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Autore: malandrina4ever    25/02/2010    70 recensioni
«Perché sono il tuo migliore amico. E se c’è qualcosa che ti pesa, allora tocca a me portarla al posto tuo.»
~ James Potter
«E lui poteva appendermi a testa in giù tutte le volte che ne aveva voglia, ma questo non sarebbe mai cambiato. Perché Lily sorrideva a me e non a lui.»
~ Severus Piton
«Potrebbe essere un complimento, lo sarebbe, se solo non fossero la voce e gli occhi di Potter. È incredibile come riesca a far suonare anche le frasi più gentili come una presa in giro, socchiudendo appena gli occhi e imprimendo quella vena beffarda in ogni parola.»
~ Lily Evans
«La vocina acuta che continua a ripetere ‘Prefetto. Dovresti essere un Prefetto’ si attutisce appena di fronte ai sorrisi entusiasti dei miei amici.»
~ Remus Lupin
«Il Grifondoro che c’è in me crede che, forse, dovrei sentirmi almeno leggermente in colpa per aver barato. Ma il Malandrino che c’è in me continua a ghignare soddisfatto.»
~ Sirius Black
«James si sta approfittando spudoratamente della nostra volontà di risollevargli il morale, noi lo sappiamo, lui sa che noi sappiamo, ma finiremo comunque a dare l’assalto alla Sala Comune dei Serpeverde, perché a volte per essere un buon amico devi semplicemente essere bravo a lanciare bombe fatte di cacca.»
~ Peter Minus
«Alla fine Sirius sa essere un fratello impeccabile. Solo non il mio.»
~ Regulus Black
---
I'm not a perfect person
I never meant to do those things to you
And so I have to say before I go
That I just want you to know

---
Ed improvvisamente non mi sento più così perfetto, perché Lily Evans sta baciando lui e non me.
Perché sarà sempre così, sarà sempre chiunque altro, piuttosto che me.
Ed è semplicemente l’ordine naturale delle cose, come sono sempre andate e sempre andranno, ma non riesco a togliermi dalla testa che è comunque tutto totalmente sbagliato.
Si fotta l’ordine naturale delle cose, dovrei essere io.
---
I've found a reason to show
A side of me you didn't know
A reason for all that I do
And the reason is you.
Genere: Comico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Mangiamorte, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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CAPITOLO 7.

 

 

 

 

 

 

 

È passato quasi un quarto d’ora quando la McGranitt rientra nella Sala Grande, facendo calare immediatamente il silenzio.
Io e Sirius, che mi ha raggiunto al centro del palco, ci voltiamo verso di lei in attesa, come tutto il resto della scuola.
- Il duello è terminato, potete tornare nelle vostre Sale Comuni, - annuncia laconica, con un tono tale da trasformare quel potete in un dovete.– James Potter è il campione di Grifondoro.
So di essere il campione di Grifondoro. Voglio dire, basta guardarmi per capirlo. Ma dov’è finita la parte in cui lo dimostro? E soprattutto, dov’è finita Evans?
La McGranitt se la sta letteralmente dando a gambe dopo avermi gettato nell’occhio del ciclone, dove con ciclone intendo tutta la Casa di Grifondoro, che grida entusiasta e mi festeggia come se avessi effettivamente vinto il duello. Vorrei fermare la McGranitt e farle notare che non ho affatto vinto, non ancora almeno, ma non faccio in tempo a fare due passi che un altro ciclone, uno dai capelli neri e gli occhi grigi che si spaccia per il mio migliore amico, mi placca e mi solleva in aria con un ululato canino, spezzandomi, credo, qualche costola. Tutto questo è molto carino, davvero – non la parte delle costole spezzate, quella è dolorosa e lievemente soffocante, ecco. L’entusiasmo di Sirius e dei miei compagni, quello sarebbe anche piacevole, ma sembra che tutti si siano dimenticati di un minuscolo, irrilevante dettaglio: per vincere, bisogna, come dire, vincere. Non è soddisfacente che Evans si sia semplicemente volatilizzata nell’aria, perché non è qualcosa che richiede da me grandi capacità. Vorrei farlo notare a tutti, spiegare che dobbiamo assolutamente rimandare la festa a quando avrò davvero battuto Evans, ma non appena Sirius si decide a liberarmi ed i miei piedi toccano terra di nuovo, sento altre braccia attorno alle mie e poi pacche sulle spalle e strette di mano e vi prego qualcuno mi aiuti. Nella marea di gente che si sta complimentando con me, scorgo anche cravatte dai colori diversi dal rosso e l’oro e santo Godric, che diavolo volete dalla mia vita, andatevene a festeggiare i vostri campioni e lasciatemi in pace. Non sono dell’umore per un bagno di folla. Questo non sembra interessare ai miei compagni, che dopo un tempo indefinito, cedono alle minacce di Gazza ed iniziano a trascinarmi di peso verso la nostra Sala Comune, dove i festeggiamenti possono continuare solo tra pochi intimi. E con pochi intimi intendo tutti i Grifondoro dal primo anno in su.

