Ho esaurito le scuse, quindi, le
mettiamo da parte.
Il capitolo che vi affido è stato
scritto con il cuore on mano. Non vi anticipo nulla, vi dico solo che secondo
me è il più bello che abbia mai scritto. Mi ci sono impegnata veramente,
veramente molto, è per me è molto importate ricevere critiche – bello o brutte
che siano – su di esso. Mi fido di voi e del vostro giudizio. Spero solo che vi
possa piacere tanto quanto a me è piaciuto scriverlo.
ATTENZIONE!!!!!!!!!
Prima di lasciarvi alla storia
vorrei che prestaste attenzione ad un problema molto grave che è già troppo spesso su EFP.
IL PLAGIO. Se c’è una cosa che non posso tollerare, come scrittrice e come
persona, sono quegli esseri che, con un semplice copia e incolla, pubblicano
SENZA AUTORIZAZZIONE DEGLI AUTORI E PRENDENDOSENE IL MERITO, costringendo scrittori
di enorme talento a decisioni estreme. Sto parlando del caso di STUPID LAMB, che ha dovuto cancellare la sua
fantastica storia, o, caso recentissimo, quello di LUISINA,
che è stata costretta a concludere “TI VA DI BALLARE?” senza gli extra che
aveva in mente di scrivere.
Ora, mi chiedo, PERCHE’ SI DEVONO PORTARE GLI AUTORI A GESTI COSI’
ESTREMI?
NON VI BASTA IL LORO
NO? DOVETE PER FORZA COSTRINGERLI A MISURE DRASTICHE, PRIVANDO ANCHE I LETTORI
DEL PIACERE DI POTER LEGGERE LE LORO STORIE? NON AVETE UN PO’ D’AMORE PER I
RACCONTI CHE VI HANNO RAPITO IL CUORE?!
Ovviamente la mia rabbia non va a
voi personalmente, mie/i care/i lettrici/lettori.
Faccio presente che
le mie FF si trovano solo su EFP. Se le trovate altrove, vi prego di
avvertirmi.
Grazie a tutti in anticipo.
Confession… in a
sunshine day.
Edward’s pov.
Sono un completo imbecille.
Ripetevo queste parole come un
mantra mentre, sdraiato placidamente sul divano della mia stanza, gli occhi
chiusi e il respiro lento e pesante, tentavo di rilassarmi e placare quel
turbinio irrequieto che mi sconvolgeva l’animo da tre giorni, ormai. Ma niente,
neanche le note leggere della mia adorata musica riuscivano a calmarmi.
Erano tutto il giorno che
tentavo di trovare un genere che riuscisse a placare il mio animo, passando dal
rock al pop, dall’evil-metal al jazz, dal blues ai grandi maestri della musica
classica, ma nulla, era tutto inutile. Nessun genere sembrava adattarsi o
riuscire a placare la mia agitazione.
“Perché così non soffrivo per te…”
Chiusi gli occhi tentando di
scacciare la voce sofferente del mio angelo.
Mi sforzavo di rimembrare cosa
mai avessi fatto quella dannata sera per indurre la ma dolce stellina a farsi
del male.
Il suo tono era angosciato,
tormentato da qualche demone che ero impossibilitato ad affrontare e
sconfiggere. E ciò mi faceva stare malissimo. Non poterla aiutare, essere solo
un semplice spettatore del suo dolore era un qualcosa che mi lacerava nel
profondo, provocandomi un’angoscia pari solo a quella che avvertivo stando
lontano da lei.
Portai un braccio a coprirmi
stancamente la fronte, esausto da tutto quel caos che mi regnava nella mente.
“Io voglio farlo, Bella. Voglio stare con te, voglio proteggerti. E
credimi, nessuno, nemmeno te stessa, sarà in grado di impedirmelo”
Azzardate.
Parole assolutamente azzardate
dette da un completo imbecille.
Bella non sembrava… Storsi la
bocca in un’espressione dolorante. Bella non sembrava intenzionata a stare in
mia compagnia, approfondendo quel... legame?, si, quel legame che sentivo si
stava creando tra noi.
Ero un completo idiota. Me ne
sarei dovuto accorgere prima.
Ma io ne avevo bisogno. Non
riuscivo a farne a meno, a trovare la forza per… starle lontano. Neanche se
questo era il suo desiderio.
Non avrei mai dovuto…
Fare cosa? Conoscerla? No,
questo mai. Bella era la cosa migliore, la luce che ormai illuminava la mia
esistenza altrimenti buia e lugubre. Era solamente un bene che fosse entrata
nella mia vita.
Ma allora cosa? Cosa diavolo mi stava sconvolgendo tanto?
Quale demone si era impossessato delle mie membra sconvolgendo la mia esistenza
in modo totale e indelebile?
Sconvolgendo la mia vita… in
meglio o in peggio?
Riflettei, chiudendo gli occhi.
Paragonai un secolo di esistenza con gli ultimi due mesi di non-vita.
Ora, con Isabella al mio fianco,
si era spalancato dinnanzi ai miei occhi un mondo nuovo, diverso. Era come se
un abile restauratore avesse ripulito un’antica tela, togliendogli strati di
sporcizia e polvere, ridonando colore e luminosità al paesaggio, risaltando
ogni figura, dalla più piccola alle principali. La mia visione del mondo si era
tramutata da quando avevo posato gli occhi sulla sua sensuale figura. Le mie
emozioni si erano intensificate, nuovi particolari mi erano stati rivelati, e
nuove emozioni prepotenti si affacciavano nel mio cuore, dando vita a una
schizofrenia (ridacchiai al termine con cui la mia famiglia chiamava il mio
umore mutevole) che faticavo a gestire.
Il mio umore dipendeva
totalmente da quello dalla mia stellina. Con una parola, un gesto o una
semplice occhiata era capace di farmi sprofondare nella desolazione più cupa o
elevarmi alle vette del cielo.
E ciò mi creava non poca
confusione.
Perché? Perché, maledizione, dipendevo così tanto da lei?
Che accidenti mi aveva fatto?
Un leggero ringhio iniziò a
salirmi dal petto: odiavo, odiavo, odiavo
dipendere da qualcosa o qualcuno. Non esisteva emozione che potesse dominare la
ragione. Non esisteva emozione che potesse dominare me.
L’ossessione era solo una
debolezza, e andava eliminata. Rendeva deboli.
Il mio raziocinio mi consigliava
di rimuovere quella dannata fissazione nei suoi confronti.
Ma poi… inevitabilmente, come
ogni volta che ci pensavo, la sua figura radiosa mi danzava davanti agli occhi,
incantandomi con le sue movenze, ammaliandomi con il suo canto.
Come potevo rifiutare una simile
creatura celeste?
Un così delicato dono del cielo?
Privarmi di Isabella sarebbe
stato come privarmi dei sensi; avrei continuato a vivere, certo, ma senza poter
apprezzare nulla del mondo che mi circondava. Sarei stato un pezzo di carne che
si muoveva, nulla di più.
Il solo pensiero era atroce;
sentivo crescere in me un enorme senso di angoscia, di impotenza e paura alla
sola idea di non averla più al mio fianco. E quella voragine che solo una volta
avevo provato in vita mia tornava a bruciare nel mio cuore, lasciandomi
boccheggiante in balìa del dolore.
Un lungo sospiro sfuggii dalle
mie labbra, ma l’angoscia rimase nella mia mente.
I punti da chiarire ormai si
riducevano a due:
- Quale maledetta emozione stava sconvolgendo così tanto il animo?
- Come dovevo comportarmi al riguardo?
Un sorriso mi sfuggì dalle
labbra mentre le note della radio – avevo abbandonato i CD per passare alla
radio, forse la scelta casuale dei dj umani avrebbe lenito un po’ il mio mal di
testa – riempivano la stanza.
“Quale ironia…” sussurrai, con
le note di “One more Night” a coprirmi
la voce.
Ecco un punto terzo da chiarire:
il mio nuovo lato da tredicenne romantico.
Non che fossi del tutto privo di
un briciolo di romanticismo e dolcezza, riducendomi veramente ad un automa di
ghiaccio, ma in questi due mesi un po’ troppo spesso mi ero sorpreso a vedere
il mondo attraverso spesse lenti rosa, quasi come Emmett durante anniversari della
sua vita sentimentale.
“Sto davvero diventando matto…”
sospirai passandomi una mano tra i capelli.
“QUESTO MALEDETTISSIMO AGGEGGIO
DEL CAVOLO!!”
L’urlò furioso e melodico di
Bella si sovrappose alle note tranquille che danzavano dell’aria.
Aprii gli occhi sorridendo
dinnanzi alla sua esclamazione furiosa, immaginandomi le sue morbide guanciotte
gonfie per la frustrazione, colorante di quel rosso tanto impossibile da
trovare nella nostra razza quanto delizioso sul suo volto.
Come un marinaio ipnotizzato dal
canto delle sirene, mi alzai con un sorriso e, dopo aver spento lo stereo, raggiunsi
la sua camera. Bussai sul legno chiaro e non ricevendo risposta, mi arrischiai
ad entrare.
“Bella?” la chiamai
educatamente, mettendola testa nella sua camera per vedere dove fosse.
Non trovandola con lo sguardo, feci
qualche timido passo dentro il suo ambiente, chiudendomi la porta alle spalle.
Mi girai verso la porta del bagno e intravidi la sua figura seduta sul
pavimento che sibilava come un cobra infuriato, con aria tutt’altro che calma e
pacifica.
Sorridendo, mi avvicinai e mi
appoggiai allo stipite della porta del bagno per osservare la sua occupazione e
il motivo dell’urlo.
Era seduta a gambe incrociate al
centro del bagno, di fronte alla sua enorme vasca a cui, notai, erano state
apportate alcune modifiche, come ad esempio una consolle munita di decine di
tasti colorati, sospesa a mezz’aria.
Probabilmente era quella la causa
della frustrazione di Bella.
Mi avvicinai ancora un po’ e
notai che reggeva tra le gambe un grosso e pesante manuale di fitte
indicazioni, mentre ai suoi piedi due pesanti vocabolari aperti facevano bella
mostra di sé.
“Ma tu guarda questi… si vede
proprio che non hanno niente da fare” brontolava acida, sfogliando con furia le
pagine “Riescono a rendere complicato persino farsi un bagno… un bagno! Ma si può sapere che accidenti
ci devo fare io con la cromoterapia? O l’aromaterapia? Maledizione!”
Mi coprii la bocca con una mano
per evitare di riderle in faccia, o meglio, alle spalle.
Povera la mia piccola! Certo che
i miei fratelli glie ne combinavano di tutti i colori!
“Allora…
vediamo un po’… <<Lägg in lösenord och sedan press de
viktigaste mörka grön i den övre vänstra att inleda aromatherapy*>>”
lesse stentata tentando di dare una intonazione. Finita la lettura,
stette un attimo in silenzio contemplando la pagina, perplessa.
“... aromaterapia. Ok. Una parola l’ho capita, forse. Le
altre diciassette no” si lamentò portando il manuale a coprirle la faccia “Ma
come faccio io a farmi un bagno? A casa mia era così semplice… giravi la
manopola e usciva l’acqua calda!”
Non ce la feci più davanti a
quel tono imbronciato. Scoppiai fragorosamente a ridere, facendola sobbalzare e
voltare verso. Davanti all’immagine di me ridente e appoggiato al lavello per
le troppe risa, sul suo volto fece capolino l’espressione indignata e offesa che
avevo immaginato, facendola assomigliare a un gattino arrabbiato.
Era troppo tenera e buffa così,
tanto che non riuscii a evitare un’altra ondata di risate.
Piccola stella mia, ma quanto ti
adoro?
Ma a quanto sembrava Bella non era
del mio stesso avviso, visto i lampi d’oro che mi lanciarono i suoi occhi.
“Certo, ridiamo pure!” sbottò
acida, arrossendo “Tanto sto qui per divertimento… maledetti Cullen, tutti
uguali, causano solo problemi!”
“Ehi!” esclamai, fingendomi
offeso “Io non fatto nulla. Se mi ritrovo per fratelli quattro demoni malefici
è solo per uno scherzo crudele del destino”
Sbuffò, tentando di nascondere
un mezzo sorriso. “Quindi non c’entri nulla con quell’accrocco infernale?”
disse indicando la console senza reprimere un accenno di rabbia.
Scossi il capo. “Credo che sia
stato un pensiero carino. Per gli altri, intendo” dissi con un sorriso
sedendomi al suo fianco.
“Per me no di sicuro” sbuffò
“Guarda! Guarda cosa mi tocca fare per farmi una semplicissima doccia! Ma voi
Cullen provate piacere a complicarvi l’esistenza, o vi date a del sano
masochismo per trascorrere il tempo?”
Scoppiai a ridere dinnanzi al
suo malcontento. “Qual è il problema?” le domandai mostrandomi gentile per non
scatenare ulteriormente le sue ire – il suo labbro superiore arricciato mi avvertì
di quanto fosse vicina a perdere il controllo.
Mi lanciò il manuale con
malagrazia. “Tieni! Vediamo se ci riesci tu
a far partire questo trabiccolo” sputò acida incrociando le braccia al petto e
fissando con odio la console.
Osservai per un attimo le parole
del manuale, sfogliandolo da cima a fondo. “Mi spiace” decretai con un sospiro
“Non conosco lo svedese. Le mie conoscenza linguistiche si limitano a spagnolo,
francese, italiano, portoghese, greco antico, latino, aramaico e arabo”
“Maledizione! Possibile che non
servi a…” sbottò furiosa, prima di voltarsi verso di me stupita “Quante lingue
hai detto che conosci?!”
“Nove con l’inglese” risposi
alzando le spalle.
Mi fissò a bocca aperta,
facendomi scappare un sorriso. Delicatamente portai una mano sotto il suo mento
e le feci chiudere quei due boccioli rossi. “Ti entrano le mosche” la presi in
giro.
“Fai schifo!” esclamò dandomi un
leggero pugno sul braccio.
“Lo so, sono il migliore” mi
pavoneggiai “Avrò pur dovuto impiegare il tempo, in questo secolo, no?”
I suoi occhi si fecero tristi
all’improvviso, spostandosi poi nuovamente verso la doccia. “E già, avrai
dovuto…” mormorò.
“Bella…?” la chiamai, poggiando
la mano sulla sua spalla. Che le era preso?
Si voltò verso di me con un sorriso.
“Ma non potevi dedicarti a studiare l’elettronica?” disse cambiando argomento.
