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Autore: SakiJune    18/02/2010    1 recensioni
Quando anche il più giovane - e il più amato - dei suoi fratelli parte per Camelot, la piccola Clarissant di Orkney rimane sola con la madre Morgause e la cugina Morvydd. Nemmeno la sua fervida fantasia di bimba può però immaginare quali compromessi, inganni e dolori dovrà affrontare... Quale ruolo avrà nella sua vita colui che chiama nemico, il malinconico Sir Bedivere? E da chi deve guardarsi in realtà?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Bedivere, Gawain
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Itonje reloaded'
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Siamo quasi alle ultime battute e si sente.
Non c'è molto da dire perché mi sembra di parlare alle scogliere insanguinate di Dover, che per carità, è meglio che niente. Giusto il fantasma di Gawain, eccu.
Perciò mi rivolgo all'unico non-fantasma, Ilakey-chan:
Io detesto i "graalosi" e quindi se noti non ho approfondito affatto il personaggio di Colgrevance. Per me è "un pezzo di carne con gli occhi", come diceva mia nonna. In questo capitolo vedrai Cynon-figlio, ma giusto per la cronaca, perché non amo neanche lui.
La terza moglie di Gawain... oops, non ho inventato neanche un nome, per lei XD Temo che la tua curiosità rimarrà insoddisfatta, ma non temere: puoi sempre scrivere tu la "storia non raccontata"! Ci sono infinite possibilità di missing moments qui *va a nascondersi* Comunque l'idea è che avesse un amante, nulla di che.
Come giustamente hai notato, non è tutta colpa di Mordred; è anche colpa di Agravaine e soprattutto del re che ha avallato la congiura. E ovviamente di quella spada maledetta... che spiega molte cose, tra cui il fatto che non si possono ammazzare una dozzina di persone mentre ci si difende con un'arma normale -.- O la spada è avvelenata o è magica, punto XD






QUINTO CAPITOLO.

Dove Clarissant regna su Orkney, ed evita un imbarazzante matrimonio alla nipote.



Che Gawain non avesse mai ambito al trono di Orkney, nonostante gli spettasse di diritto, era cosa vera e risaputa. Ma che non si occupasse di ciò che accadeva lassù, che avesse lasciato il maniero in decadenza e gli abitanti delle isole alla fame, era una menzogna, una sporca menzogna uscita dalla lingua avvelenata di Mordred.
Clarissant se ne rese conto non appena vide le fiaccole accese che sembravano darle il bentornato, mentre la nave attendeva la luce del giorno per attraccare. Tanto vicina da far temere per la carena, la Piccola Sconosciuta parve sorriderle, nera nel buio ma fertile nel ricordo: si chiese se quel verde scoglio, l'isoletta di pastori che lei e Gareth salutavano ogni mattina dalla finestra, avesse mai avuto un nome...

Quando venne l'alba, non furono più soltanto luci e luoghi ad accogliere lei e Branwen, ma voci e inchini: erano a casa. L'unica vera casa che potessero avere al mondo. Non Camelot, né Carlisle, né Gore; non il castello dove aveva vissuto con il marito, né quello dove ora Lady Lyonors si strappava ancora i capelli dal dolore.

Non lascerò mai più la mia terra, promise a se stessa, nonché agli uomini che la guardavano come se fosse una dea portata dal mare.



Né il sangue che aveva intriso gli scogli di Dover, né i rantoli d'agonia che erano echeggiati a Camlann erano giunti a lambire le coste di Orkney, ma le notizie arrivavano ugualmente; prima che l'ultimo degli alleati di Mordred sul suolo di Britannia fosse stato annientato, il popolo delle isole aveva pianto la morte di Gawain e salutato Clarissant come loro regina.

Saggi erano i nobili dell'Isola Grande, dura e sincera la lingua che non aveva dimenticato.


