Capitolo
5
Barbara
aveva chiesto a Nunzia di accostare le persiane perché aveva
un feroce mal di
testa e la luce del giorno le
feriva gli occhi. Anche il corpo le doleva e lo stomaco, ma
c’era poco da
meravigliarsi dato il trattamento a cui era stata sottoposta la sera
prima di
cui per fortuna non si ricordava molto. La ragazza le aveva detto che
il marito
non aveva assistito alla scena e la cosa l’aveva un
po’ sollevata, ma si
vergognava da morire per il dottor Hopkins perché, senza
conoscerla, l’aveva
vista in quello stato.
-
È un
medico e deve essere anche molto bravo
–
l’aveva rincuorata la servetta mentre le
sistemava la camicia pulita e le legava i capelli -
Lui è abituato a vedere le persone star
male, non fa caso al loro aspetto. Se viene ora come ha promesso ieri,
vi
troverà di nuovo bellissima.
La
ragazza aveva concluso la frase facendo un passetto indietro per
rimirare la
padrona che come al solito giocherellava con il crocifisso di corallo
che
portava appeso al collo.
Dopo
un
po’ infatti il dottor Hopkins arrivò. Barbara lo
accolse con un sorriso di
circostanza, cercando di dissimulare l’imbarazzo.
-
Come
va? – le chiese lui, disinvolto.
-
Benissimo, grazie.
-
Ah
sì? – osservò l’uomo alzando
un sopracciglio con ironia – Chissà
perché ero
convinto che dovessi avere un bel mal di testa e ti dovesse far male
anche lo
stomaco.
Il
sorriso si raggelò sul viso di lei: ecco, ora le dava un
familiarissimo tu a
dimostrazione del poco rispetto che le spettava dopo la scena squallida
della
notte prima.
-
Sto
bene, – mormorò in un soffio – davvero,
sto bene. Avevo pensato che un goccio
di liquore forte potesse aiutarmi a prendere sonno perché
ero tanto stanca e
non riuscivo a dormire. A quanto pare mi sono sbagliata. Non sono
abituata a
bere e deve avermi fatto male.
Sean
prese
una sedia, l’accostò al letto e si sedette,
guardandola fisso in volto.
-
Che
ti sei bevuta quasi una bottiglia di whisky l’abbiamo capito,
ma l’intera
boccetta di valeriana che fine ha fatto?
Irritata
dalla sua brutalità, gli rispose molto sprezzante e con
freddezza.
-
Ho
buttato la valeriana l’altra sera stessa. Io non ho bisogno
delle vostre
medicine, dottor Hopkins, sto benissimo e non sono mai stata meglio in
vita
mia. L’ho accettata solo per non essere scortese e non capisco nemmeno che
necessità ci sia stata di farvi
scomodare la notte scorsa.
-
Barbara, guarda che Robert mi ha raccontato tutto.
-
Che
significa? Cosa vi
ha raccontato quello
stupido?
-
Del
vostro assurdo patto e dei
motivi che vi
hanno spinto a sposarvi.
-
Anche
di me… prima… – mormorò lei,
timorosa di una risposta affermativa che arrivò subito.
-
Sì –
disse infatti l’uomo.
La
ragazza arrossì e girò il viso
dall’altro lato per non mostrare lo sforzo di
trattenere il pianto.
-
Ma
come ha potuto farlo? Chi gli ha dato il diritto? Ora sarà
stato tutto inutile
e chissà come si divertirà lady Bradley alle mie
spalle.
-
L’ha
raccontato a me, non a lei.
Irata,
si girò a guardarlo e i suoi begli occhi lampeggiavano per
lo sdegno.
-
E non
è la stessa cosa? – gli chiese alzando un
po’ la voce.
-
No
che non lo è. Forse non mi conosci ancora, però
ti assicuro che detesto le
sorelle Lawrence peggio
di te, se non
altro perché quando è morta la mia Henrietta
hanno cercato di farmi la stessa
cosa che minacciavano con Robert.
