*
Maurizio
Tutti i miei timori più
spregiudicati si erano avverati.
Quello che temevo ed al tempo
stesso desideravo accadesse stava succedendo: ora, nel mio povero ufficio.
Li
guardai ancora, alternativamente: a pochi passi da me, lei mi dava le spalle, bisbigliando
qualcosa al cellulare; lui invece faceva paura: gli occhi invasi da una luce
spiritata, quasi demoniaca.
Studiai
Davide, sperando con tutto il cuore di continuare a passare inosservato.
Eppure
sapevo non sarebbe durata a lungo quella pace apparente: lo vidi avvicinarsi
impercettibilmente ad Ilaria, probabilmente nel tentativo di capire cosa stesse
dicendo al telefono.
Invasione
della privacy, avrei voluto gridargli, ma non lo feci.
Stetti
in silenzio perché ero anch’io concentrato con tutto me stesso sulle
parole quasi incomprensibili di lei.
Io
però non la stavo spiando per puro divertimento, o gelosia, o altro: lo facevo
per me stesso.
Nella
speranza che sarei potuto uscire vivo, o quantomeno sulle mie gambe, da quel
dannato ufficio che ora più che mai riusciva a intimorirmi.
Chiusi
gli occhi, smettendo quasi di respirare per fare meno rumore possibile.
E
poi le sentii.
Quelle
tre parole.
Tre.
Solo
tre parole: sole, cuore, amore… una canzone faceva così.
Le
tre parole che firmarono la mia condanna a morte non furono quelle, però.
Furono
altre, terribili:
“Fil,
non scherzare”
Così
aveva detto Ilaria. E io lo avevo sentito chiaramente, così come al novantanove
virgola nove per cento aveva fatto pure Davide. Spalancai gli occhi
al’istante: dopo meno di dieci secondi da quando aveva finito di
pronunciare “scherzare”. Ero
stato lo stesso troppo lento.
Con
sgomento mi accorsi del corpo di Davide prono su di me: accovacciato sul
divano, con una mano paurosamente vicina al mio collo e l’altra ferma a
spingermi sul petto.
Arretrai
per quanto mi fu possibile, tentando di allontanarmi da lui, dalla sua aria
furibonda, da quegli occhi che sembravano essere tizzoni ardenti corrosi
dall’ira e dalla frustrazione.
Quanto
ero sfigato?! Da uno a dieci? Ma anche dieci!
Davanti
ai miei occhi si presentò improvvisamente quella che sarebbe stata secondo me
la notizia in prima pagina il giorno dopo: “Maurizio D’Amico:
figlio del magnate, ucciso dal fratello. Mal menato e quindi soffocato, tragica
fine della sua giovane vita. Il gemello commenta: Se fosse possibile lo
riporterei in vita… per poterlo ammazzare di nuovo”
A
frenare le mie tragiche fantasie fu la voce di Davide: aveva avvicinato il suo
viso al mio, e in un tono che non ammetteva repliche introdusse il discorso,
parlando a voce molto bassa, come per non farsi sentire da Ilaria.
-
Ora mi spieghi tutto. Dall’inizio-
-
Davide non credo sia il momento per…-
Non
saprei dire cosa mi convinse a tacere: se lo sguardo omicida che mi lanciò o la
presa paurosamente forte con cui mi strinse la camicia. So solo che alla
domanda che mi sussurrò nell’orecchio non pensai neanche lontanamente di
non rispondere.
-
Cosa ci faceva lei qui?-
Ecco:
dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità?
No,
assolutamente.
-
Consulenza di lavoro: revisione generale-
Era
una parte della verità, in fin dei conti
-
Perché non mi hai detto che veniva?-
E
ma insomma, ora andava a cercarsi i discorsi filosofici! Lo guardai con un
misto di intolleranza e sdrammatizzazione. Lui però non retrocesse di un
millimetro:
-
Dai, Davide! Non credevo fosse ancora il momento e poi tu…-
Fui
bloccato di nuovo dalla sua presa che si era ancora stretta: riuscivo quasi a
sentire le sue unghie penetrarmi nella pelle. Mi sembrò di capire quanto forte
fosse la lotta interiore che lo stava lacerando: la vera domanda, quella che
più gli interessava, non me l’aveva ancora posta.
