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Autore: Angele87    01/07/2005    10 recensioni
...Sono passati quasi 10 anni da quel bellissimo girono di fine estate. Da quel periodo della vita in cui non si sa nulla né di sé, né degli altri. Da quell’ intervallo della vita in cui tutto ti sembra ingiusto e avverso. Da quel momento della tua crescita in cui vorresti correre a nasconderti e non uscire più fino alla fine del mondo. Da quell’attimo magnifico che ti regala le sensazioni più belle, dalla difficile parte di vita chiamata adolescenza...spero vi piaccia. Un bacio. Angéle. E' una storia incompiuta e se, entro qualche mese, non avrò ispirazione per completarla la cancellerò.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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TeenAgers

TeenAgers

6

 

Tutti i personaggi di questa storia appartengono ad Angele87. Fatti ed eventi sono puramente immaginari, l’autrice, quindi, non si assume nessuna responsabilità di omonimie e somiglianza di avvenimenti.

 

“Ringrazio tutta quella gente meravigliosa che mi ha ispirato personaggi altrettanto stupendi, e una riconoscenza, ancora più particolare, a tutti coloro che me ne hanno suggeriti degli altri drasticamente negativi.”

 

Un grazie enorme a quelle grandi persone che sono le mie amiche, le prime a cui ho parlato di questo progetto.

 

AngéleJ

 

 

Tolsi quelle odiose scarpe col tacco. Abbandonate sulla sabbia bianca, della spiaggia poco distante dal porto, erano un’immagine molto triste.

 

Ero seduta su un tronco che era stato portato lì dal mare. Le braccia strette intorno al mio petto, per cercare un po’ di riparo da quel vento freddo che soffiava dispettoso trai miei capelli, portando con sé il melanconico odore dell’estate ormai passata. Di solito, mi piaceva restare sulla battigia a guardare l’immensità oscura, a sentire quello scroscio rilassante e meravigliarsi del luccichio della pallida luna. Quella sera, però, ero troppo impegnata ad essere infuriata senza una ragione con quel deficiente di Axios. Fortunatamente, le lacrime erano cessate, ma quella sensazione di malessere no.

 

-Non puoi prenderti un malanno all’inizio della scuola.-

 

Sentii una voce gentile, dal tratto carezzevole, arrivarmi alle orecchie, ormai abituate al silenzio. Mi passai una mano sulla faccia, per cancellare completamente le tracce di pianto.

 

-Sono forte e non mi ammalo.- gli risposi, prima di avvertire qualcosa di caldo posarsi sulle mie spalle. Non era la mia giacca: era troppo grande. Sentii quel profumo pungente e pulito e capii che doveva trattarsi della giacca a zip di Daniel.

 

-Forte quanto vuoi, ma copriti.- si sedette a cavalcioni sul legno, scrutando il mio profilo. 

 

-Senti non ho bisogno di consolazione, perché non c’è nulla per cui io debba essere consolata.- sibilai con acidità, indurendo il mio sguardo.

 

Dan si strinse nelle spalle, allungando le gambe sulla sabbia. Aveva il volto rilassato e quei capelli corti scompigliati appena dalla brezza notturna. Non si scompose minimante a sentire il mio tono pungente, si limitò ad annuire e continuare a guardare il mare nero.

 

-Non sono qui per consolarti. Semplicemente mi piace il posto dove hai deciso di riflettere.- mi rispose con naturalezza, spiazzandomi.

 

Inghiottii il vuoto, sperando che la luna non illuminasse le mie guance ormai rosse. Quel suo profumo delicato aleggiava intorno a me, stordendomi.

 

-E’ stato un cafone!- esclamai improvvisamente, stringendo i pugni sulle ginocchia. –Come si è permesso?-

 

Dan annuì, iniziando a giocare con la sabbia. –Non ne ho idea.-

 

-Un rozzo, villano ed anche maleducato!- continuavo a ripetere. Non ricordo per quanto sono andata avanti, parlando del mio migliore amico e dei suoi difetti. Mi sentivo tranquilla a sfogarmi con lui, sembrava come se solo lui riuscisse a capirmi. Dan si limitava ad annuire e fare qualche battutina per farmi ridere.

