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Autore: mamma Kellina    20/02/2010    5 recensioni
Nei primi anni del Novecento, Robert, un giovane ingegnere minerario vedovo e con un figlio piccolo e Barbara, una ragazza sarda con un triste passato che la condannava a restare zitella, hanno deciso di sposarsi solo per reciproca convenienza. Ben presto però i sentimenti e l’attrazione fisica hanno trasformato il loro patto in una situazione molto difficile da sopportare soprattutto perché nessuno dei due vuole accettare che, malgrado tutto, l’amore sta entrando a poco a poco nelle loro esistenze.
Eccovi dunque la seconda parte di questa vicenda che si svolge nelle miniere della Sardegna sud occidentale. Spero che chi ha già seguito la prima parte avrà piacere di vedere come si conclude il romanzo ma non dispero nemmeno di trovare ancora nuovi lettori. A tutti prometto una storia vivace, intrigante, meno drammatica di quella narrata finora, ma che, mi auguro, saprà ugualmente emozionare e coinvolgere.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Capitolo 5

Barbara aveva chiesto a Nunzia di accostare le persiane perché aveva un  feroce mal di testa e la luce del giorno le feriva gli occhi. Anche il corpo le doleva e lo stomaco, ma c’era poco da meravigliarsi dato il trattamento a cui era stata sottoposta la sera prima di cui per fortuna non si ricordava molto. La ragazza le aveva detto che il marito non aveva assistito alla scena e la cosa l’aveva un po’ sollevata, ma si vergognava da morire per il dottor Hopkins perché, senza conoscerla, l’aveva vista in quello stato.

- È un medico e deve essere anche molto bravo   – l’aveva rincuorata la servetta mentre le sistemava la camicia pulita e le legava i capelli  - Lui è abituato a vedere le persone star male, non fa caso al loro aspetto. Se viene ora come ha promesso ieri, vi troverà di nuovo bellissima.

La ragazza aveva concluso la frase facendo un passetto indietro per rimirare la padrona che come al solito giocherellava con il crocifisso di corallo che portava appeso al collo.

Dopo un po’ infatti il dottor Hopkins arrivò. Barbara lo accolse con un sorriso di circostanza, cercando di dissimulare l’imbarazzo.

- Come va? – le chiese lui, disinvolto.

- Benissimo, grazie.

- Ah sì? – osservò l’uomo alzando un sopracciglio con ironia – Chissà perché ero convinto che dovessi avere un bel mal di testa e ti dovesse far male anche lo stomaco.

Il sorriso si raggelò sul viso di lei: ecco, ora le dava un familiarissimo tu a dimostrazione del poco rispetto che le spettava dopo la scena squallida della notte prima.

- Sto bene, – mormorò in un soffio – davvero, sto bene. Avevo pensato che un goccio di liquore forte potesse aiutarmi a prendere sonno perché ero tanto stanca e non riuscivo a dormire. A quanto pare mi sono sbagliata. Non sono abituata a bere e deve avermi fatto male.

Sean prese una sedia, l’accostò al letto e si sedette, guardandola fisso in volto.

- Che ti sei bevuta quasi una bottiglia di whisky l’abbiamo capito, ma l’intera boccetta di valeriana che fine ha fatto?

Irritata dalla sua brutalità, gli rispose molto sprezzante e con freddezza.

- Ho buttato la valeriana l’altra sera stessa. Io non ho bisogno delle vostre medicine, dottor Hopkins, sto benissimo e non sono mai stata meglio in vita mia. L’ho accettata solo per non essere scortese e non capisco  nemmeno che necessità ci sia stata di farvi scomodare la notte scorsa.

- Barbara, guarda che Robert mi ha raccontato tutto.

- Che significa? Cosa  vi ha raccontato quello stupido?

- Del vostro assurdo patto e  dei motivi che vi hanno spinto a sposarvi.

- Anche di me… prima… – mormorò lei, timorosa di una risposta affermativa che arrivò subito.

- Sì – disse infatti l’uomo.

