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Autore: Darseey    13/03/2010    3 recensioni
{A veder l'ondulata tua movenza,
bella che t'abbandoni,
vai somigliando ad un serpente che danza
proprio in cima ad un bastone.}
Seconda classificata a parimerito con eldeberry al contest "Le Fleurs du Mal", indetto da Pagliaccio di Dio.
Vincitrice del Premio Correttezza Grammaticale
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Near, Stephen Jevanni
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Glamorous Skin


-Le serpent qui danse-













L'afa di quel giorno di estate a Hong-Kong sembrava aver vinto la sua personale scommessa con il nuovo e super tecnologicamente attrezzato Quartier Generale dell'ormai ex Special Provision for Kira.



Il neonato gigante di vetro e acciaio, sorto in pochi mesi dalle fondamenta di terra e argilla della zona collinare della penisola di Kowloon, era stato inaugurato qualche giorno prima come la sede, naturalmente fittizia, di una ONG benefica.

Stephen Loud aveva assistito al battesimo di fuoco dalla finestra del sedicesimo piano del golem di ferro, osservando assorto il turbinio caleidoscopico dei coriandoli vomitati dal ventre metallico di alcuni elicotteri, ai quali, per quella occasione, era stato permesso di volare più basso del consentito.

Il ronzio stridente della loro vicinanza era penetrato insistente attraverso l'ossatura di cemento e specchi, e a lungo aveva sostato nelle camere e nei corridoi deserti, simile ad un lamento echeggiante nei dedali di una fortezza sguarnita.

Avvicinandosi alle spesse e chiare vetrate che lo separavano dal vuoto del mondo, l'uomo aveva potuto osservare con attenzione la folla ondeggiante che sostava adorante ai piedi del gigante.

Una marea che ad improvvise ondate sembrava aumentare di numero e forza.

Gente, urla e colori che riempivano l'asfalto e l'aria delle loro presenze forzate, riuniti intorno alle fondamenta di un altro edificio, l'ennesimo in quella città e in quel mondo, rappresentante la solida apparenza di un miraggio.

La dolcezza rassicurante di una bugia sussurrata.

Forse era stato in quel momento, mentre inspiegabilmente stizzito si allontanava da quella vista e tornava a dedicare la sua attenzione al nodo della cravatta blu, che aveva seriamente ricominciato a produrre pensieri finalmente incoerenti e disgiunti.

Quando,bloccando il movimento automatico di dita e polsi, aveva colto in fallo un concetto molesto, per mesi, o più probabilmente anni, tenuto strettamente rilegato nell'angolo più oscuro della sua mente, anche questo con premura nascosto nell'abisso ancora più profondo della memoria.

La convinzione, più o meno esatta, che una volta, innumerevole tempo prima, anche la sua voce fosse stata parte integrante di un simile e distonico coro.

Un organismo che ignorava, volutamente o meno, la realtà dei fatti.

E viveva felice in quella bolla di buonismo altrimenti conosciuta con il nome di società moderna.

Poi era arrivato Kira.

E il coro si era schierato, dividendosi come un mare biblico.

E nonostante fin dall'inizio lui stesso avesse deciso quale parte prendere, e per tale libero proclama di giustizia fosse entrato nell'Spk, solo in quel momento, mentre si chiudeva la porta della camera alle spalle e si avviava con falcate sicure verso l'ascensore, si era reso conto di quanto quegli anni di raggelante e divino terrore lo avessero costretto a relegare il suo stesso essere dietro un'ombra assai subdola.

La paura.

Il terrore di percepire l'ultimo battito del suo cuore risuonare come il rintocco finale di una campana nella sua gabbia toracica, e cadere, già inerte al suolo, simile al petalo raggrinzito di un fiore morente.

Come davanti ai suoi occhi aveva visto accadere, tempo prima, alla maggior parte dell'organico dell'Spk, nei primi mesi in cui le pedine erano state finalmente schierate su un campo minato a tre giocatori.

Rendere Kira, onnipresente dio della morte, un'acefala statua da calpestare il giorno della vittoria, era stata per anni la sola ed unica priorità.

E spazio per altri fluttuanti pensieri non poteva essere contemplato.

Lasciar scorrere insieme idee insensate e tempo era come percepire il ritmico ticchettio di una bomba innescata a pochi passi di distanza, senza fare alcunché, né scappare via,né tentare di disinnescarla, per rendere salva la vita.

