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Autore: Milla Nafira    20/02/2010    5 recensioni
è l'epilogo di un'altra storia da me scritta (titolo citato all'interno del capitolo), ma ritengo k possa essere letta anche senza aver letto l'altra fic. Ambientata 19 anni dopo ma vista da un altro personaggio. Commentate! [DRACO/JENNIFER]
Genere: Malinconico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Lacrime di speranza'
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ATTENZIONE: questo è l’epilogo della storia “Lacrime di speranza: quando l’amore fa male” ma immagino che si possa leggere e capire anche senza aver letto questa fan fiction.

Vi prego di commentare in ogni caso, ma in particolar modo se apprezzate, poiché potrei decidere di fare un continuo della storia in caso riceva vari commenti, altrimenti pazienza, finisce qui, va bene anche così ^^.

Leggete e commentate!

Milla

Epilogo: 19 anni dopo da un’altra angolazione

Nonostante tutto

1 settembre. Oggi è il primo giorno di scuola di mio figlio Scorpius. Con lui e con mia moglie, Asteria Greengrass, la quale non ho mai amato ma ho sposato per avere almeno l’affetto d’un figlio, l’unica persona che amo attualmente, mi dirigo verso il binario 9 e ¾ della stazione di King’s Cross di Londra. Vedo il treno già sui binari, pronto a partire nel giro di una mezz’ora, e sento un senso di nausea che s’impadronisce di me ogni qual volta i ricordi riaffiorano, contro la mia volontà, crudelmente dolci e bastardi.

“Hogwarts Express”. Mio figlio andrà ad Hogwarts. Hogwarts dove sono stato anche io 19 anni fa, Hogwarts dove nel contempo è stata anche lei, dove mi ha ignorato per i primi cinque anni e dove ci siamo amati nell’arco dell’ultimo anno in cui l’ho vista. Ed è da allora che non ho più sue notizie, è da allora che lei è sparita. Hogwarts è dove l’ho tradita con la mia attuale moglie, ora intenta ad abbracciare mio figlio che imbarazzato tenta di divincolarsi da quell’affetto soffocante. Amo mio figlio, anche se non è figlio di un amore. Non amo mia moglie, anche se credo di poter dire di volerle bene. Ma mentre la guardo ora, una fitta d’odio verso Asteria mi assale, al pensiero che mia moglie, unita alla mia stupidità, è stata la causa della perdita dell’unica donna che abbia mai amato. L’unica donna che abbia mai amato. Sembrerà stupido, lo so, ma per me resterà sempre l’unica, anche dopo vent’anni: l’unica che ho amato, l’unica con cui ho fatto l’amore. E non la vedo da quando eravamo adolescenti, mentre ora ho trentasei anni, ma nonostante questo continuo a pensarla. E l’ultima volta che le ho parlato è stata una lite furiosa, sono state lacrime, la mia guancia sinistra rivive un nostalgico bruciore al pensiero di quel litigo, e nonostante questo continuo a ricordarla.

Mio figlio andrà ad Hogwarts e sono convinto che sarà un Serpeverde, ma se non lo sarà, tanto varrà, sarà comunque mio figlio. Il mio unico figlio, e lo amerò anche se sarà smistato in un’altra Casata, e lo stesso farà Asteria, poiché l’amore per Scorpius è l’unica cosa che ci tieni uniti. Un brivido di freddo, non so definire se fuori o dentro di me, mi percorre, mi stringo nel mio impermeabile: è settembre, ma fa un freddo cane.

Il mio sguardo vaga per il binario alla ricerca di una degna distrazione da quel treno che risveglia troppi ricordi, tutti insieme, troppi per essere sopportati. E l’ultima volta che io ci sono salito era al mio ultimo anno, senza di lei. Chissà dov’era sparita, ma non era andata con Potter, altrimenti i giornali ne avrebbero parlato. E spostando gli occhi vedo proprio lui, Potter, insieme alla Weasley e al fratello di questa che tiene per mano una donna che identifico come la Granger, circondati da un clan di marmocchi. Mi sento gli occhi di tutti puntati addosso e faccio un brusco saluto di circostanza, scocciandomi nel constatare che i quatto esibiscono un sorriso ebete stampato in faccia: che minchia avranno da sorridere, neanche ci fossimo adorati in quegli anni di scuola!

