamente. Lupin sentì lo stomaco
fare una capriola e il respiro assottigliarsi. “Da molto
tempo.”
“Da molto
tempo?” disse a mezza voce, incredulo.
Hetta
confermò con un cenno del capo.
“Io?” chiese
Remus sorpreso.
Hetta
sorrise. “Sì,” ridacchiò meravigliata. “Certo che parlo di
te.”
“Perché?”
“Perché
cosa?”
“Perché ti
piaccio? Voglio dire… da quando?”
“La prima
volta che ti ho visto nella sede dell’Ordine. Eri silenzioso, in disparte.
Intrigante.”
“Io?” chiese
nuovamente sempre più sorpreso.
“Sì,” rise
nuovamente Hetta. “Perché sei così
meravigliato?”
“Non sono
uno che attrae le persone. Anzi. Le
allontano.”
Hetta
inclinò la testa poi di slancio lo abbracciò gettandogli le braccia al collo e
stringendosi a lui. Remus rimase immobile e perplesso da quel gesto. Con lo
sguardo incredulo ricambiò l’abbraccio accarezzandole la schiena e tuffando la
faccia tra i suoi capelli.
“Hai
cucinato muffin…” le sussurrò all’orecchio.
“I capelli…”
ridacchiò lei.
“Sanno di
cioccolata,” le confermò Remus.
“Fleur
riesce a vivere con Bill… hanno anche dei
figli…”
“Lui è stato
solo sfiorato da un lupo mannaro. Io non posso avere figli. Non posso
controllare il mio cambiamento.”
Hetta si
strinse ancora di più a lui.
“Non è un
motivo sufficiente per farmi desistere Remus. Ti voglio per
me.”
Remus la
strinse contro il suo corpo quasi a volerla soffocare tra le
braccia.
“Ridimmelo…”
le sospirò all’orecchio.
Hetta si
allontanò tanto da potergli accarezzare la faccia e guardarlo negli
occhi.
“Ti
voglio.”
Remus chiuse
i suoi e prese un profondo respiro.
“Mi fai
impazzire quando lo dici…”
Hetta
deglutì. “Guardami.”
Remus aprì
gli occhi, lucidi di lacrime.
“Ti voglio
esattamente come sei.”
Remus
strinse le labbra cercando di trattenere la lacrima che invece scese sulla
guancia.
“Ti voglio
anch’io.”
Hetta
sorrise.
Remus si
avvicinò per baciarla.
Qualche
settimana più tardi Hetta e Tonks erano nuovamente di guardia al Ministero. Era
previsto un incontro tra il Ministro della Magia inglese e i suoi pari grado di
diversi paesi europei per definire le linee comuni in ambito di investigazione
internazionale. Molti Mangiamorte erano fuggiti all’estero nel tentativo di
trovare appoggio o almeno un nascondiglio. Alcuni erano già stati rimpatriati in
Inghilterra per ricevere il giusto processo, ma altri erano ancora latitanti.
Kingsely aveva insistito per creare un coordinamento internazionale e questo
incontro doveva sancire le modalità per
arrivarci.
Erano stati
già espletati tutti i controlli d’ingresso e gli Auror in servizio erano stati
dislocati in alcune aree del Ministero per un controllo a distanza di chi
entrava e usciva.
Le due donne
erano sedute in una panchina all’esterno dell’edificio e fotografavano coloro
che utilizzavano uno degli ingressi.
C’era così poca gente che avevano preso entrambe un’enorme tazza di te
fumante e si alternavano alla macchina fotografica, continuando a chiacchierare.
Indossavano pesanti giacconi per ripararsi dal freddo di
quell’inverno.
“Mi sento un
po’ inutile in questi momenti,” sbuffò
Tonks.
“Decisamente
meno coinvolgente del lavoro fatto con l’Ordine,” commentò Hetta, con tono
ironico.
“Beh, se la
metti così, preferisco starmene qui a riempirmi di caffè,” rispose Tonks,
sorseggiandosi la bevanda calda. Hetta fece una foto ad una signora anziana che
entrava al Ministero. Riconobbe in lei la stessa persona che in uno degli ultimi
controlli per il Tribunale, le aveva chiesto informazioni per trovare il Reparto
di controllo delle creature proibite. Le era sempre rimasta la curiosità di
sapere quale creatura proibita la signora avesse visto o
allevasse.
“Situazione
con Remus?”
Hetta fece
un gran sorriso e si girò verso di lei per un
attimo.
“È un uomo…
meraviglioso…” sospirò Hetta. “Mi fa sentire al
sicuro.”
Tonks
sorrise anche se l’amica, che le dava le spalle, non poteva
vederla.
“Sei
felice,” sentenziò.
“Come lo sei
tu, no?” le sorride Hetta girandosi verso di
lei.
Tonks annuì.
“Ieri ha conosciuto i miei genitori,
ufficialmente…”
“Oh!”
esclamò Hetta. “Ted e Andromeda Tonks?”
“Un
successo!”
“Per merito
di chi?” ironizzò Hetta.
“Dei miei
genitori, naturalmente! Immagina la scena di Severus Piton che stringe la mano a
Ted Tonks, un Babbano e a Andromeda Tonks che assomiglia ad una sua ex
amante…”
Risero
apertamente.
“Severus era
un pezzo di ghiaccio. Papà è riuscito ad ammorbidirlo parlandogli di
pozioni.”