Poi un pensiero, non così semplice da esprimere come ci si sarebbe aspettati, eppure più vero e tangibile persino delle pareti di quell'ascensore che lo teneva sospeso su un baratro mortale.

Kira era morto.

Ed era stato allora, quando le lucide porte dorate della scatola di ferro si erano aperte e lui aveva fatto un passo verso l'ampia stanza circolare, il cuore del golem...solo allora lui...

Era accaduto allora, solo ed esclusivamente allora, che Stephen Loud, respirando a pieni polmoni l'ossigeno artificiale prodotto dai respiri affannosi di condizionatori e computer, esseri vivi e morti allo stesso tempo,a mesi di distanza dall'effettiva disfatta di Kira, si era riappropriato improvvisamente di sé stesso.

Della sua anima in apnea, del suo cuore pulsante e dei suoi pensieri fluttuanti e senza senso alcuno.

Kira era morto.

E lui,finalmente, tornava a vivere.




Non avrebbe mai saputo dire se fu proprio a causa di quella improvvisa rivelazione di qualche giorno prima, accolta con un euforia volutamente contenuta, che quello strano meccanismo scattò, mettendosi in moto con un progressivo e sempre più assordante cigolio.

Solo, all'inizio gli sembrò di trovarsi proiettato sulla sedia di pelle nera come se in quell'istante avesse aperto improvvisamente gli occhi dopo un lungo sonno comatoso.

Probabilmente si era davvero addormentato per qualche secondo, perché la disgustosa sensazione di un risveglio umido, dell'aria asfissiante e torrida che corroborava la pelle scoperta del collo, del viso e delle braccia, lo colse con una intensità inaspettatamente più irritante del previsto.

Le pareti color carta da zucchero, tappezzate di enormi schermi al plasma, furono i primi elementi che i suoi occhi riuscirono a mettere a fuoco. Poi, la sensazione di pesante arsura che immobilizzò la sua gola gli impedì di proseguire quel tentativo di riconoscimento.

Unicamente la sensazione piacevole di qualcosa di gelido che gli sfiorava in una carezza la tempia ebbe il potere di risvegliarlo definitivamente.

Accanto a lui, leggermente piegata in avanti e con un sorriso rosso e comprensivo disegnato sul viso da modella, Halle gli porse un bicchiere appannato di thé freddo.

Davvero una stagione pessima perché l'impianto termico vada in tilt.”

Annuì stancamente alla sua voce trillante, afferrando il bicchiere e premendoselo sulla guancia rasata.

La sua pelle percepì nel contatto una sensazione di gelido bagnato che si trasmise subitanea alle sue terminazioni nervose principali, ridiscendendo la colonna vertebrale e propagandosi lungo gli arti sotto forma di piccoli brividi.

Nello stesso istante, i suoi occhi scivolarono liquidi lungo il semicerchio di computer e macchinari che costituivano il centro nevralgico del golem.

O almeno così l'aveva soprannominato Halle, da quando la sigla SPK era scomparsa tra i fascicoli top-secrets di Lagley e il Governo aveva deciso di dare alla loro cellula un nuovo nome.

Gholia.

Jevanni?”

Osservò Rester, fermo a pochi passi da lui...Halle dov'era?

L'uomo gli sbandierò implacabile davanti al viso alcuni fogli bianchi macchiati di grafici e numeri, che in quel momento per lui avrebbero potuto benissimo avere il significato di geroglifici dipinti su sabbia.

Cosa?”

Perché non vai anche tu a prendere un po' di aria sul tetto e non ci porti anche Near?”

Sto bene così, Rester. Jevanni può andare senza di me, se ne ha bisogno.”

Prima ancora che la sua lingua potesse articolare suono, la voce incolore e metallica del nuovo L tagliò l'aria cocente, uccidendo sul nascere quella proposta di momentanea resa al caldo che spadroneggiava sul Quartier Generale.

A quel punto non poté necessariamente impedire al suo sguardo di correre incontro a quel lieve bisbiglio controllato.

E quando la figura virginale, accucciata sul pavimento scuro al centro della stanza come un ragno predatore nel punto di convergenza dei mille fili della sua tela, conquistò completamente il suo campo visivo, il meccanismo riprese a tremare.

Erano anni, quasi un infinita di tempo, che i suoi ingranaggi di pietra, all'inizio così ben oliati, non accennavano a muoversi.

La sagoma bianca però restava china su giocattoli e dadi di carta,e l'ingranaggio ancora si riscuoteva a vuoto.

