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Autore: SakiJune    27/02/2010    1 recensioni
Quando anche il più giovane - e il più amato - dei suoi fratelli parte per Camelot, la piccola Clarissant di Orkney rimane sola con la madre Morgause e la cugina Morvydd. Nemmeno la sua fervida fantasia di bimba può però immaginare quali compromessi, inganni e dolori dovrà affrontare... Quale ruolo avrà nella sua vita colui che chiama nemico, il malinconico Sir Bedivere? E da chi deve guardarsi in realtà?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Bedivere, Gawain
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Itonje reloaded'
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Penultimo sofferto (e sofferente) capitolo per questo garbuglio garbuglioso XD
Il luogo descritto in questo capitolo è il cerchio di Brodgar (potete trovare informazioni qui) che in realtà si trova un po' lontanuccio dalla presunta posizione del castello, ma spero non siate pignoli! *si sente sempre più una particella di sodio*





CAPITOLO SEI.

Dove si racconta dello struggimento d'amore di Branwen, e di come Sir Bedivere viene aspramente accolto dalla regina di Orkney.



Al centro del cerchio, una figura inginocchiata. Una melodia triste dalle labbra chiuse. Il vento che sbuffava come una massaia che scaccia le galline dalla soglia di casa, come un puledro memore della sferza ma con le narici frementi d'impazienza.

- Vostra zia sarà adirata per la vostra fuga, madamigella Branwen.
- Tornate indietro, farà molto freddo verso sera. Potrebbe anche piovere...

Non era la prima volta che Branwen scappava dal castello e si avventurava per l'Isola Grande, scortata da una o due fantesche timorose, ma non si era spinta mai così lontano.
Oltre il lago, le pietre disposte in tondo svettavano verso il cielo.

Troppi mesi erano ormai passati dalla battaglia di Camlann, non c'era in lei la più tenue speranza di rivederlo.
Lui, che le aveva aperto gli occhi, senza nemmeno saperlo!
Lui che la credeva degna dell'amore di suo padre! E forse anche del suo...

Si aggrappava a quel ricordo, non perché si illudesse che servisse a qualcosa, no. Ma per quanto doloroso fosse, riusciva un poco a scacciare dai suoi pensieri tutto quanto era accaduto dopo la partenza dell'esercito per il continente: le voci spaventose che annunciavano la morte del re, a cui Sir Mordred sembrava credere senza cercar conferme; le avances non gradite di suo cugino Melehan, l'esatto opposto di un gentiluomo; la fuga della regina e la decisione della zia di lasciare Camelot prima che fosse troppo tardi...

Le gambe le si erano intorpidite dal freddo, e il sole iniziava ormai a calare; era tempo di tornare a casa, come sempre.

Un tuono spaventò i cavalli e la convinse ad affrettarsi.



Clarissant non attendeva visite importanti per quella settimana, e aveva programmato di discutere con il siniscalco e gli artigiani di corte su come rendere il castello più accogliente, ma anche compiere particolari modifiche. Ad esempio, aveva chiesto di chiudere l'accesso all'ala più antica... alle stanze che erano appartenute a sua madre Morgause. Non doveva restare nulla del male e della sofferenza inflitti tra quelle mura. Aveva ormai compreso che, come Morvydd aveva affermato una volta, sua madre e Morgana si somigliavano, e non era la devozione per la Dea ad unirle - ma la ferocia, la follia, quel loro giocare con le vite degli altri. Al principio Morvydd era rimasta ad osservare sulla soglia di
quel mondo di oscurità, ma la sua iniziazione era infine avvenuta: forse in seguito all'abbandono di Sir Colgrevance, ma più probabilmente già lassù, a Orkney. Quando aveva mandato quella lettera per informare i suoi cugini della relazione tra Morgause e Sir Lamorak.