Mio figlio, evidentemente riuscito a scappare all’abbraccio strangolatore di mia moglie, mi tira per una manica, facendo segno di abbassarmi. Eseguo carezzandogli rapidamente i capelli biondi proprio come i miei. Vedo che il suo sguardo punta verso la truppa di Potter e con leggero disappunto guardo verso di loro, un sopracciglio sollevato. Mio figlio mi guarda negli occhi.

-Ti arrabbi se sul treno provo a fare amicizia con la bambina coi capelli rossi?-. Mi fa con tono intimidito il mio adorato bambino, indicando la ragazzina figlia di Weasley, che se non vado errato di nome fa Rose, o Rosalie, non ricordo bene. -E’ carina-. Afferma Scorpius con una punta d’imbarazzo.

Sorrido quasi incondizionatamente, con una punta di amarezza che cerco di celare a mio figlio. Scuoto la testa. Quella ragazzina, ci metto una mano sul fuoco, sarà una Grifondoro. Vorrei dire a Scorpius che, se davvero quando la conoscerà gli piacerà, non dovrà fare idiozie per lasciarsela sfuggire. Vorrei dirgli che se farà amicizia con quella nutrirò a vita un’invidia verso di lui. -No, affatto-. Mi limito a rispondere invece. -Credo che tu debba fare amicizia con lei, se è questo che vuoi-. Gli sorrido abbracciandolo rapidamente mentre mi rialzo in piedi.

Mia moglie aiuta mio figlio a caricare gufo e bagagli sul treno, mentre io mi limito ad appoggiarmi al muro del binario ad osservarli. Mio figlio partirà, e fino a Natale dovrò combattere con questo senso di solitudine, ma non posso certo farlo pesare a lui, mi limiterò a contare i giorni che ci separano dalle vacanze scolastiche.

Involontariamente il mio sguardo fintamente annoiato e impassibile cade su una ragazza che aiuta una bambina che dimostra all’incirca l’età di mio figlio a caricare il suo baule.

-Ciao mamma!-. La bambina urla con una vocetta stridula che rischia di perforarmi i timpani verso una donna bionda che si allontana verso la barriera. La signora si volta verso la figlia mandandole un bacio con la mano e il mio cuore ha un sussulto nel constatare che quella è Serena Linderwendie. La sua migliore amica a scuola. Lei non mi vede, o non mi riconosce, non saprei dire. Ho la tentazione di correre verso la Linderwendie, di chiederle se sa qualcosa di lei, se l’ha sentita se ha sue notizie. Ma mi rendo conto che non posso, e oltretutto è passato troppo tempo. Ma io continuo ad angosciarmi pensando a lei, nonostante questo.

La ragazza abbraccia la figlia di Serena, e io riesco a scorgere entrambe di profilo. Deglutisco mentre il respiro mi si mozza in gola. Quella giovane assomiglia in modo incredibile a lei! E non è solo suggestione, lo so, le assomiglia davvero. Si sposta da una parte i capelli scuri permettendomi di vedere meglio il suo viso: la somiglianza è sconcertante. In uno stato quasi di trance, senza rendermi pienamente conto di ciò che faccio, mi avvicino alla ragazza, chinata per salutare la piccola, proprio mentre questa salta sul treno. Poggio una mano sulla spalla della ragazza prima che questa possa alzarsi. Mio Dio, è identica. E’ lei. Scosto subito la mano riprendendo pieno controllo delle mie facoltà mentali: che imbecille sono, lei non sarebbe rimasta uguale a vent’anni di distanza. La ragazza mi guarda con aria interrogativa mentre si tira su, permettendomi di osservarla meglio: avrà una ventina d’anni, e noto che gli occhi non sono come i suoi. Azzurri, glaciali, quasi grigi. Non riesco immediatamente a collegarli al colore dei miei.