La testa di platino lucente, china e intenta a dipingere alcuni tarocchi, non si accorse affatto di quel moto infante e profondo. Così, ad un nuovo richiamo si sollevò con flemmatico decoro.

È tutta la mattinata che sei chiuso qui dentro, Near. Hai bisogno di una pausa.”

Occhi di un grigio incolore, come vitree biglie di carne incastonate nel volto di un fanciullesco erote, vagarono molle e snervanti, incrociando per pochi attimi le sue.

Crak



{Negli occhi tuoi non di dolcezze un velo

Né asprezza che appaia:

son come fredde gemme nel cui gelo

l'oro al ferro s'appaia.}




Con un ultimo, repentino scatto il meccanismo vinse ogni altra resistenza, cominciando infine il suo atteso e infinito movimento,la sua lenta ed estenuante caduta.

Come spesso accadeva fu il suo corpo a registrare quel mutamento improvviso, mentre la mente cieca di logica cercava di seguire le tracce del risvegliato istinto.

Fu un attimo in cui cupe iridi blu consumarono stoffa e carne, denudando quella strana creatura immacolata e iridescente nella luce azzurra di schermi e neon.

Un bambino.

Ecco cosa per la prima volta aveva pensato di Near, quando gli aveva stretto la mano dopo aver atteso per alcuni momenti che egli la liberasse dalla stretta di un robottino di plastica.

Un moccioso.

Quando gli era stato comunicato che sarebbe stato lui a dirigere tutte le operazioni riguardanti il caso Kira.

Un mostro.

Quando aveva avuto occasione di scoprire che non esistevano limiti a ciò che quella mente, apparentemente condannata ad essere imprigionata nel corpo sempreverde di un adolescente, avrebbe potuto fare.

C'erano state battute e discorsi su di lui, tra colleghi, quando ancora l'SPK contava più di quattro organi a comporre il suo essere.

Ambiguità e frasi spinte sull'identità sessuale di quel ragazzino asettico e innaturalmente privo di emozioni manifeste.

Perfino sguardi maliziosi che ne scrutavano i lineamenti infantili, sussurrando con occhiate ciò che a parole sarebbe stato impossibile esprimere.

Per lui quei commenti erano morti sul nascere, affogati in risate di circostanza e brindisi alla fine del regno di Kira,per cercare di soffocarne i possibili effetti collaterali.

Come il restare a lungo fisso a guardarlo innalzare torri precarie e castelli intoccabili.

E concentrarsi sul riverbero lucente di quell'epidermide dalla liscezza marmorea.





{Quanto mi piace, mia bella indolente,

del tuo corpo osservare,

come una stoffa cangiante e splendente

la pelle del tuo corpo luccicare.}





Immagini moleste, seppellite a lungo tra i pensieri incolti, iniziarono a sgorgare inquiete nella sua mente come zampilli di fredda acqua sorgiva.

Cercò di ricacciarle nei recessi imperscrutabili dalle quali erano evase, perdendo il filo del discorso che con continui inviti e negazioni, seguitava a svolgersi davanti ai suoi occhi vitrei.

Non ho bisogno di aria, solo di una doccia. Tornerò tra mezz'ora. Prendetevi una pausa, immagino siate spossati.”

Un piccolo movimento, e la figura dal pallore distonico,incredibilmente inadatta nel suo concettuale a quell'ufficio dai contorni spigolosi e neri, si sollevò in piedi con ferma lentezza, scivolando poi subito dopo verso l'uscita del cuore con un minimo dondolio incerto.

Stephen Loud rimase incollato alla schiena vestita di seta bianca e lucida fino a che essa non ebbe superato le porte bronzee dell'ascensore.

Quasi immediatamente, il pensiero curioso di osservare ciò che quella seconda pelle celava si trasmise come un leggere formicolio sul collo e sulle mani.

Strofinò le seconde tra loro, per eliminare quell'impulso sbagliato e improvviso, e quasi senza rendersene conto si trovò in piedi, con un vago senso di rintontimento a riempire di aria calda la testa incredibilmente leggera.

Rester sembrò lanciargli un'occhiata bieca e volergli rivolgere qualche rimprovero.

Invece si limitò a borbottare tra sé qualcosa a proposito di sigarette e acqua.

Annuì senza sapere il perché e con una strana sensazione di ubriachezza si avvicinò all'ascensore. In quel momento, la piccola spia giallognola che ne segnalava l'utilizzo morì sul pannello dei comandi, e lui la rianimò immediatamente con la pressione di due dita su un bottone triangolare.