Non ero io quello schizofrenico? “Vedrò di rimediare” dissi
perplesso.
“Uffa! E io ora dove vado a
lavarmi?”
“Nel mio bagno c’è spazio per
due”
Pessima, pessima, pessima scelta
di parole facilmente equivocabili.
Nonostante né le mie intenzioni né
tanto meno il tono con cui avevo pronunciato la frase contenevano malizia,
non potevo non accorgermi che quella
frase era facilmente fraintendibile. Infatti: gli occhi di Bella si allargarono
come piattini e le sue morbide guance vennero pervase da un rosso intensissimo.
Mi vergognai come mai in vita
mia.
“Cioè, no, non in quel senso…
nel senso se ti va… no! Cioè… se vuoi puoi… puoi usare il mio bagno. Da sola,
non con…” biascicai nel panico, evitando di guardarla. Mi morsi il labbro
inferiore fissando le piastrelle del pavimento, tentando di evitare il suo
sguardo.
Che. Tremenda. Figuraccia.
“Ehm, Edward… grazie però… non credo
sia… sia il caso” mormorò fissando anch’essa il pavimento, scarlatta in volto
“Credo che userò il bagno di Alice…”
Annuii imbarazzato, senza avere
il coraggio di guardarla.
Rimanemmo così in silenzio,
sentendo il vento freddo entrare dalla finestra. Sbirciai nella sua direzione e
la vidi concentrata verso il davanzale del bagno, porpora in viso. Dovevo
spezzare quel silenzio.
“Allora, ehm… ti sei divertita
alla festa?”
Argomento idiota. Come si può
essere divertita se l’ho trovata ubriaca e ha quasi rischiato di farsi
violentare?
Bella trasalii, per poi voltarsi
a fissarmi senza lasciar trasparire nulla dai quei suoi occhi d’oro.
“È stata… bella” disse,
ponderando bene le parole “Anche se non riesco a togliermi dalla mente One more Night…”
Lascia cadere con un tonfo
pesante il manuale, sentendo la vergogna tornare prepotentemente.
La canzone che le avevo cantato.
Si ricordava della canzone che le avevo cantato io…
“Però non mi ricordo dove
l’abbia sentita” disse portandosi l’indice all’angolo della bocca, pensierosa.
Dio, avevo una voglia matta di baciare quel piccolo, morbido polpastrello.
“Tu lo sai Ed?”
“Eh?” mi riscossi, tornando a
fissarle il volto.
Mi scrutò. “Hai gli occhi neri”
disse “Strano, siamo andati a caccia ieri…”
“Non preoccuparti” tossicchiai “Dicevi?”
“Non mi ricordo come sono tornata a casa”
“Ti ho portato io” risposi “Ti
sei addormentata e ho ritenuto opportuno portarti a letto”
Invece di farti morire di freddo nel parcheggio, aggiunsi mentalmente.
Mi sorrise. “Grazie” disse “Cosa
farei senza di te”
Le sorrisi, raggiante.
“Ammettilo: saresti persa senza di me”
Arrossì. “Credo proprio di sì”
pigolò piano.
“EHI, CIP E CIOP! SCENDERE! DI
CORSA!”
Bella sobbalzò all’ordine aspro
di Alice, giunto dal piano di sotto. Io mi limitai a fissare le mattonelle
esasperato. Tutta questa scena per dirci
che domani ci sarà il sole?, pensai.
“È successo qualcosa?” chiese
Bella fissandomi.
“VI SUCCEDERA’ SE NON SCENDETE
IMMEDIATAMENTE!” rispose lei.
“Mamma mia, che rompiscatole!”
sbuffai alzandomi “Un metro e un tappo di insopportabile iperattività!”
“Ehi!”
Bella ridacchiò mentre uscivamo
dalla sua stanza raggiungendo il salotto in un secondo.
“Spero per te che abbia deciso
di togliermi quell’affare diabolico dal bagno, perché se non riuscirò a farmi
una doccia come si deve entro stasera, ti vengo a cercare” esclamò
all’indirizzo della mia adorata
sorellina.
“Quella ti servirà. E poi puoi
sempre accettare la proposta di Edward” rispose continuando a sfogliare la sua
rivista.
Inciampai nell’ultimo scalino.
“Edward!” mi rimproverò Rosalie.
“Dai, fratello! Ma allora non
sei im…” esclamarono i miei fratelli.
“Tacete, stupidi!” li bloccai
con un ringhio, per poi voltarmi verso i miei genitori “E voi, non fate quelle
facce: ho solo proposto a Isabella di usufruire del mio bagno visto che quel
mostriciattolo alto meno di un puffo le ha stravolto il suo”
Peccato. Fissai basito i miei genitori, dai quali era partito
questo pensiero.
“P-perché ci avete chiamato?”
mormorò Bella.
“Perché canale Cullen –
previsioni bislacche a tutte le ore, deve dirci qualche cosa” disse Emmett.
“Se sono i nuovi numeri del
lotto, scrivili da qualche parte che ora non posso farlo io” disse Rosalie
concludendo la sua manicure.
“No, no, meglio!” ridacchiò
Alice.
“Le mie quote stanno salendo?”
chiese Jasper.
“Possibile che abbia dei figli
così venali?” sospirò Carlisle da sopra la cartella che stava leggendo.
“Che vuoi farci, con tutto
quello che spendono dovranno pur far rientrare qual cosina” replicò Esme prima
di sedersi al suo fianco.
“Soprattutto dopo il blocco che
hai imposto loro” sghignazzò Carlisle.
“Farci spendere solo diecimila
dollari al mese è una crudeltà” piansero quei quattro.
“Immagino il dolore” ripose Esme
“Ma i soldi non crescono sugli alberi. Se ne volete altri, andate a lavorare”
“Che genitori crudeli!”
“Comunque, non era di questo che
ci volevi parlare, Alice” dissi riportandoli all’ordine
“Domani non andremo a scuola!”
cantò Alice assalendo Jasper “Che dici, Jazz, andiamo a fare un bagnetto?”
“Perché non dovremmo andare a scuola?” domandò Bella confusa.
“Come tutte le previsioni del tempo, anche Alice è bislacc... AHIA! ALICE!”
esclamò Emmett massaggiandosi le costole che, a giudicare dal rumore, Alice gli
aveva rotto.
“Domani ci sarà il sole Bella” le spiegai dolcemente.
“Ah” disse, atona. Ci fissò curiosa “Allora è vero che il sole ci scioglie?”
Scoppiammo a ridere di cuore. Ma piano, piano le risate si estinsero, notando
che quella di Bella non si univa alle nostre.
La mia piccola stella ci fissava rossa in volto, mortificata. Sgranammo gli
occhi.
“Davvero non ne sai nulla?” chiese mio padre, in un misto sta sgomento e
orrore.
Bella lo fissò per un interminabile secondo. Ogni emozione che aveva pervaso i
suoi occhi fino a quel momento sembrò svanire di colpo, lasciando solo una
fredda lastra d’oro. Si voltò rigida e andò verso la finestra, fissando il
paesaggio. “A Volterra... mi hanno solo detto che è proibito esporci alla luce
del sole” disse atona “Non... era previsto che io potessi mai vederlo, quindi
non mi era dato sapere altro”
Mi irrigidii, scioccato e
furioso.
Come avevano osato…? Come avevano osato?
Lasciarla vivere nell’ignoranza,
convincerla che mai avrebbe potuto uscire da quella fogna, farle credere di
essere un’orribile mostro, un’arma da usare solo in caso di necessità! Era un
abominio!
Chi si credevano di essere,
quegli spocchiosi, quei…
Strinsi i pugni.
Glie l’avrei fatta pagare. Oh sì,
quanto era vero il sole nel cielo, li avrei bruciati tutti dopo avergli fatto
patire le pene dell’inferno, dieci mila volte più terribili e dolorose di
quelle che avevano inferto alla mia stella.
La mano gentile di mia madre si
intrecciò alla mia, facendomi alzare lo sguardo su di lei.
Calmati, pensò gentilmente, Non
dar libero sfogo alla fantasia. I progetti sanguinari di morti violente non ti
porteranno a nulla. Pensa piuttosto a un bel modo per far scoprire a Isabella
questo nostro nuovo aspetto.
Annuii lentamente, scrollando la
testa per trovare un minimo di calma. Lei mi strinse un attimo la mano, e poi
lasciò la presa.
Una buona idea… come potevo
stupirla?
Mostrale il segreto della nostra
razza… segreto…
Raggiunsi l’illuminazione, e
Alice lanciò il suo urletto entusiastico facendo sobbalzare gli altri, ancora
intenti a riassorbire lo shock della notizia di Bella.
“Ottima idea, roscio boy!” si
congratulò “Allora ti ho influenzato con il mio buon gusto, eh?”
“Ti piacerebbe” replicai.
Carlisle inarcò un sopracciglio,
fissandoci perplesso.
Io rivolsi un sorriso a Bella,
che ci osservava apatica. Tentai di trasmetterle il mio entusiasmo, ma sembrava
un’impresa inutile. Mi avvicinai a lei sorridendo, mentre gli altri tornavano a
parlare tra loro, probabilmente per fingere di lasciarci un po’ di privacy.
Sapevo benissimo che erano attenti ad ogni singola parola.
“Bella, domani mi piacerebbe
portarti in un posto” le dissi fermandomi di fronte a lei. Le presi una mano,
incapace di trattenermi dal cercare un contatto con lei “Mi farebbe molto
piacere se accettassi il mio invito. E poi, sono certo che una ragazza
dall’inesauribile curiosità come te stia morendo dalla voglia di vedere cosa ci
succede al sole, giusto?”
Un tremito scosse il corpo di
Isabella. La testa di Jasper scattò immediatamente nella nostra direzione.
Edward, è terrorizzata!, mi comunicò allarmato.
Cosa avevo combinato, adesso? Me
e la mia boccaccia!
Le posai una mano sulla guancia,
facendole voltare il capo verso di me. Il suoi occhi d’oro erano lontani, persi
in qualche lontano ricordo. Un ricordo doloroso e terrificante, a giudicare
dall’espressione sconvolta che aveva in viso.
“Bella” la chiamai mortificato. La mia voce sembrò riscuoterla.
Rinchiuse nuovamente i suoi veri sentimenti dietro quello sguardo apatico e
insofferente, rendendo i suoi occhi imperscrutabili, lastre dure e lontane,
pugnalandomi.
Edward, distraila, mi suggerì Carlisle, Non permetterle di tornare con la mente a ricordi dolorosi. Tienila
legata a te.
Ignorai la fitta la petto e mi
rivolsi nuovamente a lei, tentando di restare tranquillo. “Allora? Ti
piacerebbe trascorrere la giornata in mia compagnia?”
Sulle sue labbra sbocciò un
accenno di sorriso. Si liberò dalla mia presa con dolcezza, carezzandomi per un
attimo il dorso della mano. “Si, mi piacerebbe molto” rispose. Poi si voltò
verso gli altri. “Beh, allora io torno a combattere con
Scomparve volando verso le
scale.
La fissai impotente,
preoccupato.
Mi andai a sedere al pianoforte
senza alzare il coperchio.
Ancora una volta non ero in
grado di aiutare la mia stellina.
Ancora. Una. Maledettissima. Volta.
“… E mai, mai un vampiro deve
esporsi al sole. Pena, la morte”
Ansimai stremata, incapace di sopportare ulteriormente quel dolore
atroce.
Le catene infuocate di qualche resistente lega di loro invenzione mi
stringevano dolorosamente i polsi e le caviglie, bruciandomi con il loro calore
insopportabile. Come se non gli bastasse torturarmi con il fuoco, il ferro mi
trasmetteva irregolarmente lunghe scariche elettriche ad alto voltaggio.
Era un dolore assurdo. Nonostante il mio corpo potesse resistere a
questo senza morire, erano ormai quattro mesi che continuavano a torturarmi.
Questo metodo, per me, era una pausa. Per loro, un test per provare la mia
resistenza.
Fissai con odio quegli uomini, quei maledetti stronzi che avevo
davanti, circondati dai loro paggetti. Li odiavo. Li odiavo, odiavo, odiavo con tutta me stessa. Erano loro i miei
carcerieri, erano loro i colpevoli di tutto.
La mia rabbia crebbe a dismisura. I miei sentimenti erano
incontrollabili, crescevano e scoppiavano improvvisi, facendomi perdere la
ragione.
“Perché sei una neonata” mi aveva detto quel… maledetto vampiro.
Erano quattro mesi – mi avevano confessato ridendo – quattro mesi che
ero lì, alla loro mercé. Quattro mesi che soffrivo come un cane perché non mi
piegavo alla loro volontà come tutti quegli idioti che li seguivano baciando la
terra dove camminavano.
Non mi sarei mai piegata a
loro.
“Mi hai capito, Isabella?” mi chiese l’albino, Caius.
Un’altra scarica mi trapassò la spina dorsale, facendomi inarcare la
schiena e lanciare un urlo di dolore. Quando passò ricaddi su me stessa, rimanendo
in piedi solo grazie alle catene. Boccheggiando, alzai il capo e li fissai con
odio.
Caius mi prese con rabbia il mento tra le mani. “Mi hai capito?”
Gli sputai in faccia, scoprendo i denti.
Un secondo dopo, due pugni in pieno stomaco mi fecero gemere dal
dolore. Caius mi prese per i capelli ringhiando mentre Corin mi colpiva
nuovamente con una ginocchiata.
Mentre avvicinava il mio volto al suo, notai lo sguardo sorpreso di una
delle guardie, un ragazzo di diciassette anni, avvenente. Alec. Il paggetto di
Aro.
Mi fissava stupito, meravigliato quasi.
Una risata allegra interruppe il ringhio di Caius.
Aro batteva le mani, contento, come se stesse assistendo a una scena di
qualche rappresentazione teatrale.
“Fratello, placa il tuo animo bellicoso” disse mettendo la mano sulla
spalla dell’albino. “La nostra giovane amica è troppo impulsiva. È una
caratteristica della sua giovane età. Anche noi siamo stati neonati, un tempo,
e anche noi eravamo schiavi dei nostri irragionevoli sentimenti”
Mi fissò con uno sguardo rassegnato, come se fissasse la sua prediletta
figlia che aveva combinato qualche marachella.
“Isabella, il tuo temperamento arrogante non è stato raddrizzato dalle
nostre punizioni, vedo” sospirò sconsolato “Non credo che tu sia masochista a
tal punto da costringerci a prendere provvedimenti ancora più drastici”
Mi morsi la lingua per non rispondere. Aro sembrava un docile folle, ma
era il più pericoloso della cricca.