*


Silente sta continuando a parlare, ne sono vagamente consapevole. 
I suoi occhi azzurri, puntati su di me al di là dei sottili occhiali a mezzaluna, riempiono il mio intero campo visivo.
No, non è vero: c’è anche l’ampia scrivania in quercia lucida, proprio tra me e il Preside; ci sono le pergamene e le piume d’oca, c’è la fenice sul suo trespolo, proprio accanto all’armadio; c’è un uomo dallo sguardo arcigno e le sottilissime labbra rosso sangue, che si accarezza la barba dentro la cornice di un quadro, appeso a una parete insieme a tanti altri. Ci sono gli strumenti sugli armadi e dietro le vetrinette di vetro, bilance d’ottone e superfici dorate, clessidre argentee, così luccicanti da far male.
C’è l’ufficio di Silente, così pieno di distrazioni, tutte attorno a me.
Ma non è come se qualcosa di tutto questo esistesse davvero: a malapena ci sono io, qui, su questa poltroncina.
So di esserci, perché sento le mie mani gelide aggrappate ai bordi morbidi, le unghie che affondano nel cuscino imbottito.
In teoria ci sono, ma in pratica Lily Evans ha appena smesso di esistere in questo universo e sta galleggiando in un punto imprecisato della stanza, non abbastanza lontana da smettere di vedere il mio corpo, ma neppure così vicina da sentirlo ancora.
Perché Silente ha detto morti ed ora tutto quello che esiste al mondo sono i suoi occhi azzurri ed il modo in cui continua a guardarmi.
Non so cosa stia dicendo, non so cosa pensa che io voglia sentirmi dire in questo momento. Le sue labbra continuano a muoversi, ma la sua voce è un sottofondo irrilevante in confronto al silenzio assordante che ha avvolto tutto.
I miei genitori sono morti.
I miei genitori sono morti.
Provo a concentrarmi su questa frase che continua ad affacciarmisi insistente alla mente, ma non riesco a darle un significato.
Come quando ripeti troppe volte e troppo velocemente una parola e quella improvvisamente perde di senso.
I miei genitori sono morti e non ha senso.
I miei genitori sono morti e non avrà mai senso.
Scuoto la testa in uno scatto veloce, allargando le palpebre.
Ho ancora una testa, sono ancora qui.
Improvvisamente il velo invisibile tra me e Silente, tra me e il mio corpo, si squarcia, ed io sono consapevole del sudore gelido sulle mani, del cuore che batte frenetico nel petto, del bruciore agli occhi, perché non sto più sbattendo le palpebre. Il calore improvviso al viso e il bisogno di svegliarmi da tutto questo.
I miei genitori sono morti e Silente continua a guardarmi.
Il rumore della sedia che scorre sul pavimento risuona nella mia testa un po’ più forte di come sia normale, mentre mi alzo di scatto. La voce di Silente continua a ronzarmi in testa ed il suo sguardo azzurro resta impresso sulle mie retine, sovrapponendosi ai gradini della scala a chiocciola. Scendo quasi correndo e il silenzio del corridoio, appena superato il gargoyle di pietra, mi abbraccia con troppa forza, bloccandomi l’aria nei polmoni.
I miei genitori sono morti.
Lily.
I miei genitori sono morti e Silente continuava a parlare.
Come se ci fosse qualcosa da dire, come se potesse aggiustare anche quello.
Lily, che è successo?
E improvvisamente non c’era più Silente, in quell’ufficio, il Preside irraggiungibile, quasi sovrumano che con il suo sorrisetto inafferrabile e lo sguardo profondo poteva sistemare ogni cosa. L’ho visto all’improvviso, quando ha detto morti. Per la prima volta ho capito.
Non siamo al sicuro, Silente non ha tutto sotto controllo, non andrà tutto bene, le sue parole infinite, la sua saggezza, nulla di tutto questo è mai servito a qualcosa. È il mago più potente al mondo, ma ha lasciato morire i miei genitori. Niente è sotto controllo.  
Erano i miei genitori e sono morti.
Lily, ti prego.
I miei genitori sono morti e lo capisco all’improvviso.
Non è più una frase irreale e priva di significato.
Sta succedendo, non sto per svegliarmi. C’è la guerra ed io non sto per svegliarmi. 
Il profumo di mia madre svanirà dai suoi vestiti ad un certo punto ed allora io non lo sentirò più. Nemmeno una volta.
Mio padre mi ha sorriso sul binario nove e tre quarti meno di una settimana fa ed ora è morto e quella sarà per sempre l’ultima volta che l’ho visto.
Spalanco gli occhi, senza fiato.
Sono i miei genitori e resteranno morti per tutto il resto della mia vita.
Il muro di pietra è gelido contro la mia schiena, i palmi delle mie mani sono aperti contro il pavimento duro e freddo ed i capelli di Alice mi sfiorano le guance bagnate, le sue dita premono sulla mia nuca ed io tiro su col naso proprio contro il suo collo, senza smettere di singhiozzare.

*


Lily non smette di tremare ed io vorrei fare qualcosa di più utile che piangere insieme a lei.
Non mi sono nemmeno resa conto di quando la prima lacrima ha bagnato la mia guancia, scivolando sopra le sue.
Vorrei che servisse a qualcosa, vorrei poter piangere almeno un po’ al posto suo, ma ho la sensazione di essere invisibile.
Non so quanto tempo sia passato, ma gli occhi della mia migliore amica, il verde annebbiato, sono fissi nel vuoto, al muro alle mie spalle. Sono terrorizzati ed io non so cosa fare.
La McGranitt mi ha preso da parte, quando la Sala si è riversata addosso a Potter e mi ha detto di venire qua. Mi ha detto che i genitori di Lily sono morti e che lei avrebbe avuto bisogno di me.
Ma non è vero.
Fa male, perché per quanto io la stringa a me, inginocchiata di fronte a lei, non sembra vedermi, non sembra nemmeno percepirmi davvero.
La pelle del mio collo è bagnata per le sue lacrime ed io non so come farla smettere, come farla stare un po’ meglio. Singhiozza forte e trema tra le mie braccia e questa è la guerra.
È stringere forte la mia migliore amica e non riuscire a sentirla, è non riuscire a rompere la barriera che c’è tra noi. Ti prego, ti prego, Lily.
C’è una parte di me che riesce a pensare a Frank anche ora, soprattutto ora, e vorrei solo che fosse qui.
- Lily, ehy, - Quando il suo respiro si fa più affannato, corto e rapido, le prendo il viso tra le mani, allontanandola dal mio petto. – Lily, respira. Respira con me. Forza, così.
Inspiro ed espiro lentamente, senza smettere di piangere.
E alla fine, dopo altri respiri mozzi, lo fa anche lei. Il suo respiro prende il ritmo del mio, allungandosi ed ora lei mi vede.
Incrocia il mio sguardo ed è come una luce in fondo al tunnel degli orrori. Poso la fronte contro la sua tempia, accarezzandole piano i capelli.
- Respira, respira.
 E respiro piano con lei, perché è l’unica cosa da fare.
C’è la guerra e noi dobbiamo continuare a respirare.
Solo questo.

