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Autore: mamma Kellina    17/03/2010    6 recensioni
Nei primi anni del Novecento, Robert, un giovane ingegnere minerario vedovo e con un figlio piccolo e Barbara, una ragazza sarda con un triste passato che la condannava a restare zitella, hanno deciso di sposarsi solo per reciproca convenienza. Ben presto però i sentimenti e l’attrazione fisica hanno trasformato il loro patto in una situazione molto difficile da sopportare soprattutto perché nessuno dei due vuole accettare che, malgrado tutto, l’amore sta entrando a poco a poco nelle loro esistenze.
Eccovi dunque la seconda parte di questa vicenda che si svolge nelle miniere della Sardegna sud occidentale. Spero che chi ha già seguito la prima parte avrà piacere di vedere come si conclude il romanzo ma non dispero nemmeno di trovare ancora nuovi lettori. A tutti prometto una storia vivace, intrigante, meno drammatica di quella narrata finora, ma che, mi auguro, saprà ugualmente emozionare e coinvolgere.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Capitolo 23

 

E di nuovo venne il 19 settembre, giorno del compleanno di Barbara, però nessuno le fece gli auguri perché nessuno lo sapeva. La donna doveva ammettere che per quanto in Italia si usasse festeggiare l’onomastico, ricorrenza nota a tutti e che quindi non può passare inosservata, l’uso anglosassone di festeggiare il compleanno aveva una maggiore logica perché, come sosteneva Robert, è una cosa strettamente personale e per questo ancora più importante. Lei stessa era stata sempre portata a fare una sorta di bilancio della sua vita in tale giorno  e purtroppo, da tanti anni oramai, non era mai stato piacevole. Stavolta, pur non avvertendo più il sordo dolore che l’aveva angustiata l’anno precedente o la malinconia degli anni trascorsi prima di sposarsi,  si sentiva molto confusa.

Durante le lunghe ore della giornata, dedicandosi alle solite occupazioni, aveva continuato ad osservarsi quasi come se si vedesse dall’esterno. Ciò che le era apparso era stato una madre appagata dall’amore dei suoi meravigliosi bambini, una nuora che andava d’accordo con la suocera ed una donna stimata e rispettata. Dopo aver molto riflettuto, era giunta con molta obiettività alla conclusione  di aver completamente superato la sua stupida infatuazione per il dottor Hopkins. Si rendeva conto che la pena provata per la sua improvvisa partenza era stata causata più dalla consapevolezza di essere stata rifiutata ancora una volta piuttosto che dall’amore perduto. Dopo così poco tempo, non sentiva più neanche la mancanza di Sean e addirittura era grata al saggio e maturo scozzese di essersi allontanato senza approfittare di una debolezza della quale si sarebbe sicuramente pentita in seguito.  Che lo volesse o no, i suoi pensieri ed i suoi desideri erano di nuovo tutti per Robert. Lui ora l’amava, glielo stava facendo  capire in tutti i modi, ma aveva ancora paura di rimanere di nuovo delusa. Troppe volte aveva sofferto per amore, troppe volte un uomo le aveva preso l’anima e gliel’aveva calpestata senza pietà. Per una sorta di autodifesa, cercava di convincersi di poter fare a meno persino dell’amore fisico anche se la sua natura passionale la spingeva tra le braccia dell’affascinante marito. In fondo la sessualità, fosse stata una cosa naturale o l’indice di un’indole viziosa, da sempre per lei era stata come una spina tormentosa, ma non per questo voleva farsene condizionare proprio ora, ad appena un passo dalla felicità più completa.

 

Il pomeriggio, mentre stava acquistando il pesce da Rocco salito fin lì con il suo carrettino, vide rincasare il marito che quel giorno non era rientrato nemmeno per pranzo. Ne fu meravigliata perché era molto presto rispetto al solito orario. Le aveva fatto solo un cenno di saluto con la mano e così, appena ebbe finito gli acquisti, si precipitò dentro a cercarlo. Forse si era ricordato del suo compleanno e ciò le faceva un enorme piacere. Però, dopo averlo inutilmente cercato per le varie stanze, seppe da Nunzia che era uscito di nuovo ed a questo punto capì che non doveva essere tornato per lei. Non fu capace di frenare una punta di delusione, ma dopo il trattamento scorbutico che gli aveva riservato l’anno prima, non c’era nulla da meravigliarsi se si fosse guardato bene dal rammentare persino la data della nascita di sua moglie.