Era l’unico a farmi realmente paura, fino ad ora.
“Quindi, abbiamo pensato a un nuovo metodo educativo, per te” disse
lasciandomi una carezza sulla guancia che mi fece tremare. Si raddrizzò e batté
due volte le mani.
Due battiti veloci, due cuori terrorizzati, annunciarono l’arrivo di
ospiti umani.
Nella mia cella una guardia scortò dentro due bambini, uno di sette
anni e l’altra di cinque, che si tenevano per mano, fissandosi attorno in preda
alla paura. Fratelli, quasi sicuramente.
Il loro odore mi giunse chiaro e forte alle narici. Bloccai il respiro,
distogliendo lo sguardo.
Mai, mai, mai, avevo giurato a me stessa, avrei
alzato un dito su gli umani. Non sarei mai diventata come loro.
La combriccola ignorò i nuovi venuti, continuandomi a prestarmi
attenzione.
“Ti è chiaro ciò che ti abbiamo detto?” ripeté dolcemente Aro.
“Cosa ci succede al sole?” chiesi arrogante.
Lo schiaffo di Caius mi arrivò forte in faccia. “Non ti serve saperlo.
Non vedrai mai la luce del sole, quindi inutile che ti poni il problema” disse
duro “Rispondi: hai capito sì o no?”
“Fottiti, stronzo!” ringhiai, tentando di morderlo, ma un’altra scarica
mi tolse il respiro.
Aro sospirò.“Isabella, la tua ribellione mi costringe a prendere misure
molto severe”
Schioccò le dita e Jane si avvicinò al bambino. La fissai terrorizzata,
capendo.
Non potevano farlo… non potevano arrivare a tanto…
Erano bambini, santo Iddio!
“Oltre a punire te, da ora in avanti se non farai ciò che ti ordineremo
puniremo anche un innocente” disse Aro dispiaciuto “Mi dispiace, ma sei stata
tu a costringerci ad farlo”
“No, no!” urlai, terrorizzata, dibattendomi “Ti scongiuro, non farlo!
Ti prego, ti supplico, lasciali in pace! Punite me, vi scongiuro!”
“Eh, Isabella, mi spiace ma non si può più tornare indietro” disse Aro
fissando con curiosità il tremore dei bambini, che si erano abbracciati per
proteggersi a vicenda.
“VI IMPLORO!” urlai piangendo disperata, dimenandomi nel tentativo di
liberarmi “VI SCONGIURO! VI CHIEDO UMILMENTE SCUSA! NON LO FARO’
Jane si arrestò a un gesto della mano di Aro. “Giuri, Isabella?” mi
chiese.
“Si. Si, lo giuro…” mormorai senza forze, con ancora la paura addosso.
“Bene, allora” disse facendo un cenno a Jane.
Il mio urlo di terrore si sovrappose a quello della bambina, quando
Jane staccò la testa dal ragazzo più grande, facendola rotolare ai miei piedi.
Il corpo decapitato si afflosciò al suolo, riversando la linfa vitale scarlatta
su mattonato. La bambina terrorizzata tentò di indietreggiare, ma Jane
l’afferrò malamente per un braccio, impedendole di muoversi.
“Una punizione era necessaria, mia cara” disse Aro scuotendo il capo
con finto rammarico “Se non ci avessi costretto, ora potresti banchettare con
questo nettare… che peccato, sembrava delizioso”
Io fissavo sconvolta la pozza scarlatta che si allargava sotto i miei
piedi.
Io.
Ero io la causa della morte
di quel ragazzo.
Era stata tutta colpa mia.
“Non si ripeterà più una cosa del genere, vero, piccola Isa?” mi chiese
allegro Aro.
Quel sangue innocente era stato versato per causa mia…
Per il mio stupido orgoglio…
Colpa mia…
Solo colpa mia…
Io ero un mostro.
Non erano solo i miei poteri ad essere malvagi. Ero io stessa una
creatura demoniaca.
Un abominio che andava
eliminato.
“Ah, Caius, se vuoi…” disse Aro al fratello.
Alzai lo sguardo appena in tempo per vedere Santiago balzare sulla
piccola.
La bambina mi rivolse uno sguardo terrorizzato, pieno di lacrime, prima
che la sua gola venisse tagliata e il suo sangue versato sulle mattonelle.
E in quegli occhi scuri vi lessi dolore, paura e accusa. Mi accusava
della loro morte, con giusta rabbia.
“Ti lasciamo sola a riflettere” disse Aro uscendo, sorpassando i corpi
senza fissarli.
Continuai a guardare orripilata i corpi, mentre il sangue allagava il
pavimento, scorrendo in lenti rivoli verso di me.
Jane si chinò, immergendo due dita nel liquido vischioso, per poi
rialzarsi e venirmi incontro; ero incapace di muovermi, di staccare gli occhi
da quei corpi...
Colpa mia...
“Come ci si sente ad essere responsabili della morte di qualcuno?” mi
chiese, passandomi le dita sporche sulla guancia. Con un ghigno, se ne andò
richiudendosi la porta alla spalle.
I corpi delle due creature rimasero lì, davanti a me, decapitati.
Il loro sangue macchiava il pavimento, i piedi, macchiando la mia
anima.
Era colpa mia…
Erano morti per colpa mia…
E gli occhi spalancati della bambina continuarono a ricordarmelo,
fissandomi per giorni.
Lanciai un grido di terrore,
balzando dall’altra parte della stanza.
La mano di Edward rimase a
mezz’aria, mentre il suo sguardo si posò su di me, addolorato.
La sua figura era appannata, distorta
dalle lacrime che copiose scendevano sul mio viso, cadendo sul pavimento.
Mi aveva spaventata, non lo
avevo sentito.
“Ero venuto a… a portarti il pranzo”
sussurrò addolorato, abbassando il braccio. I suoi occhi rilucevano di dolore.
“Ti ho chiamato, ma non mi rispondevi, così sono salito”
Spostai il mio sguardo sul
comodino, dove un vassoio pieno di prelibatezze made by Esme attendeva di
essere consumato. Puntai poi miei occhi nei suoi, tentando di dare un senso
alle sue parole.
Tentando di far scemare dai miei
occhi quel rosso sangue…
“Bella, va tutto bene?” si
azzardò a chiedere, scrutandomi in volto.
“Si. Si, tutto… bene” dissi
tirando su col naso, asciugandomi poi le lacrime “Il pranzo… sì… grazie… mi lavo le mani e…”
Andai (scappai) nel mio bagno,
aprendo l’acqua del lavandino. Mi insaponai i palmi e iniziai a sfregare e mani
con energia, per poi sciacquarle. Alzai lo sguardo nello specchio per guardare
in che condizioni pietose ero ridotta, e per poco non lanciai un altro urlo.
Sulla mia guancia candida due
strisce rosse… il sangue delle mie prime vittime…
Tremai, aggrappandomi al lavello
per non cadere, lasciando delle impronte di sangue sulla ceramica bianca. Mi
osservai i palmi orripilata. Sotto la schiuma che scendeva sui miei polsi il
rosso dei morti imbrattava la mia pelle.
Le mie mani erano sporche. Io
ero sporca del sangue di centinai di innocenti, morti a causa mia.
Per la mia testardaggine…. La
mia arroganza… La mia dannata
curiosità…
Strofinai forte, sempre più
forte, sia il viso che le mani, ma il sangue non se ne andava, non se ne
sarebbe mai andato. Il sangue di tutti gli innocenti che portavo sulla
coscienza…
Le mani di Edward mi afferrarono
i polsi, bloccando i miei gesti febbrili.
“Vuoi scorticarti a morte, per
caso?” chiese preoccupato, quasi impaurito.
“No… no! Lasciami! Io devo…”
piansi, tentando di scrollarmelo di dosso. “Lasciami! Lasciami! Sono sporca! Sono sporca! Devo
toglierlo, ma… ma il sangue non se ne andrà, non se ne andrà mai!”
“Ma che… sangue? Cosa dici?”
“Non se ne andrà, non se ne
andrà! È colpa mia, solo mia…” urlai distrutta “Vattene! Va’ via! VATTENE VIA!”
“Che cosa… Cristo! Edward, che diavolo ha?”
“Emmett, credo che abbia un attacco
di panico!” urlò spaventato Edward, tentando di impedirmi di farmi del male “Chiama
papà!”
“Non c’è! È uscito, ci siamo
solo noi tre a casa!”
“Cazzo, Emmett! Tu sai cosa si
devo fare, ci sei passato…”
“Ma non così, Edward! Con Rose,
io…”. Vidi la sua figura imponente fermarsi davanti a me, e prendermi per le
gambe.
Mentre continuavo a piangere e
agitarmi, mi deposero a fatica sul letto.
Un secondo dopo, il peso di
Edward mi era sopra. Mi abbracciava forte, impedendomi di muovermi, di farmi
del male. Strinsi le mani nelle sue braccia piangendo disperata, cercando un
appiglio, un qualcosa che mi facesse scordare, dimenticare l’essere mostruoso
che ero…
“Che devo fare? Cosa devo fare?”
chiese il mio angelo, singhiozzando al mio orecchio.
… ma ero completamente ricoperta
di sangue.
Sangue che ora sporcava anche
Edward. Le sue mani, il suo volto, i suoi vestiti macchiati dalle mie colpe,
dai miei peccati.
No, no! Non lui! Lui non doveva
aver nulla a che fare con quello! Non potevo macchiarlo! No, no!
Basta… vi prego, portatemi via!
Uccidetemi, salvatemi, ma vi
prego… fate smettere tutto questo….
“Bella… stella mia…”
La voce di Edward mi appariva
vicina e lontana, mentre il mare rosso mi sommergeva.
La sua guancia si strusciava
alla mia, carezzandomi piano, sporcandosi di rosso. Tentai di divincolarmi, di
liberarmi dalla sua presa, di proteggerlo, ma niente, continuava a tenermi
stretta, impedendomi di scappare.
“Bella, concentrati solo sulla
mia voce, va bene?” disse tentando di controllare la paura nella sua “Sono qui,
sono accanto a te, Bella. Va tutto bene. Sei al sicuro, qui. Ti proteggerò io,
da ogni cosa. Stai tranquilla. Fai dei respiri lenti e profondi. Segui il mio
respiro, piano… Inspira ed espira. Non avere paura. Ti prego, non avere paura…”
Lanciai un grido disperato,
mischiato ai miei singhiozzi. Rivivevo la scena, ancora, e ancora. Sapevo che
dovevo aiutarli, ma non riuscivo a muovermi. E il sangue scorreva ancora, e
ancora, e ancora…
“Bella! Ti prego, ti prego,
Bella, ascoltami!” gemette Edward, con voce rotta per il pianto.
Piangeva. Edward piangeva per
me…
“Ti prego, Bella, ti scongiuro,
ascoltami. Prova a… respirare con me” mi implorò “Piano. Inspira ed espira”
Sentii il suo petto alzarsi e
poi riabbassarsi, sfiorando il mio. Una volta, due, tre…
E pian piano iniziai a seguire
il suo ritmo, nonostante il bruciore al petto e i singhiozzi che mi laceravano
l’animo.
Era tutto sbagliato, io non
avrei dovuto approfittare della bontà di Edward, io…
Le lacrime scendevano sulla mia
pelle, scivolando poi su quella di Edward.
Lacrime di cristallo scarlatto.
“Andrà tutto bene, Bella… ti difenderò io, da ogni cosa” ripeté ancora.
Singhiozzai. Un ultimo, disperato
gemito.
“Non p-puoi… proteg-germi da me…
stessa” singhiozzai.
E il mare rosso mi sommerse,
trascinandomi negli abissi dell’oblio.
Lievi… delicati…
Tocchi leggeri come quello di
una farfalla sfiorava lento il mio braccio per tutta la sua lunghezza,
diffondendo un piacevole calore in tutto il resto del mio corpo.
Era un movimento ipnotico,
appena percettibile. Ogni cellula della mia epidermide sembrava voler
raccogliere le sensazioni che quel gesto mi stava scatenando.
Su… giù… su… giù…
Piano, come se le dita si
stessero beando della morbidezza della mia pelle.
Mi mossi leggermente, sospirando,
alla ricerca di quel contatto.
La mano che mi stava
vezzeggiando il braccio si fermò un istante, per poi riprendere il suo
movimento.
Mi strinsi un altro po’ su me
stessa, tirando verso il mio mento le coperte, percependo un braccio, maschile,
a giudicare dalla forma, stringermi forte la vita.
Maschile…
Non ricordavo come fossi
arrivata al mio letto.
Avevo un vuoto di memoria.
Strano, non mi era mai successo. Anche da umana avevo una memoria da elefante,
come mi dicevano scherzosamente tutti i miei amici. Non avrei mai pensato che
da vampira avrei iniziato a perdere colpi.
Mi sforzai di ricordare.
Mi ricordai della sorpresa in
bagno (questa volta Alice me l’avrebbe pagata cara); mi ricordai di Edward,
venuto a darmi una mano; mi ricordai di esser scesa giù, perché Alice ci doveva
parlare…
“Domani ci sarà il sole…”
L’ansia che mi attanagliò in
quel momento, permettendo ai fantasmi di uscire…
“Una ragazza dall’inesauribile curiosità come te stia morendo dalla
curiosità di vedere cosa ci succede al sole, giusto?”
Le parole che,
involontariamente, avevano scatenato i miei ricordi…
“VI SCONGIURO! VI CHIEDO UMILMENTE SCUSA! NON LO FARO’ PIU’, STARO’ AL
MIO POSTO! MA VI PREGO, NON FATE LORO DEL MALE!”
Ancora la mia supplica, la mia
condanna nei confronti dei due piccini…
“Sono sporca! Sono sporca! Devo toglierlo, ma… ma il sangue non se ne
andrà, non se ne andrà mai!”
Il sangue che aveva preso a
scorrermi addosso, come tutte le volte che mi prendeva una crisi…
“Andrà tutto bene, Bella… ti difenderò io, da ogni cosa”
“Non p-puoi… proteg-germi da me… stessa”
Edward…
Un soffio di aria fredda mi
colpì i capelli, facendomi aprire di scatto gli occhi.
“Edward” mormorai. La mia voce era bassissima..
La mia camera era buia,
illuminata solo dai raggi della luna, che per una volta aveva la meglio sulle
nubi di Forks.
Davanti ai miei occhi solo un
tessuto di un azzurro chiaro, cotone probabilmente, con una fila di bottoni
bianchi… di certo non erano le mie lenzuola.