E
ora era sul punto di farmela, vinto dalla parte meno saggia di sé.
Lanciò
uno sguardo alle sue spalle, assicurandosi che Ilaria stesse ancora al
telefono, distratta, poi tornò a fissare intensamente me:
-
Hai sentito?-
Era
stato poco meno di un sussurro, e nonostante ciò avevo capito sia la domanda,
sia a cosa si stesse riferendo. Preferii di gran lunga fare finta di niente
però, e guardandolo con aria innocente chiesi:
-
Cosa?-
Lui
assunse un’aria esasperata, e dopo aver controllato un’ultima volta
Ilaria mi assalì senza più fare giri di parole:
-
Maurizio hai sentito benissimo anche tu che ha detto Fil. Ora, sarò io che mi
costruisco castelli per aria, o che sono leggermente sconvolto e fuori di me in
questo momento… ma ho la terribile sensazione che ci sia qualcosa di
molto sbagliato in questa situazione. E tu sei più informato di me-
Aveva
aggiunto l’ultima frase come una vera e propria minaccia. Non nascondeva
più la rabbia, forse perché troppo impegnato a non farsi vincere dalla paura.
E
faceva bene. Che avesse sempre avuto un sesto senso molto sviluppato lo sapevo.
Così
come sapevo che c’era qualcosa di sbagliato: e che Fil era Fil.
Quel
Fil. Lo stesso a cui Davide, per qualche motivo, aveva subito pensato.
Ma
non ero certo di poterglielo dire, anche ignorando il fatto che a rischio
c’era la mia vita, non era una buona idea e basta. C’erano cose che
Davide semplicemente era meglio non sapesse.
Un
esempio era quello che gli nascondeva Andrea: io sapevo il suo segreto.
Davide
no. Ed era meglio così.
Volevo
un bene dell’anima a mio fratello e lo tenevo in grandissima
considerazione ma non è mai stato… pronto, favorevole diciamo così alle
novità. Non di mentalità ristretta, ma lento a comprendere.
Quella
volta però non riuscii a tenergli nascosta la verità.
-
Davide… devi restare calmo, in ogni caso. Sì, che io sappia, preciso che
non ne sono sicuro, ma dovrebbe essere quel Fil: il nostro Fil. Ma…-
Arretrò
inconsapevolmente, come se fossero le mie parole ad allontanarlo.
Vidi
chiaramente la sorpresa nei suoi occhi trasformarsi lentamente
dall’incredulità alla consapevolezza.
Cercai
di intervenire prima che sopraggiungesse la rabbia, nella speranza di riuscire
a salvare la situazione.
-
Davide-
Mi
ignorava, perso nei suoi pensieri: provai a guardarlo negli occhi, ma sembrava
impossibile.
Fu
lui poi a parlare, biascicando con difficoltà poche parole:
-
E tu come faresti a saperlo?-
Ecco,
a quello andava a parare naturalmente! Tentennai solo qualche istante che lui
già aveva iniziato a riavvicinarsi minaccioso. Alzando gli occhi al cielo mi
decisi a rispondere, pregando che non vedesse le cose, bè… come in fin
dei conti, forse, stavano.
-
Ero andata prima a casa sua, e non c’era. Mirko mi disse che
l’avrei trovata in un bar e… la trovai. Quando sono entrato
l’ho vista con lui-
Ero
stato molto attento a quello che avevo detto, ponderando e censurando i fatti:
evitando cose come lo stato e la situazione in cui avevo trovato Mirko. Certo
non potevo non dirgli che Ilaria era con Filippo, ma speravo di poter omettere
che fossero abbracciati.