Notando
lo sguardo interrogativo della donna, precisò:
-
Volevano togliermi i figli. Ma io sono più forte di tuo
marito e non mi sono
lasciato intimidire.
-
Avete
dei figli? – gli chiese stupita e distraendosi per un attimo
dalla sua pena.
-
Un
maschio e una femmina.
Intanto
Robert aveva bussato ed era entrato nella stanza, interrompendo la loro
conversazione. Aveva un pantalone un po’ lacero ed un
maglione azzurro
altrettanto rotto, ma i suoi occhi brillavano più che mai,
pur se cerchiati da
vistose occhiaie. Barbara, suo malgrado, sentì come un pugno
nello stomaco nel
vederlo e dovette girarsi di nuovo dall’altra parte per non
far scorgere l’imbarazzo.
-
Come
stai? – le chiese lui con dolcezza dopo aver salutato
l’amico.
-
Bene,
ingegnere, va tutto benissimo, è tutto sotto controllo
– gli rispose con la solita
frase, ma poi si lasciò trascinare dalla
curiosità e gli chiese – Che ci fai a
casa? Non dovresti essere alla miniera?
-
Ho
dato una mano a Giosuè: l’asina
ha partorito
stamani.
-
Mamma
mia, quale onore
per quest’asina, non
sei andato a lavoro perché stava partorendo! Neanche quando
ho partorito io
l’hai fatto e te ne sei stato tutto il tempo a lavorare!
-
Aspettavo anche che venisse Sean a visitare te e Maria Neve –
precisò l’uomo
non raccogliendo la provocazione - Come sta? – aggiunse poi
rivolgendosi al
medico.
-
Tu
come stavi la prima volta che ti sei sbronzato?
-
Per
niente bene – sorrise lui, cogliendo a volo
l’occasione di sdrammatizzare la
cosa – Avevo solo undici anni e mio padre me ne
suonò tante che alla fine
non sapevo più
se mi facesse più male la testa o il sedere.
-
A
quanto pare invece tua moglie sta benissimo, non ha neanche un
po’ di mal di
testa. Come vedi non c’era motivo di preoccuparsi. Infatti mi
ha confermato di
aver preso solo il liquore.
-
Al
contrario, ho di che preoccuparmi, allora. Credi che sarò
costretto a
nascondere il whisky d’ora innanzi?
Notando
che i due uomini la stavano prendendo in giro, Barbara si
sentì montare la
collera. Come sempre in questi casi non riuscì a
trattenersi, nonostante la
presenza di un estraneo.
-
Cos’è
– disse al marito con la voce molto canzonatoria –
davvero credevi che avessi
preso la valeriana? E perché avrei dovuto farlo? Per il
dispiacere di averti
visto andare a casa della tua amante? Sai quanto me ne importa dei tuoi
amorazzi!
-
Ma
sei impazzita!? – le replicò lui, ritornando molto
serio.
-
Perché, non
sei andato da Rosa Barone
ieri?
-
Ehi,
ehi – intervenne il medico –
cos’è quest’altra storia adesso?
-
Si
vede che nel raccontarvi “tutto” si è
dimenticato qualcosa!
-
Che
c’è di vero in ciò che dice?
– gli chiese Sean un po’ irritato perché
in quel
caso era stato davvero preso per i fondelli da uno stupido gallese.
-
Niente, sta farneticando – gli rispose Robert.
-
Che coraggio, se lo
nega! Ti ho visto con
questi occhi entrare da lei e sei stato talmente vigliacco da non avere
neanche
l’ animo di dirmelo.
-
Ci sono
andato per un’altra cosa, non certo perché
è la mia amante.
-
Sul
serio? – ironizzò la donna.
-
Barbara, ma ti sembro tanto folle da scegliermi un’amante
proprio tra le donne
del paese e andare da lei in pieno giorno? Ti pare mai possibile che
non mi
avessero già sommerso di pettegolezzi per una cosa simile? Sì,
è vero ci sono andato da Rosa, ma in
casa c’erano
i suoceri ed anche la
madre. Abbiamo parlato di una cosa.