Aveva imparato ad essere egoista, e non lo avrebbe creduto possibile; si rese conto che ciò era potuto accadere non solo per aver abitato in luoghi diversi e vissuto situazioni difficili, ma perché aveva perduto tutto quello che negli anni aveva temuto di perdere. Come chi possiede uno scrigno di gemme, e le contempla ogni giorno e veglia inutilmente ogni notte affinché non le rubino, ma quando esso infine vuoto nota sul fondo una pietra opaca, insignificante, che ad un occhio attento si rivela la più preziosa di tutte.
Non era rimasto nulla di ciò che credeva di aver acquisito lungo il cammino, ma come il sole aveva svelato al suo sguardo il castello dei suoi antenati, il presente le aveva restituito più di quanto aveva lasciato indietro.

Clarissant aveva amato con tutto il cuore solo tre persone al mondo: Gareth, Gawain e se stessa. Dire che voleva bene anche a Branwen non è esatto, poiché non la considerava una persona diversa da sé. Era il suo riflesso, la sua ombra e la sua scintilla di giovinezza e candore.
- Siamo rimaste sole - balbettava la ragazza, incredula e scioccata, ma la zia negava e la correggeva: - Siamo rimaste insieme. - Erano davvero le ultime della stirpe reale di Orkney, due donne. Lei era sterile e aveva trentasette anni, ma Branwen era sana e graziosa; era sicura di trovare, tra gli uomini della piccola corte, un marito degno di lei.

Un nuovo re era salito sul trono di Britannia, e il suo nome era Constantine, figlio di Cador. Era saggio e prudente, e mandò quasi subito un cavaliere della sua corte per assicurarsi che la regina di Orkney rispettasse il suo ruolo e i suoi domini: quale sorpresa fu per Clarissant riconoscere nel giovane messaggero il suo figliastro, Cynon! Il ragazzo aveva accompagnato il suo signore, Sir Lionel, al seguito di Lancelot; dopo la battaglia di Camlann aveva combattuto contro gli ultimi alleati di Mordred ed aveva giurato fedeltà a re Constantine.
Non capì subito quali fossero le sue vere intenzioni, era ancora confusa sui suoi sentimenti verso di lui. Considerava ancora la strage di Carlisle un terribile errore, ma non per questo accettava le sue scelte. Almeno, non dopo la morte di Gareth.
Viviamo in una contraddizione continua, pensò. Questa non è che una delle mille svolte sulla nostra via.

- Desideriamo esservi amici, Cynon. Il mio esercito ha funzione puramente difensiva e non sbarcherà sul suolo di Britannia se non per recarvi aiuto. Non rivendichiamo alcun territorio nel Lothian, né in nessun'altra terra che mio padre possedeva prima di ribellarsi al compianto sovrano Arthur Pendragon.
- Signora...
- C'è forse dell'altro?
Cynon aveva notato come ella parlasse di sé al plurale, ma seppe vincere la propria curiosità.
- Il mio re vi chiede riguardo alla foresta di Inglewood. Afferma che ora vi appartiene.
- Re Constantine si sbaglia. - Clarissant si era fatta pensosa. - Mio fratello Gawain aveva ceduto quelle terre a suo cognato, Sir Gromer, e quindi sarebbero andate in eredità a mio nipote Gingalain. - Sospirò, riflettendo come nessuna delle persone sinora menzionate fosse ancora in vita. - La proprietà è passata a sua moglie, la regina del Galles. E con questo credo sia tutto.
"La moglie che Gingalain non voleva..."

Cynon si trattenne qualche giorno, non sembrava avere la minima fretta di ripartire. Fece mille moine intorno a Branwen, che sebbene fosse felice di rivederlo non si dimostrò molto espansiva. Clarissant non poteva darle torto, e finì per ammonire il giovane:
- Che cosa pretendete da lei? Il vostro re vi ha mandato qui per assicurarsi la nostra amicizia, o la vostra è un'iniziativa matrimoniale? Oppure tutte e due le cose? Mia nipote non è in vendita, questo dev'essere chiaro. Vi ho voluto bene come un figlio, ma non ci penserò due volte a farvi cacciare da questa corte!

Frasi così aspre turbarono Cynon, in parte perché in esse c'era molto di vero. Ma egli era innocente, e meritava di capire; disprezzarlo gratuitamente non sarebbe stato di nessuna utilità.

Somiglio a mia madre. Sono identica a lei, maledizione!