 

-Insomma è un rozzo.-

 

-Questo l’hai già detto.- mi riprese.

 

-Ma io voglio ribadire il concetto.- spiegai, sentendomi improvvisamente meno arrabbiata di prima. –Non è stato carino comportarsi a quel modo. Lui sa quanto io mi senta inferiore alle altre ragazze per… per, insomma, il mio aspetto… So benissimo anch’io che nessuno mi avrebbe baciato in quella stanza, nemmeno mio fratello.-

 

-Io l’avrei fatto.-

 

All’inizio, il concetto espresso da quella semplicissima frase non mi fu chiaro. In fin dei conti, quanti significati potevano assumere tre parole messe in fila? Rimasi con la bocca aperta, rossa come mai nella mia vita. Il cuore aveva avuto uno strano battito, non accelerato, quello lo conoscevo. Era un battito diverso, quasi, orgoglioso. Sentivo il cuore bombare nel petto e per la prima volta nella mia vita non mi sentii inferiore a nessuno.

 

-Come scusa?- chiesi incredula, girandomi verso di lui. Una ciocca mi scivolò sugli occhi.

 

Dan sorrise, afferrando i miei capelli. Li risistemò dietro l’orecchio e, con una voce che avrebbe fatto rabbrividire persino un uomo, mi disse.

 

-Io ti avrei baciato molto volentieri, Elizabeth Cancer.-

 

          

Arrossii ed anche tanto. Mi voltai per guardarlo e vidi che lui scrutava il mare con insistenza. Non riuscivo a capire se quello che avevo sentito era stato uno scherzo del vento che in quel momento si era alzato più forte o era stato pronunciato davvero. 

 

-Come scusa?- domandai, cercando di darmi un contegno.

 

Dan sorrise, issandosi in piedi e porgendomi una mano. –Andiamo. Quando sono svanito tuo fratello stava per strangolare Axios.-

 

Rimasi un po’ delusa dal suo glissare la domanda. Non lo feci notare, però. Afferrai la mano che lui mi porgeva ed arrossii, quando riconobbi la mia piccola e morbida rispetto alla sua.

 

-Giocherai nella squadra di mio fratello?- chiesi dopo un attimo di silenzio. Mi ero stretta nella sua giacca per percepire meglio quel profumo incredibilmente buono.

 

-Se tu verrai a fare il tifo, allora entrerò volentieri…-

 

Un’altra volta la sua frase rimase sospesa e quel modo strano d’ignorarmi mi fece rabbrividire. Mi fermai ad ammirarlo e, prima che potessi fare qualcosa, scoppiai a ridere.

Dan mise le mani nelle tasche e si voltò a guardarmi. Vidi la luna riflettersi nei suoi occhi ed un leggero rossore ricoprirgli la guance. Aveva un profilo bellissimo: i tratti regolari e fanciulleschi, le labbra carnose e dall’aspetto molto morbido.

 

Fissò quelle sue pozze chiarissime nelle mie verdi e trattenni il fiato. Mi guardò con tanta intensità e serietà che sentii un fischio trapassarmi le orecchie, per l’agitazione.

 

Lo vidi avvicinarsi con lentezza ed un sorriso tranquillo. Era a pochi centimetri dal mio viso, quando alzò una mano per sfiorarmi i capelli, che dispettosamente scendevano sui miei occhi.

 

-Sei bella, sai?- mi disse ed io rimasi senza ossigeno al cervello. Mi tolse le ciocche dal viso per poi incamminarsi di nuovo, ignorandomi.

 

Nel mio petto il cuore sembrava aver cessato di battere. Forse andava troppo veloce e non riuscivo a percepirlo.

Lo fissai allontanarsi verso le scalette che ti riportavano sulla strada.