La
ragazza era rimasta un po’ perplessa perché aveva
capito che il marito non
aveva torto. Sarebbe stato davvero uno sconsiderato a farsi vedere
così da
tutti e la stessa Rosa non avrebbe accettato di mettere in discussione
la sua
reputazione ricevendo il conosciutissimo direttore della miniera
così
apertamente ed in pieno giorno. Si era lasciata trascinare da una
assurda
gelosia senza usare la ragione.
-
Perché hai mentito allora se era una cosa che non ci
riguardava? – gli chiese
con molta più umiltà.
-
Perché lo era – Robert esitò un poco,
poi trovò il coraggio di confessare –
Rosa ha avuto un bambino da poco e le ho chiesto se vuole fare da balia a Maria Neve.
Lei
diventò di fuoco a quelle parole e gli occhi le si
riempirono di lacrime.
-
Certo, falla venire qui, affidale pure mia figlia, tanto io non sono in
grado
di occuparmene così come non so crescere Charles - gli
urlò - Anzi,
sai cosa ti dico? Visto che non sono
utile neanche a te e ti do solo fastidio con il mio carattere
insopportabile,
me ne vado proprio. Forse mio fratello mi riprenderà in casa
ora che Carolina
si è sposata. E se non mi vuole, meglio così,
andrò a fare la serva per
mantenermi, tanto farla da lui o qui o in casa di estranei è
esattamente la
stessa cosa…- s’interruppe prorompendo nel pianto
che invano aveva cercato di
trattenere per pudore.
Nel
vederla reagire in quel modo, Robert cercò l’aiuto
del maturo amico.
-
Ma la
vedi come fa? – disse rivolgendosi a lui - Lo so, ho
sbagliato a non dirglielo,
però l’ho fatto soltanto perché sono
preoccupato per lei e per la piccina.
Perché la prendi così a male? Tante
donne
danno i figli a balia, non c’è nulla di cui
soffrire – chiese poi alla moglie.
La
donna gli rispose continuando piangere:
-
Lo
sai perché non voglio, perché ho la sensazione
che la bambina mi rifiuti
per punirmi di non
averla amata
abbastanza sin dal primo momento.
Grattandosi
la testa e cercando di tagliar corto quella scenata coniugale piuttosto
imbarazzante, Sean intervenne calmo.
-
Che ne
dite, potrei vederla questa bambina?
-
Certo, ora vado a prenderla subito.
Appena
Robert
fu uscito dalla stanza, con molta dolcezza, domandò alla
giovane mamma:
-
Perché teme che tu non possa allattarla? Non hai latte?
-
Sì,
ne ho, ma è poco – confessò lei asciugandosi
gli occhi e poi continuò, bisognosa di sfogarsi come non
aveva potuto mai fare
con nessuno - Quando allattavo l’altro mio bimbo, va bene che
avevo solo
diciassette anni, ma il seno era talmente gonfio di latte che dovevo
mettere
dei fazzoletti per non sporcarmi i vestiti. Lui tirava come un pazzo ed
aveva
sempre fame, neanche aspettava gli intervalli tra una poppata e
l’altra,
piangeva tanto che dovevo dargliene di nuovo. Invece Neve dorme sempre,
faccio
una fatica enorme a farla attaccare. Mi rifiuta, è
così, non mi sbaglio. Forse
Robert ha ragione, forse un’altra donna riuscirebbe a
nutrirla meglio di me!
-
Non
dire sciocchezze, la quantità del latte non dipende da te.
Non sai che quanto
più un bambino succhia, tanto più latte si forma
nelle mammelle della madre? È
una meravigliosa legge di natura questa e sembra fatta apposta per
nutrire
anche i mangioni com’era il tuo primo figlioletto.
Intanto
Robert era rientrato con il tenero fagottino della sua bimba in
braccio. La
posò sul letto e Barbara cominciò a spogliarla
mentre Sean preparava lo
stetoscopio. Completamente nuda, la piccola Neve cominciò ad
agitarsi e a
piangere disperata mentre l’abile medico la rigirava tra le
mani come se fosse
stata un fuscello, visitandola accuratamente.
