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Autore: ferao    24/03/2010    7 recensioni
- Cos’è quello, Bunbury? - domandò a bassa voce Evangeline, vedendo arrivare Percy.
Bunbury smise di osservare un gruppo di maghi e puntò gli occhi da avvoltoio sul ragazzo. - Temo sia lo sposo, Evangeline.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Weasley | Coppie: Audrey/Percy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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- Questa storia fa parte della serie 'Una brezza lieve' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Un Paguro al Ministero





Le giornate negli uffici diretti da Percy non furono mai così tese come in quella settimana.
Il mattino immediatamente successivo al suo incontro coi gemelli, Percy Weasley cacciò via la sua segretaria storica, Minnie, badando bene che ciò avvenisse nel modo più chiassoso possibile, per aumentare la vergogna e l’umiliazione della ragazza.
Ad Audrey faceva pena. Provò a fermare Minnie mentre scappava via in lacrime nel corridoio, ma lo sguardo di ghiaccio di Percy, fermo sulla soglia del suo ufficio, la bloccò.
Tornò alla sua scrivania che tremava visibilmente.

- Quando una persona soffre e rifiuta ogni aiuto, è bene che sia da sola con se stessa, per non imporre la stessa sofferenza agli altri.
- Non sono d’accordo.
- Non sei obbligata ad esserlo.
Audrey ci rinunciò. Parlare con Adams quel giorno era inutile e controproducente.
- Quel tipo ha bisogno di aiuto! Non vedi com’è chiuso, triste, ferito? Ieri…
- Sì? - fece Adams, il cui interesse si era risvegliato.
- Niente, niente…
Audrey aveva scoperto in Adams una persona non molto loquace, ma decisamente portata per l’ascolto. Forse era per questo che era sempre in grado di dire la frase giusta al momento giusto.
La ragazza ammirava quel modo di fare di Adams. Talvolta le sembrava un filosofo: trent’anni, bella presenza, aveva una postura e un tono di voce invidiabili, e se non parlava molto era perché “le parole superflue sono quelle più dannose”. Probabilmente, si disse Audrey, si sarebbe potuta invaghire di lui, se non fosse stata più che certa che era gay.
- Va bene, non parliamo di ieri. Di cosa vuoi parlare? Del tuo appuntamento col capo?
La ragazza si riscosse. Appuntamento. Capo.
Ah sì, proprio un bel momento per parlarne. Come no.
Non era giusto parlare di quello che era successo. Almeno non con Adams.
Tantomeno poteva chiedere spiegazioni al signor Weasley. Intuiva, senza ombra di dubbio, che farlo sarebbe stato come versare del sale su una piaga ancora aperta; meglio quindi non cercare di spiegarsi le parole dure e gli sguardi cattivi di quei due ragazzini che la sera prima avevano insultato il capo.
Tuttavia, ora bisognava rispondere; cercò di assumere un atteggiamento sdegnoso.
- Appuntamento? Di che parli?
- Di quando siete andati a prendere il caffè, ieri; esattamente la sera prima che Minnie fosse licenziata.
- Oh. Ecco, non era un appuntamento, solo…
- … un’uscita insieme?
- No! - Audrey arrossì. - Non era nulla! Non c’era nessuna seconda intenzione, né altro!
- Strano. Perché ieri non eri così interessata al fatto che il capo fosse chiuso, triste e ferito, anzi direi che te ne fregavi altamente.
Audrey ammutolì. Touché.
Anche Adams ora stava zitto. Aspettava che fosse lei a parlare.
Ma il suono del corno, che annunciava la fine della giornata lavorativa, concluse il dialogo.