La ragazza arrossì e girò il viso dall’altro lato per non mostrare lo sforzo di trattenere il pianto.

- Ma come ha potuto farlo? Chi gli ha dato il diritto? Ora sarà stato tutto inutile e chissà come si divertirà lady Bradley alle mie spalle.

- L’ha raccontato a me, non a lei.

Irata, si girò a guardarlo e i suoi begli occhi lampeggiavano per lo sdegno.

- E non è la stessa cosa? – gli chiese alzando un po’ la voce.

- No che non lo è. Forse non mi conosci ancora, però ti assicuro che detesto le sorelle Lawrence  peggio di te, se non altro perché quando è morta la mia Henrietta hanno cercato di farmi la stessa cosa che minacciavano con Robert.

Notando lo sguardo interrogativo della donna, precisò:

- Volevano togliermi i figli. Ma io sono più forte di tuo marito e non mi sono lasciato intimidire.

- Avete dei figli? – gli chiese stupita e distraendosi per un attimo dalla sua pena.

- Un maschio e una femmina.

Intanto Robert aveva bussato ed era entrato nella stanza, interrompendo la loro conversazione. Aveva un pantalone un po’ lacero ed un maglione azzurro altrettanto rotto, ma i suoi occhi brillavano più che mai, pur se cerchiati da vistose occhiaie. Barbara, suo malgrado, sentì come un pugno nello stomaco nel vederlo e dovette girarsi di nuovo dall’altra parte per non far scorgere l’imbarazzo.

- Come stai? – le chiese lui con dolcezza dopo aver salutato l’amico.

- Bene, ingegnere, va tutto benissimo, è tutto sotto controllo – gli rispose con la solita frase, ma poi si lasciò trascinare dalla curiosità e gli chiese – Che ci fai a casa? Non dovresti essere alla miniera?

- Ho dato una mano a Giosuè: l’asina  ha  partorito stamani.

- Mamma mia,  quale onore per quest’asina, non sei andato a lavoro perché stava partorendo! Neanche quando ho partorito io l’hai fatto e te ne sei stato tutto il tempo a lavorare!

- Aspettavo anche che venisse Sean a visitare te e Maria Neve – precisò l’uomo non raccogliendo la provocazione - Come sta? – aggiunse poi rivolgendosi al medico.

- Tu come stavi la prima volta che ti sei sbronzato?

- Per niente bene – sorrise lui, cogliendo a volo l’occasione di sdrammatizzare la cosa – Avevo solo undici anni e mio padre me ne suonò tante che alla fine  non sapevo più  se mi facesse più male la testa o il sedere.

- A quanto pare invece tua moglie sta benissimo, non ha neanche un po’ di mal di testa. Come vedi non c’era motivo di preoccuparsi. Infatti mi ha confermato di aver preso solo il liquore.

- Al contrario, ho di che preoccuparmi, allora. Credi che sarò costretto a nascondere il whisky d’ora innanzi?

Notando che i due uomini la stavano prendendo in giro, Barbara si sentì montare la collera. Come sempre in questi casi non riuscì a trattenersi, nonostante la presenza di un estraneo.

- Cos’è – disse al marito con la voce molto canzonatoria – davvero credevi che avessi preso la valeriana? E perché avrei dovuto farlo? Per il dispiacere di averti visto andare a casa della tua amante? Sai quanto me ne importa dei tuoi amorazzi!

- Ma sei impazzita!? – le replicò lui, ritornando molto serio.

- Perché,   non sei andato da Rosa Barone ieri?

- Ehi, ehi – intervenne il medico – cos’è quest’altra storia adesso?

- Si vede che nel raccontarvi “tutto” si è dimenticato qualcosa!

- Che c’è di vero in ciò che dice? – gli chiese Sean un po’ irritato perché in quel caso era stato davvero preso per i fondelli da uno stupido gallese.

- Niente, sta farneticando – gli rispose Robert.