-
È prematura
vero? – chiese ad un certo punto.
-
Sì,
avevo finito da dieci giorni il settimo
mese.
-
Sei
sicura?
-
Sì,
non c’è possibilità di errore
– rispose lei arrossendo un po’ e guardando il
marito che ricambiò il suo sguardo intuendo cosa volesse
dire.
Intanto
la bambina si era calmata ed aveva aperto gli occhietti chiari. Ora
stava
fissando Sean con quello sguardo smarrito vagamente interrogativo che
tanto
inteneriva suo padre. La stessa cosa avvenne anche per lui, che,
sorridendole
con dolcezza, le disse:
-
Ma cosa
vogliono da te questo papà e questa mamma? L’hanno
capito o no che tu stai imparando
la vita ed hai bisogno di pace e di tranquillità?
I
genitori si guardarono incerti e l’uomo, carezzando piano la
piccola e
riavvolgendola nella copertina, spiegò:
-
Maria
Neve se ne stava al calduccio e al riparo nel pancione di Barbara.
Lì tutto era
silenzioso ed ovattato, non c’erano i vestiti a dare fastidio, non doveva fare fatica per
mangiare o per
espellere ciò che le fa dolere il pancino. Era felice
là dentro, udiva il
battito del cuore della sua mamma e sapeva di essere al sicuro. Poi un
brutto
giorno è stata cacciata fuori da una forza sconosciuta e
sì che aveva il
diritto di starsene ancora un paio di mesetti nel suo tenero rifugio!
Da allora
ha dovuto lottare talmente tanto che si sente già stanca.
Così se la dorme,
ignorando il mondo duro e ostile. Sta a voi farle capire che in fondo
vivere
non è poi brutto.
I
due
si guardarono ancora molto perplessi poi Barbara gli chiese qualche
consiglio.
-
In
India e in Sudafrica ho visto bambini davvero denutriti succhiare da
mammelle
rinsecchite eppure riuscire sopravvivere. Le madri li portano attaccati
addosso
e li allattano ogni volta che possono. Prova a farlo anche tu.
-
Ma io
ho sempre saputo che i bambini non vanno tenuti in braccio
perché altrimenti
diventano viziati e
che devono mangiare
ad intervalli regolari – obiettò il giovane padre
sicuro di quanto aveva
sentito più volte enunciare.
-
Non è
vero, Robert. Se Barbara la tiene in braccio quanto più
può, senza pensare alle
cose da fare, agli obblighi sociali, ai problemi, dedicandosi
unicamente e con
gioia a lei, la bambina sentirà ancora il battito del suo
cuore, comincerà a
distinguere la sua voce ed il suo odore e a poco a poco si
sentirà rassicurata
e felice.
-
Però
questa poverina la tiene già attaccata al seno anche ore pur di
farla mangiare!
Ignorando
l’obiezione del giovane, Sean incitò la donna:
-
A
proposito, dalle il latte ora.
-
Posso? Anche se sto così?
-
Se è
figlia di suo padre un po’ di latte materno corretto al
whisky non le sarà
sgradito – scherzò lui, riuscendo finalmente a
strappare un sorrisino ai due
giovani preoccupati.
Barbara
provò a darle il seno, ma la bambina
non
si voltava nemmeno.
-
Vedete, dottor Hopkins? Non lo vuole.
-
Solleticale un po’ la guancia con le dita. La suzione
è istintiva: si girerà
verso di te con la bocca aperta e trovando il tuo seno, si
attaccherà di sicuro.
Barbara
seguì il consiglio ed effettivamente le cose si svolsero
come aveva detto Sean.
-
Funziona! – gridò tutto entusiasta Robert che
oramai si era seduto sul letto e
seguiva attentamente quel rito miracoloso.
-
Sì,
ma non c’è da esultare troppo.
Succhierà qualche minuto e poi smetterà. A volte,
come hai detto tu, devo
tenerla ore
attaccata per farla mangiare al massimo solo un
quarto d’ora – obiettò la
mamma.