Il caldo insopportabile sembrò legarsi al suo collo e ai suoi polsi nudi in spire e tentacoli opprimenti nel breve lasso di tempo in cui la scatola arrivò per accoglierlo nel suo feto dorato.

Quasi vi si lanciò dentro, premendo l'ultimo tasto più in alto sulla griglia lucida e attendendo ad occhi chiusi di essere vomitato sul tetto.

Lì avrebbe potuto respirare aria nuova e vera, e liberare la testa di immagini e pensieri incontrollati.

Se riappropriarsi di sé stesso significava far vagare la mente su lembi di pelle e occhi imperscrutabili di un bambino prodigio, per gradi e intelletto nettamente superiore a lui, non era affatto sicuro di volerlo.

Non c'era niente in Near che avrebbe dovuto attrarre il suo sguardo, soprattutto alla luce vivida e intensa del fatto che l'iniziale stupore per il suo aspetto e i suoi modi di fare era già da tempo stato sepolto.

Niente giustificava quelle idee e quegli impulsi che poco prima la sua vista, ormai astrattamente avvezza ad osservarlo, aveva procreato.

Le imposte lucide dello scrigno si aprirono in quel momento, rigettandolo in un corridoio illuminato dall'ombra di luce del sole mattutino.

Sbatté le palpebre stanche per abituarsi alla brezza luminosa che invadeva nel suo tropicale tepore le pareti di caramello.

La consapevolezza di aver seguito anche nel mondo fisico il filo ingarbugliato dei suoi stessi pensieri, lo colse solo dopo pochi attenti secondi di osservazione.

Non era sul tetto, ma un piano più in basso.

Quello dove il cervello del golem, centro nevralgico dell'intero sistema, sostava.

Davanti a lui un uscio socchiuso di legno chiarissimo che delimitava i confini di quel regno, e quasi udibili nel sottofondo i movimenti del principe che lo governava.

Incontrollato il suo corpo si mosse verso l'ingresso dell'appartamento, accostandosi alla porta dischiusa.

Dalla sottile feritoia i suoi occhi poterono osservare vacui il profilo di un ampio ingresso minimal, dominato da angoli e bordi bianchi e neri, prima di scivolare irrimediabilmente sulla figura che al centro di esso lasciava cadere a terra la camicia frusciante, scoprendo la fino ad allora celata schiena d'avorio.

I ricci dai riflessi metallici scintillarono debolmente nel bagliore dei raggi solari che inondavano la stanza, mentre l'intero corpo ne appariva bagnato, riflettendone gli impulsi luminosi.

L'aria sembrò risucchiata verso quella rara visione, e con essa qualsiasi traccia di razionale pudore.



{Sulla tua capigliatura profonda,

densa d'acri profumi,

in quel mare odoroso e vagabondo

dai flutti azzurri e bruni


come un naviglio che al vento si desta

del mattino errante,

verso un confine lontano s'appresta,

l'anima mia sognante.}





A salvarlo fu solo il sibilo meccanico dell'ascensore che veniva richiamato.

Con uno scatto si allontanò dalla porta, conducendo una mano tremante alla fronte sudata e chiudendo gli occhi per cercare di eliminare il continuo riproporsi di quella immagine infausta.

Ascoltò il meccanismo aumentare la portata del moto e la forza ad esso impressa.

E infine si allontanò veloce, con il cuore tremante dallo sforzo per ridurre al silenzio lo stridio cigolante di quell'ordigno ormai innescato.









Quando più tardi, nell'apprestarsi della refrigerante brezza serale si ritrovò in compagnia di Halle sul bordo del tetto scarsamente illuminato, la consapevolezza che ciò che era accaduto poche ore prima fosse probabilmente dovuto al caldo invivibile, fece sì che la sua mente e la sua lingua riuscissero a introdurre l'argomento con studiata leggerezza.

Secondo te è mai stato a letto con qualcuno?”

Halle si bloccò proprio a metà del gesto di avvicinare il collo della bottiglia di birra alle labbra carnose. I contorni del suo profilo scomparvero, sostituiti dalle linee marcate del suo ovale.

Di chi parli?”

Near.”

Dicendolo reclinò il capo pesante all'indietro, per evitare di dover osservare lo sgranarsi eccessivo degli occhi chiari di lei.

Come ti vengono in testa cose del genere? Oh! Voi uomini siete tutti uguali... Near è praticamente un bambino. Non vedi che non sa prendere da solo nemmeno un aereo? Figurati avere una relazione. Sarà anche l'adolescente più intelligente del pianeta,ma non ha idea di cosa sia un rapporto sociale. Né tanto meno di come viverlo.”