 *


Dove sono gli adulti responsabili in questo momento?
No, voglio saperlo.
Perché ogni volta che sono impegnato in qualche attività che vada anche solo minimamente contro le regole, ne vedo spuntare uno, che sia Gazza o un professore, che si aggira nei dintorni con quell’espressione che dice scoprirò cosa state facendo e vi metterò in punizione a vita.Mentre ora, ora che il mio bellissimo corpo è pressato sotto gli innumerevoli, consistenti chili di Peter, ed io sto per morire soffocato, durante un festino totalmente illegale nella Sala Comune dei Grifondoro, ecco ora non c’è nessuno ovviamente.
Né Gazza, né la McGranitt, né Prefetti o Caposcuola pedanti.
Tutto apposto, continuate pure, come se nulla fosse. Uccidete pure Potter.
La parte peggiore di tutta questa situazione è che mentre Peter protrae la mia agonia, schiacciando lentamente ogni mia singola cellula tra la stoffa rossa del divano ed il suo non trascurabile peso, sono anche costretto dal mio essere un amico straordinario a dirgli sì, Pete, mi è piaciuto il balletto.
Il balletto non mi è piaciuto. 
Molti qui hanno troppo Whisky Incendiario in corpo per ricordarselo, ma Peter che si improvvisa ragazza pon-pon è un’immagine che non si staccherà dalle mie retine neppure quando sarò chiuso in una cassa sepolto sotto metri di terra. E ripeto: il balletto non mi è piaciuto. In particolare ho trovato di cattivo gusto il finale, che Peter a quanto pare ha ritenuto sarebbe stato incompleto se non si fosse concluso con lui, lui e tutta la sua massa corporea, catapultati addosso a me. Se un giorno qualcuno largo quanto Peter lo sottoporrà allo stesso trattamento, Sirius capirà che non c’è veramente nulla da ridere.
- Pete, ha smesso di respirare.
Remus, amico mio. Saggio amico mio. Prefetto. Brave persone, i Prefetti. Non saltano sulla gente soffocandola e non ridono quando questo succede. Mentre Peter rotola via da me, spinto da qualche benefattore che insieme a Remus avrà la mia eterna riconoscenza, io scivolo a terra, accasciandomi sul tappeto rosso di fronte al camino, con il frastuono della musica nelle orecchie. Qualcuno mi passa accanto, schivandomi per un pelo. Qualcun altro mi inciampa addosso e finisce steso proprio accanto a me. Ma nessuno mi sta parlando. E non c’è nemmeno nessuno che mi stia facendo i complimenti o che mia abbracci, lanci in aria o versi liquidi non identificati tra i miei capelli. Per la prima volta da quando mi hanno trascinato qui, sono solo. È ora o mai più. Prima che qualsiasi essere vivente possa accorgersi nuovamente della mia presenza, mi alzo di scatto ed inizio a correre all’impazzata verso il ritratto della Signora Grassa, facendo lo slalom tra corpi, poltroncine e tavolini. La libertà non è mai stata così vicina.

*


Madama Chips ha deciso infine di togliermi quella sostanza orribile dalla gamba, così eccomi qua, di nuovo su due zampe. Ho appena iniziato a pronunciare la parola d’ordine, quando il ritratto della Signora Grassa viene improvvisamente scosso, spostandosi lievemente verso di me, come se qualcuno l’avesse spinto dall’interno. La Signora Grassa si porta una mano al petto sconvolta, prima di scivolare di lato, offrendomi la visione di un James Potter dall’aria frastornata, i capelli più disastrati che mai, una mano sulla fronte ed una smorfia di dolore in viso. Per poco non fa un salto all’indietro, quando la Signora Grassa inizia a gridargli contro indignata, prima di svanire dal ritratto, probabilmente alla ricerca della sua amica Violet per informarla dell’aggressione appena subita. Prima che il quadro vuoto si richiuda alle spalle di James, intravedo lo scorcio di quella che sembra essere una festa in piena regola, con tanto di buttafuori – alias il Cacciatore, Sam Douglas, che se ne sta di fronte alle scale dei dormitori ed impedisce ad ogni studente dal terzo anno in giù di oltrepassare il confine.
- Allora? In onore di chi è la festa? – chiedo allegra, immaginando già la risposta: dubito che il Prefetto di Grifondoro permetterebbe una festa illegale in suo onore.
James alza una mano poco convinto, indicandosi e continuando a massaggiarsi con l’altra la fronte. Si è fatto male, probabilmente gli verrà un bernoccolo: voglio dire, non è divertente. Solo che le mie labbra non riescono a capire questo semplice concetto e continuano a piegarsi verso l’alto.
- Quindi hai battuto Evans!
- Non direi.
- E perché c’è una festa in tuo onore allora?
- È quello che mi chiedo anch’io, Lizzie, – James lancia un’occhiata in fondo al corridoio, ignorando la mia espressione perplessa. – Senti, devo fare una cosa, torno subito, ok? Se entri là dentro sta alla larga da Peter, il Whisky lo ha reso inconsapevole del suo peso.
James sparisce oltre l’angolo del corridoio ed io mi ritrovo a fissare il ritratto vuoto.
E come faccio ad entrare se tu hai fatto scappare la Signora Grassa prendendola a testate, James Potter?