-  Che coraggio, se lo nega! Ti ho visto con questi occhi entrare da lei e sei stato talmente vigliacco da non avere neanche l’ animo di dirmelo.

- Ci sono andato per un’altra cosa, non certo perché è la mia amante.

- Sul serio? – ironizzò la donna.

- Barbara, ma ti sembro tanto folle da scegliermi un’amante proprio tra le donne del paese e andare da lei in pieno giorno? Ti pare mai possibile che non mi avessero già sommerso di pettegolezzi per una cosa simile?  Sì, è vero ci sono andato da Rosa, ma in casa  c’erano i suoceri ed anche la madre. Abbiamo parlato di una cosa.

La ragazza era rimasta un po’ perplessa perché aveva capito che il marito non aveva torto. Sarebbe stato davvero uno sconsiderato a farsi vedere così da tutti e la stessa Rosa non avrebbe accettato di mettere in discussione la sua reputazione ricevendo il conosciutissimo direttore della miniera così apertamente ed in pieno giorno. Si era lasciata trascinare da una assurda gelosia senza usare la ragione.

- Perché hai mentito allora se era una cosa che non ci riguardava? – gli chiese con molta più umiltà.

- Perché lo era – Robert esitò un poco, poi trovò il coraggio di confessare – Rosa ha avuto un bambino da poco e le ho chiesto se vuole  fare da balia a Maria Neve.

Lei diventò di fuoco a quelle parole e gli occhi le si riempirono di lacrime.

- Certo, falla venire qui, affidale pure mia figlia, tanto io non sono in grado di occuparmene così come non so crescere Charles - gli urlò -  Anzi, sai cosa ti dico? Visto che non sono utile neanche a te e ti do solo fastidio con il mio carattere insopportabile, me ne vado proprio. Forse mio fratello mi riprenderà in casa ora che Carolina si è sposata. E se non mi vuole, meglio così, andrò a fare la serva per mantenermi, tanto farla da lui o qui o in casa di estranei è esattamente la stessa cosa…- s’interruppe prorompendo nel pianto che invano aveva cercato di trattenere per pudore.

Nel vederla reagire in quel modo, Robert cercò l’aiuto del maturo amico.

- Ma la vedi come fa? – disse rivolgendosi a lui - Lo so, ho sbagliato a non dirglielo, però l’ho fatto soltanto perché sono preoccupato per lei e per la piccina.  Perché la prendi così a male? Tante donne danno i figli a balia, non c’è nulla di cui soffrire – chiese poi alla moglie.

La donna gli rispose continuando piangere:

- Lo sai perché non voglio, perché ho la sensazione che la bambina mi rifiuti per  punirmi di non averla amata abbastanza sin dal primo momento.

Grattandosi la testa e cercando di tagliar corto quella scenata coniugale piuttosto imbarazzante, Sean intervenne calmo.

- Che ne dite, potrei vederla questa bambina?

- Certo, ora vado a prenderla subito.

Appena Robert fu uscito dalla stanza, con molta dolcezza, domandò alla giovane mamma:

- Perché teme che tu non possa allattarla? Non hai latte?

- Sì, ne ho, ma è poco – confessò  lei asciugandosi gli occhi e poi continuò, bisognosa di sfogarsi come non aveva potuto mai fare con nessuno - Quando allattavo l’altro mio bimbo, va bene che avevo solo diciassette anni, ma il seno era talmente gonfio di latte che dovevo mettere dei fazzoletti per non sporcarmi i vestiti. Lui tirava come un pazzo ed aveva sempre fame, neanche aspettava gli intervalli tra una poppata e l’altra, piangeva tanto che dovevo dargliene di nuovo. Invece Neve dorme sempre, faccio una fatica enorme a farla attaccare. Mi rifiuta, è così, non mi sbaglio. Forse Robert ha ragione, forse un’altra donna riuscirebbe a nutrirla meglio di me!

- Non dire sciocchezze, la quantità del latte non dipende da te. Non sai che quanto più un bambino succhia, tanto più latte si forma nelle mammelle della madre? È una meravigliosa legge di natura questa e sembra fatta apposta per nutrire anche i mangioni com’era il tuo primo figlioletto.