-Scusa-. Proferisco con voce che mi esce sconvolta. -Ti aveva scambiata per un’altra persona-. Spiego brevemente. Noto che lei continua a scrutarmi, e che i suoi occhi si fanno a loro volta increduli, a specchio dei miei pochi istanti prima.

-Draco?-. Chiede chinando un poco la testa, gesto che di nuovo mi riporta a lei. -Draco Malfoy?-. Sotto lo sguardo indagatore si intravede dello sconvolto timore, incredulità. Annuisco cercando di capire come possa quella ragazza sapere il mio nome. Certo non le ho mai parlato. E’ possibile che mi abbia visto sui giornali ai tempi della guerra ma…lei a quel tempo doveva essere appena nata! Non me la sento di chiedere niente, e il mio inconscio mi dice che io so chi è. Ma non lo so.

-Si-. Rispondo scrutandola in attesa di una risposta sensata da dare a me stesso. Lei sembra leggermi nel pensiero e mi guarda, mordendosi un labbro, come alla ricerca di parole che non le vengono.

-Non so come dirtelo, chi sono-. La voce le trema e riconosco che sta per piangere. Dannazione, so che dentro me ho la risposta, ma non riesco a capirlo, davvero!

-Puoi cominciare col dirmi il tuo nome-. Propongo io cercando di farla sentire a suo agio, come certo io non mi sento, per farmi dare una risposta che da solo non riesco a trovare.

-Aurora-. Risponde lei.

-Quanti anni hai?-. Domando. Come se questo potesse aiutarmi a capirci qualcosa!

-Diciannove-. Non va più ad Hogwarts, ma a che mi serve saperlo? D’un tratto sento il cuore fermarsi mentre il mio cervello si decide a tornare in attività, riempiendomi la mente di immagini e di quel collegamento di cui forse riesco a scorgere il filo logico. Diciannove anni, il tempo da cui non vedo lei, poco meno.

-Sei la figlia di Jennifer?-. Domando, la voce bassa, come impaurito al pensiero che qualcuno mi scopra, il suono della mia voce che pronuncia il suo nome apre uno squarcio nel mio cuore, mentre mi sembra assurdo tutto questo. Ma ciò che mi sconvolge di più è la risposta di Aurora: -Anche la tua-. Non so cosa mi impedisca di svenire qui mentre fredde gocce di sudore mi rigano la fronte e il respiro fatica ad essere regolare. Rischio il collasso.

Ora capisco tutto. Capisco cosa Jennifer, ormai posso pensare il suo nome, il sortilegio per cui se non l’avessi nominata il suo ricordo avrebbe fatto un po’ mano male è rotto, volesse dirmi quella notte di vent’anni fa, sulla torre, prima che io le annunciassi il mio tradimento. Capisco che in quel periodo non era ingrassata, che idiota sono stato! Guardo Aurora. Mia figlia. Lei mi guarda, come in attesa di una mia reazione. Mi rendo conto che sto piangendo, ma non m’importa. Mia figlia, è l’unico pensiero che mi rimbomba in testa, figlia dell’amore. E non sapevo nemmeno che esistesse.

-Scusa-. E’ l’unica cosa che riesco a mormorarle, la voce rotta. -So che non potrai mai considerarmi tuo padre-. E nella consapevolezza che questa frase è veritiera, qualcos’altro dentro me si rompe.

Lei si stringe nelle spalle, un sorrisetto amareggiato dipinto sulle labbra sottili. -Si, ma so anche che non è stata colpa tua-. Quest’ultima affermazione mi stupisce.