*


 - Avanti.
La professoressa McGranitt mi scocca un’occhiata distratta da sopra i suoi occhialetti, seduta alla sua scrivania e chinata su alcuni compiti di Trasfigurazione. Ed io che pensavo che anche lei dormisse, ogni tanto. Come tutte le volte in cui mi vede, la sua espressione si fa di colpo più severa e gli occhi le si assottigliano, indagatori.
- Cos’ha combinato, Potter?
Oh, questa è bella. Cos’ho combinato, chiede. Come se io non potessi passare nemmeno un secondo senza infrangere nessuna regola. Mi sento così ingiustamente sotto accusa.
- A parte essere fuori dal suo dormitorio oltre il coprifuoco, s’intende.
Le mie labbra restano socchiuse nell’atto di rispondere per diversi secondi, senza emettere un suono. Mi sento un po’ stupido ora. Sono stato punito così tante volte per essere stato beccato fuori di notte che ormai ho perso il conto, ma questa volta mi sono praticamente auto-consegnato. Pessima mossa, James. Devo assolutamente evitare che Sirius lo venga a sapere o la mia reputazione sarà rovinata. Perché se Sirius sa una cosa imbarazzante su di me, allora tutta la scuola sa una cosa imbarazzante su di me. Proprietà transitiva, sapete.
- Non che io non apprezzi non sentire costantemente la sua voce, Potter, - commenta la McGranitt e questa è la mia Capocasa che mi sfotte. – Ma presumo volesse dirmi qualcosa e gradirei lo facesse prima di domani mattina.
- Non ho ben capito cos’è successo prima, - inizio vago, studiando attentamente la reazione della McGranitt. – Evans...
- La signorina Evans si è ritirata dal torneo, - mi interrompe immediatamente, aggiustandosi gli occhiali sul naso, sbrigativa. Non è entusiasta dell’argomento, lo capisco dal suo tono. – Pertanto sarà lei a gareggiare per Grifondoro. Chiaro ora?
- Evans si è ritirata?
- È quello che ho detto.
Tutto questo ha sempre meno senso. Qualcuno, probabilmente Sirius, deve aver corretto il mio succo di zucca con del Whisky Incendiario, non c’è altra spiegazione.
- E come mai si sarebbe ritirata?
La McGranitt non apprezza la scelta del condizionale, a giudicare da come le sue labbra premono forte l’una contro l’altra. Sto per essere buttato fuori dal suo ufficio, lo so.
- In che modo questi sarebbero affari suoi, Potter?
Vorrei farle notare che non si risponde ad una domanda con un’altra domanda. Ma non si corregge nemmeno la propria Capocasa, se si tiene al proprio rendimento scolastico, mi fa notare invece la vocina di Remus che vive nella mia testa e che credo sia il mio surrogato di coscienza.
- Sono solo curioso – replico con un’alzata di spalle.
- Temo che dovrà tenersi la sua curiosità, Potter. Ed ora sparisca dalla mia vista prima che le tolga tutti i punti che farà guad...
Si blocca all’improvviso, ma io l’ho sentita.
Non ci credo. Lo stava dicendo.
- I punti che farò? – la incito senza riuscire a trattenere un sorriso gongolante.
- Potter, si tolga immediatamente quell’espressione esaltata dalla faccia ed esca dal mio ufficio.
A quanto pare sono il favorito per questo Torneo, eh?
Bene, bene.

*


- Ehy.
La Signora Grassa è ritornata al suo posto da diversi minuti, ma io non sono entrata. In parte per il timore di essere assalita da Peter Minus, in parte perché James ha detto torno subito e quello può essere letto come un aspettami qui, no? Magari no, ma intanto ora io sono qui e lui pure.
-Allora, mi vuoi dire se ti devo festeggiare o no? – gli chiedo con un sorriso.
- Ti prego, non anche tu, – commenta sfinito, passandosi una mano tra i capelli. – Evans si è ritirata, non ho vinto, e là dentro sono tutti pazzi.
Evans si è ritirata?
La stessa Evans che gongolava soddisfatta dopo averlo schiantato?
Questo è bizzarro.
- Non riuscirò mai a raggiungere la mia stanza, - sospira James sconsolato, lo sguardo puntata sul ritratto della Signora Grassa, che gli lancia un’occhiataccia borbottando tra sé. – Qualcuno mi bloccherà e poi Peter cercherà di nuovo di farmi diventare un tutt’uno col divano.
- È probabile, - annuisco realistica, azionando il cervello alla ricerca di una soluzione. Se solo ora me ne uscissi con un piano brillante per fargli raggiungere la sua stanza indisturbato, si ricorderebbe per sempre di me come di quella che gli ha salvato la vita e la nostra prima uscita ad Hogsmeade assumerebbe contorni sempre più reali e meno sfumati. Pensa, Lizzie, forza. – Potresti...
Non ho idea di come continuare la frase, ma per fortuna James mi interrompe, illuminandosi di colpo.
- Ho un’idea, ma mi serve il tuo aiuto.
- Tutto quello che vuoi, - la mia dannata bocca si muove prima che io possa filtrare accuratamente i miei pensieri, come al solito, ma James sembra troppo stanco per farci caso. – Cioè, certo, dimmi.
- Dovresti raggiungere la mia stanza...
Oh Godric. La sua stanza.
- E prendere per me un mantello argentato, credo che sia sul comodino.
Oh Godric. Vuole che io entri nella sua stanza. Dove dorme.
-Lizzie?
La sua stanza.
- Ci sei?
- Ci sono, sì, certo, - replico velocemente, sentendo il calore invadermi le guance. – Mantello, tua stanza, ricevuto. Vado e torno.  