Intanto Robert era rientrato con il tenero fagottino della sua bimba in braccio. La posò sul letto e Barbara cominciò a spogliarla mentre Sean preparava lo stetoscopio. Completamente nuda, la piccola Neve cominciò ad agitarsi e a piangere disperata mentre l’abile medico la rigirava tra le mani come se fosse stata un fuscello, visitandola accuratamente.

- È prematura vero? – chiese ad un certo punto.

- Sì, avevo finito da dieci giorni il settimo  mese.

- Sei sicura?

- Sì, non c’è possibilità di errore – rispose lei arrossendo un po’ e guardando il marito che ricambiò il suo sguardo intuendo cosa volesse dire.

Intanto la bambina si era calmata ed aveva aperto gli occhietti chiari. Ora stava fissando Sean con quello sguardo smarrito vagamente interrogativo che tanto inteneriva suo padre. La stessa cosa avvenne anche per lui, che, sorridendole con dolcezza, le disse:

- Ma cosa vogliono da te questo papà e questa mamma? L’hanno capito o no che tu stai imparando la vita ed hai bisogno di pace e di tranquillità?

I genitori si guardarono incerti e l’uomo, carezzando piano la piccola e riavvolgendola nella copertina, spiegò:

- Maria Neve se ne stava al calduccio e al riparo nel pancione di Barbara. Lì tutto era silenzioso ed ovattato, non c’erano i vestiti a dare fastidio,  non doveva fare fatica per mangiare o per espellere ciò che le fa dolere il pancino. Era felice là dentro, udiva il battito del cuore della sua mamma e sapeva di essere al sicuro. Poi un brutto giorno è stata cacciata fuori da una forza sconosciuta e sì che aveva il diritto di starsene ancora un paio di mesetti nel suo tenero rifugio! Da allora ha dovuto lottare talmente tanto che si sente già stanca. Così se la dorme, ignorando il mondo duro e ostile. Sta a voi farle capire che in fondo vivere non è poi brutto.

I due si guardarono ancora molto perplessi poi Barbara gli chiese qualche consiglio.

- In India e in Sudafrica ho visto bambini davvero denutriti succhiare da mammelle rinsecchite eppure riuscire sopravvivere. Le madri li portano attaccati addosso e li allattano ogni volta che possono. Prova a farlo anche tu.

- Ma io ho sempre saputo che i bambini non vanno tenuti in braccio perché altrimenti diventano  viziati e che devono mangiare ad intervalli regolari – obiettò il giovane padre sicuro di quanto aveva sentito più volte enunciare.

- Non è vero, Robert. Se Barbara la tiene in braccio quanto più può, senza pensare alle cose da fare, agli obblighi sociali, ai problemi, dedicandosi unicamente e con gioia a lei, la bambina sentirà ancora il battito del suo cuore, comincerà a distinguere la sua voce ed il suo odore e a poco a poco si sentirà rassicurata e felice.

- Però questa poverina la tiene già attaccata al seno anche ore pur di farla mangiare!

Ignorando l’obiezione del giovane, Sean incitò la donna:

- A proposito, dalle il latte ora.

- Posso? Anche se sto così?

- Se è figlia di suo padre un po’ di latte materno corretto al whisky non le sarà sgradito – scherzò lui, riuscendo finalmente a strappare un sorrisino ai due giovani preoccupati.

Barbara provò a darle il seno, ma la bambina  non si voltava nemmeno.

- Vedete, dottor Hopkins? Non lo vuole.

- Solleticale un po’ la guancia con le dita. La suzione è istintiva: si girerà verso di te con la bocca aperta e trovando il tuo seno, si attaccherà di sicuro.

Barbara seguì il consiglio ed effettivamente le cose si svolsero come aveva detto Sean.

- Funziona! – gridò tutto entusiasta Robert che oramai si era seduto sul letto e seguiva attentamente quel rito miracoloso.