Alzai il viso e potei bearmi del
viso perfetto di Edward. Perfetto nel suo stato spossato e distrutto. Le occhiaie,
nonostante gli occhi scintillassero luminosi nel buio grazie alla loro tonalità
dorata, erano profondamente marcate, e il suo sguardo trasmetteva un’angoscia e
un’ansia così profonda che mi provocarono un brivido di paura.
Accidenti a me. Quest’ultima
crisi era stata così grave?
Ero stata io a ridurlo così?
“Edw…” mormorai con voce fioca,
sfiancata dal troppo pianto e dalle troppe grida, ma lui non mi fece finire.
“Oh, Bella!” gemette,
scagliandosi contro di me e abbracciandomi forte, portandosi sopra il mio
corpo.
Trattenni il respiro,
cristallizzata dalla sorpresa, le braccia rigide lungo i fianchi.
Le sue, invece, mi stringevano
spasmodicamente al sé, come se volesse accertarsi che fossi realmente lì, con
lui; come se potessi svanire da un momento all’altro.
Il suo corpo tremava come scosso
da brividi di febbre, mentre scuoteva la testa nell’incavo della mia spalla,
solleticandomi il mento con i suoi capelli. Sussurrava a velocità troppo alta
perché potessi capirlo, e stava parlando a un centimetro dal mio orecchio.
Sollevò di scatto il capo,
incatenando i suoi occhi ai miei; i suoi erano lucidi di lacrime invisibili, la
bocca leggermente aperta.
Non riuscivo a fare altro se non
guardarlo.
Stavo lì, semplicemente, e lo
fissavo. La mia mente era come vuota, distrutta da tutta la valanga di ricordi
che per così tanto avevo fermato e che mi si era riversata addosso tutta in una
volta.
“Bella” mi chiamò ancora Edward,
quasi gustando ogni lettera del mio nome.
Si chinò poi verso di me,
posando le sue labbra sulla mia fronte, depositandovi un lungo bacio.
Un tremito mi scosse quando le
sue labbra toccarono la mia epidermide, ma ancora non avevo riacquistato tutte
le facoltà per recepire ciò che accadeva a e intorno a me.
Quando quel contatto idilliaco finì
il mio angelo posò la fronte contro la mia, chiudendo gli occhi sopraffatto quanto
me da tutte quelle emozioni.
“Ho avuto così tanta paura di
perderti…” disse con un singhiozzo, posando una mano sulla mia guancia e
accarezzandomi lieve con il pollice lo zigomo “Così tanta… Non sapevo cosa
fare, come aiutarti, come… ho pensato che…”
S’interruppe, soffocando un
altro singhiozzo; mosse lentamente la testa a destra e a sinistra, strofinando
le nostre fronti, mentre le sue mani mi accarezzavano lievi il volto.
Tremante, allungai le braccia
sulla sua schiena, posandole inizialmente con molta delicatezza, e poi, come se
mi fossi davvero resa conto che Edward era lì con me, che non era solo una
rivelazione mistica, lo strinsi con tutta la forza che avevo in corpo,
iniziando nuovamente a piangere. Edward passò una mano sotto la mia schiena,
per poi sollevarmi e stringermi al suo petto.
Passato e presente, ancora una
volta, distorsero la mia vista, attirandomi nel loro vortice e non facendomi
distinguere la realtà.
“Chiedo scusa… chiedo scusa!”
continuavo a singhiozzare stringendomi ad Edward. Non sapevo a chi stavo
pregando di perdonarmi: se alle mie vittime o al mio angelo. “Io non volevo,
non volevo… mi dispiace! Chiedo scusa!”
“Perché? ”
La voce di Edward risuonò
nell’aria come un tuono, ponendo fine al mio pianto. Non l’avevo mai sentito
così… impotente. Disperato.
“Perché devi sempre chiedere scusa?” singhiozzò “Tu, che non faresti mai del male a
nessuno. Tu, che tra tutti quelli
della nostra specie sei la più pura. Perché
proprio tu ti senti in dovere di
chiedere perdono per colpe di cui non ti saresti mai voluta macchiare?”
Tentai di distogliere lo sguardo
dal suo volto, ma delicato mi imprigionò il viso tra le sue mani e mi costrinse
a guardarlo. Altre due lacrime scorsero sulla mia pelle, e ancora una volta lui
le asciugò.
“Dici di essere sporca. Hai
fatto tu, di tua spontanea volontà, qualcosa per meritarti questa colpa? O è
stato l’operato di altri, che poi hanno riversato le loro colpe su di te,
facendotene assumere la responsabilità, a farti credere questo?” proseguì
pacato, osservando ogni minimo cambiamento nella mia espressione.
“Io non ci credo” disse poi
deciso. I suoi occhi arsero di una determinazione assoluta. “Non ci credo, né
mai ci crederò. Tu non potresti nemmeno volendolo fare del male a qualcuno. Non
sei un mostro, Isabella, non lo sei. Non potresti mai esserlo”
Poggiò la fronte contro la mia,
chiudendo gli occhi. Le sue mani accarezzarono delicatamente le mie guancie.
“Tu non sei un mostro, Bella” sussurrò “E vorrei tanto, più di ogni cosa al
mondo, che tu smettessi di vederti in questo modo, e iniziassi ad essere veramente
felice”
“Fammi dimenticare”
Edward spalancò gli occhi,
incredulo.
Io lo fissavo, senza poter fare
niente per fermare le lacrime.
Disperata. Vuota. Esausta.
Ecco come mi sentivo in quel
momento. Disperata. Vuota. Esausta.
Non potevo più sopportare tutto
questo, non ne potevo più.
I ricordi, il dolore,
l’angoscia, la confusione, le belle parole… Tutto, tutto mi sembrava inutile e
superfluo in quel momento. Ogni mia azione, ogni mio maledetto minuto di
esistenza, ogni singolo respiro che rubavo alla vita era… male. Inutile e
malvagio. Non potevo scappare da quello che ero. Non potevo fuggire da quello
che avevo fatto.
Disperata. Vuota. Esausta.
E nessuna, nessuna bella parola,
anche mormorata dal mio angelo, poteva salvarmi dai miei peccati.
Era inutile. Ogni mia azione era
inutile.
Non l’avevo voluta io questa
vita. Io non l’avevi chiesta!
Io non la volevo, non la volevo,
maledizione! Questa falsa imitazione di vita, questo schifo di esistenza io non
l’avevo chiesto! Io non volevo essere l’eccezione, non volevo essere speciale,
non volevo essere vampira!
Disperata…
Non avevo scelto io! Non era
stata colpa mia!
Le morti sulla mia coscienza… io
non le volevo! Ero stata costretta a provocarle, io non le volevo! Non era
stata colpa mia! Io volevo…
Volevo solo… dimenticare. Tutto.
Tutti.
Illudermi, magari per sempre,
dimenticando ogni mia colpa. Evadere da quella realtà che mai avrei chiesto.
Vuota…
Era egoistico negare di essere
portatrice di morte.
Era sbagliato portare giù nel
mio inferno chi non aveva colpa.
Ma non potevo più sopportare
tutto quello.
Volevo solo… dimenticare.
Esausta.
Edward annuì, in silenzio, in
risposta alla mia domanda.
Affondai il viso nel suo petto,
lasciando scorrere le lacrime, tentando di soffocare i singhiozzi e
dimenticare.
Dimenticare tutto.
*
“Mise… miseriaccia!” sbottai
muovendomi prima a destra e poi a sinistra, tentando (inutilmente) di abbassare
quella maledetta gonna di quel maledetto abitino che quella maledetta di mia
sorella Alice mi aveva così amorevolmente preparato il giorno prima.
“Miseriaccia!” esplosi ancora,
fissandomi nell’enorme specchio ad altezza d’uomo.
Decolté generoso ma non volgare,
seta verde acqua con una strisca nera appena sotto il seno che scorreva come
acqua sul mio corpo e rendeva praticamente quell’abito inesistente, e dulcis in fundo la gonnellina che mi
arrivava – ora che l’aveva abbassata – appena sopra il ginocchio.
“Maledizione, Alice!” sbottai,
osservandomi contrariata “Vado nel bosco, non in spiaggia!”
Ma purtroppo non potevo sfogare
la mia giusta rabbia repressa su quel
maledetto elfo natalizio alto più di un puffo ma meno di uno dei Sette Nani. La
signorinella, infatti, si trovava da qualche parte molto lontano da Forks, a
godersi il sole insieme al suo caro maritino. Una volta tornati avrei dovuto
consigliare il divorzio a Jasper, o almeno un buon analista.
Sospirai, gettando un’occhiata
alla mia finestra sprangata. Edward l’aveva completamente chiusa, in modo che
non una singola goccia di luce potesse filtrare degli interfissi della persiana.
Voleva farmi un sorpresa, aveva
detto.
La fissai a lungo.
Fuori c’era il mio incubo. Forse
ero ancora in tempo per…
Scossi il capo. No. Non oggi.
Mi voltai dando le spalle alla
finestra e fissai con orrore LE SCARPE.
Nere, un paio di micidiali
decolté dal letale tacco
Neanche morta, mi dissi rabbrividendo.
Oh, tu le indosserai, Bella,
mi ordinò categorica una voce che assomigliava in tutto e per tutto a quella
del folletto sadico e maligno.
No, Alice, neanche se mi paghi in Edward, risposi al mio inconscio.
Bella, non farmi arrabbiare e
indossale, altrimenti non so che ti faccio.
No. No, no e no. Tanto sei lontana e prima di due giorni non tornerai.
Ti ho nascosto tutte le altre
scarpe.
Andrò scalza.
Il mio cellulare vibrò, riscuotendomi
dalla lite con la mia Alice interiore.
Duh. Peggio ancora della
classica lotta psicotica che stavo avendo. Un
messaggio da Alice.
Mi hai DISOBBEDITO deliberatamente. La pagherai. Sta pur certa che me
la pagherai. CARISSIMA.
Alice mi avrebbe uccisa, di
sicuro. Beh, tanto valeva godermi il mio ultimo giorno in questa terra.
Posai il telefonino sul comò e
ignorando le scarpe mi fiondai rimuginando sulla terribile punizione che mi
aspettava. E anche se parlare con la proprio aguzzina interiore fosse un più o
meno grave, dal punto di vista psichiatrico, della semplice chiacchierata con
la propria doppia personalità.
Avrei dovuto chiederlo ad Esme.
Era lei la psicologa dopotutto.
Scesi in salone, cercando con
gli occhi la figura di Edward nonostante il buio più assoluto che dominava la
casa. Aveva completamente chiuso ogni singola fessura dalla quale la luce
solare avesse potuto far capolino, andando contro il suo volere.
“Edward?” lo chiamai, ma un
improvviso spostamento d’aria alle mie spalle mi fece sobbalzare.
“Ssh, sono io!” ridacchiò,
posandomi una mano sulla bocca per non farmi urlare. Nel buio, i suoi occhi
rilucevano di impazienza e eccitazione per la nostra giornata.
Mi rilassai respirando il suo profumo
squisito.
“Mi hai fatto venire un infarto,
renditene conto. E pentitene, soprattutto” dissi.
Ridacchiò, per poi osservarmi
dall’alto in basso. “Niente scarpe?” chiese divertito.
“Decolté dal tacco quindici? Ma
scherzi?” replicai “Se vuoi assistere al mio suicidio, posso anche andare a
prenderle”
Rise sottovoce. “No, oggi no. Mi
sorprende che Alice non sia arrivata qui per costringerti a metterle”
“Mi ha minacciato di morte via
sms” dissi “Beh, dovrò godermi queste ultime ventiquattro ore”
Sorrise, posandomi delicatamente
sugli occhi un pezzo di stoffa.
“Ma che…?” iniziai, arrossendo.
“Ti ho detto che ti avrei
preparato una sorpresa” disse divertito, legandomi la banda “E di certo non ti
farò trascorrere la giornata nel semplice giardino di casa mia”
“A parte il fatto che il
giardino di casa tua è grande quanto un parco naturale” borbottai mente le sue
mani abbandonavano i miei capelli “Potrei sapere dove mi porti?”
Mi prese la mano e mi condusse
lungo il corridoio.
“Nel mio posto segreto” mi disse
allegro, con il tono di un bambino che confida il suo più grande segreto al suo
migliore amico.
“La cripta?”
La sua risata si disperse
nell’aria, mentre dopo aver aperto la porta di casa mi spingeva delicatamente
fuori.
Un calore più intenso del solito
accarezzò la mia pelle. Nonostante la benda, riuscii a vedere la luce forte del
giorno attraverso le palpebre chiuse.
Il sole. Mi stavo riappropriando
del sole.
Chinai il capo, abbracciandomi
le braccia per infondermi coraggio.
No, non ci riuscivo, io dovevo
rientrare. Non potevo non… mi dispiaceva per Edward, ma non me la sentivo. Gli
avrei detto che non ci potevo riuscire, e me ne sarei tornata in camera.
Un bel respiro e…
“Ah!” esclamai, sentendo la
terra mancarmi sotto i piedi e due braccia sollevarmi, una sotto le ginocchia e
una attorno alla vita.
“M-ma che…?” iniziai,
imbarazzata, accendendomi della mia solita tonalità viola.
“Ti porto in braccio, no?” si
giustificò allegro, iniziando ad avviarsi in non si sa quale direzione.
“M-ma, m-ma, ma…” protestai
agitandomi.
“E dai” brontolò “Non sai la
strada, e così bendata prenderesti in pieno un albero”
“Dubiti delle mie capacità
motorie?!” sbottai offesa.
“Beh, sì”. Assolutamente
angelico nel rispondere, lui. Assolutamente incazzata nella reazione, io.
“Grandissimo farabutto, meschino,
infido!” iniziai tempestandolo di colpi sulle braccia e sulle spalle (forse;
non vedevo molto bene dove colpivo) “Mettimi giù! Mettimi subito giù, o giuro
che ti strozzo! Edward, dico sul serio!”
Ma lui continuò a ridere.
Sentii il rumore del fiume
vicino casa farsi più forte e l’odore degli alberi secolari arrivò pungente al
mio naso. Edward mi strinse più forte al
suo petto. “Si salta!” mi avvertì, e con un balzò saltò il fiume, per poi
iniziare a correre velocemente.
“Ce l’hai ancora con me?” mi
chiese di ottimo umore.
“Assolutamente” annuii, con
ancora le braccia strette sotto il seno, offesissima.
Rise, stringendomi più a sé.