Con un sospiro riprese le solite attività e poiché faceva ancora molto caldo, decise di andare a pulire i fagiolini per la cena fuori in giardino. Si avviò con il cesto sottobraccio verso il tavolo sotto il pino e fu grande il suo stupore quando vide Robert  seduto lì a leggere alcuni giornali ma con una bottiglia di whisky davanti.

L’uomo non aveva mai rinunciato a bere un po’ dopo cena, ma a Barbara non andava giù che adesso lo facesse anche alle sei del pomeriggio. Decise di fargli una bella ramanzina pur rischiando di apparigli noiosa. Nello scorgere il suo viso desolato e serio però cambiò immediatamente idea.

- Robert, cosa c’è, è successo qualcosa? - gli chiese impensierita.

Lui la guardò con gli occhi offuscati dal dolore e dalla preoccupazione.

- Sì , gli scioperi si stanno allargando a macchia d’olio. Appena l’altro ieri ce n’è stato addirittura uno nazionale. Ma dopo la tragedia che è successa a Buggerru il giorno 4, non mi sento di biasimare la Federazione. Le condizioni di vita  dei minatori sono davvero inaccettabili –   le disse e bevve un lungo sorso di liquore.

- Quale tragedia? Non ne so niente. Cosa c’è stato, un incidente? – gli chiese la moglie

- No, c’era una protesta dei minatori e il Direttore ha chiamato i soldati – esitò un po’, poi finì la frase – hanno sparato sui manifestanti e ci sono stati tre morti senza contare i numerosi feriti.

- Mio Dio! – esclamò la donna mettendosi una mano sulla bocca per l’emozione.

Si sedette senza più parlare, rispettando il silenzio del marito il quale tracannava un bicchiere dopo l’altro molto nervosamente. Non ebbe l’animo di rimproverarlo e per simulare una calma che era ben lontana dal provare, si mise a  pulire i fagiolini. Dopo un poco però intuì quanto lui avesse bisogno di sfogarsi e gli chiese con un filo di voce:

- Ti prego, raccontami esattamente com’è andata. Perché è successo?

Robert infatti non si fece pregare e cominciò a parlarle dello scontento dei minatori per il nuovo orario invernale, applicato nonostante il perdurare del caldo, che li costringeva a lavorare un’ora in più e della loro reazione finita poi così tragicamente.

- Mi chiedo – concluse alla fine del drammatico racconto – come si debba sentire adesso quell’uomo. Non vorrei essere nei suoi panni, te lo giuro, in fondo faceva solo il proprio lavoro ma forse se non fosse stato così intransigente e non avesse badato soprattutto agli interessi della sua società, ora non avrebbe sulla coscienza la morte di tre padri di famiglia.

Barbara lo guardò con dolcezza.

- A te non accadrà mai, tu sei così benvoluto dai tuoi minatori!

- Già, ma per quanto tempo riuscirò a conciliare gli interessi di sir Bradley con i loro? Anche da noi c’è molto scontento e basta una scintilla per far scoppiare la protesta. Non so più come fare a tenere la situazione sotto controllo.

- Ci riuscirai benissimo, tu sei molto bravo. Non ti ricordi quanti complimenti ti fece il marchese Rodotà? Sir Paul lo sa benissimo che non sei come gli altri e se gli darai qualche utile suggerimento, vedrai,  ti darà ascolto.

L’uomo rise con amarezza.

- Forse prima, ora c’è quel piccolo scienziato. Leonard vuole fare solo a modo suo e lo zio lo sta a sentire, eccome! Prendi lo scavo di Bardu, ad esempio, lo sto dicendo da mesi che non mi sembra sicuro, ma sono stato tacciato di codardia e d’incompetenza. E poi non si rendono conto che tutti i motivi di conflitto  esistenti nelle altre miniere ci sono anche da noi. D’altronde è così, loro devono guadagnarci, non sono certo un’istituzione benefica. Ma è giusto farlo sulla pelle della povera gente? Sono così confuso, non so cosa fare…

Parlando, si era passato una mano tra i capelli in un gesto stanco che le fece un’enorme tenerezza. In un moto di solidarietà, gli mise la mano sul braccio appoggiato sul tavolo e glielo strinse forte.