 *

Non riesco a trovare James.
Ho perfezionato il balletto e vorrei farglielo vedere, ma lui è scomparso.
Ho perfezionato il balletto.
Perfezionato. Perfazionato. Perfizionato. 
Questa parola è così strana.
- Par...fe...Parfi...
Ho la nausea.
- Tutto bene, Pete?
Perché gira tutto?
- Parfettamente. Parfazionato.
- Ragazzi, è andato.
Credo che vomiterò.
- Oh Godric, che schifo, Peter!


*


The Marauder’s Lair.
Come, if you are up to no good


Non credo che incidere scritte sulla porta della propria stanza sia esattamente conforme al regolamento, ma non credo nemmeno che questo abbia una qualche rilevanza ora. Sto per varcare la soglia della camera dei Malandrini e questo è un momento memorabile. È anche il momento in cui qualcuno ha dato di stomaco giù nella Sala, a giudicare dalle grida disgustate che giungono dalle scale. Due ragazzini del primo anno, affacciati alla soglia della loro camera, smettono per un attimo di lanciare occhiate invidiose alle scale che portano di sotto per fissarmi perplessi. Probabilmente è la prima volta che vedono una ragazza nell’habitat maschile. Quando apro la porta, automaticamente socchiudo gli occhi, già pronta ad essere ricoperta da qualche strana sostanza esplosiva o ad essere sbalzata fuori da un qualche incantesimo difensivo. Ma non succede nulla del genere ed io faccio un passo all’interno, richiudendomi la porta alle spalle. Beh, dopotutto è solo una stanza come potrebbe esserlo quella di un qualsiasi gruppetto di sedicenni: quattro letti, una scrivania, vestiti e libri sparsi ovunque, un baule mezzo aperto e quelle che sembrano cartacce di cioccorana ammucchiate in un angolo. Non ci sono pile di Caccabombe o frisbie zannuti che spuntano da sotto i letti, né Serpeverde legati e imbavagliati da qualche parte. Niente di quello che mi aspettavo dalla stanza dei Malandrini. Beda il Bardo mi sta salutando da una figurina sul pavimento e Beda il Bardo è esattamente uno dei pochi maghi che mi mancano per completare la mia collezione. Concentrati, Lizzie: il mantello.
Perché diavolo James dovrebbe volere un mantello, poi?
Improvvisamente noto un dettaglio bizzarro: il cassettino di uno dei comodini di quercia, quello più vicino a me, vibra leggermente, come se qualcosa ci stesse ripetutamente sbattendo contro. Ecco dove tengono i frisbie zannuti allora. Probabilmente dovrei tenermici alla larga e la mia tendenza ad aprire cassetti che si muovono da soli un giorno più o meno lontano mi porterà alla morte, ma oggi mi va piuttosto di lusso: dal cassetto sfreccia fuori una minuscola pallina alata, che inizia subito a sfrecciare da una parte all’altra della stanza, confondendosi in una scia dorata. Qualcosa mi dice che questo qui è il letto di James. Immediatamente inizio a perlustrarlo, sopra, sotto, sul comodino, ma non c’è nulla, a parte le coperte stropicciate metà sul materasso e metà a terra, una maglietta nera sgualcita che non devo assolutamente immaginarmi addosso a James ed un altro miliardo di cose non ben identificate. In ogni caso nessun mantello argentato. A meno che non si trovi sotto la maglietta che presumo James usi per dormire. Voglio dire, è una possibilità concreta. Dovrei prendere la maglietta tra le mani e spostarla, in modo da controllare che sotto non ci sia nulla. Dovrei proprio. E lo faccio, prenderla, constatare delusa che sotto non c’è proprio nulla oltre al materasso, e poi portarmela al viso ed inspirare profondamente, inebriandomi del profumo di James. Sono certa che questo sia del tutto inappropriato e vergognoso e che la mia faccia in questo momento, per metà affondata nella stoffa scura, si meriti il primato nella top-ten delle espressioni più ebeti mai verificatesi ad Hogwarts. È una fortuna che non ci sia nessuno a vederla.
Nessuno a parte Remus Lupin, che mi fissa sconcertato dalla soglia, un sopracciglio inarcato.
Grazie Godric, sempre simpatico tu.