Sbuffando, appoggiai la testa contro il suo petto, mantenendo però il mio
broncio. “A volte sei insopportabilmente irritante” lo accusai brontolando.
“E tu sei deliziosamente
stupenda quando ti imbronci” replicò.
Arrossii. “Bugiardo ruffiano”
“Bellissima stellina”
“Piantala!”
“Sto solo dicendo la verità”
“Non è vero! Lo fai solo perché
vuoi che ti perdoni!”
“Invece no! E poi, non è vero
che ce l’hai con me”
“Si!”
“No!”
“Si-i!”
“No-o!”
“Uffa! Edward!”
“Bella!”
“Ti odio”
“Io di più”
E scoppiammo a ridere, felici.
Inspiegabilmente,
incredibilmente, mi sentivo felice. Follemente felice.
Mi accoccolai meglio tra le sue
braccia e ispirai il suo buon profumo. Miele, lillà e sole, dominato dal
selvaggio profumo del mare. Il suo profumo. La mia droga.
Iniziò allegramente a
fischiettare un motivetto dolce, che riconobbi dopo un po’ come Angel’s Lullaby.
“L’hai finita, poi?” chiesi
continuando a mantenere gli occhi chiusi.
“Cosa?” chiese
“Angel’s Lullaby” spiegai.
“Ah. La sto revisionando” disse
contento “Ancora te la ricordi?”
“Ti pare che possa scordarmela?
Hai promesso che me l’avresti suonata! E poi, è bellissima” risposi “Possibile
che dubitiate sempre delle mie capacità memoniche e fisiche?”
“Mi avvalgo della facoltà di non
rispondere”
“E questo che significa?”
“Che siamo arrivati”
Tacqui immediatamente, voltando
la testa davanti a me, sporgendomi per tentare di vedere qualcosa oltre lo
spesso tessuto nero.
Edward ridacchiò. “Bella, alla
tua destra”
“Oh” borbottai, arrossendo.
Lentamente mi depose a terra,
per poi abbracciarmi la vita e spingermi contro il suo petto, voltandomi nella
direzione giusta. Posai le mani sulle sue, completamente rilassata.
“In primavera è ancora più
bello” spiegò, con una punta di imbarazzo “Sai, con i fiori eccetera. Ma
d’inverno, in questo periodo, quando l’erba ancora splende non coperta dalla
neve, e gli alberi sussurrano… ti sembra veramente di avvertire la vita della
foresta scorrere intorno a te. Di poter assistere alla sua crescita, alla sua
storia, a quel disegno divino che ha fatto in modo, forse, che noi ci trovassimo
qui, su questa terra. È un qualcosa che mi lascia… senza fiato. Ogni volta che
vengo qui, è come se la natura stessa mi parlasse”
Le sue parole mi avevano rapito,
entrandomi nel profondo e facendomi provare una scossa molto forte al cuore. Si
vedeva tutta la passione, l’amore che provava per qual luogo da lui definito
magico. Solo…
“È bellissimo Edward” sussurrai
rapita, sentendo la sua stretta aumentare impercettibilmente “Però…”
Mi voltai verso di lui e mi
indicai il volto. “Ti dispiacerebbe sciogliermi la benda e permettermi di
vedere questa meraviglia di bosco?”
Lo sentii irrigidirci e trattenere
il respiro. “Che deficiente!” mormorò sbattendosi la mano sulla fronte.
Scoppiai a ridere del suo
imbarazzo, mentre lui armeggiava con la benda.
“Ah, ah, ah! Hai rovinato il
momento! ah, ah, ah!” risi, senza potermi trattenere alla vista della sua
espressione.
“Già. E dire che ci avevo messo
una notte a escogitare tutto questo” borbottò imbarazzato e soprattutto molto
irritato, evitando di guardarmi e passandosi una mano tra i capelli.
“Che idiota” sbottò, dandomi le spalle.
“Vuoi dire che ti prepari le
frasi la notte?” scherzai parandomi di fronte a lui “L’avevo detto io che non
era possibile che te le inventassi sul momento!”
“Guarda che non mi preparo il
discorso!” ribette piccato. Il suo volto era stravolto dall’imbarazzo, ed era
adorabile.
“Dai, scusa, scherzavo!” dissi
prendendogli il viso tra le mani “Su, fammi vedere il tuo posto segreto”
E così dicendo sbirciai dietro
la sua spalla, rimanendo a bocca aperta.
Una radura circolare si stendeva
davanti ai miei occhi. La luce del sole illuminava ogni cosa all’interno dello
spazio non coperto dagli alberi, rendendo i colori più chiari e luminosi. Le
fronde degli alberi si muovevamo lente e sinuose grazie al vento che li
accarezzava, e l’erba verde si piegava al suo volere toccando il terreno. Qua e
là, alcuni piccoli fiori ancora si opponevano fieramente all’arrivo dell’inverno,
colorando quel mare verde. Lo scorrere di un fiume, lì vicino, riempiva l’aria
con il suo scrosciare.
“Ma è… meraviglioso” sussurrai a
mezza voce, completamente rapita da quello spettacolo.
“Edward, è davvero me…” mi
voltai verso di lui sorridendo, ma la gioia mi morì in volto quando non lo vidi
più accanto a me.
Lo cercai spaventata con lo
sguardo, e per fortuna lo trovai subito dopo ai margini della radura, sotto le
fronde di una abete enorme, che mi studiava circospetto, a braccia incrociate
sopra la camicia slacciata.
Lo fissai, mentre d’improvviso
la radura perdeva tutta la sua bellezza incantevole.
Il vero motivo per cui ero lì
era scoprire cosa ci accadeva al sole.
Porre fine ad una curiosità che
era costata vite umane, e non era, però, stata appagata.
Lo fissai con gli occhi lucidi,
chiedendogli consiglio; all’improvviso, il terrore mi era ripiombato addosso.
Edward socchiuse le labbra in un
espressione sofferente, facendo un movimento verso di me. Ma poi, incrociando
ancora di più le braccia la petto, tornò a posarsi sull’albero, aspettando una
mia mossa.
Mi dava campo libero. Se avessi
voluto scoprire qualcosa, lui sarebbe stato lì con me. Se avessi voluto tornare
indietro, sarebbe ritornato indietro con me, ricoprendomi anche gli occhi per
non farmi vedere.
Ecco il perché della benda, conclusi guardando il terreno. Oh, Edward…
Io non sapevo se volevo sapere…
io…
La conoscenza… le punizioni… il
dolore… le vite stroncate… Edward…
Ma dall’albero del Bene e del
Male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente ne
moriresti…
Ecco, ora anche
Cosa avrebbe dato a me la conoscenza? Altro dolore? Altre
vite infrante a causa mia?
Fissai Edward combattuta,
ammirandolo con un misto di titubanza e voglia.
Il mio frutto proibito.
Ecco cos’era lui. Il mio
peccato, la mia salvezza, il mio tutto, il mio… amore.
Lo fissai ancora, e in risposta
ottenni solo uno sguardo tormentato.
Lo fissai un secondo, poi… gli
allungai la mano.
Senza uscire dall’ombra, ma gli
allungai la mano. Forse, se avessi visto prima lui, se avessi minimamente capito,
poi avrei potuto provarci anch’io.
Se mi fosse stato vicino, ce
l’avrei fatta.
E, come Eva, raccolsi il frutto,
in barba a tutte le conseguenze.
Edward sorrise, raggiante. E
seppi di aver fatto la cosa giusta solo per quel sorriso. E, ma questo lo
realizzai dopo, per la visione che mi si parò di fronte.
Edward camminò fino al centro
della radura con passo elegante e ferino, come un leone che cammina glorioso
nella savana, irrorando il paesaggio con il suo essere.
Ma non era questo a sbalordirmi.
Il corpo di Edward, tralasciando
la perfezione di esso, brillava. Di mille e mille minuscoli diamanti, tanto da
farlo sembrare uno Swarovski formato umanoide. Un angelo niveo scolpito nel
cristallo più puro.
Il mio angelo.
Ero consapevole di avere lo
sguardo fisso su di lui, rapito e ammaliato, ma non ci potevo fare proprio
nulla. Anzi, non volevo fare nulla.
Lui era mio. Quella visione,
quella tentazione doveva rimanere solo mia.
Lui si portò una mano tra i
capelli, apparentemente lusingato dalla mia occhiata. “Beh, eccoci qui” disse
solo, allegro “Che te ne pare?”
Sei angelico, una visione, avrei voluto rispondergli.
Invece….
“Sembri una lucina di Natale"
Fu questa la mia grande uscita
romantica. Detta, per di più, con voce monocorde, come se fosse una semplice
regola di matematica e non la più grande bestemmia del mondo.
Edward mi guardò sgranando gli
occhi, allibito. Io avvampai.
“Ma sì, guardati, vai a
intermittenza!” continuai a sproloquiare agitando le braccia “Beh, forse più
che altro assomigli proprio allo shampoo che mi ha dato Alice tempo fa. Quello
bellezza che seduce… cioè, no, aspetta! La consistenza, cioè, praticamente
sembra che ti hanno ricoperto di quello… cioè… oddio, che figura!” completai
nascondendomi il viso tra le mani.
Incredibilmente, la sua melodica
risata irruppe nell’aria. Mi azzardai a sbirciare tra le mie dita, e lo vidi
piegato in due dalle risate, il volto ancora più bello e disteso. Era veramente
incredibile.
Bellissimo. Unico. Il mio
Edward.
Ansimando, si tirò su e mi
guardò con occhi pieni di brio.
Allungò una mano verso di me,
raggiante. “Ti va di vedere se anche tu sei una lucina di Natale?” mi propose
con un dolce sorriso.
Guardai prima la sua mano, poi
il suo viso. Per tre volte.
Poi, deglutendo, allungai una
mano verso di lui.
Edward’s pov.
Piegai le ginocchia, portando
poi le braccia su di esse e continuai a osservare quella graziosa ninfa mora
divertito, senza poter trattenere un sorriso dolce.
Isabella si studiava rapita,
sorpresa dalla brillantezza della sua pelle a contatto con la luce solare.
Allungò un braccio verso il
cielo, seguendone la traiettoria con gli occhi, ruotandolo delicatamente per
ammirare le miriadi di sfaccettature che giocavano sulla sua pelle,
impertinenti.
Un sorriso entusiasta le sbocciò
sulle labbra rosse, ampliando di riflesso il mio
Chinò il capo, osservandosi le
lunghe gambe snelle, spostando il peso da un piede all’altro.
Una timida risata le sfuggì,
mentre iniziava a danzare tra l’erba, muovendosi leggiadra e elegante, reggendo
tra le mani i bordi di quella sua gonnella corta. Sembrava una driade, che
danzava gioiosa celebrando con i suoi movimenti armoniosi la natura sua
genitrice.
Edward, vecchio mio, dovresti
smetterla di vedere il mondo come una stupida adolescente in crisi ormonale,
mi rimproverò il mio mostro interiore.
Come al solito, mai che potessi
illudermi un secondo di essere felice; arrivava sempre lui a ricordarmi che non
ne avevo la possibilità
Ma non ci potevo (o volevo) fare
nulla. Ogni minima cosa di lei, ogni singolo flebile fiato mi inspirava poesia,
grazia, bellezza. Era il mio angelo, la mia stella, il mio tutto.
Era l’unico sole della mia
eterna mezzanotte.
Edward, Edward, Edward, mio
piccolo, stupido Edward, Federico Moccia ti fa un baffo,
sospirò quasi disgustato il mio mostro interiore, A parte il fatto che non è tutto
questo granché, di donne migliori a questo mondo ce ne sono a iosa, ma ti sei
mai soffermato anche solo per un secondo a realizzare l’idea che lei non sarà
MAI, e ripeto MAI tua?
OH, MA VUOI STARE UN PO’ ZITTO, GRANDISSIMO ROMPICOGLIONI?!,
ringhiai interiormente.
Tacque. Per la prima volta in
tutta la mia esistenza, il mio mostro, la parte animalesca di me, tacque. Senza
protestare, senza ribellarsi, riuscii a relegarla in qualche antro nascosto del
mio subconscio.
E tutto per non rovinare il
nostro momento.
Tutto per non perdere di vista
lei.
Tutto per il desiderio di
dimostrale quanto potessi essere migliore, quanto stessi cambiando grazie al
suo aiuto, grazie a lei. Per lei.
Perché, inconsciamente o meno,
io ero cambiato. Radicalmente cambiato. Il mio intero essere era rinato,
rigenerato grazie alla sua presenza. Ed era ormai inutile negarlo, inutile
cercare di nasconderlo. Tentare di seppellire qualsiasi sentimento stessi
iniziando a provare nei confronti di Isabella sarebbe stato solo un terribile,
incancellabile peccato. Un’eresia, un comportamento blasfemo.
E non mi importava se qualcuno
mi avesse preso in giro per il mio nuovo modo di osservare il mondo.
Non mi importava se qualcuno
avesse criticato i miei atteggiamenti o i miei comportamenti.
Non mi importava se le mie azioni
risultassero sempre più strane, i miei comportamenti più schizofrenici e il mio
linguaggio troppo sdolcinato o patetico.
Non importava.
Perché a me piaceva.
Era il mio nuovo me.
Il me migliore.
Il me che Isabella aveva
plasmato, e che per lei solo viveva. Unicamente per lei.
Continuai a guardarla giocare,
portando il mento sopra un ginocchio.
Era questa
Ma se da una parte il suo
comportamento infantile mi faceva tenerezza, dall’altra una rabbia cieca mi assaliva
ogni qual volta pensavo che tutte queste emozioni, queste sensazioni, la vita in generale, le fossero state
sottratte e poi precluse da un manipolo di avidi spietati assassini.
Per la loro cupidigia, Bella era
stata strappata alla sua famiglia, era stata condannata a questa eternità
dannata, a nutrirsi di altre vite per continuare ad esistere, a usare dei
fantomatici poteri per distruggere altre persone.
Aveva dovuto vivere al buio,
relegata in una cella come un animale, mentre la sua mente veniva plasmata da
mani crudeli e spietate, che miravano ad annientare ogni sua convinzione, la
sua personalità, lei, così da avere
nelle loro mani solamente un burattino da comandare a loro piacimento.
Chiusi gli occhi nel vano
tentativo di placare la mia anima, ma niente, la rabbia continuava a salire,
onda dopo onda, arrivando pericolosamente al punto di non ritorno.