Era dunque molto indaffarata, tanto da non accorgersi che Branwen era uscita senza permesso per l'ennesima volta, e da rifiutare di ricevere colui che, a detta del maggiordomo, era solo un vagabondo, forse un pazzo. Aveva comunque dato ordine di sfamarlo e farlo riposare.
Le era sempre piaciuto organizzare gli affari domestici. Lyonors e Lynette erano solite ripeterle che era davvero un'ottima padrona di casa, e ne andava fiera. Credeva anche di essere stata una moglie rispettosa e dolce, almeno quanto lo era stato Sir Colgrevance con lei... eppure si era dimostrato debole e sciocco, fino a dare la sua vita per una causa futile e crudele...

- Ora concederete un colloquio a quell'uomo? - le fu ricordato, quando i dettagli dei lavori furono stabiliti. Sospirò: era ormai molto tardi. Strinse le spalle, a testa alta: non aveva nulla da temere e non voleva smentire così presto la sua fama di sovrana generosa e ospitale.

Quando lo vide comparire zoppicando nella sala, così smagrito e pallido, sulle prime non lo riconobbe... ma quello sguardo le era familiare, e mentre le veniva incontro notò la sua menomazione e non ebbe più alcun dubbio.

- Voi! Qui... voi, vivo...

Dentro di lei si mescolarono stupore, confusione, rabbia, e quest'ultima prevalse.
Ogni loro incontro aveva segnato una grande perdita per lei... l'aveva chiamato corvo, iettatore, araldo della morte, e proprio lui era sopravvissuto a Camlann! Osava presentarsi nel suo regno, per adempiere al suo compito di eterno rammemoratore!
Quasi sperò si trattasse di uno spettro, ma non lo era. Assurdo. Completamente assurdo.

- Mia signora.
Si era inginocchiato davanti a lei con fare umile e commovente - o almeno, avrebbe commosso chiunque altro.

- Non siate sciocco, duca, alzatevi.
- Non mi appartiene più alcun titolo, signora. Vengo a voi come un servo, un messaggero, come un relitto del mondo che fu e che mai più sarà.
- Come debbo chiamarvi, dunque?
- Bedwyr, se vi fa piacere. - Aveva usato il suo nome in gaelico, come gli suggeriva l'atmosfera antica che lo circondava. Come se fosse morto davvero, in guerra, e risorto in un tempo più fertile e ragionevole. - Amico, se mi concedete questo onore.
Amico. E da quando, tanta confidenza? - Giusto, Bedwyr Bedrydant. - Era un appellativo che l'aveva sempre fatta sorridere. Ma non sorrideva, anche se i suoi denti erano scoperti in una smorfia.
- Quale altra funesta notizia siete venuto a portarmi? - L'ironia risuonava nelle sue parole, spietata, eretta a difesa del suo animo di donna.
- Che cosa credete che io sia? Non capite che cosa significate per me? La fedeltà che accordai con tutto il mio essere ad Arthur Pendragon e a vostro fratello, ora vi appartiene. Se mai vi ferii, se mai vi causai un dispiacere...
- Mai? Sempre! Dal primo giorno in cui metteste piede qui, non mi avete annunciato che sventura e terrore! Perché questa volta dovrebbe essere diverso? Mi obbligaste a mentire, e poi rivelaste voi stesso la verità su Gaheris...
- Per salvarvi la vita! Non volli mai null'altro che il vostro bene! - Perché non capiva? Egli era davvero un fantasma, l'incarnazione delle ultime volontà di Gawain. Non sperava né desiderava vivere più a lungo, ma non si era aspettato un benvenuto così gelido.
Clarissant distolse lo sguardo dai suoi occhi lucidi e febbricitanti. Sapeva di non avere una vera ragione per mostrargli una tale ostilità... ma i suoi sentimenti non erano cambiati: quell'uomo la disturbava. La sconvolgeva.
D'altra parte, non poteva essere accaduto nient'altro di terribile, ormai. Se era davvero là per consegnare un messaggio, perché mai esitava tanto? Che si sbrigasse, e ripartisse al più presto!

- Non vi perdete in moine e parlate - riformulò, spazientita. Si massaggiò la tempia, dove avvertiva un lieve dolore pulsante.