- Non fare proprio nulla ed andrà tutto bene. Resta solo te stesso - lo incoraggiò.

- È proprio questo il problema, non ti pare? – sorrise lui, amaro.

- Ma la vuoi smettere di avere così poca fiducia in te? Sei un uomo capace, un ottimo ingegnere minerario, un direttore comprensivo e alla mano. Possibile che tu non riesca a capire che è proprio grazie alla tua persona se le cose qui stanno andando avanti meglio che altrove? Quando ti renderai conto di essere una persona eccezionale?

- Davvero pensi questo di me? Nonostante tutto? - le chiese alquanto stupito.

- Sì, – ammise la donna ed abbassò lo sguardo prima di aggiungere – e forse se non fosse stato così, avremmo avuto meno problemi a portare avanti quel nostro patto…

Voleva dirgli che lo amava? Il giovane preferì non chiederglielo apertamente ma lo stesso  avvertì il grande e sincero affetto che la donna provava per lui. Le prese  la mano e se la portò alle labbra, cominciando a baciarla ripetutamente. Barbara provò a ritrarla, inorridita:

- Ma che fai!? Non vedi che è sporca? Sto pulendo i fagiolini per la cena.

- Fagiolini per cena!? Credevo che stasera per cena  ci fosse la tua buona zuppa di pesce – scherzò lui per sollevare un po’ gli animi – mi era sembrato di vedere il carretto di Rocco poco fa.

- Infatti, ho comprato il pesce, ma è per domani.

- E perché non per stasera?

- Perché è tardi e non ce la faccio a cucinarlo.

- Dai, fai uno sforzo. Non mi vanno i fagiolini!

- Ti metti anche tu a fare i capricci adesso? 

- Sì, sono così depresso e solo la prospettiva di mangiare uno dei tuoi piattini speciali mi faceva sentir meglio. Non li voglio i fagiolini!

- Ti ho detto che adesso è tardi per cucinare la zuppa di pesce.

- Cosa importa se ceniamo un po’ più tardi? Di’, che devo fare, chiedertelo come fa Charles? – nel dirlo imitò l’espressione del figlio quando voleva ottenere qualcosa dalla mamma.

La sua rassomiglianza con il piccino era così evidente mentre la guardava con gli occhioni azzurri supplichevoli che Barbara proruppe in una risata divertita.

- Va bene! – si arrese sospirando – adesso vado a preparartela…

- Aspetta, ho una cosa per te.

L’aveva trattenuta per la mano mostrando una strana emozione e lei gli chiese stupita:

- Per me?

- Certo, oggi è il tuo compleanno e ti ho fatto un regalo. Auguri cara – aggiunse porgendole uno scatolino.

Posando di nuovo il cestino con i fagiolini sul tavolo, la donna prese il regalo, un po’ esitante. Si risedette e guardandolo in viso, gli disse con un’aria di gratitudine che non riusciva a mascherare:

- Te ne sei ricordato allora!

- Naturalmente e già da parecchio. Ho chiesto a tuo fratello e a Luisa di comprarmelo. Viene direttamente da una delle migliori botteghe orafe della tua Alghero.

Intanto Barbara aveva aperto l’astuccio e stava fissando un pregevole anello in filigrana d’oro lavorato con una tecnica di granulazione.

- Ma lo sai questa cos’è? – gli chiese rigirando il gioiello tra le dita.

- Sì, è una fede sarda.

- Appunto, non è un semplice anello, è un simbolo.

- Lo so, è la fede nuziale che gli uomini di qui donano alle loro donne.

- Infatti, è una fede nuziale. Io già ce l’ho la fede, me la mettesti al dito quasi due anni fa.

- Quella non conta…

La fissava  con intensità ed era talmente seducente che Barbara chinò la testa a guardare il bellissimo anello, incapace di fare qualsiasi altra cosa,  avvertendo però il cuore batterle forte forte. Allora lui le prese la manina e le infilò la fede all’anulare sinistro accanto alla vera d’oro.

- Ecco – le disse – la misura è perfetta. Questo è il mio dono per te oggi.

- Ed io cosa ti darò in cambio? – gli chiese sempre con gli occhi bassi, intuendo che quello non era un semplice regalo di compleanno.

- Ciò che mi dai è già tanto. Ma se tu riuscissi anche a farmi la promessa che mi perdonerai e che almeno proverai ad amarmi … – le sussurrò mentre l’avvolgeva in uno sguardo d’amore senza pari.