Avevo sempre saputo che le
ferite che le avevano inferto a Volterra erano gravi, molto più forti, ancora,
della sua volontà di combatterle, ma mai, mai avrei immaginato che fossero così
profonde. La sua immensa sofferenza era esplosa in maniera violenta e
devastante appena una notte fa.
E mai come prima di allora il
cuore mi aveva fatto così male.
Prima di vederla urlare e
piangere con una disperazione inimmaginabile, gridare anche nel sonno scuse su
scuse, vedere il suo volto indurito nei tratti dolci per il terrore che in quel
momento l’aveva attanagliata.
I tremori che non avevo saputo
placare…
Le lacrime che ero stato
incapace di fermare…
La mia presenza che si era
rivelata inutile quanto quella degli acari che ci vorticavano attorno, mentre
la tenevo stretta a me tentando, inutilmente, di calmare il suo tormento…
Strinsi i pugni lungo i fianchi,
gemendo impotente. Quell’immagine mi avrebbe tormentato per il resto della mia
esistenza.
Non ero riuscito a fare niente,
per lei. Ad offrirle un minimo aiuto, a capirla, a…
Proteggerla.
Nascosi il volto tra le braccia,
sentendo gli occhi bruciarmi. Mai come in questi due giorni avrei tanto voluto
piangere.
“Che meraviglia!”
Mi riscossi sentendo Bella, e
alzai lo sguardo su di lei.
La sua risata melodica si
disperse nell’aria, mentre volteggiava su sé stessa in un turbinio di capelli.
A conclusione della sua giravolta si trovo con il volto dinnanzi al mio e,
appena sollevati gli occhi dalle sue caviglie sottili, incrociò il mio sguardo.
Arrossì leggermente, sorridendomi con timidezza.
“Forse mi sono lasciata prendere un po’ la mano,
eh, eh…” si scusò facendo la linguaccia.
Mi sfuggii un sorriso mal
riuscito. “No, non più di tanto” risposi piano “Tutti si lasciano un po’ andare
la prima volta…”
Volevo che questa fosse una
giornata felice, per lei; non volevo rattristarla, volevo solo che si
divertisse in mia compagnia. Che dimenticasse, almeno per un giorno, qualsiasi
cosa l’avesse spaventata tanto.
Ma il mio vano tentativo di risultare
allegro non funzionò. Gli occhi di Bella si velarono di preoccupazione, e in men
che non si dica la ritrovai di fronte a me, a scrutarmi ansiosa.
Brillava come una stella, e io
mi sentii incapace di sopportare quella visione. Incapace di meritarla di
viverla di…
Amarla.
“Che cos’hai?” mi chiese.
Strinsi gli occhi, sentendo un
magone bloccarmi le corde vocali. La voglia di piangere si intensificò, e il
turbinio di confusione, paure ed ansie tornò a pesarmi nel cuore.
Le sue mani mi cinsero il volto,
e tornai a fissarla senza poter cancellare il mio tormento dagli occhi. Di
riflesso si angosciò ancora di più.
“Edward, ti prego, dimmi
cos’hai” mi supplicò ansiosa.
Tentai di scacciare quella
sensazione di malessere, di tristezza, ma non vi riuscii. Mi sommerse,
inevitabilmente, e improvvisamente ebbi la forte sensazione di poter perdere
Bella. Per sempre.
Mi lanciai in avanti e nascosi
il volto sul suo petto, abbracciandola forte.
Avevo un tremendo bisogno di
sentirla vicina, di stringerla, si sentirla viva e vera contro di me. Come
quella notte, al suo risveglio, dopo quelle interminabili ore vissute al suo
fianco nella più totale incapacità, dovevo accertarmi che fosse lì, vicino a me,
reale.
La mia Bella.
Le sue braccia impacciatemi
strinsero le spalle, carezzandomele dolcemente.
Strofinai il volto contro di lei,
tentando di scacciare l’angoscia e la paura, ma fuori dal mio controllo un
singhiozzo mi sfuggì. Bella posò il capo sui miei capelli, iniziando ad
accarezzarli piano.
“Scusa” mormorai “Ho solo… un
momento. Ora mi sposto”
“Stai tranquillo” mi disse
“Adesso passa”
“È solo che… che non riesco a
capire, a comprendere… tutta la confusione che ho in testa. I miei pensieri, le
idee, i bisogni… tutto gira e perde valore perché…”
“Edward, sta tranquillo” mi
cullò con la sua voce “Va tutto bene…”
“No! Dannazione, non va tutto
bene!” urlai, separandomi da lei per afferrarle le spalle.
Isabella sgranò gli occhi,
osservandomi sbigottita.
“Non va bene, perché anche se mi
impegno con tutte le forze non riesco a proteggerti! Non va bene perché non so
cosa fare, come aiutarti, come… Ci provo, giuro, ci provo con tutte le mie
forze, ogni singolo secondo della mia vita, ma sempre, sempre accade qualcosa, una piccola frase, un minimo gesto e il tuo
sguardo si vela di disperazione, di paura. E io ritento, disperatamente cerco di
farti dimenticare, di farti felice, perché se tu non sorridi io mi sento
morire, se tu non sei felice non so darmi pace! E proprio quando inizio a
sperare, quando inizio a crede di aver finalmente fatto un minimo passo avanti,
sono proprio io a causare il ritorno dei tuoi tormenti! Da quando sei qui… è
sempre stato per colpa mia se hai perso il sorriso. Se ti sei sentita male, è
sempre stato per causa mia!”
La osservai distrutto,
implorandole perdono con lo sguardo, cercando salvezza nelle sue iridi. “Ma ti
giuro” continuai, carezzandole la guancia “Ti giuro che non passa secondo in
cui non mi maledica per questo. Quando ieri sera…”
La vidi chiudere gli occhi e
tremare per un secondo. Strizzai i miei e combattei contro l’istinto di
ringhiare per la frustrazione. Ancora una volta la stavo ferendo.
Ma l’adrenalina era troppa, e la
mia voce si svegliò da sola.
“Quando ieri sera eri lì, tra le
mie braccia, distrutta… avrei dato qualsiasi cosa, avrei fatto qualsiasi cosa
per prendere il tuo posto. Per liberarti da quel tormento che ti stava
uccidendo, e farti vivere in pace”
Aprì gli occhi e mi fissò
prossima al pianto, mentre una lacrima solcava il suo volto.
“Farei qualsiasi cosa per
liberarti dal tuo tormento, Isabella” mormorai poggiando la fronte contro la sua
“Ogni cosa per impedirti di essere triste. Tutto pur di non vederti mai più
così distrutta”
Strofinai il naso contro il suo,
inalando l’odore meraviglioso della sua pelle. “Non riesco a vivere sapendoti
infelice, Bella” proseguii “La sola idea del tuo volto solcando da lacrime mi…
dilania il cuore. Scambierei la mia vita con la tua anche mille volte pur di
non costringerti ad affrontare un tormento così grande”
Le mie mani, che le avevano
sfiorato piano il volto durante tutto quel discorso, scesero lentamente lungo
il collo, giù per le spalle, fino ad intrecciarsi con le sue.
“Ma… non posso” sussurrai
distrutto “Non posso cancellare il passato. Non posso prendere il tuo posto,
affrontare le tue battaglie. E non posso, per il tuo bene, farti dimenticare il
tuo passato. L’unica cosa che posso fare è starti vicino, aiutarti, esserci
sempre per te. Posso proteggerti da ciò che verrà, ma in quanto al passato
posso… solo starti accanto. Mi dispiace, ma posso solo fare questo”
“E… e q-questo ti pare p-poco?”
Aprii gli occhi, incatenandoli a
quelli lucidi di Isabella.
Due lacrime le solcarono le
guance, e vista la posizione, finirono il loro percorso sulla mia pelle. Buffo,
così sembrava che anche io avessi la possibilità di piangere…
La presa sulle mie dita si rafforzò,
e di riflesso le strinsi anche io.
“Mai… n-nessuno mai aveva
f-fatto tutto questo per me, da q-quando sono vampira” sussurrò con voce velata
dal pianto “Nessuno mai si era p-preoccupato di me c-come persona. I-io sono…
stata creata con la scopo preciso di essere un’arma, un accessorio. E per molto
tempo… ancora adesso, ho momenti in cui credo a questa bugia. Però qui… cioè,
quando…”
Si morse il labbro inferiore,
arrossendo lievemente. “Quando sono con te, io mi sento… bene. Felice. Neanche
da umana ho mai provato una sensazione così bella come quella che mi fai
provare. Quando mi sei vicino mi sento… felice. Il mio passato svanisce, i miei
tormenti si dissolvono. E mi basta un tuo sorriso per questo. E ormai non… non
riesco a fare a meno di te. Non voglio
fare a meno di te. Ma… non posso fare a meno di pensare, di… che farò quando
dovrò tornare a Volterra? Quando tutto questo svanirà? CHE COSA FARO’ QUANDO TI
DOVRO’ LASCIARE?!” urlò disperata scoppiando a piangere.
L’abbracciai forte mentre il
pianto la devastava. Isabella nascose il volto nel mio collo, lasciando scie
d’acqua salata sulla mia pelle.
Non ci volevo pensare. Non ci
volevo assolutamente pensare.
Non potevo pensare che me
l’avrebbero portata via. Non potevo pensare che non l’avrei più rivista.
Sarei morto al solo pensiero.
“Non voglio perdere tutto
questo…” singhiozzò “Non voglio perdere te…
non voglio tornare ad essere un mostro…”
La feci sedere tra le mie gambe
stringendola forte, quasi a volermi fondere con lei; tentai di calmare i suoi singhiozzi;
ma non ero capace di placare i miei.
“Vorrei davvero crederti, quando
mi dici di non considerarmi un mostro” mormorò amara “Ma sarebbe falso. Sono un
mostro, ormai da tre anni”
“Bella” iniziai, ma mi
interruppe.
“Avevo diciotto anni” sussurrò “Compiuti
da… appena due settimane. Avevo festeggiato il compleanno con l’addio al
celibato di mia mamma” Sentii un sorriso sulla mia pelle al ricordo; doveva
mancarle molto. “Tre giorni dopo ci fu il matrimonio. I due sposini si presero una
settimana tutta per loro, alle Hawaii. P-poi… mi fecero una sorpresa, e
programmarono un viaggio in Italia. Feci appena in tempo a vedere Roma, pensa
un po’…” Fece un gran sospiro, poi riprese. “Una sera decisi di uscire. Volevo
lasciar loro un po’ di privacy. Andai in un locale con alcuni amici conosciuti
lì, mi divertii, finché un amico di lì mi chiese di accompagnarlo fuori. Voleva
fare una sorpresa alla sua ragazza, e mi aveva chiesto di dargli un parere sul
regalo. Lo ac-compagnai fuori, a casa sua, e lo aspettai in piazza. E
all’improvviso, sentii le sue urla. Corsi e… e…”
“Bella” provai a bloccarla, ma
lei continuò.
“Trovai Jane su di lui, intenta
a prosciugarlo!” gemette alzando la voce “I-io provai a scappare, ma mi prese
e…”
La strinsi forte mentre una
nuova ondata di lacrime le imperlava la pelle.
“Se ti fa male…” mormorai.
“N-no. Devo farlo” sussurrò
scuotendo il capo “Al mio risveglio, tentai di ribellarmi. Per quattro mesi, quattro mesi, provai a scappare, a mordere,
a ferire i miei aggressori. Le punizioni corporali che mi infliggevano erano dolorosissime.
S-se non fosse che il... il mio corpo è in grado di rigenerarsi q-quasi
immediatamente, non lasciando segni di ferite, a q-quest’ora potrei far c-concorrenza
a Jasper”
Ringhiai al pensiero del suo
bellissimo corpo deturpato dalle torture, e la strinsi a me protettivo.
“Guai” ringhiai “Guai se
oseranno solo sfiorarti”
Isabella lasciò una carezza sul
mio voltò, prima di riprendere. “M-i istruivano sulla nostra natura. Almeno, il
minimo indispensabile” continuò “E… e un giorno…”
Scoppiò nuovamente a piangere
“Sono stata una stupida!” singhiozzò arpionandomi le spalle “H-ho sfidato Caius
solo per il m-mio orgoglio! Lui n-non voleva che sapessi c-cosa ci s-succedesse
al s-sole, e io os-stinatamente ho c-continuato a domandarglielo! Solo c-che..
solo che… A-Aro… quel giorno mi annunciò c-che… se avessi disubbidito…
s-sarebbero stati puniti altri… e…”
I singhiozzi le impedirono di
continuare.
Si staccò da me e cercò i miei
occhi, disperata, persa, terrorizzata.
“Bella, basta… per favore,
smettila!” la supplicai non riuscendo a sopportare la sua vista.
“N-non è stata colpa mia!” urlò
disperata “Non volevo, io non volevo! Ma A-Aro… li ha fatti uccidere, davanti
ai miei occhi! E-erano… erano solo due bambini, solo due bambini… che sono morti per colpa mia! E mi hanno… mi
hanno lasciato lì… con i loro corpi… e il sangue che mi sporcava…e ogni volta
che magari ero… l-lenta nel-l’utilizzare i miei p-poteri… veniva ucciso qualcun
altro. Sempre, sempre… è colpa mia, solo colpa mia…”
Si nascose il viso tra le mani,
piangendo disperata.
La fissai sconvolto, impotente
come mai prima di allora.
Cosa le avevano fatto…
Cosa le avevano fatto…
Gemendo scattai in avanti,
prendendola tra le mie braccia. La strinsi contro il mio petto, forte, tentando
di calmarla, di aiutarla in qualche minimo modo. Ma Isabella continuava a
piangere, a invocare perdono, e io non sapevo cosa fare, come comportarmi. E
più lei piangeva, più io morivo.
“Sono sporca… è stata colpa mia…
sono sporca!” continuava a gemere senza forze “L’unica cosa che faccio è
portare morte… dovrei tornarmene a Volterra, tanto a nessuno importerebbe la
mia assenza”
Un fulmine a ciel sereno, e il
mio cuore si frantumò.
Le artigliai le spalle, e mi
portai sopra di lei, inchiodandola sull’erba. Un gemito di dolore le scappò
dalle labbra.
“A ME!” ruggii furioso
“IMPORTEREBBE A ME!”
Mi fissò ad occhi sgranati, le
lacrime che le rigavano le tempie, scomparendo tra i capelli.