Così riprese: - Perdonatemi, Cynon. Vi ho voluto bene e amavo vostro padre, lo sapete. Ma la donna che vi diede la vita ha giocato con la stregoneria, proprio come vostra nonna Morgana... e se non ho più una famiglia lo devo in gran parte al sentimento che legava i vostri genitori... non solo alle trame di mio fratello Mordred.

- Io sono un cavaliere cristiano! - ribatté il giovane con fierezza. - Non ho niente a che spartire con la gente di Avalon o...

- Certo, certo. Avete scelto la vostra strada. Ma è giusto che vi tenga a parte di ciò che è accaduto prima che nasceste - sospirò Clarissant.

E si apprestò a raccontare tanto le colpe di Morvydd quanto le proprie.



Branwen pregava, pregava che sua zia non acconsentisse al matrimonio, perché sentiva che era sbagliato, e la cosa buffa era che non sapeva Chi pregava. Non esistevano né Dio né la Dea, lassù, solo antiche vestigia degli adoratori del Sole. Per lei era un mondo nuovo, dove il freddo rendeva la purezza a persone e cose... com'era ingenua! L'acqua della fontana nel cortile era limpida e trasparente, ma Clarissant vi vedeva ancora il sangue della regina Morgause che gocciolava dalla spada di Gaheris, a scandire la sua prima orrenda consapevolezza del Male.
Si sarebbe rassegnata a unirsi ad un uomo delle isole, sì, l'avrebbe fatto per la donna che l'aveva cresciuta e amata. Ma non Cynon. Per lei era stato un fratello esattamente come Lovell e Florence, provava solo nausea al pensiero di diventare sua moglie... e di ingannarlo, anche.
Un uomo vecchio e brutto, uno di quei nobili di Norvegia dai capelli lunghi e l'espressione gelida. Ecco. Che non pretenda amore, perché ho consacrato questa parola ad una persona soltanto.
Si era innamorata perdutamente, sulla strada per Carlisle, come per una magia o una malattia. Si era innamorata del profilo assorto di Sir Bedivere, poi del suo sguardo preoccupato e del braccio che la sorreggeva, e infine delle parole, rivolte a Sir Lucan, con cui aveva dimostrato di capirla più di ogni altro.
Ma era sicura che fosse rimasto ucciso a Camlann, e tanto le bastava per rassegnarsi a non aprire più il suo cuore.



- Ma perché, se sapevate che la spada di mio padre era invincibile, avete lasciato che Sir Gawain convincesse re Arthur a muoverci guerra? - Cynon aveva quasi gridato, incredulo davanti a un cumulo di certezze in frantumi e ad una matassa di colpe e menzogne più intricata di quanto il suo animo semplice potesse investigare.

- Giurate... giurate che vendicherete Gareth! Voi ucciderete Sir Lancelot!
- Lo giuro, sorella.
- E convincerete gli altri a seguirvi.
- Nostro zio non potrà negarmelo.
- Perché tutti l'amavano. Perché Lancelot lo amava, ma l'ha dimenticato.
- E l'amore sarà più forte di qualsiasi incantesimo Morvydd abbia infuso in quella spada.
- Così sia, Gawain, così sia.
Ma così non era stato.

"Non ho solo lasciato che accadesse, ahimé! L'ho spinto a cercare vendetta", ricordò lei con amarezza, ma rispose con voce ferma:

- Perché, mio piccolo Cynon, io guardavo a Gawain con occhi incantati; così come Gareth vedeva Lancelot, o come Lovell vedeva vostro padre... forse come voi vedevate Sir Lionel...
L'ultima parte della frase era simile ad una domanda, e Cynon chinò il capo.
- Lo credevo indistruttibile, eterno... e ora potrei dire che non perdonerò mai a me stessa di aver lasciato vincere la rabbia e il dolore sul raziocinio, ma a che servirebbe? La mia terra non ha bisogno di una regina folle e malinconica.

- Ammiro la vostra forza d'animo - dichiarò inaspettatamente il ragazzo, tra il sarcasmo e la delusione. - Riferirò a re Constantine che sarete un'alleata preziosa negli anni a venire.

L'incontro era concluso; Cynon sarebbe tornato in Britannia, se non a mani vuote, senza ciò che sperava.


   
 
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