Avere rapporti sociali non ha niente a che vedere con il fare sesso. Per quel che ne sai, nell'orfanotrofio da cui proviene potrebbero aver abusato di lui. Non sarebbe una storia poi così tanto strana. E un trauma del genere spiegherebbe molti dei suoi comportamenti.”

In realtà un pensiero simile non lo aveva mai sfiorato prima.

La donna tossì la birra ingurgitata, portandosi istintivamente una mano davanti alla bocca. Il suo viso sembrò divenire rossastro sotto la luce lattiginosa dei fari sparsi sul pavimento sporco del tetto.

Lasciò che la bottiglia le scivolasse dalle dita per frantumarsi in cocci bagnati a terra.

Stephen Loud osservò preoccupato gli occhi di lei divenire un po' lucidi a causa dei sussulti tremanti che le attraversavano il corpo piegato in avanti, ma quando fece per avvicinarsi e aiutarla, essi si interruppero.

Prendendo grandi respiri, Halle si tirò in posizione eretta.

Tutto bene?”

Lei si limitò ad annuire con le palpebre chiuse e brillanti di lacrime.

Quando parlò la sua voce argentina era ridotta al graffiante stridore di un archetto su di un violino non accordato.

Dio, Steve, che mente malata. Mello ti sembrava il risultato di qualche stupro infantile?”

L'evidente sconcerto che accompagnò quella domanda, nata con intento retorico, produsse in lui un istintivo sorriso tirato.

Devi ammettere che tutta quell'aggressività repressa non è che fosse normale.”

Il fatto che siano tipi un po' particolari non è indice primario di traumi.”

Sei laureata in psicologia e io non lo sapevo?”

La sferzata non sembrò colpirla eccessivamente, ma venne inglobata e rigettata nella sua insinuante risposta.

Già, adesso sai a chi rivolgerti per parlare dei tuoi pensieri discutibili.”

Quali pensieri discutibili?”

Riportò nuovamente la testa all'indietro e gli occhi fissi sul cielo privo di stelle, per evitare di mostrare sul viso il turbamento che il suo stomaco aveva percepito, e per il quale sembrava essersi contratto.

Il discorso su Near e il sesso lo hai iniziato tu.”

L'impulso di attaccare, per nascondere il fantasma di una colpa aleggiante nella sua coscienza, non si fece attendere a lungo.

E di grazia, perché sarebbe discutibile? È un argomento come un altro. Credo che ormai anche tu ne abbia abbastanza di parlare di Kira.”

Appunto, perché infilarsi in discorsi morbosi?”

Perché deve essere morboso? È umano, dannazione. Anche lui può avere delle pulsioni.”

Near? Stiamo parlando della stessa persona?”

Perché no? Tu che ne puoi sapere? L'hai visto che teneva sempre con sé la foto di Mello? Tra loro non correva buon sangue. Perché conservare una sua immagine?”

Il ricordo inaspettato era giunto improvviso al suo conscio, risalendo quasi strisciando le pareti della sua memoria.

Erano orfani cresciuti insieme e destinati a succedere al seggio di L. Se non hai famiglia ti affezioni a ciò che la sostituisce. Probabilmente il loro rapporto era come quello di due fratelli, prima che la rivalità per il futuro ruolo lo intaccasse.”

Non capisco perché voi donne abbiate la tendenza a romanzare qualsiasi cosa. Gli ormoni circolano anche nel corpo di Near: questa è biologia, una scienza esatta. È statisticamente più probabile che quei due avessero una specie di relazione di amore-odio sfogata in incontri sessuali tenuti nascosti, che non un rapporto di amicizia fraterna rimasto vivo sotto la cenere del fuoco della competizione. Tra l'altro, non mi sembra che né Mello quando ti ha visto nuda, né tanto meno Near quando in questi giorni ti ha potuto ammirare decisamente più svestita a causa del caldo, abbiano mai provato un minimo di turbamento davanti alla tua evidente avvenenza.”

A quello sbotto lucidamente ragionevole la donna rimase per un attimo in silenzio, e se lui si fosse voltato a guardarla avrebbe notato come un nuovo rossore, questa volta di vergogna, avesse catturato il suo viso.

Se è per questo- riprese dopo pochi secondi lei con un bisbiglio vagamente imbarazzato- nemmeno tu mi guardi in quel modo. Devo iniziare a pensare che ti piacciano gli uomini?”