“A me importerebbe!” continuai
ancora “Perché io morirei, se tu non ci fossi. Perché non avrei motivo di
andare avanti. E non osare… non osare
mai più chiamarti mostro. Non lo sei, e non lo sarai mai. I veri mostri sono
quelli che ti hanno inferto questa perpetua condanna. I veri mostri sono quelli
che hanno ucciso facendo poi ricadere la colpa su di te. I veri mostri sono
quelli che ti hanno ferita, umiliata, distrutta senza un motivo. I veri mostri
sono quelli che ti tenevano rinchiusa. Tu non sei un mostro. Non è stata colpa
tua. Non è stata colpa tua”
“Ma…”
“Smettila, Isabella! Smettila!” singhiozzai rabbioso
“Smettila di incolparti di tutto! Tu non hai fatto niente! Capito? Niente! Sono
quei tre vecchi bastardi, loro è la colpa!”
La fissai a lungo, tentando di
regolarizzare il respiro fino a trovare un minimo di calma.
“Voglio… che ora mi giuri” sussurrai
“Giurami che smetterai di considerarti un mostro. Giurami che smetterai di
incolparti di ogni cosa. Giurami che sarai finalmente felice, Isabella”
Mi fissò in silenzio.
“Giuramelo, Bella!” ringhiai
angosciato.
Mi fissò con uno sguardo
implorante. “Lo giuro” sussurrò.
Si lanciò contro di me e nascose
il viso nel mio petto. L’abbracciai forte, cullandola tra le mie braccia e
nascondendo il volto tra i suoi capelli. Restammo così mentre il sole compiva
il suo giro, illuminando la radura e i nostri corpi abbracciati, facendoci
forza a vicenda, incapaci di rinunciare a quell’abbraccio ci proteggeva dalle
ingiustizie del mondo. Le carezzavo i capelli e la schiena mentre lei provava a
calmarsi, chiudendo gli occhi, mentre il vento lieve sfiorava la nostra pelle.
Le sue mani erano serrate sul mio petto, chiuse a pugno, la fronte che premeva
contro la mia pelle.
“Tu ci sarai sempre per me?”
pigolò ad un tratto, con voce appena udibile.
Le baciai la fronte. “Sempre,
mia piccola stella. Sempre”
Mi guardò un secondo, gli occhi
gonfi per il troppo pianto, cercando tracce di menzogna nei miei occhi.
Sostenni il suo sguardo serio, e una volta appurata la mia sincerità mi rivolse
un sorriso timido. Le cinsi la vita con un braccio, per sedermi poi a gambe
incrociate, e la presi tra le braccia, come altre volte già avevo fatto. Lei si
accoccolò su di me, posando il capo sul mio cuore muto. Chiuse gli occhi.
“Grazie… per tutto” sussurrò
sfinita “Immagino che non era così che intendevi trascorrere questa giornata”
“Non la cambierei per nulla al
mondo” mormorai “Forse è stata un po’… diversa da come l’avevo programmata, ma…
sono contento. Di essermi aperto con te e che anche tu abbia fatto la stessa
cosa. Non ti ho mai mentito dicendoti che volevo sapere tutto di te, che volevo
aiutarti, eppure ho sempre avuto l’impressione che tu tacessi su molte cose”
“Non volevo che ti caricassi
anche dei miei fardelli” si giustificò timidamente.
Posai la fronte contro la sua,
non distogliendo un attimo i miei occhi dai suoi. “Non voglio che ti preoccupi mai
più di ciò” dissi serio “Voglio che tu ti senta libera di dirmi tutto. Ogni
minima cosa”
Un leggero rossore le imporporò
le guancie, mentre annuiva.
Sorrisi. “Brava la mia bambina!”
ridacchiai.
“Uffa! Non sono poi così
piccola! Ho ventun anni!” brontolò mentre sollevavo il capo.
“Allora sei una bimba grande”
risi.
“Uffa! Edward!”
Risi, mentre lei si raggomitolò
nuovamente contro il mio petto, e chiuse gli occhi, finalmente calma.
Finalmente serena.
Il vento ci accarezzò lieve,
cullandoci. Io immersi una mano tra i suoi capelli, facendola scorrere per
tutta la loro lunghezza, mentre l’altro braccio le cingeva la vita,
trattenendola a me.
Un raggio si posò sul suo volto,
facendolo brillare, rendendola più simile a una dea che a una semplice creatura
immortale come me. Non riuscii a distogliere lo sguardo; la venerai come un
umile servo.
Era bellissima, così rilassata,
così in pace.
Non mi sarei mai stancato di
osservarla, soprattutto durante il sonno. Cogliere i particolari delle sue
smorfie strane, sussurrate da Morfeo al suo orecchio secondo i sogni che viveva,
era qualcosa di unico. Essere l’unico a conoscere certe espressioni,
sconosciute persino a lei stessa, era gratificante. Adoravo osservarla dormire.
Un fruscio leggermente più forte
del vento ci colpì, portando con sé un mormorio insolito. Strinsi più Isabella
a me, tentando di scacciare quel suono che non mi permetteva di concentrarmi
interamente su di lei, ma niente, impertinente continuò a riecheggiare tra i
miei pensieri, flebile, impalpabile, quasi un eco nella mia mente. Pianissimo
si librava nell’aria. Dolce, ritmico, armonioso… splendido come lei.
Un sorriso mi scappò quando
tornai a posare gli occhi sul suo volto luccicante. Inutile, ogni mio pensiero
tornava inevitabilmente a lei.
Chiusi gli occhi, concentrandomi
per capire da dove provenisse quella musica ritmica, ma non riuscii a
individuarne la provenienza. Sembrava così lontano, eppure era chiaro e
limpido.
“Edward?” mi chiamò Bella con
voce impastata dal sonno.
“Si?” sussurrai per non
disturbarla.
Sbadigliò, stringendosi a me. “È
possibile… io…” iniziò. Portò lentamente una mano sul mio sterno,e lì fermò la
sua salita.
“Sento il tuo cuore…” sorrise
estasiata. Neanche un secondo dopo, dormiva profondamente.
La fissai sconvolto, mentre quel
rumore si andava definendo.
Tum-tum.
Il battito di un cuore.
Tum-tum.
No. Era impossibile… eppure…
Tum-tum.
Il battito di un cuore.
Proveniente dal petto di
Isabella.
E la voce di Esme mi trascinò in
lontani ricordi…
Flashback
“Si dice che quando due vampiri trovino l’anima gemella possano avvertire
il battito del cuore l’uno dell’altro…”
“Mi sembra molto poco probabile”
Interruppi la lettura costringendo Esme a guardarmi. Incrociai le
braccia al petto, sbuffando, ed lei mi rivolse un sorriso gentile. Era ormai ha
tutti gli effetti la compagna di mio padre, a solo un anno e mezzo dalla sua
rinascita.
Chiuse il libro divertita, posando i suoi occhi vispi sul mio volto,
mentre un sorriso allegro le sbocciava in volto alla vista della mia smorfia
scettica.
Sembrava mia madre quando, da bambino, mi impuntavo su un esercizio al
pianoforte che non ero in grado di svolgere, e quindi, mi rifiutavo di fare.
“Carlisle deve essersi sbaglio. Comprare quel libro da quel vampiro
squilibrato…” dissi fissando storto il volume “Capita anche ai migliori di
errare. Il nostro cuore non può tornare a battere. Quella leggenda è
assolutamente fasulla”
“Qui non dice che torni a battere, Edward” mi spiegò paziente Esme,
sorridendomi “Dice solo che il proprio partner avverte l’eco del battito del
cuore della sua anima gemella”
“Lo ritengo impossibile comunque” ribadii, testardo “È solo una
favoletta romantica. Una credenza per anime frivole”
Esme rise. “Ne sei convinto, eh?” ridacchiò maliziosa “E dimmi, da
quando sei un esperto nelle faccende di cuore?”
Mi sentii arrossire. “Rimango fedele alla logica e alla razionalità”
dissi “L’amore non sconvolge così tanto
la vita. È un’emoziono come un l’altra. Ed è impossibile sentire il battito cardiaco del cuore dei
vampiri. Siamo morti, e come tali, il nostro cuore non batte”
Non smise di sorridermi, nemmeno quando le diedi le spalle, cocciuto
come mio solito.
La sentii alzarsi e venirmi incontro, lasciandomi una carezza sulla
guancia.
“Non posso dissuaderti, ora” disse dolcemente “Ma verrà il giorno in
cui anche tu lo sentirai”
Mi lasciò il volume tra le mani, e dopo un bacio tra i miei capelli, si
apprestò a usciere dalla stanza. Fissai per un secondo la copertina del volume,
poi mi girai verso di lei.
“Tu lo senti?” chiesi di getto, curioso.
“Cosa?” mi domandò furba.
“Senti… davvero, il cuore di Carlisle?” domandai timidamente.
Il sorriso radioso si Esme valeva molto più di mille parole.
Fine flashback
Le ultime note andarono a posto,
gli ultimi accordi si crearono nella mia mente.
Perfetta.
La melodia era perfetta.
Perfetta come l’angelo che mi
riposava tra le braccia.
Come il battito del suo cuore
che mi rimbombava nelle orecchie.
Tornai a fissare il suo volto,
stravolto da quell’improvvisa rivelazione, e mi apparve ancora più stupenda. Era
bellissima. Una visione.
Il volto leggermente a cuore, la
pelle perfetta, le sopracciglia sottili, gli occhi, i suoi meravigliosi occhi
in grado di rubarti l’anima, il naso dritto e… la bocca carnosa.
Era rossa, all’apparenza morbida
e soffice, con un piccolo, adorabile difetto. Il labbro superiore leggermente
più pieno di quello inferiore.
La mia Bella era la creatura più
bella di tutto in creato. La perfezione assoluta.
Le accarezzai i capelli, lentamente,
mentre un sospiro le usciva dalle labbra.
Stregato da lei mi avvicinai,
piegandomi in avanti col busto, facendo mio il suo respiro.
“Quanto sei bella, stellina mia”
soffiai sul suo volto, incantato.
E posai delicatamente le mie
labbra sulle sue.
Beh, se siete giunte fin qui, è andata. Spero Bene.
*Inserire password e poi premere
il tasto verde scuro in alto a sinistra per dare inizio all'aromaterapia - Secondo il traduttore questa è la traduzione. Mi scuso se così non fosse.
Risposte alle recensioni
Fc27: Mon Cher Francy, che gioia risentirti! Adoro trovarti tra i miei
recensori, soprattutto con una così bella dose di complimenti. Giuro che sto
gongolando. Mai disperare! Io non vi abbandonerò mai, sebbene le mie assenze
lascino indurre facilmente il contrario, eh, eh… ma per questo capitolo ci ho
messo veramente tutta me stessa. Spero che le cose si siano iniziate a smuovere
nel modo che speravi. Un bacione.
Giulia miao: Finalmente i loro cervellini bacatini bacatini si sono dati una
mossa. Vi ho fatto penare, ma spero ne sia valsa la pena. ;)
valinacullen89: per fortuna che non ho combinato un gran casino con il capitolo
scorso! Pensavo non fosse riuscito molto bene… Eh, già, si stanno svegliando.
Un po’ mi dispiace, però: erano così belli i filmini drammatici che si
facevano… quando li immaginavo mi veniva da ridere, a vederli impanicati in
quel modo… dheihihio! Bacioni!
Fin Fish: My dear Fin! Ho ripreso a leggere Kamikaze Kou Jeanne, proprio mentre guardavo
Nightmare Before Christmas! La mia canzoncina preferita è “Sequestriamo Babbo
Nachele”. Non so perché sto dicendo tutte queste scempiaggini, ma come prologo
ci stanno bene ;). Allora, come al solito ti ringrazio per i magnifici complimenti,
e mi dispiace aver toppato con il costume di Legolas. Ero indecisa se farli
fare l’elfo, Roux (il mitico Johnny Depp in Chocolat) o Jack Sparrow (sempre
Johnny). Anche William Turner andava bene. Insomma, o Orlandino o Johnuccio.
Assolutamente non volevo che avessero costumi simili, troppo scontato. Sarei curiosa
di sapere cosa che figlio potrebbero mai avere un elfo e una danzatrice del
ventre… bah! Mi piacerebbe sapere il titolo della canzone coreana, e magari
riprovare a leggermi il cappy con questa; mi fido del tuo buon gusto. Per
quanto riguarda NM, in effetti anche io mi sono fatta un paio di flebo, ma a
volte il mio lato adolescenziale ha preso il sopravvento (sia in campo ormonale
che sentimentale). Un bacione, al prox capitolo!
ilariaechelon: Welcome in our big crazy Family!
Sono felice che ti sia appassionata così tanto alla mia
bimba, mi lusinghi moltissimo. La risata di Aro è stata impagabile, mi stavo
strozzando con i popcorn! Spettacolare!
Finleyna 4 Ever:
Prezzemolina! La mia sorellina! Che mi regala tanti bei complimenti sulla mia
storiellina! Ok, smetto di parlare stupidaggini. Dici che ho superato me
stessa? ^//^ thanks. La battuta di Sirius Black nasce dal fatto che mi sto riavvicinando a HP, e ho iniziato a venerare i Marauders! I
love PadFoot (Siry). Mr Mozzarella in Carrozza (il mio amico l’ha chiamato così
per via della Volvo – secondo lui sarebbe molto più figo se andasse con
Mr Darcy: Eccoti accontentata, carissima! Goditelo!
aLbICoCCaCiDa:
finalmente ho smosso qualcosa, eh? Mi dispiace non averti ancora accontentata
del tutto, ma non preoccuparti, sono sicura che con questo almeno in minima
parte riuscirò a sorprenderti più del solito. Mi sono veramente messa
d’impegno, stavolta. Bacioni.
DarkViolet92: Grazie mille!! Spero ti piaccia anche qst!
mylifeabeautifullie: sister!!!! Sono tornata – nuovamente – in ritardo!! Ma… ce la vie.
Io venero il duo Emmmy/Aly, sono così briosi! Sn l’anima della famiglia! Ma in
qst capitolo nn si vedono poi così tnt… va beh, rimedierò. Nel prox di scuro!
Sai che sei una delle poche che ha notato il riferimento a Trevor, se non
l’unica? Brava sister! Dimmi cosa ne pensi di questo, mi fido del tuo ottimo
giudizio. Un bacio.
ColeiCheAmaEdward:
Mi prostro ai tuoi piedi e ti chiedo perdono. Immagino che le mie mail non ti
siano arrivate, altrimenti mi avresti risposto… te ne ho mandato una
chilometrica per natale, per farmi perdonare, ma niente… Y.Y Pc bastard! Ma
almeno il tuo commento non manca mai. Un enorme bacio, e ti prometto che
continuerò la mia crociata contro internet. Ti assillerò presto, stanne certa!!
