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Autore: miseichan    28/02/2010    18 recensioni
"Per quanto forte, potente e indistruttibile tu sia, devi sapere che i ricordi avranno sempre la meglio!” Il che non sempre è un male, ci sono volte in cui anzi è piacevole, gratificante. Purtroppo in altre occasioni ricordare è doloroso: ad esempio quando l'oggetto dei ricordi è qualcosa, o più precisamente qualcuno, che non è più al tuo fianco. Un qualcuno di cui semmai eri anche follemente innamorato, un qualcuno per cui avresti dato tutto te stesso. Sempre lo stesso qualcuno che ora vorresti solo vedere morto... o quantomeno riuscire a dimenticare. STORIA SOSPESA PER VACANZE ( brevi )… scusate!!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Midnight Lovers'
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bacio 25

 

 

*

 

Maurizio

 

Tutti i miei timori più spregiudicati si erano avverati.

Quello che temevo ed al tempo stesso desideravo accadesse stava succedendo: ora, nel mio povero ufficio.

Li guardai ancora, alternativamente: a pochi passi da me, lei mi dava le spalle, bisbigliando qualcosa al cellulare; lui invece faceva paura: gli occhi invasi da una luce spiritata, quasi demoniaca.

Studiai Davide, sperando con tutto il cuore di continuare a passare inosservato.

Eppure sapevo non sarebbe durata a lungo quella pace apparente: lo vidi avvicinarsi impercettibilmente ad Ilaria, probabilmente nel tentativo di capire cosa stesse dicendo al telefono.

Invasione della privacy, avrei voluto gridargli, ma non lo feci.

Stetti in silenzio perché ero anch’io concentrato con tutto me stesso sulle parole quasi incomprensibili di lei.

Io però non la stavo spiando per puro divertimento, o gelosia, o altro: lo facevo per me stesso.

Nella speranza che sarei potuto uscire vivo, o quantomeno sulle mie gambe, da quel dannato ufficio che ora più che mai riusciva a intimorirmi.

Chiusi gli occhi, smettendo quasi di respirare per fare meno rumore possibile.

E poi le sentii.

Quelle tre parole.

Tre.

Solo tre parole: sole, cuore, amore… una canzone faceva così.

Le tre parole che firmarono la mia condanna a morte non furono quelle, però.

Furono altre, terribili:

“Fil, non scherzare”

Così aveva detto Ilaria. E io lo avevo sentito chiaramente, così come al novantanove virgola nove per cento aveva fatto pure Davide. Spalancai gli occhi al’istante: dopo meno di dieci secondi da quando aveva finito di pronunciare “scherzare”.  Ero stato lo stesso troppo lento.

Con sgomento mi accorsi del corpo di Davide prono su di me: accovacciato sul divano, con una mano paurosamente vicina al mio collo e l’altra ferma a spingermi sul petto.

Arretrai per quanto mi fu possibile, tentando di allontanarmi da lui, dalla sua aria furibonda, da quegli occhi che sembravano essere tizzoni ardenti corrosi dall’ira e dalla frustrazione.

Quanto ero sfigato?! Da uno a dieci? Ma anche dieci!

Davanti ai miei occhi si presentò improvvisamente quella che sarebbe stata secondo me la notizia in prima pagina il giorno dopo: “Maurizio D’Amico: figlio del magnate, ucciso dal fratello. Mal menato e quindi soffocato, tragica fine della sua giovane vita. Il gemello commenta: Se fosse possibile lo riporterei in vita… per poterlo ammazzare di nuovo”

A frenare le mie tragiche fantasie fu la voce di Davide: aveva avvicinato il suo viso al mio, e in un tono che non ammetteva repliche introdusse il discorso, parlando a voce molto bassa, come per non farsi sentire da Ilaria.

- Ora mi spieghi tutto. Dall’inizio-

- Davide non credo sia il momento per…-

Non saprei dire cosa mi convinse a tacere: se lo sguardo omicida che mi lanciò o la presa paurosamente forte con cui mi strinse la camicia. So solo che alla domanda che mi sussurrò nell’orecchio non pensai neanche lontanamente di non rispondere.

