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Autore: JoeyPotter90    05/02/2010    1 recensioni
Ciao a tutti... E' la prima volta che pubblico qualcosa sul mondo di Twilight che io amo intensamente. Mi sono immaginata qualcosa che la Mayer ha deciso di raccontarci dal punto di vista di un'altro punto di vista, quello di Jacob. Ho pensato che sarebbe stato interessante provare a scrivere quei momenti in cui Bella porta in grembo Reneesme e tutti isentimenti che ha provato sulla sua pelle... Ci ho provato, non vi assicuro nulla. Spero sia di vostro gradimento. JoeyPotter
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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RIngrazio di cuore manuelitas visto che spreca il tempo a commentare questa storia! XD Sono contenta che ti piaccia sempre di più, davvero. E qui c'è un inizio con Jacob. Volevo fare come ha fatto la Meyer e riservare tutto il capitolo dopo alla conversazkione con bella. spero che comunque ti piaccia! Grazie ancora! Buona lettura!

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CAPITOLO TRE: Una visita Un bambino bellissimo con la pelle bianca quanto il marmo e i capelli di bronzo era tra le mie braccia. Mi guardava con quei suoi occhioni verdi smeraldo pieni di terrore. Il mio brontolone era spaventato senza che io ne conoscessi il motivo. La cosa non mi piaceva per niente. Emisi un sibilo che si trasformò in un ringhio non appena percepì il pericolo che il mio bambino aveva avvertito prima di me e sentì il veleno inondarmi la gola, pronta all’attacco. Lasciai che il mio bambino, la coppia di Edward in miniatura, si arrampicò sulle mie spalle dove si strinse forte a me in modo da potermi muovermi più liberamente. Mi misi in posizione di attacco, piegando leggermente le ginocchia, pronta a difendere il mio bambino col mio stesso corpo, se necessario. Mi sentivo forte, indistruttibile, esattamente come una vampira che ha poco più di qualche giorno.
Fissai davanti a me il pericolo imminente e la sorpresa bloccò ogni mio muscolo. Edward, Alice e Jasper era lì, pronti ad attaccare e i loro occhi erano neri come la pece, in contrasto con i miei, rosso cremisi. Poco dietro di loro, Carlisle ed Esme ci fissavano indecisi su che posizione prendere. Accanto a me Rosalie ringhiava nel mio stesso modo profondo ed Emmett era pochi passi più avanti a noi pronto a difenderci, a difendere Rosalie.
A questo non era pronta. Non potevo battermi con Edward. Nemmeno con Alice. Volevo troppo bene ad entrambi. Ma la cosa che più lasciò sconcertata fu l’enorme lupo rossiccio che si scambiò uno sguardo di intesa con Edward che annuì tornando a guardare noi.
Cosa dovevo aspettarmi? Avrebbero attaccato loro per primi o avremmo dovuto pensarci noi? Il bimbo dietro di me si agitò irrequieto… Anche a lui non piaceva l’idea di attaccare suo padre? Perché era impossibile non capire che fosse Edward per lui… Erano così simili…
Poi, qualcosa nella scena cambiò e tutti noi, amici o nemici, fummo accerchiati da mantelli neri. Improvvisamente Edward fu al mio fianco, guardingo che ringhiava contro la mantella nera di quella che ero certa fosse Jane.
Ringhiai anche io a mia volta e seppi, senza comprendere il perché, come stesso accade nei sogni, che loro volevano il mio bambino. Ma non l’avrei permesso. E di nuovo senza immaginare il motivo, sapevo che Edward e tutti i Cullen si sarebbero schierati dalla mia parte.
Contemporaneamente Jane, Alec e Demetri si mossero e puntarono su di noi.
Mi svegliai di soprassalto con le lacrime che mi rigavano gli occhi e scossa da singhiozzi di paura. Si, ero terrorizzata da quello che mi aspettava perché non sapevo se ero in grado di garantire a mio figlio – il figlio di Edward – il futuro che meritava.
-Bella- sospirò la voce di Edward, angosciato, al mio fianco.
-Sto bene- dissi, la voce più roca del solito. Ero peggiorata ulteriormente? Guardai il viso di Edward. Si, stavo peggio. Ma non importava, davvero.
