Capitolo 2
Non sapevo cosa volesse dire Giacomo con la frase “Ho la netta sensazione che ci rivedremo molto più presto di quanto
credi” fino ad oggi.
-Eva!- mi chiamò Emma, la mia migliore amica. Mi girai e la scorsi in mezzo a quella folla di ragazzi. Eravamo tutti
all’entrata del liceo classico aspettando di iniziare un nuovo anno scolastico.
Emma raggiunse il nostro solito gruppetto di migliori amiche e mi abbracciò.
-Ragazze, ci credete che siamo già in quarta! Voglio che quest’anno sia ancora meglio dello scorso!- Emma con la
sua solita carica. Tutte ridemmo e poi il suono della campanella ci ridestò.
Salutammo Martina e Federica e andammo verso la nostra solita aula e ci accapparrammo i posti in fondo.
Pian piano arrivarono tutti i nostri soliti compagni di classe. Poi il professore entrò in classe e noi ci dirigemmo ai nostri
banchi sapendo benissimo che di lì a poco saremmo stati cambiati dal nostro professore di grego. Ma prima c’era il
solito momento del discorso. Lì ci parlava in grandi linee del nostro anno scolastico e cose del genere.
Quel giorno non entrò da solo ma in compagnia di un ragazzo. Non di uno a caso, ma del ragazzo.
-Salve a tutti, ragazzi.- ci salutò l’insegnate, con il suo solito grave.
-Quest’anno ci saranno alcuni cambiamenti- sembrava compiaciuto dell’apparizione di Giacomo. Cosa di cui
io ero profondamente contrariata. Ero perfino arrossita, per peggiorare la situazione.- Tra cui l’arrivo di Giacomo Punzi. Ci
vuole parlare un po’ di lei?-
Tutti lo osservammo in silenzio.
-Vengo da Milano e mi sono trasferito perché mio padre ha avuto una promozione- ritornò con lo sguardo su
quello del professore, dopo essere stato puntato sempre sul mio volto.
-Conosce già qualcuno dei tuoi nuovi compagni di classe?- Chiusi gli occhi per non vedere la scena che di lì a poco si
sarebbe venuta a creare.
-No- Quello fece molto, molto più male di una qualsiasi attenzione dalla parte dell’intera classe.
Il professore rivolse un’occhiata alla disposizione dei banchi e storse la bocca. Cinque minuti dopo mi ritrovai dall’altra
parte della classe della mia migliore amica e, come vicino di banco, indovinate un po’? Giacomo Punzi.
Presi un pezzettino di carta dal mio blocco di appunti e, mentre il professore parlava a vanvera su qualcosa che aveva fatto quell’estate, scrissi:
“Lo sai che è maleducato fissare gli estranei?”
Lui scosse la testa, divertito. “Te la sei presa..”
“Ottimo senso dell’osservazione” risposi.
“Infondo ti ho fatto un favore, so che odi avere i riflettori puntati su di te”.
Lo guardai male e non risposi. Non sapevo bene come contrabattere. Aveva ragione, odiavo avere venti ragazzi che mi
osservano incuriositi ma questo non significava che c’ero rimasta male quando aveva fatto finta di non conoscermi.
A ricrezione io ed Emma andammo a sederci al nostro solito posto.
-La solita fortunata a sedersi vicino al nuovo figo della classe!- scherzò Emma.
-Emma, ti ricordi che una volta ti avevo accennato al fatto che quest’estate avevo baciato qualcuno?- mi sentivo in
profondo imbarazzo.
-Sì- disse aprendo la sua merendina.
-Be’, è lui.. Giacomo intendo-
Lei rimase impalata e poi scoppiò a ridere. Secondo lei la facevo troppo lunga per un bacio. Ma quel bacio, be’ non era
stato il solito bacio che si da a chiunque. Mi aveva colpito per la sua intensità e rimaneva impresso a fuoco nella mia mente.
-Ma scusa, non ha detto di non conoscere nessuno al professore?- Annuii.
-Infatti non ci conosciamo. Non più, insomma. Una specie di patto sull’indifferenza-
-Wow- Sorrideva. Suonò la campanella.
-Non voglio tornare in classe con quel babbuino.. – mi lamentai.
-Chi? Il prof. o il tuo vicino di banco?- Emma sapeva sempre come farmi tornare sorridente.
Per mia fortuna le ore passarono in fretta e riuscii ad andarmene presto da quella scuola e da lui. Non volevo vederlo ne
sentirlo. Ogni volta che era vicino a me stavo male e sentivo il mio cuore afflitto. Non era giusto che soffrissi tanto per
qualcuno che neanche mi voleva. Forse avrei dovuto fregarmene sul serio e dimenticarmi di quel bacio, di lui e dei suoi
occhi. Forse.