*


- Peter ha vomitato, - annuncio automaticamente, quando la ragazza bionda che c’è nella mia camera e che tiene tra le mani la maglia di James si accorge della mia presenza. – Sono a venuto a prendere...
Mi blocco a metà della frase, realizzando che non sono tenuto a giustificarmi con la ragazza bionda che è nella mia camera senza apparente motivo. Credo, anzi, che dovrebbe essere lei a dire qualcosa a questo punto, qualcosa che spieghi la sua presenza qui e magari anche perché continua a tenere la maglia di James tra le mani. Probabilmente sta cercando un suo capello per poter produrre una buona pozione polisucco e trasformarsi nel mio amico per loschi motivi. Voglio dire, se ne sta qui di nascosto a sbirciare tra le nostre cose con aria sospetta mentre tutta la Casa è di sotto a festeggiare, non può avere buone intenzioni. Vorrei puntarle la bacchetta contro e minacciarla di denunciarla a Silente, se non confesserà immediatamente i suoi piani malvagi, appellandola magari anche come sporca impostora, per mostrarle a pieno la mia indignazione.
- Posso aiutarti? – le chiedo invece, educatamente.
- No, no, grazie, - replica lei all’istante, parlando velocemente e muovendosi a scatti, nervosa. Colpevole.
Cercherà di ucciderci tutti nel sonno.
Schiantala, Remus, schiantala. Sei un Prefetto, è tuo dovere farlo.
- Questo è il dormitorio maschile – le faccio notare, diplomatico. Confessa, impostora, confessa.
- Ho della cioccolata.
Non so perché lo abbia detto. Voglio dire, non c’entra nulla.
Mi sta porgendo una tavoletta di cioccolato fondente puro al cento per cento, di quelle con sopra il doppio strato di nocciole che si trovano solo da Mielandia e pare pensare che questo risolverà la situazione. Come se io potessi dimenticarmi dell’intruso dall’aria sospetta nella mia camera solo perché ora ho una tavoletta di cioccolato di fronte.
Mentre addento avido il primo scacchetto, mi chiedo come facesse a sapere che avrebbe funzionato. Spero che non mi stia avvelenando.


*


D’accordo, il mantello non era proprio sopra al letto. Diciamo pure che non ho la più pallida idea di quale anfratto della nostra stanza lo ospiti e sotto quante pile di vestiti e cianfrusaglie varie sia nascosto, ma sono comunque stanco di aspettare.  
- James, - C’è la voce di Sirius, un attimo prima, improvvisamente alle mie spalle e lo capisco dalla sua voce, dal modo in cui allunga la e calca troppo su ogni lettera, che è alticcio. Ci sono poi le sue braccia che si stringono attorno a me, comparendo dal nulla e poi il suo peso in gran parte abbandonato contro di me ed è da questo che capisco che è molto più che alticcio.  – Dov’eri finito? Ti abbiamo cercato ovunque. Ovunque.
La parola ovunque è diventata più divertente nei venti minuti che ho passato lontano dalla Sala Comune evidentemente, infatti Sirius scoppia in una risata esagerata, affondando la faccia nel mio petto e continuando a ridere. Remus sostiene che le persone come me e Sirius non dovrebbero mai bere più di un bicchiere, perché da sobri ci comportiamo come fanno le altre persone da brille ed il mondo non è pronto a reggerci anche da ubriachi. È una stupida esagerazione da Prefetto ovviamente, ma quando Sirius in uno slancio d’entusiasmo mi passa un braccio attorno alle spalle con forza, iniziando a trascinarmi verso il buco del ritratto cianciando di non so cosa, capisco cosa intende Remus. E poi mi sottraggo abilmente all’abbraccio di Sirius e arretro veloce di qualche passo, lontano da lui e dalla sua aria festaiola. Ed ora sono per terra con la risata di Sirius nelle orecchie e l’odore d’alcool fortissimo attorno a me. Su di me. Su ogni centimetro del mio corpo.
Oh, davvero Godric? È così che onori il tuo campione?
Questo a un Corvonero non sarebbe successo.

*

Frank continua a chiedere a James se sta bene, quando dovrebbe chiederlo a quella bottiglia di Whisky Incendiario, che di sicuro non sta per niente bene, tutta sparsa sul pavimento.
Dovremmo portare qui Mrs Purr e vedere se i gatti si ubriacano.
Frank suona preoccupato, ma non ne capisco il motivo, perché James è per terra e questo è così divertente.
*


Ricapitolando, prima devo improvvisamente far fronte ad un aggressione da parte del mio migliore amico, perché la presenza di Sirius equivale già di per sé ad un’aggressione, ed ora mi ritrovo atterrato da un misterioso nemico, che dopo avermi rovesciato addosso una bottiglia di Whisky Incendiario, a giudicare dall’odore, si sta scusando.
Dov’è la coerenza?
Che fine ha fatto?
È a terra in mille pezzi, tra i vetri e il Whiskey?
Perché se mi bagni tutto e mi circondi di vetri, col rischio di tagliarmi la giugulare e farmi dissanguare qui, fuori dalla mia Sala Comune, io mi aspetto da parte tua dell’odio come minimo, non delle scuse.
- James, stai bene? Ti prego, rispondimi. Quante sono?
E come se non bastasse ora il mio nemico cerca anche di confondermi ulteriormente sventolandomi freneticamente una mano a due millimetri dagli occhi.
No, ma prego, continua pure. Quale sarà la prossima mossa, ballare sulla mia tomba?
- Sta zitto, Frank. Sii dignitoso, - stabilisco infine, aggrappandomi al suo braccio per rialzarmi. I miei abiti sono zuppi ed appiccicosi contro la mia pelle, ma non credo di avere emorragie interne e questo è un bene. - Quando meno te lo aspetti, Frank, quando meno te lo aspetti.
Non ho finito di minacciare il mio Cacciatore, ma proprio ora una goccia di Whiskey scivola dai miei capelli proprio nel mio occhio sinistro, che inizia a bruciare. Lo strizzo stizzito, togliendomi gli occhiali e iniziando a sfregarlo forte. Poi un getto d’acqua mi investe in pieno viso e Frank Paciock la pagherà cara.
- Va meglio?
Frank si zittisce, vedendo la mia occhiataccia.
- Ci vediamo agli allenamenti, Frank, - dico, giusto per ricordargli che sono il suo Capitano e che gli farò fare talmente tanti giri di campo e in così poco tempo da fargli girare la testa. – Sirius. Sirius, non è divertente, ti giuro che non è divertente. Ascolta, vai in camera nostra, di’ a Lizzie di muovesi, a Peter di non ballare più in pubblico e a Remus che lo amo. Non confonderti. Ora vai, usa la tua eccessiva energia da sbronzo per qualcosa di utile.