- Sì, ma non c’è da esultare troppo. Succhierà qualche minuto e poi smetterà. A volte, come hai detto tu,  devo tenerla ore attaccata per farla mangiare al massimo solo un  quarto d’ora – obiettò la mamma.

- Ed è qui che sbagli. Lei è piccola e si stanca presto, ma prende esattamente ciò di cui ha bisogno - le suggerì il medico.

- Ma non è troppo poco?

- Falle fare qualche poppatina in più quando la vedi un po’ più sveglia, senza pensare troppo all’orario. Cercate di stare sereni ragazzi miei: la bambina è sana, Barbara ha il latte e non vedo di cosa dobbiate preoccuparvi.

- Ma perché non cresce? – domandò Robert.

- Accidenti e dalle un po’ di tempo! Comunque se è questo che vi preoccupa, siccome domani devo andare a Cagliari per procurarmi qualche attrezzatura per l’ospedale, prenderò anche una bilancia per pesare i neonati, così potrete controllare il suo effettivo aumento di peso.

- E se non avvenisse? Se davvero non dovesse crescere? – chiese la mamma mentre seduta in mezzo al letto continuava ad allattare la piccola.

- Allora penseremo a darle un aiutino.

- Giosuè mi diceva prima che potremmo darle il latte dell’asina che ha appena partorito, ma avrà detto di sicuro una sciocchezza – intervenne Robert, molto coinvolto nella questione.

- No, non l’ha detta, il latte d’asina è quello che più si avvicina al latte umano. C’è un solo problema.

- La sterilizzazione dei poppatoi. I neonati possono prendere facilmente infezioni con l’allattamento artificiale – intervenne Barbara, mostrando orgogliosamente di saperne sull’argomento.

- Veramente non mi riferivo a questo. Lo sterilizzare correttamente i poppatoi non sarebbe una cosa difficile per  la figlia di un medico e mancato  medico lei stessa.

- E cosa allora? – domandò Robert notando il tono di burla nella voce dell’amico.

- Il fatto che Barbara è gelosa dell’asina!

Questa volta però la ragazza non si offese, anzi sorrise anche lei.

- Ecco, ha finito già – disse mettendosi la figlia sulla spalla per farle fare il ruttino.

- Va bene, basta così. Riposati un po’ accanto a lei e dopo che vi siete fatte entrambe un sonnellino, ricominciate. Io però ora devo proprio scappare, mi aspettano all’ospedale.

Sean si alzò e stava già uscendo quando la donna lo richiamò. Voltandosi vide il suo grazioso visino un po’ sciupato trepidante di speranza e di gratitudine. Ciò gli fece molta tenerezza.

- Dottor Hopkins, mi dite come faccio a ringraziarvi?

- Tanto per cominciare, dammi del tu. Lo so, probabilmente  ti costerà uno sforzo enorme, ma servirà a farmi sentire di meno un rispettabile vecchietto. E poi, se vuoi, puoi anche invitami a pranzo domenica prossima così mi risparmierai la tortura della cucina di casa Bradley!

Barbara  gli sorrise.

- Benissimo, arrivederci a domenica prossima allora.

Anche Robert si sentiva più leggero e, sorridendo anche lui, accompagnò per un tratto di strada il nuovo amico.

 

Come aveva promesso, Sean procurò la bilancia e così due sere dopo il giovane padre si ritirò a casa prima del consueto, portandola come una cosa preziosa. Decisero di pesare Maria Neve in salotto dove c’era il camino più grosso in quanto il tempo era cambiato e faceva di nuovo un po’  freddo.

La piccola fu spogliata e si cominciò la cerimonia della pesatura a cui assistettero incuriositi anche il fratellino e Nunzietta che, dichiarandosi parte in causa in quanto madrina della bambina,  tralasciò le faccende  senza che nessuno le dicesse niente.

