Capitolo 23
E di nuovo venne il 19 settembre,
giorno del
compleanno di Barbara, però nessuno le fece gli auguri
perché nessuno lo
sapeva. La donna doveva ammettere che per quanto in Italia si usasse
festeggiare l’onomastico, ricorrenza nota a tutti e che
quindi non può passare
inosservata, l’uso anglosassone di festeggiare il compleanno
aveva una maggiore
logica perché, come sosteneva Robert, è una cosa
strettamente personale e per
questo ancora più importante. Lei stessa era stata sempre
portata a fare una sorta
di bilancio della sua vita in tale giorno
e purtroppo, da tanti anni oramai, non era mai stato
piacevole.
Stavolta, pur non avvertendo più il sordo dolore che
l’aveva angustiata l’anno
precedente o la malinconia degli anni trascorsi prima di sposarsi, si sentiva molto confusa.
Durante le lunghe ore della
giornata, dedicandosi alle
solite occupazioni, aveva continuato ad osservarsi quasi come se si
vedesse
dall’esterno. Ciò che le era apparso era stato una
madre appagata dall’amore
dei suoi meravigliosi bambini, una nuora che andava d’accordo
con la suocera ed
una donna stimata e rispettata. Dopo aver molto riflettuto, era giunta
con
molta obiettività alla conclusione
di
aver completamente superato la sua stupida infatuazione per il dottor
Hopkins.
Si rendeva conto che la pena provata per la sua improvvisa partenza era
stata
causata più dalla consapevolezza di essere stata rifiutata
ancora una volta piuttosto
che dall’amore perduto. Dopo così poco tempo, non
sentiva più neanche la
mancanza di Sean e addirittura era grata al saggio e maturo scozzese di
essersi
allontanato senza approfittare di una debolezza della quale si sarebbe
sicuramente pentita in seguito. Che lo volesse o no, i suoi
pensieri ed i
suoi desideri erano di nuovo tutti per Robert. Lui ora
l’amava, glielo stava
facendo capire in
tutti i modi, ma aveva
ancora paura di rimanere di nuovo delusa. Troppe volte aveva sofferto
per
amore, troppe volte un uomo le aveva preso l’anima e
gliel’aveva calpestata
senza pietà. Per una sorta di autodifesa, cercava di
convincersi di poter fare
a meno persino dell’amore fisico anche se la sua natura
passionale la spingeva
tra le braccia dell’affascinante marito. In fondo la
sessualità, fosse stata
una cosa naturale o l’indice di un’indole viziosa,
da sempre per lei era stata
come una spina tormentosa, ma non per questo voleva farsene
condizionare
proprio ora, ad appena un passo dalla felicità
più completa.
Il pomeriggio, mentre stava
acquistando il pesce da
Rocco salito fin lì con il suo carrettino, vide rincasare il
marito che quel
giorno non era rientrato nemmeno per pranzo. Ne fu meravigliata
perché era
molto presto rispetto al solito orario. Le aveva fatto solo un cenno di
saluto
con la mano e così, appena ebbe finito gli acquisti, si
precipitò dentro a
cercarlo. Forse si era ricordato del suo compleanno e ciò le
faceva un enorme piacere.
Però, dopo averlo inutilmente cercato per le varie stanze,
seppe da Nunzia che
era uscito di nuovo ed a questo punto capì che non doveva
essere tornato per
lei. Non fu capace di frenare una punta di delusione, ma dopo il
trattamento
scorbutico che gli aveva riservato l’anno prima, non
c’era nulla da
meravigliarsi se si fosse guardato bene dal rammentare persino la data
della
nascita di sua moglie.
Con un sospiro riprese le solite
attività e poiché
faceva ancora molto caldo, decise di andare a pulire i fagiolini per la
cena
fuori in giardino. Si avviò con il cesto sottobraccio verso
il tavolo sotto il
pino e fu grande il suo stupore quando vide Robert
seduto lì a leggere alcuni giornali ma con
una bottiglia di whisky davanti.
L’uomo non aveva mai
rinunciato a bere un po’ dopo
cena, ma a Barbara non andava giù che adesso lo facesse
anche alle sei del
pomeriggio. Decise di fargli una bella ramanzina pur rischiando di
apparigli
noiosa. Nello scorgere il suo viso desolato e serio però
cambiò immediatamente
idea.