*


 - È buona.
Lupin sta assaporando lentamente la cioccolata che gli ho offerto, seduto sul letto di James.
È un ragazzo intelligente: sa che per godersi appieno la cioccolata bisogna stare seduti e concentrarsi solo su quello.
- Lo è – confermo senza staccare gli occhi da lui, chiedendomi se sia questo il momento adatto per scappare. Non credo che Lupin interromperebbe la sua degustazione per seguirmi, dopotutto.
D’altro canto dovrei proprio restare qui, nel caso decidesse di offrirmi un pezzo di quella che una volta era la mia cioccolata. Voglio dire, sento il profumo nelle mie narici e non me la sento proprio di allontanarmi da lei.
- Ciao, amici.
Lupin alza la testa, puntando lo sguardo alle mie spalle nello stesso momento in cui io mi volto, vedendo il viso accaldato di Sirius Black sbucare dalla porta. Ha l’accenno di un sorriso sulle labbra, gli occhi liquidi ed uno sguardo particolarmente divertito: la festa prosegue bene là sotto.
- Tu sei Lizzie – mi informa puntando gli occhi grigi su di me, la voce lievemente impastata. – James dice che ti devi muovere. E che ti ama.
Per un attimo il mio cuore balza in gola ed io sto per gettare le braccia al collo di Black e gridare di gioia, ma poi noto che il suo sguardo, nel pronunciare l’ultima parte della frase, si è spostato su Lupin.
James ama Lupin, non me.
James ama Lupin.
Questo è bizzarro.
- Giusto, - annuisco celere, spostando lo sguardo su Lupin, che mi sembra la persona più degna di fiducia in questa stanza. – Sono qui perché dovrei portare una cosa a James.
- La sua maglietta?
C’è la possibilità che il sorrisetto malizioso di Black ed il suo sguardo ostinatamente puntato sulle mie mani strette sulla stoffa nera siano strettamente collegati al rossore che si sta impossessando delle mie guance.
- Un mantello, a dire il vero.
- Oh, il mantello. Perché sai del mantello? – Black mi fissa perplesso per qualche secondo, prima di spostare lo sguardo su Lupin. Mi chiedo se si renda conto del tono eccessivamente alto della sua voce al momento. – Perché James sta dicendo a tutta la scuola del mantello, Moony? Non è normale, dovremmo chiuderlo da qualche parte e mettergli un bavaglio o qualcosa del genere.  
- Posso aiutarti a cercarlo, - si offre gentilmente Lupin, masticando l’ultimo scacchetto di cioccolata ed ignorando i deliri di Black. – Ma non ti garantisco che dal baule di Sirius non escano esseri viventi.
Probabilmente sta scherzando.  
Voglio dire, non ha la faccia di chi sta scherzando, ma probabilmente sta scherzando.
 - Comunque, Remus Lupin, piacere.
Si alza dal letto e mi porge la mano con un sorriso.
- È successo solo una volta, Moony.
- E questo che nega l’evidenza e che ha bevuto un po’ troppo è Sirius Black.
Come se non lo sapessi.
- Piacere, Lizzie Carson.  
Stringo la mano di Remus ricambiando il suo sorriso, mentre Black si lascia cadere di peso sul letto di James, borbottando qualcosa di indistinto.

*

Sto seriamente prendendo in considerazione l’idea di entrare, quando la soave voce di Peter che intona non so quale canzoncina babbana mi raggiunge lontana dall’altra parte del ritratto.
Non oso immaginare quali movenze la stiano accompagnando.
Forse è meglio che io aspetti ancora un po’.
- Ehy, intrepido Grifondoro, troppa paura di Minus per entrare?
Il ritratto scorre di lato all’improvviso, mostrandomi il viso sorridente di Lizzie.
- Figurati se ho paura di Pete,– ribatto con un’alzata di spalle
- Allora suppongo che questo non ti serva più, giusto?
Sogghigna, alzando la mano in cui stringe il mio mantello dell’invisibilità.
- Proprio come a te non serve la mia maglietta del pigiama, giusto?

*


Ho svariate idee su come potrei impiegare la maglietta di James, ma non è questo il punto. Il punto è capire perché mi ha posto questa domanda, perché lo ha fatto con quel ghigno malandrino che a proposito adoro e perché il suo sguardo è puntato sulla mano in cui tengo il mantello. E con capire intendo trovare una spiegazione meno imbarazzante e traumatica di quella che mi è appena affiorata alla mente e che coinvolge la maglietta di James ancora stretta tra le mie dita
- Oh, dev’essere rimasta impigliata nel mantello, - commento con nonchalance, ignorando il calore improvviso al volto. – Non ci ho fatto caso.
Immediatamente porgo a James sia il mantello che la maglia, evitando il suo sguardo. Lui non dice nulla, ma continua ad avere gli angoli delle labbra leggermente piegati verso l’alto, nell’accenno di un sorrisetto che impedisce alle mie guance di riassumere un colore normale. Quando rialzo lo sguardo, lui non c’è più. Resto a fissare perplessa per qualche secondo il punto in cui fino a pochi secondi fa c’erano quegli occhioni nocciola che non riesco mai a cancellare dalla mia mente, prima di cacciare un grido sorpreso nel momento in cui qualcosa preme contro le mie ginocchia, facendomi finire gambe all’aria. Solo che non cado per terra, una volta tanto, e mi ritrovo invece a galleggiare a mezz’aria, apparentemente sospesa nel vuoto; in realtà sento un petto caldo contro la mia spalla e delle braccia forti che mi tengono sotto le ginocchia e la schiena. È una fortuna che le persone ancora abbastanza sobrie da capire cosa accade attorno a loro attribuiranno probabilmente il mio viso rossissimo e la mia espressione trasognata al fatto che, apparentemente, sto volando. E voglio dire, in realtà credo che chiunque proverebbe una sensazione strana ad essere preso in braccio da un ragazzo invisibile. Forza, Lizzie, fingi pure che lo sciame di piccioni viaggiatori che sta turbinando in questo momento all’interno del tuo stomaco sia dovuto solo al fatto che le braccia che ti stanno reggendo sono invisibili. La voce perplessa di Allison mi arriva attutita alle orecchie, mentre le fianco accanto volteggiando nel centro della Sala Comune, ma non mi ricordo minimamente come si fa a muovere le labbra e d’altro canto, mentre il corpo caldo di James Potter è così vicino al mio, rispondere a lei è l’ultimo dei miei pensieri. Le risa e le esclamazioni dei miei compagni di casa si confondono in un mormorio di sottofondo, un indistinta sequela di facce che mi sfrecciano davanti al viso senza che io li veda davvero. Sto sognando ad occhi aperti e come ogni volta che questo accade, puntualmente, vengo scaraventata di nuovo alla realtà. Letteralmente.