-Sta male?- mi chiese Rosalie. Io portai una mano sul ventre e ansimai quando diede un piccolo calcetto.
-No no… Lui sta bene…-
-Qual è il problema?- mi chiese Edward, fissandomi con occhi vitrei.
-Niente- risposi con un respiro profondo, cercando di convincere me e il mio brontolone che andava tutto bene…
Il telefono squillò nell’altra stanza ed Esme si affrettò a rispondere.
-Si è appena svegliata- disse con la voce trillante.
-E’ Charlie?- chiesi.
Edward annuì solamente distogliendo lo sguardo da me. Esme, percependo il mio desiderio di parlargli, me lo passò.
-Ciao papà-
-Bella, tesoro? Come stai? Sembri peggiorata…-
-No, papà. Meno di quanto credi tu comunque. Carlisle dice che prima di guarire devo sviluppare il virus in tutte le forme…-
Sentivo lo sguardo addosso di Edward, confuso e penetrante. Una cosa di tutta quella faccenda mi era chiara; non ero pronta per salutare definitivamente mio padre. Sapevo che era inevitabile ma era l’ultima cosa che volevo. Con mia madre era diverso. Lei aveva Phil e ormai avevo passato due anni lontana da lei. Mio padre invece non aveva nessuno ed era abituato alla mia presenza. Dovevo dargli il tempo di accettare la cosa gradualmente. E sapevo perfettamente come fare.
-Quindi secondo Carlisle guarirai- sperò mio padre.
-Si, certo papà. Vedrai che tra una settimana starò meglio-
-Me lo auguro Bells. Poi almeno potrò venire a trovarti?-
-Non lo so. Questo lo decide Carlisle, non io- gli ricordai.
-Si, è vero-
Sospirai e lui riuscì a sentirlo. -Sei stanca?- mi chiese, premuroso.
-Un po’-
-Allora vai a riposarti…-
-Si, d’accordo. Stai tranquillo, papà- lo pregai. –E di alla mamma di non agitarsi troppo. Dille che le voglio bene-
-Va bene, Bells. A dopo-
Riattaccai per prima e cercai di ignorare il silenzio che era calato nella stanza e gli occhi puntati su di me. Giocherellai con la fede del mio matrimonio, troppo larga per le mie dita ormai.
-Bella- mi chiamò Alice –Quali sono le tue intenzioni?-
-Non capisco quello che vuoi dire…-
-Sta parlando di Charlie, Bella- intervenne Jasper.
-Continuo a non capire- Dovevo ammetterlo: ero brava a fare la finta tonta.
-Perché hai detto a Charlie che guarirai?- mi chiese Edward, con voce così bassa da meravigliarmi di riuscire a sentirlo.
-Perché è quello che succederà-
-Non come ti ricorda lui- mi fece notare Emmett.
-Si, lo so-
-Allora non ha senso!- protestò Edward, alzandosi infastidito. –E’ una pazzia. Tutta questa storia lo è!-
-No- protestai io con in sottofondo il ringhio di Rosalie.
-Qual è il tuo piano, allora?- mi chiese Esme avvicinandosi a me e Rosalie.
-Bhè, pensavo… Non devo necessariamente guarire subito… Insomma, potremmo dire a mio padre che è stato necessario portarmi in un ospedale in Alaska. Il biglietto per arrivarci è così caro che non potrebbe venire ad indagare. E del resto le mie pochissime visite sarebbero giustificate, oltre che dalla malattia, anche dal costo del viaggio. Nessuno dei due ha così tanti soldi-
-Continua a non avere senso- protestò Emmett. –Non era meglio evitare di illuderlo?-
I miei si riempirono di lacrime e io distolsi lo sguardo. –No, sono sicura che questo è il modo migliore-
-Va bene- sussurrò Edward, avvicinandosi a me con lo sguardo di nuovo spento. –Se è quello che vuoi, faremo così-
-Grazie- bisbigliai prima di sprofondare di nuovo in un sogno agitato.

Un rombo del motore di una moto mi fece sussultare e la testa di Rosalie scattò verso la porta ringhiando debolmente.
Sapevo chi era e il mio viso si aprì un sorriso leggero. Non avevo bisogno di conferme ma quando il motore si spense le chiesi comunque, per riempire il silenzio che si era creato.