-
Erano insieme?-
Faticai
a capire che quella domanda mi era stata fatta da Davide: la voce non era la
sua, lo sguardo incredulo e addolorato non era il suo, il tremore che gli prese
il labbro assolutamente non era suo. Non di Davide.
Chissà,
forse a distanza di anni avremmo ripensato a quel momento ridendone e
scherzandoci: divertiti dalle nostre reazioni, dai nostri pensieri. Certo era
però, che mentre me ne stavo su quel divano, bloccato ed immobilizzato da mio
fratello, anche solo sorridere mi sembrava una cosa al di fuori di qualsiasi
possibilità.
-
Sì-
Inizialmente
mi fermai a quel monosillabo, non sapendo cosa altro dire, cosa fosse giusto
aggiungere.
Iniziai
a temere che non potesse reggere il colpo, ma mai mi sarei aspettato che si
rialzasse di colpo, tirandomi in piedi assieme a lui e spingendomi verso la
porta. Mi mise spalle al muro, continuando a stringere saldamente la presa
sulla mia camicia.
-
Lui! Molcovich! Non è possibile! Io… ora le strappo il telefono e ci
parlo! Brutto deficiente, ma cosa crede di poter fare?! Giuro che appena me lo
ritrovo fra le mani gli stacco quella testolina bionda dal collo!-
Stentai
a credere alle mie orecchie, fui però abbastanza svelto da afferrarlo per il
braccio prima che si muovesse davvero in direzione di Ilaria.
-
Scherzi? Davide quella con Filippo è una questione solo nostra: non puoi
coinvolgere anche lei-
Continuai
quasi subito, accorgendomi di non averlo neanche minimamente convinto:
-
La rivuoi? Allora devi stare attento a quello che fai: gioca d’astuzia.
La conosci meglio di te stesso. Non risolveresti niente cercando di ucciderlo,
e lo sai. Se ci vuoi parlare, ben venga. Ma non quando c’è Ilaria-
Gli
strinsi di più il polso, assicurandomi che il battito fosse tornato quasi alla
normalità.
Lo
vidi annuire impercettibilmente e sospirai di sollievo: forse la catastrofe si
poteva evitare.
-
Ragazzi? Che sta succedendo?-
Alzai
rapido lo sguardo al di sopra della spalla di Davide, sorridendo con fare
rassicurante ad Ilaria che ci fissava con aria sconvolta: forse davamo
l’impressione di stare per picchiarci, e lo capì anche Davide che subito
si allontanò da me, liberando finalmente la mia camicia.
-
Chi era al telefono? Mirko?-
Lo
aveva domandato avvicinandosi di qualche passo ad Ilaria, che ignorandolo aveva
afferrato il giubbotto. Davide però non si era arreso e aiutandola ad indossare
la giacca, continuò a parlare:
-
Stasera che fai? Ti va una cena?-
Quando
Ilaria si girò verso di lui capii di non essere l’unico a fissarlo
incredulo: avevo sì detto di giocare d’astuzia, ma non stava correndo
troppo?
-
Scherzi?-
Lui
le passò la borsa, regalandole un sorriso incredibilmente dolce ed affettuoso:
-
Certo che no. Una cenetta senza pretese, fra amici. Facciamo venire anche
Maurizio, Andrea, Mirko… Veronica se ti va. Così per chiacchierare un
po’-
Era
serio, c’era poco da fare. E lo capì anche Ilaria che continuò a studiare
la sua espressione in silenzio, come indecisa se prendere direttamente la porta
ed andarsene senza nemmeno salutare.
-
Una cena, che ti costa?-
A
quel punto lei alzò di nuovo lo sguardo su di lui, fissandolo come fosse
impazzito:
-
Ma cosa credi di poter ottenere?!-
Lui
sorrise di nuovo, esibendosi con due perfetti occhioni luccicanti ed innocenti,
allargando le braccia e facendo spallucce. Con voce dolce rispose con aria
fintamente offesa:
- Niente.