- Robert, cosa
c’è, è successo qualcosa? - gli chiese
impensierita.
Lui la guardò con gli
occhi offuscati dal dolore e
dalla preoccupazione.
- Sì , gli scioperi si
stanno allargando a macchia
d’olio. Appena l’altro ieri ce
n’è stato addirittura uno nazionale. Ma dopo la
tragedia che è successa a Buggerru il giorno 4, non mi sento
di biasimare la
Federazione. Le condizioni di vita
dei
minatori sono davvero inaccettabili – le
disse e bevve un lungo sorso di liquore.
- Quale tragedia? Non ne so niente.
Cosa c’è stato, un
incidente? – gli chiese la moglie
- No, c’era una protesta
dei minatori e il Direttore
ha chiamato i soldati – esitò un po’,
poi finì la frase – hanno sparato sui
manifestanti e ci sono stati tre morti senza contare i numerosi feriti.
- Mio Dio! –
esclamò la donna mettendosi una mano
sulla bocca per l’emozione.
Si sedette senza più
parlare, rispettando il silenzio
del marito il quale tracannava un bicchiere dopo l’altro
molto nervosamente.
Non ebbe l’animo di rimproverarlo e per simulare una calma
che era ben lontana
dal provare, si mise a pulire
i
fagiolini. Dopo un poco però intuì quanto lui
avesse bisogno di sfogarsi e gli
chiese con un filo di voce:
- Ti prego, raccontami esattamente
com’è andata.
Perché è successo?
Robert infatti non si fece pregare
e cominciò a
parlarle dello scontento dei minatori per il nuovo orario invernale,
applicato
nonostante il perdurare del caldo, che li costringeva a lavorare
un’ora in più e
della loro reazione finita poi così tragicamente.
- Mi chiedo – concluse
alla fine del drammatico
racconto – come si debba sentire adesso quell’uomo.
Non vorrei essere nei suoi
panni, te lo giuro, in fondo faceva solo il proprio lavoro ma forse se
non
fosse stato così intransigente e non avesse badato
soprattutto agli interessi
della sua società, ora non avrebbe sulla coscienza la morte
di tre padri di
famiglia.
Barbara lo guardò con
dolcezza.
- A te non accadrà mai,
tu sei così benvoluto dai tuoi
minatori!
- Già, ma per quanto
tempo riuscirò a conciliare gli
interessi di sir Bradley con i loro? Anche da noi
c’è molto scontento e basta
una scintilla per far scoppiare la protesta. Non so più come
fare a tenere la
situazione sotto controllo.
- Ci riuscirai benissimo, tu sei
molto bravo. Non ti
ricordi quanti complimenti ti fece il marchese Rodotà? Sir
Paul lo sa benissimo
che non sei come gli altri e se gli darai qualche utile suggerimento,
vedrai, ti
darà ascolto.
L’uomo rise con amarezza.
- Forse prima, ora
c’è quel piccolo scienziato.
Leonard vuole fare solo a modo suo e lo zio lo sta a sentire, eccome!
Prendi lo
scavo di Bardu, ad esempio, lo sto dicendo da mesi che non mi sembra
sicuro, ma
sono stato tacciato di codardia e d’incompetenza. E poi non
si rendono conto
che tutti i motivi di conflitto esistenti
nelle altre miniere ci sono anche da noi. D’altronde
è così, loro devono guadagnarci,
non sono certo un’istituzione benefica. Ma è
giusto farlo sulla pelle della
povera gente? Sono così confuso, non so cosa fare…
Parlando, si era passato una mano
tra i capelli in un
gesto stanco che le fece un’enorme tenerezza. In un moto di
solidarietà, gli
mise la mano sul braccio appoggiato sul tavolo e glielo strinse forte.
- Non fare proprio nulla ed
andrà tutto bene. Resta
solo te stesso - lo incoraggiò.
- È proprio questo il
problema, non ti pare? – sorrise
lui, amaro.
- Ma la vuoi smettere di avere
così poca fiducia in
te? Sei un uomo capace, un ottimo ingegnere minerario, un direttore
comprensivo
e alla mano. Possibile che tu non riesca a capire che è
proprio grazie alla tua
persona se le cose qui stanno andando avanti meglio che altrove? Quando
ti
renderai conto di essere una persona eccezionale?