- Cosa ci faceva lei qui?-

Ecco: dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità?

No, assolutamente.

- Consulenza di lavoro: revisione generale-

Era una parte della verità, in fin dei conti

- Perché non mi hai detto che veniva?-

E ma insomma, ora andava a cercarsi i discorsi filosofici! Lo guardai con un misto di intolleranza e sdrammatizzazione. Lui però non retrocesse di un millimetro:

- Dai, Davide! Non credevo fosse ancora il momento e poi tu…-

Fui bloccato di nuovo dalla sua presa che si era ancora stretta: riuscivo quasi a sentire le sue unghie penetrarmi nella pelle. Mi sembrò di capire quanto forte fosse la lotta interiore che lo stava lacerando: la vera domanda, quella che più gli interessava, non me l’aveva ancora posta.

E ora era sul punto di farmela, vinto dalla parte meno saggia di sé.

Lanciò uno sguardo alle sue spalle, assicurandosi che Ilaria stesse ancora al telefono, distratta, poi tornò a fissare intensamente me:

- Hai sentito?-

Era stato poco meno di un sussurro, e nonostante ciò avevo capito sia la domanda, sia a cosa si stesse riferendo. Preferii di gran lunga fare finta di niente però, e guardandolo con aria innocente chiesi:

- Cosa?-

Lui assunse un’aria esasperata, e dopo aver controllato un’ultima volta Ilaria mi assalì senza più fare giri di parole:

- Maurizio hai sentito benissimo anche tu che ha detto Fil. Ora, sarò io che mi costruisco castelli per aria, o che sono leggermente sconvolto e fuori di me in questo momento… ma ho la terribile sensazione che ci sia qualcosa di molto sbagliato in questa situazione. E tu sei più informato di me-

Aveva aggiunto l’ultima frase come una vera e propria minaccia. Non nascondeva più la rabbia, forse perché troppo impegnato a non farsi vincere dalla paura.

E faceva bene. Che avesse sempre avuto un sesto senso molto sviluppato lo sapevo.

Così come sapevo che c’era qualcosa di sbagliato: e che Fil era Fil.

Quel Fil. Lo stesso a cui Davide, per qualche motivo, aveva subito pensato.

Ma non ero certo di poterglielo dire, anche ignorando il fatto che a rischio c’era la mia vita, non era una buona idea e basta. C’erano cose che Davide semplicemente era meglio non sapesse.

Un esempio era quello che gli nascondeva Andrea: io sapevo il suo segreto.

Davide no. Ed era meglio così.

Volevo un bene dell’anima a mio fratello e lo tenevo in grandissima considerazione ma non è mai stato… pronto, favorevole diciamo così alle novità. Non di mentalità ristretta, ma lento a comprendere.

Quella volta però non riuscii a tenergli nascosta la verità.

- Davide… devi restare calmo, in ogni caso. Sì, che io sappia, preciso che non ne sono sicuro, ma dovrebbe essere quel Fil: il nostro Fil. Ma…-

Arretrò inconsapevolmente, come se fossero le mie parole ad allontanarlo.

Vidi chiaramente la sorpresa nei suoi occhi trasformarsi lentamente dall’incredulità alla consapevolezza.

Cercai di intervenire prima che sopraggiungesse la rabbia, nella speranza di riuscire a salvare la situazione.

- Davide-

Mi ignorava, perso nei suoi pensieri: provai a guardarlo negli occhi, ma sembrava impossibile.

Fu lui poi a parlare, biascicando con difficoltà poche parole:

- E tu come faresti a saperlo?-

Ecco, a quello andava a parare naturalmente! Tentennai solo qualche istante che lui già aveva iniziato a riavvicinarsi minaccioso. Alzando gli occhi al cielo mi decisi a rispondere, pregando che non vedesse le cose, bè… come in fin dei conti, forse, stavano.