Assolutamente niente! Te l’ho detto mi va solo di parlare un po’, e
poi è da un sacco di tempo che non vedo Mirko. A te Andrea non manca per
niente? Non che possa biasimarti se è così-
Aggiunse
in tono scherzoso, riuscendo incredibilmente a strapparle un sorriso divertito.
Tornai
a prendere posto sul divano, ripensando a tutte le volte che lo avevo
indirizzato verso la carriera teatrale.
Avevo
ragione: era talento puro.
Lui
allargò leggermente gli occhi, spalancandoli quasi, come in aspettativa: studiando
l’espressione ancora lievemente svagata di lei.
Ilaria
spostò il peso da una gamba all’altra, come soppesando la proposta,
tenendo lo sguardo basso. Dopo pochi attimi rialzò la testa, tornando a fermare
i suoi occhi sul viso di lui.
-
Va bene-
Non
lo aveva detto, lo aveva a mala pena sussurrato. Si leccò le labbra, e fu
quello che fece ripartire Davide all’attacco, più deciso di prima, dato
che un mezzo consenso lo aveva già ottenuto.
-
Allora sì? Perfetto! Passo io a prenderti a casa, così andiamo con una sola
macchina e… “Da Vincenzo” ti va bene? E’ ancora la tua
pizzeria preferita?-
Si
rese conto da solo di aver messo un piede in fallo: aveva rivangato il passato,
e non era un bene.
Fino
a quel momento era stato molto attento, non l’aveva nemmeno mai chiamata
Lari o piccola. Con quella domanda però rischiava di rovinare tutto. Vidi la
paura passare anche per i suoi occhi, opposta al sorriso che ancora risplendeva
sul suo volto.
Per
fortuna Ilaria rispose candidamente al sorriso, prendendo entrambi in
contropiede.
Iniziai
a sospettare che anche lei potesse avere un qualche secondo fine: non era
pensabile che dopo tutta la rabbia ed il risentimento che fino a poco prima
esternava, ora accettasse senza ripensamenti una proposta del genere. Come a
confermare i miei pensieri annuì decisa, sorridendo ancora.
-
Certo. Passa tu. Intorno alle nove se non è un problema-
A
passo lento si avviò verso la porta, e fece per uscire. Con la mano ancora
sulla maniglia si voltò un’ultima volta verso di noi, e rivolgendosi a
Davide aggiunse:
-
Non lo faccio per te: ma solo per Andrea-
E
io avrei voluto commentare che a mio parere non era neanche per Andrea che lo
faceva, ma non lo feci, continuando ad approfittare della mia momentanea
invisibilità.
Ilaria
mosse velocemente le dita della mano in segno di saluto e poi sparì,
lasciandosi dietro solamente una scia di profumo. Lanciai un’occhiata a
Davide che togliendosi quella maschera di calma e sicurezza che aveva indossato
per parlare con lei, si era lasciato andare sulla poltrona: reclinando la testa
all’indietro e poggiandosi un braccio sulla fronte.
Davide
e Ilaria. Nella stessa stanza. E nessuno era morto.
Buon
segno, non c’è che dire. Forse è ancora troppo presto per dare giudizi
però, pensai tormentandomi il labbro con i denti: una pizza tutti
assieme… tutto il vecchio gruppo a mangiare insieme?
Qualcosa
non quadrava. Erano iniziate macchinazioni sotto copertura di cui a quanto
pareva non mi era dato essere a conoscenza. Studiai ancora una volta Davide,
tentando di immaginare cosa gli passasse per la testa, che intenzioni avesse
per la serata. Ma fu inutile: non c’era la minima possibilità che
arrivassi a prevedere cosa sarebbe potuto succedere… e a pensarci bene
forse era meglio che non lo sapessi.
Mi
passai ripetutamente la mano sul viso, cercando di risvegliarmi da quella
assurda situazione.
Non
era un sogno però: e a quanto pareva i giochi erano appena iniziati.
*