”Tuo padre
ne sa qualcosa di pozioni?”
“Quello che
raccontiamo io e mamma. Ma non si fida molto di noi e ha fatto fare a Severus la
parte dell’esperto.”
“Ehi!” Hetta
si accorse di una faccia nota che stava tentando di entrare al Ministero.
Inviarono un Patronus all’interno segnalando il possibile ingresso di un
giornalista della Gazzetta del Profeta.
Rimasero in
attesa e meno di tre minuti dopo lo stesso uomo uscì con i capelli scarmigliati
e un foglio blu, segno di qualche multa in denaro, in
mano.
“Remus fa
progetti per il futuro?” chiese Tonks dopo qualche altro minuto di
silenzio.
“Non oltre
il fine settimana, quando è di buon umore. Altrimenti arriviamo alla sera
successiva. Piton?”
“Lo stesso.
Ho provato a chiedergli cosa intende fare adesso che si sta avvicinando Natale,
ma ha risposto che non intende pensarci troppo
presto.”
“Siamo a
metà novembre!”
“Glielo ho
fatto notare.”
“E?”
“E mi ha
risposto che è ancora troppo presto. Gli ho chiesto quando potrò riparlarne e mi
ha risposto che posso fare quello che preferisco, senza tenere lui in
considerazione.”
“Romantico!”
“Come una
mandragola appena dissotterrata!”
Tonks
addentò un panino con foga. E riprese a parlare a bocca
piena.
“Vorrei
almeno pensare di andare insieme da qualche parte, magari solo a fare un giro ad
Edimburgo… o a Parigi… Credo che abbia paura del tempo libero. Non è abituato ad
averne. Devo convincerlo che è bello farlo in
due.”
“Remus credo
abbia paura di farsi vedere in giro, di stare alla luce del sole. Ho provato a
chiedergli il motivo e mi ha risposto che spera di non dovermi mai mettere nella
situazione di essere cacciata via da qualcuno che lo riconosce come lupo
mannaro.” Hetta si afflosciò contro lo schienale della panchina, stringendo in
mano il bicchiere di caffè vuoto. “Vorrei aiutarlo a soffrire
meno…”
Tonks fece
un piccolo sorriso guardando davanti a sè.
“Severus ti
direbbe che è proprio la tua presenza a farlo soffrire meno, anzi a rendergli la
vita felice. Sai…” Lasciò la frase un attimo in sospeso, pensando se condividere
un ricordo così personale con un amica. Hetta colse l’incertezza e alzò lo
sguardo verso di lei.
“Cosa?”
“Severus
cerca sempre di passare del tempo abbracciato a me prima di dormire. Gli ho
chiesto il motivo solo qualche giorno fa. Mi ha risposto che ha passato così
tanto tempo da solo che ha bisogno di sentirmi vicino per essere sereno. Forse
per Remus è lo stesso…”
“Mi
accarezza spesso…” Hetta aveva un tono di voce pensieroso. “A volte mi sono
chiesta se lo fa per essere sicuro che sono proprio vicino a lui.” Sorrise. “È
una persona dolce, attenta, ironica.”
Sospirò.
All’improvviso un gufo si fermò al loro fianco. Beccò con scarsa cortesia
la mano di Tonks e lasciò un foglio di pergamena ben
ripiegato.
“Severus…”
spiegò Tonks prendendolo il mano mentre il gufo, indifferente a tutto,
ripartiva.
Lo lesse
rapidamente. “Azkaban. Sono a corto di personale. Si deve fermare anche questa
notte.” Tonks ripiegò il foglio e appoggiò la testa contro il bicchiere di
caffè. “Lo voglio qui con me…” disse con
tristezza.
“Siamo alla
terza notte, vero?” le chiese Hetta appoggiandole amichevolmente una mano sul
braccio.
Severus era
spesso costretto a fermarsi alla prigione anche di notte. Aveva sistemato e
riadattato l’ufficio del vecchio direttore, portando anche un letto semplice
nascosto da una parete fatta da librerie e mobili vari. Nel complesso Severus la
riteneva molto migliore di tutte le altre case nelle quali aveva vissuto, tranne
Hogwarts. Tonks aveva tentato in diverse occasioni di proporgli una convivenza,
ma Severus aveva sviato il discorso. Dopo tre giorni di lontananza Tonks era
pronta a rifare la domanda e non mollare l’osso fino a quando non avesse
ricevuto la risposta che desiderava sentire.
“Se non
fossi certa che mi colpirebbe con un Petrificus, andrei da lui per questa
notte!” borbottò Tonks. “Ma penso che non mi voglia in mezzo ai
piedi.”
“A
ricordargli quello che si perde lasciandoti sola!” sospirò Hetta al posto
suo.
“Già. Siete
andati oltre con Remus?”
Hetta
arrossì vistosamente, ma Tonks non la stava
guardando.
“Sì,”
mormorò. “Siamo andati oltre.”
“Bene!”
Tonks si girò per sorriderle. “Soddisfatti?”
“Molto,
grazie!” le sorrise Hetta. “Almeno io lo sono. Non ho mai chiesto direttamente a
Remus.”
“Chiediglielo!” la spronò Tonks. “Digli che vuoi un punteggio per le tue
performance!”
“Tonks!” la
rimproverò Hetta mentre l’amica rideva apertamente, allungandosi sulla
panchina.