-Chi è?-
-E’ Jacob- mi rispose Carlisle. –Ma ne occupo io-
Perché adesso bisognava occuparcene? Doveva rimanere anche lui all’oscuro di tutto? Non aveva senso… Lui non era come mio padre, umano e costretto a rimanere all’oscuro… Lui era un licantropo. Faceva parte dello stesso mondo fantastico di Edward e di tutti loro. Un po’ anche come ne facevo parte anche io. Dopo tutto mi fu chiaro il motivo per cui era venuto e in parte me lo sarei dovuto aspettare. Doveva aver saputo da suo padre, che l’aveva saputo da Charlie senza ombra di dubbio, che io ero tornata a Forks e che ero malata. Così malata da evitare ogni visita addirittura quella di mio padre. Aveva pensato che potesse essere una scusa abbastanza ragionevole per giustificare quello che ero destinata a diventare? Probabilmente si. Sapevo cosa significava tutto questo per lui. Ricordavo, anche se mi sembrava una vita fa, il modo in cui aveva temuto il giorno del mio diploma perché da lì a poco sarei diventata una Cullen. Poi il matrimonio aveva ritardato tutto, mi ero attenuta alla richiesta di Edward. Era venuto a controllare che fossi viva e profumata come un’umana?
-Ciao Jacob- disse Carlisle, fintamente tranquillo. –Come va?-
Sentirlo così calmo mi fece venire la nausea. Era evidente che stava cercando un modo di allontanare Jacob, evitare che mi vedesse. Ma conoscevo quello che era stato il mio migliore amico – quello che era il mio migliore amico – e sapevo che non si sarebbe arreso molto facilmente se vedere come stato era il suo desiderio. Rimase un po’ in silenzio, un po’ troppo per i canoni di una conversazione amichevole e normale.
-Ho sentito che Bella è sana e salva- disse, quasi distaccato, come se la cosa non lo interessasse.
-Ehm, Jacob, non è il momento. Possiamo occuparcene dopo?-
-Perché no?- intervenni io, cercando di far risultare più chiara e pulita la mia voce. –Abbiamo dei segreti anche per Jacob? Che motivo c’è?-
Osservai Edward, davanti a me con gli occhi bassi che fissava il divano, cercando qualcosa in grado di farmi cambiare idea, ma non lo trovai. Respirai a fondo e provai il forte desiderio di sfiorarlo, per alleviare il suo dolore, inutile. Come sapevo che sarebbe stato quello di Jacob. –Jacob, entra pure- lo invitai, dopo pochi attimi di silenzio.
Mi rannicchiai ancora di più sul divano, stringendo le gambe magre tra le mie braccia, sentendo la pancia gonfissima sotto di me. Percepivo la presenza di Rosalie costante, accanto alla mia testa, pronta a difendermi se ce ne fosse stato necessario. Non c’era bisogno di essere così protettivi, lo sapevo bene, ma evitarlo era un’impresa molto ardua.
Con un gesto impercettibile sfiorai il braccio di Rosalie e lei mi porse la bacinella dove io vomitai dentro, maledicendomi per dover costringere Jacob a quella scena.
Edward si avvicinò con passo incerto a noi, ma vidi di sfuggita Rosalie bloccarlo, lasciando che l’urto di vomito mi concedesse di respirare.
-Scusami tanto- gli sussurrai a Jacob, sincera.
Sentì Edward lamentarsi debolmente e affondò la testa tra le mie ginocchia. In un riflesso involontario, la mia mano corse alla sua guancia di marmo, per cercare di calmare il suo tormento.
Jacob fece per avvicinarsi ma Rosalie, onnipresente, si materializzò tra me e lui, nascondendomelo e ringhiandogli contro. Sentivo la tensione dei due e cercai disperatamente un modo per calmare la situazione, sapendo bene che dipendeva solo da ma.
-Rose, no- le dissi, cercando di tranquillizzarla. –Va tutto bene-
Lei mi obbedì e si allontanò, rivolgendogli un’occhiataccia, prima di accucciarsi al mio fianco, pronta ad intervenire. Sospirai. Alla fine di tutta questa storia – se fosse finita come desideravo io – quanto dovevo ringraziare Rosalie? Se questo bambino fosse mai nato, ero gran parte merito suo…
-Bella…- Jacob mi riportò alla realtà. –Cosa ti è successo?-
Si inginocchiò al mio fianco e il suo calore mi colpì in modo tremendamente piacevole, facendomi sorridere. Prese una mia mano e il colore pallido della mia pelle risultò anche più del solito contro la sua, scura. –Stai bene?-
Non risposi, del resto era anche inutile. Un “bene” come replica non l’avrebbe mai accettata. Anzi, l’avrebbe solo fatto arrabbiare e io volevo evitare.