- Davvero pensi questo di me?
Nonostante tutto? - le
chiese alquanto stupito.
- Sì, – ammise
la donna ed abbassò lo sguardo prima di
aggiungere – e forse se non fosse stato così,
avremmo avuto meno problemi a
portare avanti quel nostro patto…
Voleva dirgli che lo amava? Il
giovane preferì non
chiederglielo apertamente ma lo stesso
avvertì
il grande e sincero affetto che la donna provava per lui. Le prese la mano e se la
portò alle labbra, cominciando
a baciarla ripetutamente. Barbara provò a ritrarla,
inorridita:
- Ma che fai!? Non vedi che
è sporca? Sto pulendo i fagiolini
per la cena.
- Fagiolini per cena!? Credevo che
stasera per
cena ci fosse la
tua buona zuppa di
pesce – scherzò lui per sollevare un po’
gli animi – mi era sembrato di vedere
il carretto di Rocco poco fa.
- Infatti, ho comprato il pesce, ma
è per domani.
- E perché non per
stasera?
- Perché è
tardi e non ce la faccio a cucinarlo.
- Dai, fai uno sforzo. Non mi vanno
i fagiolini!
- Ti metti anche tu a fare i
capricci adesso?
- Sì, sono
così depresso e solo la prospettiva di
mangiare uno dei tuoi piattini speciali mi faceva sentir meglio. Non li
voglio
i fagiolini!
- Ti ho detto che adesso
è tardi per cucinare la zuppa
di pesce.
- Cosa importa se ceniamo un
po’ più tardi? Di’, che
devo fare, chiedertelo come fa Charles? – nel dirlo
imitò l’espressione del
figlio quando voleva ottenere qualcosa dalla mamma.
La sua rassomiglianza con il
piccino era così evidente
mentre la guardava con gli occhioni azzurri supplichevoli che Barbara
proruppe
in una risata divertita.
- Va bene! – si arrese
sospirando – adesso vado a
preparartela…
- Aspetta, ho una cosa per te.
L’aveva trattenuta per la
mano mostrando una strana
emozione e lei gli chiese stupita:
- Per me?
- Certo, oggi è il tuo
compleanno e ti ho fatto un
regalo. Auguri cara – aggiunse porgendole uno scatolino.
Posando di nuovo il cestino con i
fagiolini sul
tavolo, la donna prese il regalo, un po’ esitante. Si
risedette e guardandolo
in viso, gli disse con un’aria di gratitudine che non
riusciva a mascherare:
- Te ne sei ricordato allora!
- Naturalmente e già da
parecchio. Ho chiesto a tuo
fratello e a Luisa di comprarmelo. Viene direttamente da una delle
migliori
botteghe orafe della tua Alghero.
Intanto Barbara aveva aperto
l’astuccio e stava
fissando un pregevole anello in filigrana d’oro lavorato con
una tecnica di
granulazione.
- Ma lo sai questa
cos’è? – gli chiese rigirando il
gioiello tra le dita.
- Sì, è una
fede sarda.
- Appunto, non è un
semplice anello, è un simbolo.
- Lo so, è la fede
nuziale che gli uomini di qui donano
alle loro donne.
- Infatti, è una fede
nuziale. Io già ce l’ho la fede,
me la mettesti al dito quasi due anni fa.
- Quella non conta…
La fissava
con
intensità ed era talmente seducente che Barbara
chinò la testa a guardare il
bellissimo anello, incapace di fare qualsiasi altra cosa, avvertendo però
il cuore batterle forte
forte. Allora lui le prese la manina e le infilò la fede
all’anulare sinistro
accanto alla vera d’oro.
- Ecco – le disse
– la misura è perfetta. Questo è il
mio dono per te oggi.
- Ed io cosa ti darò in
cambio? – gli chiese sempre
con gli occhi bassi, intuendo che quello non era un semplice regalo di
compleanno.
- Ciò che mi dai
è già tanto. Ma se tu riuscissi anche
a farmi la promessa che mi perdonerai e che almeno proverai ad amarmi
… – le
sussurrò mentre l’avvolgeva in uno sguardo
d’amore senza pari.
- Sì –
mormorò lei, diventando rossa come il fuoco.
Vedendola turbata, Robert ne
provò una tenerezza
immensa e decise di farla sorridere ancora scherzando.