Bella_Cullen_1987:
Mi dispiace di non aver esaudito la tua richiesta, ma era un capitolo troppo
importante per lasciarlo al caso. Spero sia riuscito bene. Bacio.
Wind: tesoro! Io sono tornata, e tu? Quando farai ritorno con una delle
tue meravigliose creazioni? Sono lieta che nel frattempo ti diletti nel seguire
la mia fic, e che ti sia anche appassionata! Sei stata una delle prima a commentare,
me lo ricordo benissimo! T.T La mia Wind… vediamo se questo capitolo ti
piaccia. Un bacio, a presto.
Goten:
Eh, eh, in ritardo, purtroppo, perché il capitolo è stato interamente riscritto
più volte, ma sono tornata! *__* Che bello sapere che tu non mi abbandoni mai…
ti prego, si brutale con questo capitolo, perché tengo davvero a ciò che ho
scritto.
WhiteRose:
Welcome in our big crazy family! Iscritta da poco e già ti sei divorata il mio inutili
papiro? Congratulazioni? Ti prego di scusarmi per i tuoi poveri occhi. Mi
dispiace, ma già una pagina è lunga otto chilometri, pensa se ingrandissi il
carattere! ;) Concordo con te, il mio piccolo Edward è un Torso di broccolo,
proprio come Jasper nel film Twilight… lunga storia. Però è puccioso! (Eddy, ma
anche Jasper). Per i patemi di Bella… bah, credo che in questo capitolo si
capisca un po’ l’origine dei suoi problemi. Spero di sentirti anche su questo.
A l y s s a:
è più facile finire di pagare il mutuo di casa che riuscire a vedere il mio
aggiornamento, in qst periodo. E dire che all’inizio ero così veloce… ma ora le
cose si complicano, e va ponderata ogni virgola con giudizio. Cmq, a parte qst
caterva di parole inutili, è stupendo rivederti, more!! Soprattutto dopo tutti
i tuoi meravigliosi commenti. Per qnt riguarda il capitolo, Bella si lascia andare
solo grazie all’alcool. Sinceramente, il suo cervellino si era già attivato, ma
invece di premere il pulsante “Bloccalo, Bacialo e fallo Tuo”, come ogni donna
vorrebbe, il suo unico neurone ha premuto “Rinnegalo, Evitalo e Salvalo”. Ma va
beh, ce la vie. Almeno un passo avanti l’ha fatto. Ora tocca al sexy boy per
eccellenza, che mi auguro non rimanga single – sn ancora molto indecisa, sai?
XD Il suo amore è talmente genuino che neanche che cosa provi. Ovviamente, ecco
che arriva la svolta. In peggio. XD Veramente ancora non saprei, ma… vedremo.
Spero che questo ti lasci senza parole. Un bacione enorme.
LuNa1312: Welcome in our big crazy family!
E grazie infinite!!!
_zafry_: Finalmente sono rispuntata fuori! Mi ero leggermente persa, ma ok,
sn tornata sana e salva! Non ti preoccupare, siamo alla svolta. Della
realizzazione, non della dichiarazione. Ho in mente tanti altri progettini, eh,
eh! Non preoccuparti, arriverà! Bacio!
titty88:
Welcome in our big crazy family! Benvenuta, new friend! In primis, ormai ho passatoi
fatidici 16 anni, e vado per la pensione…
;) In secundis, perdono per la tua vista! Vedo che il mio remake dei personaggi
piace sempre più, e lo apprezzo molto, perché dare nuova vita a personaggi già
brillantemente collaudati non è impresa semplice. Si ha sempre paura di
deludere qualcuno. In particolare su Emmett, che forse ho reso più serio, ma
che io amo proprio per qst *.* My monkey-man! Per NM, è stato molto bello anche
secondo me, e poi… Jasperino dice addirittura tre battute!! Cioè, no!!!!
Impossibile! XD Kizz
Imaginary82: Welcome in our big crazy family!
*.* Sei giunta infine anche in qst sperdute pagine, che
meraviglia! Sono deliziata! Inoltre, sono contenta di avere un'altra
Sailoramica nel forum! XD Sei per la coppia MamoUsa? Io preferisco Seiya,
secondo me è the best… ma non fa niente, me lo spupazzerò io! Ti prego di perdonare il carattere minuscolo
con cui scrivo, ma ho qlc leggero problema con il programma… fa tt come pare a
lui!! maledetto coso!! Comunque, i tuoi commenti mi mandano in visibilio.
Grazie infinite. Adoro scrivere, inventare e creare, e soprattutto amo
reinventare pur lasciandolo tale, in apparenza, il carattere dei Cullen. È
splendido! L’idea, poi, di una isabella capace di distruggere l’intero pianeta
ma totalmente terrorizzata dai suoi poteri mi ha sempre affascinata. Il lato
oscuro del potere, forse? Bah… cmq,
spero continuerai a seguirmi, anche dopo queste vane ciance. Vane le mie
teorie, non i ringraziamenti. Un bacione!
Costance_Fry:
Welcome in Our big crazy family! Sono veramente molto contenta che la mia
storia ti sia così gradita, è una soddisfazione gratificante. Anche se, il
comportamento dei due imbelli… eheh. Sarà che hanno l’eternità davanti, ma
ponderano le decisioni con una lentezza degna degli Ent de “Il Signore degli
Anelli”. Vediamo se con questo capitolo riesco a farmi perdonare.
Lily Evans 93: Ciao Giulia! Ce l’ho fatta a tornar, eh? E con un bel capitolo
lunghetto, in my personal style! Eh, eh, domani ho il compito in english… ma torniamo
al tuo commento. Finalmente ho smosso un po’ le acque, eh? Bellina ubriaca mi è
parsa il massimo! Soprattutto perché era vampira: ha dimostrato che i suoi
simili sono molto più simili agli umani di quanto pensino. E ovviamente, come
dice il detto “in vino veritas”, non poteva mancare dal fare qualche piccola
confessione. E poi, Eddy al salvataggio ci voleva. Che capitolo sarebbe stato,
altrimenti? Baci.
Musa_Talia: O.o Tu hai fatto un musical?! ^O^ Ma che bello!!!! Di cosa parlava?
Tu che parte interpretavi? È andato tutto bene?! Uffa! Anche io voglio
cimentarmi nello spettacolo!!!!!!! Cmq, non ti preoccupare, questa – ne quella
di qst capitolo – non è assolutamente la dichiarazione! In verità ci sto ancora
ricamando sopra. Va bene in vino veritas, ma non così tanto… non mi sarebbe
piaciuto per niente se bella e Edward si fossero dichiarati così… e poi, c’è
ancora tanto da fare! Ora ci attendono i guai…, eh, più o meno! Non anticipo
nulla, leggerai nello spoiler. Per il primo bacio, mah… secondo te di po’
classificare così, questo? Eh Bacioni. P.S. Dici che dovrei abbandonare il
classico, ora che ancora non mi son cimentata nella filosofia?
stezietta w : Io dovevo andare a vedere NM una terza volta, ma nn ho più avuto
tempo! Purtroppo! Speriamo che Eclipse ci lasci a bocca aperta come NM. Grazie
infinitissime per i complimenti!
Momoka chan: ^///^ Oddio, addirittura angelo no… sono un demonio a lasciarvi a
secco così tanto tempo! Per i Cullen vicino ai cespi d’insalata non so… io li
vedrei meglio vicino al banco del macellaio (ok, battuta squallida, ma un mio
amico mi ha pregato di usarla, quindi…). Meno male che è piaciuto tutto! E POI…
Orlandino Bloondino… mi sto ri-appassionando al signore degli anelli… love!
Comunque hai ragione, la scena in NM di Bella che corre tra i boschi modello
Heidi è ridicola! Ma per favore! So vampiri, no puffi! Per Celin Dior… si, ho
sempre pensato che bella sarebbe potuta essere una fantastica cantante, quasi
come CD, però con una voce ancora più dolce… ma qst l’ho pensato qnd scrivevo
di Edward, quindi, forse, ero un po’ di parte… va beh, straparlo..
O.O IL MIO SOGNO è FARE DANZA DEL
VENTRE!!!!!!!!!!!! Dev’essere bellittima!! Qst’estate se trovo un momento mi ci
segno? Ti che sei esperta, cosa mi consigli?
ross_ana: Welcome in our big crazy family!
Ma grazie mille, sei stupenda a dirmi certe cose! E
soprattutto, ad appassionarti a questa fic. Sai che anche io ho un sacco di
storie che non ricordo di aver scelto ma che poi, andando a rileggerle, mi
appassionano come nessuna? ;) Bacio.
MalyCullen: Betina mia!! T.T è tnt che non ti sento! Ti ho mandato due mail, ma
niente… nemmeno ciao… sn triste… Può sempre essere che il mio hotmail abbia
deciso di darmi picche, ma… wew, voglio marylu!!!!!!!! Uffi! Almeno ci sono i
tuuoi colimenti a farmi andare avanti... in queste ultime due sett non mi sono
connessa per niente su msn, però dalla prossima dovrei tornare ad essere
presente. Sto migliorando, ve? Sono felice di aver scelto una canzone che tu
ami così tanto, almeno ne ho fatta una giusta! Una bacione, amore mio, ci
sentiamo presto! Ciao!
vitti: welcome in our big crazy family! Benvenuta! Ti sei letta tutto in
una volta? Un applauso! Grazie mille! Vediamo se con quest capitolo riesco a
sorprenderti. A presto.
Elfa sognatrice: grazie infinite, stella! In verità, tutta l’ultima scena non doveva
esistere. Doveva finire in una maniera totalmente diversa, ma che ora non mi
ricordo bene… cmq, poi è arrivata l’illuminazione! Il dolore che Bella prova è
la sofferenza che avverte quando pensa che un giorno arriverà il momento in cui
dovrà lasciare Edward. È un dolore che nn la fa sopravvivere, anche perché,
diciamolo,
pinkiller. Welcome in our big crazy family! Ecco a te il seguito, e fammi
sapere!
MimiMiaotwilight4e : amore mio! Ciao, ben ritrovata! Hai visto, sono riuscita a tornare!
Spero che questo cappy nn sia stato un totale errore… cmq. Mi sn impegnata tnt a scrivere la scena
del supermercato, volevo dimostrare quanto i Cullen sappiano essere umani, e
quanto soffrano nello stare lontani. Anche Jasper e Edward si vogliono bene,
dopotutto. Finalmente si stanno svegliando, vero? Sono o non sono bravina? Un
bacione, e dimmi cosa ne pensi di questo.
luisina: sisternia! Ma tutte a te capitano? Ti hanno anche plagiato, tesoro?
Dimmi chi è stato che lo ammazzo! Uffy, perché a sto mondo non hanno un
briciolo di originalità? Che gusto c’è nel rubare? Scusa se non ci sono stata
su msn in questo periodo, ma la scuola mia sta uccidendo. Cmq, da sabato sera
dovrei esserci. Se ti trovo, parliamo un po’, eh? Mi manchi. E mi sento uno
schifo sapendo che con tutto qll che hai da fare riesci anche a trovare il tempo
per recensirmi. Tu avevi letto in anteprima questo capitolo – quasi tutto,
però… - , eh furbona? Ma il tuo commento è sempre un capolavoro, altro che i
miei capitoli. Ti prego, con l prossimo capitolo, sii spietata! Ci ho messo
talmente tanto impegno a scriverlo ci tengo tantissimo. Mi fido solo del tuo
parere critico. Un bacione, e non ti abbattere sorella! Ricordati che rimani tu
la migliore, e NESSUNO potrà mai copiarti.
hale1843: Stella mia! Che splendida recensione mi ha lasciato! Ma certo che mi
sei mancata, i tuoi commenti sono sempre splendidi, come potresti non mancarmi.
Anche se qualche volta torno a casa, su Marte… ops, ho parlato troppo. Tu non
hai letto nulla! Il Jasperino i versione Fonzie: che ne pensi? Scelta
azzeccata? Io me lo vedo che entra in una stanza facendo “Ehi!” strascicato…
MWAHAHAH!! Bellittimo!!! Mentre Alice… beh, diciamo che Edward ha la brutta
abitudine di lasciare il portafogli nei pantaloni. Quindi, quando Alice arriva
per prendere il vestito da bruciare, e si trova le sue carte di credito
davanti, be… come non farlo?
Grazie mille tesoro per tutte le
meraviglie che mi hai scritto, mi sono commossa! Un enorme bacio, a presto!!
piccolinainnamora: Welcome in our big crazy family. Grazie, ed ecco qui, spero ti
piaccia!
I coraggiosi che mi hanno messo
tra i preferiti, i nuovi arrivati e quelli che resistono: Grazie.
Grazie, grazie, grazie infinite, miei splendidi angeli, ormai
saliti a 390; che la vostra luce continui a farmi da guida.
Le stelle che seguono e vegliano costantemente su di me:
silenziose, dolci e indispensabili anche se intangibili, mille grazie a voi, 167
stelline mie.
I
supereroi che mi hanno messo tra gli autori preferiti.
I
tantissimi che continuano a seguirmi in silenzio,
come Protettori.
E a tutti quelli che mi mandano mail, e a cui chiedo di avere
pazienza, perché non sono proprio un fulmine nel rispondere.
Rinnovo il mio indirizzo mail/msn.
Marzia-mooblight@hotmail.it
Ziveri.ma@tiscali.it
In corso
(Twilight)
New Moon - La
Custode delle Anime
≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈
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Pubblicazione
(Twilight)
Sei
tutti i Miei Domani
Jin&Jang: Story of a Doctor and a Warrior
Hakuna Matata
(Sailor Moon)
My Best Friend’s Love (UsaxSeiya)
(Harry Potter)
Spoiler - The Denali's
[…] “Domani arriverà
il clan Denali!” ci annunciò Carlisle sorridendo [...]
“Scusate, ma… chi è
Tanya?” chiesi.
E da lì iniziarono i
miei guai. […]
[…] Puntai gli occhi
in quelli di Edward sconvolta, senza riuscire a calmarmi.
“Mi hai tradito”
mormorai atona, non riuscendo a fermare le lacrime “Mi hai sempre raccontato
bugie…” […]
[…] “Ti prego! Posso
spiegarti!”
“NO!” urlai
disperata, indietreggiando ancora “NON VOGLIO ASCOLARTI! NON TI BASTA AVERMI
ROVINATO
“Se solo per un
attimo tu…”
“NO! NON MI
RIPORTERAI A VOLTERRA!” […]