Era accaduto sulla barca, raccontò. Gawain non sembrava essersi davvero ripreso dai due scontri con Lancelot, e sebbene facesse di tutto per non dare a vedere che soffriva, non era riuscito ad ingannarlo.
- Non combatterete, è una follia nelle vostre condizioni! - l'aveva implorato, minacciando di avvertire il re... ma Gawain l'aveva fermato.
- Se avete pietà di me, se considerate il mio onore più importante della misera vita che, lo sento, mi sta abbandonando, mi lascerete morire in battaglia contro il traditore, non per i colpi ricevuti in una guerra fratricida. Sir Bedivere! Giurate!
Come poteva ignorare quella preghiera? O tutto il resto... tutto ciò che gli avrebbe confidato quel giorno, mostrandogli quel tesoro che aveva tenuto nascosto per tutta una vita proprio là, dentro il suo cuore?
- Sento... so che voi vivrete. Non chiedetemi... non so spiegarlo. Non posso tornare indietro e cancellare i miei errori, ma voi ci sarete anche per me. Là, là dove desiderate essere anche ora...

- Vi disse che ci avreste trovate qui? - Il mal di testa era peggiorato, tanto che era stata costretta a sedersi. Il lieve pallore sul suo volto la rendeva più umana, più fragile, e Sir Bedivere ne fu compiaciuto; fu un istante folle, in cui si sentì di nuovo uomo.
Annuì. - Mi spiegò che se fosse accaduto qualcosa di irreparabile, che avesse pregiudicato la vostra sicurezza, avreste dovuto rifugiarvi qui fino... al nostro ritorno... aveva dato disposizioni precise.
- Già. La situazione a Camelot era diventata insostenibile, e siamo state ben liete di partire. Ora, sono stanca... non vedo perché prolungare questa conversazione.
L'uomo portò la mano al petto e sfilò qualcosa da sotto gli abiti.
- Con la morte di re Arthur si è dissolta la mia ragione di vivere in mezzo agli uomini - dichiarò, porgendole una busta sigillata, sporca e macchiata di sangue. - Per mesi le ferite ricevute a Camlann mi hanno tenuto sullo stretto ciglio tra la vita e la morte... e sempre, nella sofferenza e nel delirio, vostro fratello Gawain mi è apparso in sogno, incitandomi a combattere quest'ultima battaglia, a sopravvivere per rivedervi e consegnarvi le sue parole. Questo è tutto.
La carta pareva scottare sotto le sue dita, ma Clarissant non aprì la busta. Strinse le palpebre, e quasi non udì le frasi di cortesia con cui il suo ospite si congedava:
- Non che io tenga alla mia vita, ma non sono solo sulla nave... chiedo il vostro permesso di trascorrere la notte nei pressi del porto, e partire domattina. Il tempo è assai inclemente.
Lui parve voler dire qualcos'altro, ma abbassò gli occhi e tacque quando la vide annuire con fare assente e allungare una mano in un gesto stizzito.
Il rumore della porta che si chiudeva tra loro mise fine a quell'agonia.

Mentre il dolore allentava la sua stretta, Clarissant sentì il rumore della pioggia che ormai scrosciava, riportando l'urgenza della realtà a vincere su quei frammenti di passato che ancora infestavano la sua vita:
- Mandate a chiamare mia nipote, subito. - La servetta che passava in quel momento nel corridoio sussultò e arrossì, quasi fosse stata colta in flagrante nell'atto di rubare o mancare gravemente ai propri doveri. Tale reazione non suscitò in lei alcuna curiosità.