 

…Strada…

 

Mi riscossi, ricordando finalmente di aver lasciato le mie scarpe sulla sabbia. Corsi di nuovo vicino al tronco e le trovai dove le avevo lasciate. Le afferrai senza troppa gentilezza e, ancora correndo, raggiunsi Daniel che nel frattempo era scoppiato a ridere.

 

-Sei uno spasso…- si complimentò, quando mi sedetti per cercare d’infilarmi le scarpe. Erano dei sandali strani: avevano due lunghi lacci che dovevano essere legati attorno la polpaccio per fermare la scarpa.

 

-Come diavolo si mettonosti cosi…- dissi sottovoce, ingarbugliandomi da sola.

 

Dan rise, chinandosi alla mia altezza.

 

Arrossii quando lo vidi di nuovo a pochi centimetri da me. Bello, profumato, gentile, strano… Ci avevo proprio perso la testa.

 

-Tu sapresti fare di meglio?- gli domandai scocciata, rifiutandomi di continuare a fare magre figure.

 

Dan annuì. –Posso provarci.-

 

Afferrò con delicatezza la mia caviglia, facendomi rabbrividire: era così dolce.

Tirò su il jeans fino al ginocchio, sfiorandomi impercettibilmente la pelle.

 

-Devi…- incominciò, facendo il primo rombo con i due lacci. –Solo fare…- continuò, accarezzandomi il polpaccio. –Fare una serie d’incroci.- terminò, assicurandomi il tutto con un piccolo nodo.

 

Si staccò ed alzò lo sguardo, per incrociare i miei occhi timidi. Lo vidi trattenere il respiro ed io feci lo stesso. Immediatamente, tutto quello che era successo di brutto nella serata scomparve. C’eravamo solo io e lui, la brezza, le stelle, la luna e quelle stupide scarpe.

 

Lo vidi inumidirsi le labbra e per poco non ebbi un collasso.

Si schiarì la voce, facendomi un sorriso. -Non è difficile…-

 

Annuii, incapace di fare altro.

 

-Se vuoi, però, posso farlo sempre io…-

 

-Credo che le scarpe se le sappia allacciare da sola. Ha anche 17 anni…-

 

Una voce ci fece sobbalzare. Dan alzò lo sguardo mentre io mi voltai.

Axios era in piedi a pochi metri da noi. Aveva il collo rosso e le braccia incrociate sul petto.

Non riuscii subito a ricordarmi di essere terribilmente arrabbiata con lui. Così, non gli risposi lì per lì in malo modo.

 

-Muoviti, Elizabeth. Tuo fratello sta andando via.- disse ancora, avvicinandosi e prendendomi da un braccio. Mi sollevò quasi di peso, facendomi male.

 

-Ma sei scemo!- esplosi, cercando di divincolarmi.

 

Al contrario, Axios aumentò la presa.

 

–Devo ancora infilarmi l’altra scarpa. Vuoi aspettare, cafone?!-

 

Feci appena in tempo a farmi due giri con i lacci, come mi aveva fatto vedere Dan, che Axios mi riprese il braccio.

 

-Ci vediamo, Dan!- disse con uno strano accento nella voce. Sembrava infuriato.

Mi trascinò verso l’uscita della spiaggia dalla parte opposta al porto.

 

Feci un piccolo cenno di saluto al ragazzo e fui strattonata di nuovo.

Axios mi trascinava con tanta lena che, per seguirlo, inciampavo nei miei stessi piedi.

 

-Ti vuoi fermare?!- esclamai, quando presi la terza storta. Sentivo che presto la mia faccia e l’asfalto avrebbero formato una cosa sola. 

 

Infatti, non mi sbagliavo. Qualche secondo dopo, inciampai in una pietra leggermente più sollevata del lungomare e ruzzolai al suolo.

 

Sentii un dolore tremendo al ginocchio e solo allora quel deficiente si fermò.

 

-Sei uno stupido!- gridai, scoppiando in lacrime.