–
Poi un anello
così lo deve portare la sposa, non credi? Ce la vedresti la
mia manona con un
anellino di filigrana al dito? È decisamente meglio la mia
fede. È bella anche
quella e mi sta bene. E poi ora anche questa è diventata un
simbolo molto importante
per me.
Barbara gli sorrise, grata che
avesse sdrammatizzato
la situazione e che fosse così dolce e paziente. Dentro di
sé sentiva rinato
ancora più forte e sincero tutto l’amore per lui.
- Ora vado a prepararti la zuppa di
pesce – gli sorrise
- Rocco me ne ha
portato di freschissimo
e ti prometto che sarà così buona che ti
farà passare
la depressione. Smetti di bere però,
altrimenti ti passa anche l’appetito
ed
avrò fatto una fatica inutile.
Si alzò e togliendosi la
fede sarda, la rimise
nell’astuccio.
- Va bene – le disse lui
richiudendo la bottiglia ma nel
vederla fare quel gesto, protestò deluso – Che
fai, già te la togli!?
- Si capisce, me la tolgo. Devo
andare a pulire il
pesce e non voglio rovinarla.
Gli aveva risposto guardandolo come
una bambina
orgogliosa del regalo appena ricevuto.
Robert rise.
- Sai, mi hanno detto che le fedi
sarde diventano più
belle se la mano che le porta si sporca per preparare un buon pranzetto
al
marito!
- E ti hanno fatto fesso!
– scherzò Barbara.
Si sentiva il cuore pieno di
allegrezza. Dimenticandosi
di avergli appena detto di avere le mani sporche, gli fece una carezza
tenerissima sul viso. Lui le afferrò la mano e
cominciò a baciargliela.
Anche se odorava di fagiolini.
E allora?
Come va? Affogate nella melassa? In piena sindrome hello Spank (Nanette, siete
impagabili!) ? Spero
che questo capitolo vi sia piaciuto perché da quando i
coniugi Forrest hanno
sotterrato l’ascia di guerra la povera autrice è
costretta a farli misurare con
la tenerezza, l’amabilità, la stima, la
comprensione reciproca. Tutte cose che
di solito precedono il matrimonio ma che nel caso dei nostri due
testoni stanno
arrivando a poco a poco solo ora, forse perché si sono resi
conto che stavano
sprecando un’occasione assai rara di felicità.
Sono riuscita a dare significato
al dono di Robert? Ed a quel “sì” che
Barbara mormora arrossendo? Io ci spero
davvero ma se il racconto si stesse facendo troppo rosa, non dovete far
altro
che farmelo sapere perché
la mia nota
perfidia non ha limiti e posso sempre rimediare con una spruzzatina di
dispetti
da parte di lei e qualche frase di quelle belle offensive da parte di
lui.
Un’altra
cosa, questa volta seria. L’episodio di Buggerru non me lo
sono inventato. Nel
corso delle ricerche che ho fatto per scrivere questa storia, mi sono
imbattuta
nella cronaca di quella protesta di minatori del 4 settembre 1904 e di
una
manifestazione analoga di contadini a Castelluzzo
in Sicilia, entrambe finite nel sangue perché
il governo mandò i soldati a sedare i
“facinorosi”. Tali
episodi portarono al primo sciopero
generale che si sia mai svolto in Italia che avvenne proprio il 16
settembre
1904 (quello di cui
parla Robert). Ho voluto citare questi
fatti non solo perché
nella narrazione mi è stato utile per
sottolineare come il mio direttore della miniera sia rimasto pur sempre
un
figlio del popolo ma soprattutto per rendere omaggio, seppure sulle
pagine di
questo sconosciuto romanzetto, a tutti coloro che hanno pagato con la
vita la
sacrosanta aspirazione ad avere condizioni di lavoro più
umane. Forse vi
apparirà come la retorica di
una vecchia
mamma Kellina , ma se vi guardate intorno vedrete che ancora oggi, dopo
oltre
un secolo di lotte, c’è ancora chi, soprattutto
tra i giovani, vede calpestato da
parte dei poteri economici e politici il proprio diritto ad avere un
lavoro
sicuro, continuativo ed equamente retribuito.
Sperando di
non avervi annoiate, vi do appuntamento a domani per un aggiornamento
davvero
al cardiopalmo.