- Sì – mormorò lei, diventando rossa come il fuoco.

Vedendola turbata, Robert ne provò una tenerezza immensa e decise di farla sorridere ancora scherzando.

 – Poi un anello così lo deve portare la sposa, non credi? Ce la vedresti la mia manona con un anellino di filigrana al dito? È decisamente meglio la mia fede. È bella anche quella e mi sta bene. E poi ora anche questa è diventata un simbolo molto importante per me.

Barbara gli sorrise, grata che avesse sdrammatizzato la situazione e che fosse così dolce e paziente. Dentro di sé sentiva rinato ancora più forte e sincero tutto l’amore per lui.

- Ora vado a prepararti la zuppa di pesce – gli sorrise -  Rocco me ne ha portato di freschissimo e ti prometto che sarà così buona che ti farà  passare la depressione. Smetti di bere però, altrimenti ti passa anche  l’appetito ed avrò fatto una fatica inutile.

Si alzò e togliendosi la fede sarda, la rimise nell’astuccio.

- Va bene – le disse lui richiudendo la bottiglia ma nel vederla fare quel gesto, protestò deluso – Che fai, già te la togli!?

- Si capisce, me la tolgo. Devo andare a pulire il pesce e non voglio rovinarla.

Gli aveva risposto guardandolo come una bambina orgogliosa del regalo appena ricevuto.

Robert rise.

- Sai, mi hanno detto che le fedi sarde diventano più belle se la mano che le porta si sporca per preparare un buon pranzetto al marito!

- E ti hanno fatto fesso! – scherzò Barbara.

Si sentiva il cuore pieno di allegrezza. Dimenticandosi di avergli appena detto di avere le mani sporche, gli fece una carezza tenerissima sul viso. Lui le afferrò la mano e cominciò a baciargliela.  Anche se odorava di fagiolini.

 

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E allora? Come va? Affogate nella melassa? In piena sindrome hello  Spank (Nanette, siete impagabili!) ? Spero che questo capitolo vi sia piaciuto perché da quando i coniugi Forrest hanno sotterrato l’ascia di guerra la povera autrice è costretta a farli misurare con la tenerezza, l’amabilità, la stima, la comprensione reciproca. Tutte cose che di solito precedono il matrimonio ma che nel caso dei nostri due testoni stanno arrivando a poco a poco solo ora, forse perché si sono resi conto che stavano sprecando un’occasione assai rara di felicità. Sono riuscita a dare significato al dono di Robert? Ed a quel “sì” che Barbara mormora arrossendo? Io ci spero davvero ma se il racconto si stesse facendo troppo rosa, non dovete far altro che farmelo sapere  perché la mia nota perfidia non ha limiti e posso sempre rimediare con una spruzzatina di dispetti da parte di lei e qualche frase di quelle belle offensive da parte di lui.

Un’altra cosa, questa volta seria. L’episodio di Buggerru non me lo sono inventato. Nel corso delle ricerche che ho fatto per scrivere questa storia, mi sono imbattuta nella cronaca di quella protesta di minatori del 4 settembre 1904 e di una manifestazione analoga di contadini a Castelluzzo  in Sicilia, entrambe finite nel sangue perché il governo mandò i soldati a sedare i “facinorosi”.  Tali episodi portarono al primo sciopero generale che si sia mai svolto in Italia che avvenne proprio il 16 settembre 1904  (quello di cui parla  Robert).  Ho voluto citare questi fatti non solo perché nella narrazione mi è stato utile  per sottolineare come il mio direttore della miniera sia rimasto pur sempre un figlio del popolo ma soprattutto per rendere omaggio, seppure sulle pagine di questo sconosciuto romanzetto, a tutti coloro che hanno pagato con la vita la sacrosanta aspirazione ad avere condizioni di lavoro più umane. Forse vi apparirà come la retorica  di una vecchia mamma Kellina , ma se vi guardate intorno vedrete che ancora oggi, dopo oltre un secolo di lotte, c’è ancora chi, soprattutto tra i giovani, vede calpestato da parte dei poteri economici e politici il proprio diritto ad avere un lavoro sicuro, continuativo ed equamente retribuito.

Sperando di non avervi annoiate, vi do appuntamento a domani per un aggiornamento davvero al cardiopalmo.

 


   
 
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