*


Lizzie, seduta sul letto di Peter, mi guarda frastornata.
Forse l’ho fatta scendere un po’ troppo bruscamente, ma avevo fretta di grattarmi l’occhio che Frank ha cercato di far ubriacare.
- Che ci facciamo qui?
- Infatti: che fate qui?– La voce assonnata di Remus giunge da dietro le cortine tirate del suo baldacchino ed io mi chiedo come sia possibile che lui dorma, quando di sotto si sta tenendo la festa dell’anno. - C’è gente che vorrebbe dormire
-Sì, scusa Moony, ce ne andiamo subito. Devo solo prendere la scopa - rispondo sbrigativo, gettando il mantello da qualche parte e dirigendomi verso l’angolo della stanza in cui è posata la custodia della mia Tornado.
È l’unico oggetto in questa stanza che si sa sempre dove trovare: ogni Malandrino ha imparato a sue spese che è sconsigliabile spostare, o anche solo toccare, la mia scopa. Dopo averla estratta con infinita cura, mi avvicino alla finestra e ci monto sopra, voltandomi poi verso Lizzie, ancora in piedi al centro della stanza.
-Dormo io con Allison stanotte e tu stai qui con Remus? – ironizzo con un ghigno, dato che non sembra intenzionata a muoversi.
Dal letto di Remus proviene un mugugno indistinto, che suona come un rimprovero, ma che non ha un vero senso compiuto: nemmeno lui può sgridarmi nel sonno. A quel punto Lizzie si riscuote e mi si avvicina svelta, salendo poi dietro di me.
-Tieniti – le dico prima di decollare e fare quei pochi metri che separano la mia finestra dalla sua, con il vento sferzante della notte che mi colpisce il viso e mi scombina ancora di più i capelli.

*


A questo punto mi duole ammettere che James Potter sta tentando di uccidermi.
Non c’è altra spiegazione: prima mi prende in braccio, poi mi fa salire sulla sua scopa, dietro di lui. Il mio cuore non reggerà ancora a lungo ed i piccioni nel mio stomaco hanno appena procreato: si stanno moltiplicando sempre di più, non mi stupirei se tra poco me ne uscisse uno dalla bocca, in uno sbattere di ali e penne grigiastre. Con la testa poggiata alla schiena di James e le braccia strette attorno alla sua vita, vedo a malincuore la finestra della mia camera avvicinarsi sempre di più e già inizio a prepararmi psicologicamente al momento in cui dovrò staccarmi da lui. Dove con prepararmi intendo tentare di convincere le mie braccia a collaborare. ‘Mi sono incastrata’ non sembra una scusa particolarmente credibile. Pochi minuti dopo sono sola in camera mia, con la voce di James che mi saluta ancora nelle orecchie e le immagini di questi ultimi minuti che continuano a sfrecciarmi davanti agli occhi. Chiudo la finestra alle mie spalle, preparandomi a passare la notte a rivivere questa serata, ma quando mi volto trovo uno spettacolo tremendo ad attendermi. Allison è in piedi di fronte alla porta della camera che mi fissa con la bocca spalancata ed uno sguardo entusiasta. Ed ha visto tutto. Se sono fortunata tra qualche ora avrà finito l’interrogatorio.

*


Poso gli occhiali sul mio comodino, cercandolo a tentoni nel buio della stanza, prima di lasciarmi cadere con un sospiro sfinito sul mio letto. Questa giornata non è andata esattamente come me la aspettavo, ma ora è finita e le coperte del mio baldacchino aspettano solo me. Dovrebbe essere piacevole ed invece non lo è. Il materasso morbido che dovrebbe accogliermi è già occupato ed il mio corpo si schianta contro quello caldo di Sirius, che emette un gemito infastidito e mi spinge a terra con una forza inaspettata per uno che sta dormendo. Atterrare sul pavimento di pietra gelido è ancora meno piacevole che atterrare su Sirius e qualcuno domani mattina me la pagherà. Remus, da dietro le tendine rosse del suo letto, emette un sibilo infastidito ed io considero seriamente l’opzione di restare a dormire qui per terra, giusto per non correre il rischio che anche Peter, quando si deciderà a tornare in dormitorio, sbagli letto e si lasci cadere su di me, facendomi sprofondare fino al centro della terra.  
 
 

 

 

   
 
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