Passò un giorno. Due. Sempre uguali, sempre tesi. Percy non salutava nessuno, si rinchiudeva nel suo ufficio e ne emergeva la sera, sempre più tardi.
Tutto ciò per evitare Audrey; per evitare l’espressione di disagio che certamente aveva assunto il suo viso, e soprattutto per evitare di doverle chiedere scusa per il pessimo spettacolo offertole quella sera.
In realtà, Audrey non ci pensava già più; l’unica sua preoccupazione era l’evidente depressione del capo. Adams era costretto ad ascoltare i suoi monologhi ogni mattina.
- … Perché non è possibile, gli esseri umani non sono fatti per stare soli in questo modo. Deve essergli successo di sicuro qualcosa, altrimenti non sarebbe così depresso né così triste. E poi che diamine, avrà al massimo ventun anni come me, mi rifiuto di pensare che uno così non viva come dovrebbero vivere tutti i ventenni, cavolo!
Finita questa frase, si voltò verso Adams. Lui non la guardava, sembrava perso in un pensiero tutto suo. Alla fine la guardò, in modo strano, e disse:
- Se davvero lo vuoi, devi andare a prendertelo. Esistono molti altri uomini come lui, ed hanno questa costante: si sentono come dentro una vetrina. E sei tu a dover aprire la vetrina e prenderteli, e se non hai la chiave devi romperla.
Dopodiché, riprese a lavorare come se niente fosse. Audrey invece era piuttosto scioccata. Cos’era preso ad Adams? Era forse impazzito?
- Adams, ma che diamine dici, io non…
- Allora, si lavora o si fa vacanza qui?
Audrey quasi saltò sulla sedia. Percy si era affacciato nell’archivio, e stava guardando verso Adams.
- Mi scusi, signor Weasley, io…
- Signorina Bennet, eviti scuse inutili - fece, guardandola.
Erano tre giorni che evitava il suo sguardo, tre giorni da quando erano usciti insieme. Ora era lì, e lei gli chiedeva scusa.
Tenne lo sguardo in quello di Audrey per due secondi, poi si rivolse di nuovo ad Adams con voce più pacata: - Sono le dieci e mezza, se volete potete fare una pausa di un quarto d’ora. Io tornerò per le undici. - Detto questo uscì.
I due dipendenti rimasero ammutoliti. Poi Adams guardò Audrey uscire dalla stessa porta da cui si era affacciato il capo, quasi inseguendolo.
- Brava, ragazza - disse fra sé.

- Signor Weasley…
Percy sobbalzò. Non si aspettava di essere stato seguito da lei.
Si voltò, cercando di mantenere il suo contegno distaccato. - Ha bisogno di qualcosa, signorina Bennet?
Audrey arrossì. Lo aveva seguito quasi automaticamente, e non aveva la più pallida idea di cosa voleva dirgli, adesso.
- E-ecco… io… volevo scusarmi con lei, signor Weasley.
Mai le sopracciglia di Percy avevano raggiunto l’altezza a cui arrivarono in quell’istante.
- Scusarsi? M-ma…
- Sì, voglio scusarmi. Il fatto è che… - Audrey ora parlava tutto d’un fiato, senza pensare. - Il fatto è che mi sento in colpa per il suo malumore, perché se non mi avesse offerto quel caffè e io non avessi accettato… cioè, se lei me lo avesse offerto e io avessi rifiutato, ora lei non sarebbe così di malumore e non soffrirebbe, voglio dire, non so se soffre però sembra di sì e allora mi sento in colpa, ecco.
Percy dovette fare uno sforzo di comprensione non indifferente. Quella pazza – perché deve essere pazza, non c’è altra spiegazione! – invece di offendersi e chiedere spiegazioni del modo in cui era stata tratta da due perfetti sconosciuti, si stava scusando per non si sa quale motivo!
Delirio puro. E ora che cavolo le dico?
- M-ma signorina… Non credo proprio che si debba sentire in colpa… insomma, dovrei essere io quello in colpa… e in effetti lo sono. No, cioè, perché è lei che è stata trattata male, non io… Beh sì, in realtà volevano insultare me insultando lei, ma hanno insultato anche lei quindi dovrebbe essere arrabbiata... Ma non è arrabbiata? - disse tutto d’un fiato anche lui, arrossendo sempre di più e chiedendosi alla fine che cosa avesse detto.
Anche Audrey non capì bene lo sproloquio velocissimo in cui si era lanciato il capo, e rispose solo: - Arrabbiata? N-no. Credo di no. Cioè, non ci ho proprio pensato. L’ho vista triste ed ero triste…
…triste? Come, triste! Non puoi essere triste per me! Nessuno è triste per me!
No, questa non è la frase che disse Percy, anche se avrebbe voluto. La frase che disse fu:
- … Ah. Ah, bene. Sì, ho capito.
Seguita da qualche secondo di silenzio da parte di entrambi.
- Ehm… Beh, io tornerei in archivio…
- Non sono triste. Sto bene. Sul serio. Non voglio che si preoccupi.
- Va bene, sono contenta allora - Audrey sorrise involontariamente. - A dopo, signor Weasley.
- A dopo, signorina…

Merlino, è preoccupata per me! È triste perché io sono triste! Non è normale… non è normale per niente…
Come non era normale la stretta allo stomaco che Percy stava iniziando a provare.