- Ero andata prima a casa sua, e non c’era. Mirko mi disse che l’avrei trovata in un bar e… la trovai. Quando sono entrato l’ho vista con lui-

Ero stato molto attento a quello che avevo detto, ponderando e censurando i fatti: evitando cose come lo stato e la situazione in cui avevo trovato Mirko. Certo non potevo non dirgli che Ilaria era con Filippo, ma speravo di poter omettere che fossero abbracciati.

- Erano insieme?-

Faticai a capire che quella domanda mi era stata fatta da Davide: la voce non era la sua, lo sguardo incredulo e addolorato non era il suo, il tremore che gli prese il labbro assolutamente non era suo. Non di Davide.

Chissà, forse a distanza di anni avremmo ripensato a quel momento ridendone e scherzandoci: divertiti dalle nostre reazioni, dai nostri pensieri. Certo era però, che mentre me ne stavo su quel divano, bloccato ed immobilizzato da mio fratello, anche solo sorridere mi sembrava una cosa al di fuori di qualsiasi possibilità.

- Sì-

Inizialmente mi fermai a quel monosillabo, non sapendo cosa altro dire, cosa fosse giusto aggiungere.

Iniziai a temere che non potesse reggere il colpo, ma mai mi sarei aspettato che si rialzasse di colpo, tirandomi in piedi assieme a lui e spingendomi verso la porta. Mi mise spalle al muro, continuando a stringere saldamente la presa sulla mia camicia.

- Lui! Molcovich! Non è possibile! Io… ora le strappo il telefono e ci parlo! Brutto deficiente, ma cosa crede di poter fare?! Giuro che appena me lo ritrovo fra le mani gli stacco quella testolina bionda dal collo!-

Stentai a credere alle mie orecchie, fui però abbastanza svelto da afferrarlo per il braccio prima che si muovesse davvero in direzione di Ilaria.

- Scherzi? Davide quella con Filippo è una questione solo nostra: non puoi coinvolgere anche lei-

Continuai quasi subito, accorgendomi di non averlo neanche minimamente convinto:

- La rivuoi? Allora devi stare attento a quello che fai: gioca d’astuzia. La conosci meglio di te stesso. Non risolveresti niente cercando di ucciderlo, e lo sai. Se ci vuoi parlare, ben venga. Ma non quando c’è Ilaria-

Gli strinsi di più il polso, assicurandomi che il battito fosse tornato quasi alla normalità.

Lo vidi annuire impercettibilmente e sospirai di sollievo: forse la catastrofe si poteva evitare.

- Ragazzi? Che sta succedendo?-

Alzai rapido lo sguardo al di sopra della spalla di Davide, sorridendo con fare rassicurante ad Ilaria che ci fissava con aria sconvolta: forse davamo l’impressione di stare per picchiarci, e lo capì anche Davide che subito si allontanò da me, liberando finalmente la mia camicia.

- Chi era al telefono? Mirko?-

Lo aveva domandato avvicinandosi di qualche passo ad Ilaria, che ignorandolo aveva afferrato il giubbotto. Davide però non si era arreso e aiutandola ad indossare la giacca, continuò a parlare:

- Stasera che fai? Ti va una cena?-

Quando Ilaria si girò verso di lui capii di non essere l’unico a fissarlo incredulo: avevo sì detto di giocare d’astuzia, ma non stava correndo troppo?

- Scherzi?-

Lui le passò la borsa, regalandole un sorriso incredibilmente dolce ed affettuoso:

- Certo che no. Una cenetta senza pretese, fra amici. Facciamo venire anche Maurizio, Andrea, Mirko… Veronica se ti va. Così per chiacchierare un po’-

Era serio, c’era poco da fare. E lo capì anche Ilaria che continuò a studiare la sua espressione in silenzio, come indecisa se prendere direttamente la porta ed andarsene senza nemmeno salutare.