Sotto lo sguardo inquieto della moglie, l’ingegnere si accinse a compiere lui l’operazione con la massima professionalità, ma ciò che avevano posato sul piatto freddo della bilancia, non era il minerale inerte tratto dalle miniere, ma un frugoletto inquieto che si ribellava alla sensazione di freddo provata urlando tutto il suo disagio talmente forte da mostrare  le gengive sdentate e la linguetta rosea che vibrava nel pianto. L’ago della bilancia oscillava senza freno ai suoi movimenti frenetici e loro tutti si guardavano perplessi ed incerti sul da farsi. Persino Charles intervenne, dicendo alla sorellina: “ E stai un po’ buona!”, ma non ci fu niente da fare ed il vagito di lei diventò sempre più disperato.

Non potendone più, Barbara se la prese in fretta in braccio  senza consentire al padre di controllarne il peso.

- Ma se fai così quando ci riusciamo a pesarla? – la rimproverò lui corrugando la fronte.

- Stiamo facendo una sciocchezza infatti, non ci riusciremo mai e non potremo mai sapere se cresce abbastanza! – commentò la donna,  avvilita.

- Su, non scoraggiarti così presto! – la incitò il marito – Ora vediamo di farla calmare un po’ e poi ci riproviamo. Dalla  a me.

Sotto gli occhi delle due donne e del bambino, Robert prese in braccio la piccola Neve ed il suo corpicino, nudo e roseo, era talmente piccolo appoggiato alla spalla di quell’uomo così grande e grosso da fare impressione. Carezzandole con dolcezza la schiena con la mano, cominciò a passeggiare accanto al camino ed a un certo punto prese a cantare una canzone della sua terra. Aveva una voce bellissima, calda e molto profonda ed anche se non capivano le parole di quella lingua strana, il dolce suono della ninna nanna incantò gli astanti che se ne stettero in silenzio ad ascoltare. Anche Neve dopo un po’ smise di piangere e con la testina appoggiata al mento barbuto  del padre, sembrò trarre da lui tutta la quiete che le necessitava. Qualche minuto dopo, con enorme delicatezza, l’ingegnere la posò di nuovo sul piatto della bilancia, senza smettere però di cantare e questa volta la bambina si fece pesare senza muoversi troppo. Così Robert comunicò il peso alla moglie che si affrettò a segnarlo su un quadernetto preparato apposta poi se la riprese in braccio, la rivestì e si accinse ad allattarla.

- Io torno in cucina allora. Vieni con me Charles? – disse Nunzia riprendendo la sua normale attività dopo l’insolita pausa.

- No, voglio stare qui a vedere quella lì che mangia! – protestò il piccolo, sempre un po’ astioso nei confronti dell’intrusa.

- Dai, vieni con papà allora – si offrì Robert dopo aver riposto la bilancia con molta cura.

Ma Barbara si sentiva ancora molto  bisognosa di compagnia

- No, state ancora un poco qui con me – li esortò.

Lui non se lo fece dire due volte. Prese una sedia e l’accostò alla poltrona dove era seduta la moglie con la piccola attaccata al seno e, tratto a sé il maschietto,  se lo fece sedere sulle ginocchia, stringendogli con il braccio il morbido pancino. Stettero un po’ in silenzio, poi senza riuscire a frenarsi, l’uomo allungò una mano e cominciò a carezzare la testina bruna della figlia che succhiava con gli occhietti spalancati.

- Canta ancora, le piace – gli chiese la donna.

Il bambino, girandosi verso di lui,  sollevò il visino paffuto e  afferrando il volto del padre con la manina per attirarne l’attenzione, lo incoraggiò:

- Sì papà, canta, è bella la tua canzone, piace anche a me.

Così Robert ricominciò a cantare e se ne stettero tutti e quattro per un po’ calmi e tranquilli, cullati dalla sua bella voce.

Per la prima volta dopo tanto tempo, Barbara sentì come un calore che la rinfrancava, ma si negò inconsciamente la consapevolezza dell’attimo di felicità e preferì pensare che a riscaldarla fossero le fiamme scoppiettanti nel camino acceso.

 

   
 
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