Ehi, romanticone. Piantala. Tanto non hai speranze. Non hai visto che razza di figura hai fatto poco fa?
“Ma perché devo sempre sembrare un idiota di fronte a lei?”
Perché tanto sai che non hai speranze, vecchio mio.
“Questo lo vedremo! Non ci voglio ancora rinunciare.”
Ma davvero?
“Sì. E che diamine, non posso stare sempre a piagnucolare rimpiangendo l’amore perduto.”
Ok, se vuoi lanciarti in languidi sogni smielati fai pure. Ma in quanto tua parte razionale sono tenuta ad avvisarti: non so se lei sarà d’accordo.
“E perché?”
Si fermò. Effettivamente, c’erano un miliardo di risposte a quel perché.
E su tutte campeggiava, a lettere cubitali, la parola “Fallito”.
“Oh, al diavolo!”

Finalmente, anche quella settimana infernale terminò. Dal momento della conversazione con Audrey, cinque giorni prima, l’umore di Percy era decisamente migliorato: se prima era nero con sfumature grigiastre, ora virava verso un giallo acceso. Forse c’era qualche strano collegamento con le scelte vestiarie di Audrey, che quel mattino aveva una camicia giallo girasole.
- Ma, sinceramente, che ne pensi del capo?
- Mah. Il rosso non è proprio il mio colore. E poi, non sembra molto socievole.
- Nemmeno tu lo sembri, però.
- Che c’entra? Io piaccio agli altri così come sono. E comunque, ho già la testa altrove…
- Ah sì? E chi è il fortunato?
- Non lo conosci. Fa il musicista in un pub Babbano. È l’unica persona con cui riesco davvero a stare bene.
- Allora siete fortunati entrambi.
- E tu, col tuo ragazzo?
Audrey ci pensò su. Come andava con Ben?
Negli ultimi giorni i loro rapporti erano stati un po’ tesi; Ben, infermiere al San Mungo, ultimamente era sovraccaricato di lavoro, ma non era la prima volta: e di solito trovava sempre uno spazio per Audrey. Ora invece era sempre evasivo, e se parlava con Audrey finivano quasi sempre a discutere. Tutto ciò da ben sette giorni ormai.
La mamma ormai non le risparmiava più le frecciatine sull’infedeltà congenita degli uomini, e anche lei iniziava ad avere seri dubbi sul loro rapporto.
Ad esempio: come mai non le veniva più voglia di telefonargli? La sera prima non si erano sentiti, e nemmeno le due precedenti; entrambi però si sentivano sollevati.
Chi dei due stava sbagliando, chi stava cambiando? Lei, lui, o entrambi?
O era una cosa normale, in una coppia? È normale che ci si stanchi per un po’ della compagnia dell’altro? Ed è una cosa che passa, oppure poi finisce tutto?
Avrebbe voluto parlarne con Adams, e stava per farlo, ma poi cambiò idea.
Sorrise, e disse:- Benissimo. Alla grande.