- Una cena, che ti costa?-

A quel punto lei alzò di nuovo lo sguardo su di lui, fissandolo come fosse impazzito:

- Ma cosa credi di poter ottenere?!-

Lui sorrise di nuovo, esibendosi con due perfetti occhioni luccicanti ed innocenti, allargando le braccia e facendo spallucce. Con voce dolce rispose con aria fintamente offesa:

- Niente. Assolutamente niente! Te l’ho detto mi va solo di parlare un po’, e poi è da un sacco di tempo che non vedo Mirko. A te Andrea non manca per niente? Non che possa biasimarti se è così-

Aggiunse in tono scherzoso, riuscendo incredibilmente a strapparle un sorriso divertito.

Tornai a prendere posto sul divano, ripensando a tutte le volte che lo avevo indirizzato verso la carriera teatrale.

Avevo ragione: era talento puro.

Lui allargò leggermente gli occhi, spalancandoli quasi, come in aspettativa: studiando l’espressione ancora lievemente svagata di lei.

Ilaria spostò il peso da una gamba all’altra, come soppesando la proposta, tenendo lo sguardo basso. Dopo pochi attimi rialzò la testa, tornando a fermare i suoi occhi sul viso di lui.

- Va bene-

Non lo aveva detto, lo aveva a mala pena sussurrato. Si leccò le labbra, e fu quello che fece ripartire Davide all’attacco, più deciso di prima, dato che un mezzo consenso lo aveva già ottenuto.

- Allora sì? Perfetto! Passo io a prenderti a casa, così andiamo con una sola macchina e… “Da Vincenzo” ti va bene? E’ ancora la tua pizzeria preferita?-

Si rese conto da solo di aver messo un piede in fallo: aveva rivangato il passato, e non era un bene.

Fino a quel momento era stato molto attento, non l’aveva nemmeno mai chiamata Lari o piccola. Con quella domanda però rischiava di rovinare tutto. Vidi la paura passare anche per i suoi occhi, opposta al sorriso che ancora risplendeva sul suo volto.

Per fortuna Ilaria rispose candidamente al sorriso, prendendo entrambi in contropiede.

Iniziai a sospettare che anche lei potesse avere un qualche secondo fine: non era pensabile che dopo tutta la rabbia ed il risentimento che fino a poco prima esternava, ora accettasse senza ripensamenti una proposta del genere. Come a confermare i miei pensieri annuì decisa, sorridendo ancora.

- Certo. Passa tu. Intorno alle nove se non è un problema-

A passo lento si avviò verso la porta, e fece per uscire. Con la mano ancora sulla maniglia si voltò un’ultima volta verso di noi, e rivolgendosi a Davide aggiunse:

- Non lo faccio per te: ma solo per Andrea-

E io avrei voluto commentare che a mio parere non era neanche per Andrea che lo faceva, ma non lo feci, continuando ad approfittare della mia momentanea invisibilità.

Ilaria mosse velocemente le dita della mano in segno di saluto e poi sparì, lasciandosi dietro solamente una scia di profumo. Lanciai un’occhiata a Davide che togliendosi quella maschera di calma e sicurezza che aveva indossato per parlare con lei, si era lasciato andare sulla poltrona: reclinando la testa all’indietro e poggiandosi un braccio sulla fronte.

Davide e Ilaria. Nella stessa stanza. E nessuno era morto.

Buon segno, non c’è che dire. Forse è ancora troppo presto per dare giudizi però, pensai tormentandomi il labbro con i denti: una pizza tutti assieme… tutto il vecchio gruppo a mangiare insieme?

Qualcosa non quadrava. Erano iniziate macchinazioni sotto copertura di cui a quanto pareva non mi era dato essere a conoscenza. Studiai ancora una volta Davide, tentando di immaginare cosa gli passasse per la testa, che intenzioni avesse per la serata. Ma fu inutile: non c’era la minima possibilità che arrivassi a prevedere cosa sarebbe potuto succedere… e a pensarci bene forse era meglio che non lo sapessi.

Mi passai ripetutamente la mano sul viso, cercando di risvegliarmi da quella assurda situazione.

Non era un sogno però: e a quanto pareva i giochi erano appena iniziati.

 

*

 

 

   
 
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