Voltarsi ad osservarla con un sopracciglio inarcato fu un gesto automatico quanto quella risposta rifilata in tono incredibilmente gelido.

Se non ti guardo in quel modo non significa necessariamente che io sia gay. È più probabile voglia dire che non mi piaci affatto in quel senso.”

La consapevolezza di aver colpito qualche tasto dolente, il suo orgoglio femminile o la sua lampante vanità personale, arrivò nel momento in cui la vide sobbalzare grottescamente, quasi fosse stata schiaffeggiata.

Vado a letto. Buonanotte.”

Eppure l'espressione ferita e offesa dipinta sul suo viso da bambola di porcellana non produsse su di lui nessun istinto di subitanea negazione o richiesta di perdono.

Si limitò a ricambiare fintamente distratto l'augurio, concentrandosi sul ticchettio smorzato dei passi di lei fino a che essi non scomparirono, ingurgitati dal golem.

Poi, quando la sua presenza liberò finalmente la sua mente, si avviò anche lui nel ventre del gigante di acciaio.









Non fu sua intenzione giungere nuovamente davanti all'uscio dischiuso.

Gli sembrò di esserci trasportato dalla sua mente come era accaduto quella mattina.

Il corridoio immerso nelle languide tenebre divoratrici di luce gli apparve quella volta come un sonnacchioso animale dal respiro silenzioso.

Jevanni?”

Inizialmente rimase immobile come una statua di sale quando quel mormorio echeggiò nel vuoto alla sua destra. Poi l'istinto, o la mente, o forse il corpo nel sentire quel richiamo, lo fece voltare con calma apparente.

In piedi, a pochi metri da lui, una sagoma d'alabastro e luce avanzava quieta e scalza, splendente di luci ed ombre rigettate dalle stesse finestre che poche ore prima avevano lasciato penetrare in quel cunicolo i raggi scottanti del sole.

In quel momento era una rotonda moneta d'argento, alta nel cielo, che spandeva la sua bianca luminosità riflessa sul mondo.

E accarezzato da essa, l'essere avanzava oscillando verso di lui, vestito di pura e lunare grazia.

Near?”

Forse fu qualcosa nel suo sguardo sfuggente o nel tono della sua voce a bloccare l'incanto.

Il ragazzo rallentò bruscamente l'andatura, scivolando poi nell'immobilità totale.

È successo qualcosa?”

Le parole incolori fuoriuscirono caute dalle labbra piccole e pallide, incastrandosi quasi a fatica nella sua parte cosciente.

No.”

L'altro non mutò affatto espressione, limitandosi a sollevare le dita per afferrare alcune ciocche ondose nella probabile attesa di un suo congedo.

Il silenzio gravò nello spazio dei loro respiri tanto a lungo da creare una sottile e latente tensione.

Volevi dirmi qualcosa?”

Questa volta l'uomo si limitò a negare col capo, senza staccare un solo attimo gli occhi dall'orlo del pavimento di moquette grigia dove li aveva costretti a posarsi e sostare per evitare di concentrarsi su altro.

Allora... Buonanotte.”

Non rispose e non alzò le palpebre,continuando a tenerle dirette sul terreno di stoffa artificiale e lasciandosi sfiorare e superare dalla sagoma di Near, che già era giunta silenziosa vicino alla porta e l'aveva aperta.

Fu solo l'istinto a vincere il ritrarsi riottoso dello sguardo.

Al percepire il profumo denso e invitante di quella esotica pelle sconosciuta, gli occhi si sollevarono lesti a fissare la schiena di nuovo coperta da seta bianchissima.

E in quel panorama nevoso colsero attenti uno scorcio persino più chiaro, nel punto in cui la dispettosa camicia era scivolata ad accarezzare il braccio sottile, lasciando nuda la spalla rotonda.

Il meccanismo urlò un ulteriore sforzo e il suo corpo senza controllo venne spinto in avanti, imprigionando nella morsa delle braccia il Ganimede ad un passo dallo scomparire.

Near sussultò appena nel percepire la sensazione di quelle fauci che strette andavano a legargli braccia e busto, cogliendo un brivido correre a immobilizzargli la schiena quando il respiro pesante dell'uomo toccò il suo collo scoperto.

Tutto rimase immobile per secondi impossibilitati a finire.

Fu solo il momentaneo svolgersi di una battaglia interiore tra logica e istinto, che vide ben presto il secondo uscirne coronato vincitore.