Altri tre giorni, altri cinque, sette. Il tempo negli uffici di Percy volava.
Il capo aveva iniziato a chiacchierare sempre più spesso con Audrey e Adams; di quest’ultimo, aveva la stessa opinione di Audrey: un dandy in jeans, decisamente portato per l’ascolto e pieno di una saggezza pratica quasi incredibile.
Audrey poi… profumava di mela. Se avesse dovuto descriverla non avrebbe saputo che altro dire. Ormai quello strano profumo era ovunque: sulle carte della scrivania, nel bagno, nel corridoio. Valeva la pena affacciarsi nell’archivio solo per assaporarne un po’.
Percy si rese presto conto che, se anche avesse deciso di evitare Audrey, proprio non ci sarebbe riuscito : come gli veniva voglia di andare da Greg, la trovava già lì a prendere il caffè per sé e per Adams. Se aveva bisogno del bagno era certo di incontrarla mentre vi usciva, e viceversa. Eppure (si ripeteva ogni volta) non gli dispiaceva affatto. Proprio per niente.
Gli sembrava di essere tornato ai tempi di Hogwarts, quando dopo una dura lotta contro se stesso aveva preso Penelope per un braccio e l’aveva condotta a fare una passeggiata al lago bigiando un’ora di lezione*. Sentiva la stessa incertezza, e al contempo un qualcosa che gli diceva di tentare comunque, perché poteva essere la volta buona. Il problema di capire che cosa tentare era, ovviamente, secondario.
D’altra parte, quando la ritrovi una ragazza che profuma di mela e ti fa sorridere solo guardandoti? Nemmeno Penelope ci era riuscita, negli ultimi tempi. E più continuava a vedersela passare nei corridoi, accorgendosi di come spiava il suo umore per capire se fosse triste o allegro, più si rendeva conto che, se c’era qualcuno che avrebbe potuto capirlo davvero a fondo, forse quel qualcuno era proprio lei.

Un mercoledì Percy era pronto a prendere il toro per le corna.
Mamma mia che brutta immagine. Ma non esisteva una metafora un po’ migliore? È atroce! Audrey non è mica un toro, né credo abbia le corna!
Immagini poetiche a parte, il ragazzo si era deciso. Non serviva a nulla rimanersene rintanato. Audrey avrebbe scoperto la verità sul suo conto? Avrebbe scoperto quanto era meschino? Meglio! Era stufo di nascondersi da tutto e da tutti. Aveva bisogno di aprirsi, di dimostrare a qualcuno che poteva essere migliore di quanto sembrasse. E voleva dimostrarlo a lei; perché lei era stata triste quando aveva intuito che lui lo era. Perché qualche recesso profondo del suo animo gli diceva che era lei la persona giusta, più ancora di quanto lo fosse stata Penelope, che pure aveva amato tanto.
Come previsto, la trovò davanti a Greg. Le venne alle spalle, controllando che non avesse i caffè in mano.
- Pausa caffè?-
Stavolta, però, Audrey non sobbalzò. Si era abituata al passo felpato del capo. - Già. Adams ha fatto le ore piccole, ed ha bisogno di un supporto.
Prese il caffè, e attese che anche Percy lo prendesse. Si allontanarono, e quando furono a debita distanza dalla macchina parlante Percy le fece: - Dica, ancora riesce a bere questo caffè dopo aver assaggiato quello di Marcus?
- Anche lei ci riesce, a quanto vedo - fece lei, ridendo piano e facendo sorridere anche Percy.
Il ragazzo esitò un momento, controllando il batticuore da quindicenne che lo stava assalendo a tradimento. – Se le va, possiamo… tornare da Marcus per un altro caffè, oggi, e…
Ma non terminò la frase. Si era accorto che Audrey non guardava più lui, ma si era voltata verso il corridoio con gli occhi spalancati. Si girò, e sentì dire ad Audrey: - Ben! Cosa ci fai qui?

Il giovane alto e biondo la salutò con un sorriso da attore americano.
- Sono venuto a trovarti - disse, dando un bacio sulla guancia ad Audrey. - Dici sempre che non mi faccio mai vivo e che ti trascuro, così eccomi qui. - Corrugò la fronte. - Ti dispiace?
- Certo che no! - Audrey sorrise, dicendosi che doveva essere felice, anche se una parte remota di sé si chiedeva perché mai fosse lì e quando se ne sarebbe andato.
Ci mise poco a riprendersi dalla sorpresa, comunque: si rese conto che il capo era ancora lì, e sarebbe stato scortese non presentarlo.
- Ehm… Ben, ti presento il mio capo, il signor Weasley; capo, questo è Ben.
Ben tese la mano a Percy, sorridendo un po’ intimidito; aveva sentito molto parlare dell’assistente del Ministro.
Da parte sua, Percy era una statua di sale.
Basito.