Branwen era riuscita a sgattaiolare inosservata nel castello per l'ennesima e ultima volta, poco prima che scoppiasse il temporale. Si stava riscaldando accanto al camino del salone, fissando le scintille che scomparivano. Non poté fare a meno di paragonarle ai soldati uccisi a decine, a centinaia, in quella guerra alimentata da un fuoco di odio atroce... e cosa era rimasto? Tizzoni spenti, cenere fredda, buio. Sapeva che era inutile continuare così, cercando in quel cerchio di pietre significati sepolti da secoli, quando il santuario del suo cuore recava scolpita la figura così chiara del suo desiderio!
- Madamigella, grazie a Dio siete tornata. - udì sussurrare una voce ansante. - Vostra zia vuole vedervi!
- Mi ha scoperta, allora! Lo sapevo... - Scattò in piedi e prese a mordicchiarsi un dito. - È meglio togliersi il pensiero.
Quando entrò nella stanza, già aveva pronte parole di scusa e rammarico,

- Entrate, cara, sedete.

ma comprese di essersi sbagliata. Esisteva qualcosa di peggio di un rimprovero: ed erano i giorni andati che come onde tornavano a scontrarsi con gli scogli eretti dalla sua anima.
Il mare che s'insinua dovunque, infido e salato come le lacrime, o le acque di due laghi che straripano e si mescolano tra loro, sommergendola mentre sogna al centro del cerchio.
- Ci hanno portato una lettera di vostro padre. La scrisse sulla nave che lo riportava in Britannia, mentre l'esercito si preparava a scontrarsi con Mordred e l'esercito sassone.

Sorella mia, figlia mia,
Ho trascinato il mio re in una guerra inutile, ho usato il suo affetto per i miei scopi, e me ne vergogno. Ma soprattutto, ora vi abbandono, poiché sento che ogni minuto mi avvicina alla fine... e non ho mai avuto un sorriso per voi due, che siete ormai tutta la mia famiglia, tutto ciò che mi resta e di cui m'importa.
Clarissant, conosco la vostra forza e non ho dubbi nell'affidarvi il regno di nostro padre.
Piccola Branwen, vi chiedo perdono per avervi fatto credere di odiarvi, ma ci sono sentimenti che un uomo riesce a comprendere solo quando è troppo tardi. Forse pensate che io non sappia nulla di voi, ma non è così. So che siete virtuosa e degna e sono orgoglioso di voi.
Non avete mai riflettuto sul perché vi abbia fatto crescere lontana sia dalla lussuria di vostra madre, che dagli intrighi di Camelot? E in tal senso, come avrei mai potuto raggiungere lo scopo di conservarvi innocente e sincera, se aveste conosciuto i miei stessi peccati ed intemperanze?

Branwen si era animata tutta, e quasi si era lasciata alle spalle le sue pene, perché una forma più grande di amore la avvolgeva man mano che andava avanti nella lettura...
Ma poi si fermò a queste parole:

Se state leggendo queste righe, significa che il nostro buon amico, Sir Bedivere, è sano e salvo, ed è con voi. Possiate trovare gioia, sempre.

Aveva spalancato gli occhi, ed erano così avidi e colmi di speranza... - Lui è stato qui? È possibile? Ditemi! - supplicò, giungendo ad aggrapparsi alle sue vesti, come quando era piccola e chiedeva alla nutrice di raccoglierle le ciliegie dall'albero in giardino.
Clarissant finse di scandalizzarsi a quel contegno così poco rispettoso, ma la sua mente era troppo occupata a cercare di comprendere: a chi si riferiva Branwen? A Gawain? Si illudeva dunque che il padre non fosse morto, nonostante la premessa che le aveva fatto prima di consegnarle la lettera?
- Mia cara, cosa volete dire? Calmatevi!
- Il duca è stato qui? - ripeté la ragazza. sull'orlo dell'isteria. - Vi prego, non fatemi impazzire!
Portando le mani alla bocca, Clarissant la guardò come se fosse la prima volta. La pioggia fitta come una cascata, il vento gelido, la forza distruttiva del rancore che albergava nel loro sangue da generazioni ruggirono ad un tempo e si placarono improvvisamente.
In un istante dilatato all'infinito la sua mente tremò, per rinascere di una consapevolezza bruciante e di disarmata abnegazione.
- Voi... l'amate! Bambina, bambina mia, voi amate l'uomo che finora ho giurato di odiare!


   
 
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