-
Ed è
qui che sbagli. Lei è piccola e si stanca presto, ma prende
esattamente ciò di
cui ha bisogno - le suggerì il medico.
-
Ma
non è troppo poco?
-
Falle
fare qualche poppatina in più quando la vedi un
po’ più sveglia, senza pensare
troppo all’orario. Cercate di stare sereni ragazzi miei: la
bambina è sana,
Barbara ha il latte e non vedo di cosa dobbiate preoccuparvi.
-
Ma
perché non cresce? – domandò Robert.
-
Accidenti e dalle un po’ di tempo! Comunque se è
questo che vi preoccupa,
siccome domani devo andare a Cagliari per procurarmi qualche
attrezzatura per
l’ospedale, prenderò anche una bilancia per pesare
i neonati, così potrete
controllare il suo effettivo aumento di peso.
-
E se
non avvenisse? Se davvero non dovesse crescere? – chiese la
mamma mentre seduta
in mezzo al letto continuava ad allattare la piccola.
-
Allora penseremo a darle un aiutino.
-
Giosuè mi diceva prima che potremmo darle il latte
dell’asina che ha appena
partorito, ma avrà detto di sicuro una sciocchezza
– intervenne Robert, molto
coinvolto nella questione.
-
No,
non l’ha detta, il latte d’asina è
quello che più si avvicina al latte umano.
C’è un solo problema.
-
La
sterilizzazione dei poppatoi. I neonati possono prendere facilmente
infezioni
con l’allattamento artificiale – intervenne
Barbara, mostrando orgogliosamente
di saperne sull’argomento.
-
Veramente
non mi riferivo a questo. Lo sterilizzare correttamente i poppatoi non
sarebbe
una cosa difficile per la
figlia di un
medico e mancato medico
lei stessa.
-
E
cosa allora? – domandò Robert notando il tono di
burla nella voce dell’amico.
-
Il
fatto che Barbara è gelosa dell’asina!
Questa
volta però la ragazza non si offese, anzi sorrise anche lei.
-
Ecco,
ha finito già – disse mettendosi la figlia sulla
spalla per farle fare il
ruttino.
-
Va
bene, basta così. Riposati un po’ accanto a lei e
dopo che vi siete fatte
entrambe un sonnellino, ricominciate. Io però ora devo
proprio scappare, mi
aspettano all’ospedale.
Sean
si
alzò e stava già uscendo quando la donna lo
richiamò. Voltandosi vide il suo
grazioso visino un po’ sciupato trepidante di speranza e di
gratitudine. Ciò
gli fece molta tenerezza.
-
Dottor Hopkins, mi dite come faccio a ringraziarvi?
-
Tanto
per cominciare, dammi del tu. Lo so, probabilmente ti
costerà uno sforzo enorme, ma servirà a
farmi sentire di meno un rispettabile vecchietto. E poi, se vuoi, puoi
anche
invitami a pranzo domenica prossima così mi risparmierai la
tortura della
cucina di casa Bradley!
Barbara gli sorrise.
-
Benissimo, arrivederci a domenica prossima allora.
Anche
Robert si sentiva più leggero e, sorridendo anche lui,
accompagnò per un tratto
di strada il nuovo amico.
Come
aveva promesso, Sean procurò la bilancia e così
due sere dopo il giovane padre
si ritirò a casa prima del consueto, portandola come una
cosa preziosa.
Decisero di pesare Maria Neve in salotto dove c’era il camino
più grosso in
quanto il tempo era cambiato e faceva di nuovo un po’ freddo.
La
piccola fu spogliata e si cominciò la cerimonia della
pesatura a cui
assistettero incuriositi anche il fratellino e Nunzietta che,
dichiarandosi
parte in causa in quanto madrina della bambina,
tralasciò le faccende
senza che nessuno
le dicesse niente.