 

Il jeans si era strappato all’altezza del ginocchio sul quale troneggiava un bella sbucciatura. Mi faceva male e mi bruciava.

 

Axios si fermò, il fiatone e lo sguardo dispiaciuto.

 

-SCEMO!- gridai ancora, cercando di sollevarmi in piedi. –Ti odio. Come fai ad essere sempre così cavernicolo senza cervello!-

 

Vidi il mio amico cambiare espressione ed assumere un cipiglio rabbioso:le labbra serrate ed i pugni stretti lungo i fianchi.

 

-SCEMA SARAI TU!- scoppiò, facendo un passo verso di me. –Guardare quel mezzo cretino con gli occhi da cerbiatta! COSA AVEVI INTENZIONE DI FARE? Volevi un bacio da lui?!-

 

Sentii i miei occhi pungere come non mai. Il fiato in gola era diventato corto. Al cervello era arrivato il sangue che all’istante mi aveva oscurato la vista.

 

-ED ANCHE SE FOSSE?!- chiesi rabbiosa, rimettendomi in piedi. –Non devo dare certo conto a te! TU NON SEI IL MIO RAGAZZO! E nemmeno un mio parente e, da oggi in poi, non sarai neppure il mio migliore amico!-

 

Sentivo il cuore battere nel mio petto con una velocità tale da farmi male. Sembrava andasse ad urtare contro la gabbia toracica. Lo fissai negli occhi, sfidandolo a ribattere.

 

-Sai che c’è? Sono felicissimo di non essere più il migliore amico di un maschiaccio senza cervello che adesso ha imparato a fare le moine!- disse con calma, senza alterarsi di più.

 

Le sue parole mi ferirono, furono come uno schiaffo su una ferita ancora sanguinante.

 

-Io sono felice di essermi liberata di te. Non sei in grado di trovarti una ragazza che abbia un’intelligenza che non eguagli quella di un cucchiaino…forse perché anche la tua non è molto distante da quella.- divenni cattiva come non lo ero mai stata.

 

Ma non ero ancora stata ferita. Non in profondità, non nella maniera più dolorosa che io conoscessi.

 

-Almeno lei è bella, sexy e ti fa venire una voglia incredibile di baciare… di te non posso dire lo stesso.-

 

Magari è solo una sciocchezza, per tanti altri lo sarà, ma per me fu come una bomba nucleare.

Zoppicando, mi avvicinai a lui e, senza preavviso, lo schiaffeggiai.

Gli diedi un ceffone davvero forte sulla guancia destra. Fu abbastanza potente da fargli girare la testa.

 

Rimasi a fissarlo con odio.

 

-Io e te non ci siamo mai conosciuti…- sibilai con la voce incrinata dalla voglia di piangere e, prima che lui avesse il tempo di replicare, corsi via.

 

Senza voltarmi indietro.

 

Non era la prima volta che litigavo con Axios ma lui non era mai stato così cattivo con me. In quel momento, non riuscivo a badare al dolore alla gamba. Volevo solo arrivare a casa e nascondere la faccia nel mio cuscino. Solo lì avrei potuto soffocare quel dolore sordo che sentivo all’altezza dello sterno, quella voglia matta di non sentirmi divisa a metà, quel desiderio di cancellare la terribile sensazione di vuoto lasciata da un pezzo che è stato portato via con la forza.

 

 

 

Ma grazie a tutti per le bellissime parole che avete avuto nei commenti. Davvero sono commossa. Non pensavo potesse piacere questa storia. Bene i chaps di transizione sono ormai passati dal prossimo inizia la storia. Spero che fino a questo momento io sia stata abbastanza chiara nella descrizione di tutto, dai  luoghi ai personaggi. Fatemi sapere che ne pensate di questo.

Baci,

Angéle

 

Thanks to

 

Devil90

 

Karmensita

 

Pink

 

Karry

 

Marti

 

Lulu

 

Daphne

 

Daffydebby

 

*July@*

 

   
 
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