L'impulso incontrollato di quella mattina, che in realtà aveva convissuto per tempo assai più lungo nei recessi oscuri della sua mente, tornò più forte e pretenzioso che mai.

Le mani tremanti strattonarono la stoffa scivolosa, strappandola ovunque fosse più facile, per mostrare finalmente la pelle priva di vestimenti.

Un forte singulto sembrò smuovere il corpo dell'altro.

Ritrovandosi non più costretto dalle mani del sottoposto, troppo intente a scorrere veloci lungo la schiena denudata, Near tentò di reagire alla violenza.

Non chiamò il nome di lui per ricondurlo alla ragione, semplicemente si voltò,ritrovandosi contro il suo petto, e cercò di allontanare quelle dita e quei palmi sconosciuti che toccavano bramosi ogni raggiungibile spazio di pelle.

Quella ribellione non mosse niente nell'animo risucchiato dagli ingranaggi del meccanismo.

Al contrario, gli ansimi del nuovo L,volti a recuperare il respiro perso a causa di quei gesti bruschi , ne aumentarono addirittura l'ardore.

I movimenti divennero violente apnee, artigli che graffiavano stoffa lucida e liberavano epidermide calda, incuranti del contorcersi continuo e del rifiuto silenziosamente urlato da quel corpo di porcellana.

Così quando, ormai nudo e completamente esposto agli attacchi, venne gettato sul pavimento e sovrastato dal volto di qualcuno che conosceva, ma appariva in quell'istante troppo dissimile per poterlo effettivamente accostare a chi lui credeva, gli spasmi sembrarono moltiplicarsi.

Sotto di lui il corpo di efebica bellezza prese a contorcersi con assai più foga, simile ad un serpente sul punto di liberarsi di una scomoda muta.




{E il tuo corpo s'inarca, piega, inclina

come nave sull'onda

che rolla ai fianchi e i suoi pennoni china

sull'acqua e li affonda}




Il petto di marmo virgineo e il volto di un fanciullesco Antinoo furono premuti contro il morbido abbraccio della moquette scura, mentre le gambe guizzanti venivano immobilizzate sotto il peso gravoso di più grandi arti gemelli.

Stephen Loud, o ciò che di esso rimaneva, affondò il volto tra i suoi capelli setosi e iridescenti respirando a pieni polmoni il profumo che essi sprigionavano. Risvegliato da quella bruciante passione, a lungo tenuta chetamente sedata, il suo essere reagì spingendosi ancora più duramente contro la carne invitante di glutei e schiena, fino ad incollarsi ad essa completamente.

La stretta sui polsi di Nate River si fece ancora più salda quando essi cercarono di sfuggire alla gabbia delle dita, ed un affondo di labbra e denti sulla scapola lattea marcò ulteriormente quel messaggio di prigionia.

Poi d'un tratto la resistenza finì, e i movimenti convulsi vennero sostituiti da intime scosse e tremolii, in forza ed intensità sempre crescenti, mentre altri respiri e sbuffi abbandonavano esausti la bocca dell'agnello sacrificale.

Ma ancora una volta, nemmeno quei simboli di paura profonda riuscirono a bloccare il meccanismo ormai in atto.

La pressione su quel corpo sottile, che qualunque sua minima sollecitazione avrebbe potuto frantumare, si fece ancora più spinta e cruda, dondolando ritmicamente contro le natiche scoperte.

L'azione, che svelava il reale fine di quella lotta di sottomissione, arrestò ogni ulteriore spasmo. Come se il corpo desiderato si fosse improvvisamente svuotato di forza e volontà proprie, esso si rilassò in un irreale abbandono.

Solo un suono sfuggì ai denti stretti ed echeggiò nelle sue orecchie.

No...”

Il meccanismo sussultò appena.

La sua presa si affievolì inconsciamente.

...ti prego...”

I cingoli si bloccarono per la mancanza di quella corrente di impulsi.

In un attimo la lucidità tornò a rischiarare il corridoio buio.

...Jevanni.”

Con uno scatto repentino l'uomo si allontanò dal più giovane, ritrovandosi in piedi contro le porte dorate dell'ascensore, la nuca e i palmi premuti contro di essi.

La mano corse incontrollata al pulsante di richiamo e gli occhi evitarono con accuratezza studiata ogni contatto con la nivea macchia ora ripudiata.

Senza proferire parola, quando le porte si aprirono in un abbraccio, illuminando di tepore dorato quel crepuscolo venefico, lui vi ci scaraventò, indicando un piano a caso tra i molti, per fuggire al più presto da sé stesso.