-Mia madre mi ha detto che non mi hai abbandonata, ma che è stata lei a non dirti della mia esistenza-. Dice mia figlia come rispondendo alla mia espressione. Mi guarda, e mi rendo conto che per lei non sono né un padre né nessuno, ma non mi odia, e questo riesce a darmi un minimo di sollievo in tutta quest’oscurità. -Ti va di parlare un po’?-. Mi domanda con mio grande stupore.

Certo che mi va di parlare con lei, ma di cosa? Non la conosco neanche un po’. Aurora mi guarda come se si aspettasse una domanda. -Hai già finito Hogwarts, vero?-. Lo so, sono la più grande testa di cazzo del mondo, ma è la domanda più intelligente che mi viene che concerna lei, e non sua madre. Certamente Aurora è stata una Grifondoro. Lei annuisce, e ancora una volta ostenta l’incredibile capacità di interpretare i miei pensieri. -Ero una Corvonero-. Sorride. Sorride proprio come lei. Non era nella Casata di sua madre, allora. Nemmeno in quella di suo padre.

-Tua madre…-. Mormorò, alla ricerca delle parole e soprattutto della forza di volontà per formulare una frase. Infine, dopo aver brancolato nel buio alla vana ricerca delle parola giusta, decido di rigirare la frase. -Hai fratelli o sorelle?-. Domando.

-No-. Risponde lei. -Ma mia madre ha un altro uomo-. Quest’ultima affermazione mi arriva come una coltellata. -Non puoi biasimarla se ha provato a rifarsi una vita-. Intravedo dell’astio nei suoi occhi glaciali. I miei occhi. -In fondo tu hai fatto lo stesso-. Col capo accenna verso mia moglie e mio figlio. Annuisco.

Il treno fischia. -Aspetta un momento-. Dico ad Aurora, ch sta seduta sulla panchina e saluta con una mano la figlia di Serena, affacciata al finestrino. Mi avvicino a Scorpius mentre ancora tremo e lo abbraccio forte.

-Chi è quella ragazza?-. Mi mormora in un orecchio mio figlio. Tua sorella, vorrei rispondergli, invece mi limito a sorridergli senza rispondere.

-Buona fortuna, campione-. Gli auguro sinceramente allentando la presa per poi lasciarlo andare e continuare a salutarlo con la mano fin quando riesco a vederlo sbracciarsi da dietro il vetro.

-Ti aspetto alla macchina-. Mi dice mia moglie, capendo che ho qualcosa da dire alla ragazza che, sono sicuro, lei non ha riconosciuto.

-Sarà una magra consolazione, ma per lui sono un padre migliore di quanto non lo sia stato per te-. Dico a questa in uno squallido e penoso tentativo di fare dell’ironia. -Le dirai che mi hai visto?-. Domando poi, senza riuscire a guardarla negli occhi, mentre è ovvio che alludo a sua madre.

-No-. Annuncia lei con decisione ma allo stesso tempo voce tremante e lo sguardo fisso nel vuoto.

-Vivi con tua madre?-. Chiedo, e al suo annuire domando: -Credi di potermi comunque rivedere dopo oggi?-. Spero vivamente, con tutto me stesso, che accetti. Non potrò recuperare vent’anni, ma ho almeno il diritto di conoscere mia figlia. -Si-. Risponde lei, la voce flebile ma apparentemente contenta, con un sorriso, mentre volta un attimo la testa a guardarmi.

Sono soddisfatto della sua risposta. Ancora sconvolto dal cambiamento che ha avuto la mia vita nell‘ultima mezz‘ora resta seduto vicino ad Aurora, lo sguardo perso, fisso dinnanzi a me in un punto non definito davanti a me, mentre il binario poco prima affollato è quasi vuoto. -Non l’ho mai dimenticata-. Sussurro rivolto più a me stesso che a mia figlia.

-Neanche lei-. La risposta mi arriva mormorata. Noto che Aurora scuote la testa, tirando su col naso. Due grandi lacrime le sgorgano da quegli occhi, prova che sia mia figlia, e mi guarda nei miei, mentre io faccio lo stesso:-La notte si sveglia ancora urlando il tuo nome-.

   
 
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