Sotto
lo sguardo inquieto della moglie, l’ingegnere si accinse a
compiere lui
l’operazione con la massima professionalità, ma
ciò che avevano posato sul
piatto freddo della bilancia, non era il minerale inerte tratto dalle
miniere,
ma un frugoletto inquieto che si ribellava alla sensazione di freddo
provata
urlando tutto il suo disagio talmente forte da mostrare
le gengive sdentate e la linguetta rosea che
vibrava nel pianto. L’ago della bilancia oscillava senza
freno ai suoi movimenti
frenetici e loro tutti si guardavano perplessi ed incerti sul da farsi.
Persino
Charles intervenne, dicendo alla sorellina: “ E stai un
po’ buona!”, ma non ci
fu niente da fare ed il vagito di lei diventò sempre
più disperato.
Non
potendone più, Barbara se la prese in fretta in braccio senza consentire al padre
di controllarne il
peso.
-
Ma se
fai così quando ci riusciamo a pesarla? – la
rimproverò lui corrugando la
fronte.
-
Stiamo facendo una sciocchezza infatti, non ci riusciremo mai e non
potremo mai
sapere se cresce abbastanza! – commentò la donna, avvilita.
-
Su,
non scoraggiarti così presto! – la
incitò il marito – Ora vediamo di farla
calmare un po’ e poi ci riproviamo. Dalla
a me.
Sotto
gli occhi delle due donne e del bambino, Robert prese in braccio la
piccola
Neve ed il suo corpicino, nudo e roseo, era talmente piccolo appoggiato
alla
spalla di quell’uomo così grande e grosso da fare
impressione. Carezzandole con
dolcezza la schiena con la mano, cominciò a passeggiare
accanto al camino ed a
un certo punto prese a cantare una canzone della sua terra. Aveva una
voce
bellissima, calda e molto profonda ed anche se non capivano le parole
di quella
lingua strana, il dolce suono della ninna nanna incantò gli
astanti che se ne
stettero in silenzio ad ascoltare. Anche Neve dopo un po’
smise di piangere e
con la testina appoggiata al mento barbuto
del padre, sembrò trarre da lui tutta la quiete
che le necessitava.
Qualche minuto dopo, con enorme delicatezza, l’ingegnere la
posò di nuovo sul piatto
della bilancia, senza smettere però di cantare e questa
volta la bambina si
fece pesare senza muoversi troppo. Così Robert
comunicò il peso alla moglie che
si affrettò a segnarlo su un quadernetto preparato apposta
poi se la riprese in
braccio, la rivestì e si accinse ad allattarla.
-
Io
torno in cucina allora. Vieni con me Charles? – disse Nunzia
riprendendo la sua
normale attività dopo l’insolita pausa.
-
No,
voglio stare qui a vedere quella lì che mangia! –
protestò il piccolo, sempre
un po’ astioso nei confronti dell’intrusa.
-
Dai,
vieni con papà allora – si offrì Robert
dopo aver riposto la bilancia con molta
cura.
Ma
Barbara si sentiva ancora molto
bisognosa di compagnia
-
No,
state ancora un poco qui con me – li esortò.
Lui
non
se lo fece dire due volte. Prese una sedia e
l’accostò alla poltrona dove era
seduta la moglie con la piccola attaccata al seno e, tratto a
sé il
maschietto, se lo
fece sedere sulle
ginocchia, stringendogli con il braccio il morbido pancino. Stettero un
po’ in
silenzio, poi senza riuscire a frenarsi, l’uomo
allungò una mano e cominciò a
carezzare la testina bruna della figlia che succhiava con gli occhietti
spalancati.
-
Canta
ancora, le piace – gli chiese la donna.
Il
bambino, girandosi verso di lui, sollevò
il visino paffuto e afferrando
il volto
del padre con la manina per attirarne l’attenzione, lo
incoraggiò:
-
Sì
papà, canta, è bella la tua canzone, piace anche
a me.
Così
Robert ricominciò a cantare e se ne stettero tutti e quattro
per un po’ calmi e
tranquilli, cullati dalla sua bella voce.
Per
la
prima volta dopo tanto tempo, Barbara sentì come un calore
che la rinfrancava,
ma si negò inconsciamente la consapevolezza
dell’attimo di felicità e preferì
pensare che a riscaldarla fossero le fiamme scoppiettanti nel camino
acceso.