Edward sembrava indifferente ai suoi pensieri e un po’ mi dispiacque. Ero curiosa di capire quello che pensava, ma dalla sua espressione sembrava non essere pienamente consapevole di quello che mi era successo benché fosse chiaro che non stavo bene, o almeno non ero nella mia forma smagliante.
-Sono felice che tu sia venuto a trovarmi, Jacob-
Edward si agitò di nuovo e gli passai le dita tra i capelli, aspettando che si calmasse.
-Cosa c’è, Bella?-
L’unico modo per farglielo capire del resto era solo quello di mostrarglielo. Così mi rivolsi a Rosalie: -Rose, mi aiuti?-
Ma lei ringhiò verso Jacob. Il messaggio era chiaro: o se ne andava, o se ne andava. Nessuna alternativa.
-Ti prego, Rose- Lei arricciò il naso ma si piegò comunque su di me. Avevo dimenticato il modo in cui i vampiri credessero che i licantropi puzzassero… A me non era mai sembrato, comunque.
La voce di Jacob si diffuse di nuovo, più bassa del necessario. –No. Non alzarti-
-Sto rispondendo alla tua domanda- gli risposi, scontrosa, con una piccola smorfia di dolore.
Quando Rosalie mi mise in piedi, con delicatezza e sorreggendomi in caso io fossi caduta, mi persi a fissare tutte le reazioni che nascevano sul viso di Jacob. All’inizio la confusione regnò sovrana, come se non fosse in grado di comprendere quello che mi era successo. Mi portai le mani sulla panciona, cresciuta ulteriormente in poche ore. Allora lui capì, ma era evidente che stentava a crederci. Dopo tutto per chiunque sembrava impossibile visto che ormai ero al sesto mese abbondante e che ero incinta solo da una settimana. Eppure lui era in grado di capirlo. Aveva visto abbastanza cose per comprendere anche quello, ne ero certa.
Jacob mi stava ancora fissando, forse rimuginando su quanto Edward mi avesse fatto del male. Ma non era così… Dovevo spiegarlo anche a lui? No, non avevo voglia di sprecare altro fiato per chiarire una cosa che tanto lui non avrebbe mai accattato. La testa di Edward si alzò di scatto e attirò la mia attenzione. Finalmente uno scintillio di vita in quegli occhi neri come la pece… Doveva andare a caccia… Da quanto tempo non ci andava? Troppo… Dovevo convincerlo a lasciarmi anche solo per un’oretta… Ero in buone mani, con Rosalie al mio fianco.
-Usciamo, Jacob-
A cosa era dovuta questa reazione? Forse aveva letto qualche pensiero così crudele – ed ero sicura che i pensieri di Jacob in quel momento fossero orribili – da spingerlo a battersi in un incontro? No, no, no… Era sbagliato, senza senso ed era l’ultima cosa che volevo…
-No- lo pregai io, cercando di afferrarlo per un braccio ma mi sfuggì e io barcollai in avanti. Rosalie mi prese ancora prima che il pericolo si presentasse. Edward mi si avvicinò e mi sfiorò impercettibilmente. -Devo solo parlargli. Riposati, per favore. Fra qualche minuto saremo di ritorno.
Lo fissai, valutando le sue intenzioni. No, non gli avrebbe fatto del male, lo sapevo. Perché così era consapevole che avrebbe ferito anche me ed era l’ultima cosa che volevo. Così mi lasciai andare sul divano, tra i cuscini. Del resto se ero sicura di Edward, non lo ero tanto di Jacob. Lo fissai e vidi il suo sguardo pieno do collera tutta per Edward. Mi sentì mancare, ma finsi di non averci fatto caso, spostando di poco lo sguardo. –Fate i bravi. E poi tornate qui-
Li vidi uscire, prima Edward poi Jacob, sospirando di nuovo.


   
 
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