Per terra, una bambola di pezza nuda rimase senza vita alcuna, con la testa di riccioli scomposti abbandonata sul pavimento scuro, fino a che il gorgoglio lontano della scatola in moto annunciò la fine di quello strano sogno.

Con pacata grazia e lentezza Nate River si sollevò in piedi, prima puntando le ginocchia ossute sul morbido pavimento, poi i gomiti e i palmi davanti ad esse.

Sollevando il busto in posizione eretta, coi talloni incollati sotto il peso del corpo puerile, attese ancora qualche secondo per innalzarsi sinuoso, con una spinta leggera, all'argentea luce lunare



{A veder l'ondulata tua movenza,

bella che t'abbandoni,

vai somigliando ad un serpente che danza

proprio in cima ad un bastone.}



Con passo certo e privo di remore si avvicinò alla porta chiarissima, sospingendola cauta verso di sé. Lo sguardo dal tono incolore, prima di essere risucchiato dal buio signore della stanza, sostò ancora un momento sui larghi e informi brandelli di stoffa coricati sulla moquette cupa e cinerea.

Una pelle di rettile albino lasciata indietro su una falsa erba d'inchiostro.





































Spazio Autrice

Sono felicissima per la riuscita del contest, dato che mi sono piazzata seconda a pari merito con eldeberry e che è il primo a cui io abbia mai partecipato, e non finirò mai di ringraziare il Pagliaccio di Dio, che ne ha creato uno così appassionante.

Prima di inserire il giudizio però, mi rivolgo in particolare ai miei “soliti” lettori.

Capisco bene che questa shot possa apparire abbastanza sconvolgente per chi mi conosce, sia per il quasi pairing, sia per lo stile e la grammatica un po' diversi dal solito, ma spero vi piaccia comunque.

È frutto di un mio tentativo di provare nuove vie di scrittura, per vedere di cosa sono capace e come me la cavo in situazioni ( storie) per me nuove. Credo che in futuro vi giocherò altri scherzetti simili, perché questo mi ha davvero divertita :)

Ringrazio in anticipo chi commenterà e leggerà^^




Secondo classificato a parimerito:

Glamorous Skin di Darseey

Aspetto grammaticale e lessicale:

Parto direttamente dal lessico, poichè è l'elemento che più mi ha colpita. Sono rimasta davvero senza parole nel constatare la tua bravura e la tua disinvoltura con un lessico elevato ma comunque comprensibile, che dona alla fic la musicalità e l'organizzazione di una prosa dell'Ottocento.
Grammaticalmente perfetta, non ho riscontrato nè errori di sintassi ne di grammatica stessa; punteggiatura a posto e nessun errore di battitura. Davvero complimenti.

Punteggio: 10 / 10

Stile:


Che posso dire del tuo stile, se non che l'ho trovato davvero splendido? A partire dai pezzi della citazione vergati in corsivo e messi tra parentesi graffe a destra del testo, per finire alla divisione in blocchi che non rende la fic frammentaria, anzi, le dona ritmo e vivacità dato che molte scene, specialmente all'inizio, sono statiche.
Non è troppo ridondante, ma nemmeno troppo semplicistico, una perfetta via di mezzo che rende gradevolissima la lettura.

Punteggio: 10 / 10

Originalità dell'opera e delle idee:


Ho ritenuto questa fic davvero originale partendo da solo un elemento: la coppia. Ebbene sì, perchè personalmente ritengo la Jevanni x Near -che peraltro pare così canon...- una coppia azzardata, ma appunto per questo davvero interessante. Ed ho trovato originale persino lo svolgimento, e l'atto -specialmente nei pensieri e nelle sensazioni di Jevanni-.
Non ho molto da dire su questa voce, se non che ti rinnovo i miei complimenti.

Punteggio: 10 / 10

IC dei personaggi:


E anche qui non ho molto da dire. Near è assolutamente lui, con quell'apatia che lo caratterizza anche in una situazione delicata come l'ultima descritta; Jevanni anche, con la sua buona dose di pensieri che poi riconducono sempre all'azione peggiore che possa fare.
Davvero, davvero perfetti, e mi congratulo soprattutto per Near. Davvero.

Punteggio: 10 / 10

Punteggio: 40 + 4.5 punti di gradimento personale: 44.5 / 45 PUNTI




Premio correttezza grammaticale: Glamorous Skin di Darseey

  
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