Chi diamine era quel ragazzino? Cosa ci faceva lì? Che voleva quella specie di yankee con la faccia da mollusco, quel… paguro al Ministero? Era davvero venuto a trovare Audrey?
Gli strinse la mano in una morsa, fissandolo con due occhi gelidi che avrebbero fatto invidia a Piton.
Audrey passava lo sguardo dall’uno all’altro, intuendo che stava passando qualcosa tra i due uomini ma non riuscendo a capire cosa. Presentendo una vaga minaccia, Ben disse: - Molto lieto. Ho sentito molto parlare…
- Piacere mio - mormorò Percy tra i denti, stritolandogli la mano.
Ora anche Audrey era decisamente preoccupata. C’era aria da duello. Ben sorrise ancora una volta (Ma che sorriso insulso che ha! Da dove viene ‘sto tizio?) poi cercò di liberarsi dalla stretta. - Ehm…
- Oh, mi scusi… - ghignò Percy senza farsi vedere da Audrey. Dopodichè cadde il silenzio. Ben era intimorito, nonostante avesse quattro anni e cinque centimetri più di Percy; questi era ben deciso a non rivolgere più una parola a quel paguro, limitandosi a guardarlo sdegnosamente; infine, Audrey non sapeva cosa dire per stemperare la situazione.
Ci pensò Adams, che uscì dall’ufficio gridando: - Non c’è nessuno che voglia essere così caritatevole da arrecarmi il conforto di un buon caffè?
- Ben, quello è Adams, il mio collega - fece Audrey, sollevata dal diversivo.
- Salve, sono Ben. - Il ragazzo riprese finalmente a respirare.
- Ah, il fidanzato di Audrey! Molto lieto!
Adams rivolse alla ragazza uno sguardo di apprezzamento (il rosso non era il suo colore, ma il biondo sì), ma non si accorse delle fiamme che uscivano dalle orecchie di Percy.
Fidanzato?
Fidanzato?
Fidanzato?
- Ah. Congratulazioni, Bennet. Non sapevo fosse fidanzata - borbottò, senza guardarla. Lo prese una specie di delusione, qualcosa che non sapeva spiegarsi.
Audrey si sentì molto imbarazzata, anche lei senza capire perché. - In realtà non siamo proprio fidanzati… è il mio ragazzo, e…
- Bene, buon divertimento. Io torno al lavoro. Signorina Bennet, voglio i fascicoli degli atti di compravendita immobiliare del 1983 dalla A alla N sulla mia scrivania per le due di pomeriggio.
Rientrò nell’ufficio senza salutare nessuno, lo stomaco praticamente ridotto alla metà dalla solita morsa che lo attanagliava da giorni. Stavolta, però, più dolorosa.

- Ripetimi quello che ha fatto.
- Beh, stava parlando… poi quando ha visto Ben si è congelato. Pensa che se n’è andato senza salutare.
- Le cose sono due. O è un gran maleducato…
- Oh no, anzi, è una delle persone più educate e precise che…
- … oppure è geloso.
Audrey divenne paonazza, e per fortuna la madre, dall’altro capo del telefono, non se ne accorse. Geloso?
- Geloso?
- Perché no?
- Ma mamma… è il mio capo! Non può essere geloso!
- Mah, vedila come vuoi…
Il signor Weasley geloso… che assurdità… solo la mamma poteva pensare una cosa del genere.

Io? Geloso? No! Mai!
Non c’era niente da fare. Quella notte non avrebbe dormito.
Gettò via da sé le coperte e iniziò a girare per la casa così com’era, in maglietta e mutande, senza preoccuparsi dei piedi che si stavano congelando.
Non posso essere geloso, non devo… non ne ho il diritto! È fidanzata… con un paguro, è vero, ma è già occupata. Devo solo farmene una ragione.
Nemmeno la birra fredda lo fece stare meglio. Allora fece ciò che tutti gli esseri umani, maghi e Babbani, fanno quando non devono pensare.
Si mise a lavorare.





* questo è un riferimento a "Un prefetto imperfetto", storia, ovviamente, su Percy!

Grazie per i commenti e per aver messo nei preferiti/seguiti/ricordati!!!!!

   
 
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