CAP 29
La sala comune dei
Grifondoro era
molto affollata quel pomeriggio e il motivo era di pubblico dominio: i
gemelli
Weasley dovevano intrattenere i loro compagni di casa con uno
spettacolo
pirotecnico. Naturalmente, dato il luogo in cui si sarebbe svolto, era
stato
consentito loro di fare scoppiare solo piccoli botti ma questo non
aveva
ridotto il numero degli spettatori. Se si trattava di uno dei prodotti
Weasley
sarebbe valsa sicuramente la pena vederlo.
Fu proprio quel
giorno che Ron ed
Hermione decisero di agire mentre i loro compagni del primo anno
assistevano
allo spettacolo per non dare nell’occhio.
Il dormitorio
maschile era come
Hermione l’aveva sempre immaginato: disordinato!
“Ma voi
maschi non mettete mai in
ordine?”.
“Certo,
abbiamo sistemato tutto
ieri!”.
“Ah,
vedo!” disse con tono
sarcastico l’amica. “E di preciso cosa staremo
cercando?”.
Ron la
guardò con fare serio e
facendo molta attenzione disse: “E’ una pergamena
piegata. Si chiama
Mappa del Malandrino, me l’hanno
mostrata Fred e George quest’estate. E’ la Mappa di
Hogwarts, su di essa puoi
vedere e leggere gli spostamenti delle persone all’interno
del castello”.
“Fantastico!
Ma che bisogno avevi
di me? Non potevi prenderla tu?”.
“Non
è così semplice! Non è
facilmente riconoscibile. A prima vista non c’è
scritto niente sopra. Perché
possa essere utile devi puntarci sopra la bacchetta e affermare
–Giuro
solennemente di avere cattive intenzioni- e solo in seguito appare la
mappa.
Però …”.
“Però?”.
“Però
io quest’estate ho provato
e riprovato ma non è mai comparso niente e perciò
sarai tu a pronunciare
l’incantesimo”.
Hermione non credeva
alle sue
orecchie, Ron non era così scarso da non riuscire in un
semplice incantesimo.
“Ron quest’estate non avevi le conoscenze che hai
ora. Sono sicura che ci riusciresti
anche tu”.
“Grazie”
rispose incoraggiato Ron
“Ma non voglio commettere errori e penso sia meglio non
rischiare anche perché
i miei fratelli non daranno tanti spettacoli come oggi”.
“Hai
ragione” confermò Hermione
“Allora da dove iniziamo?”.
“Da
qui” risposte Ron indicando
la porta della camera dei gemelli. “Sono sicuro che la
tengono in camera loro”.
Senza pensarci sopra
i due amici
entrarono nella camera, che dava l’aria di aver saltato il
giorno settimanale
di pulizia. Ron si accorse della faccia schifata di Hermione e con una
smorfia
di comprensione disse: “Ti posso assicurare che a casa non
sono così … così
…”.
“Ti credo!
Qualsiasi termine
trovassi adatto, ti crederei!” affermò lei.
“Mia madre
ne sarebbe sconvolta,
è peggio, molto peggio, di una camera abbandonata per
più di un mese!”.
Hermione rise.
“Anche per più di
un anno!”.
“Bene.
Adesso arriviamo al
dunque. Come possiamo trovare la pergamena?”
domandò a voce alta Ron.
“Tentiamo
con il più semplice?”
domandò Hermione.
“Tentiamo”
approvò Ron.
Hermione
puntò la bacchetta in
aria e disse: “Accio Mappa del malandrino!”.
Ma niente si mosse.
“Forse
dovremmo provare con qualcosa di più generale”.
Ron
tentò: “Accio pergamena
piegata”.
Una serie di
pergamene piegate
saettò vicino alla testa dei due amici per posarsi di
seguito ai loro piedi.
Hermione e Ron si inginocchiarono e cominciarono ad aprire le
pergamene. Alcuni
erano compiti di Pozioni, altri di Trasfigurazione, in alcuni
c’erano disegni e
infine c’erano tre pergamene bianche.
Ron le
passò all’amica. “Dai,
spetta a te”.
Hermione prese la
prima
pergamena, l’aprì e pronunciò
l’incantesimo. “Giuro solennemente di avere
cattive intenzioni!”. La pergamena rimase pulita.
Prese la seconda
pergamena e
ripetè l’incantesimo. Su di essa comparve una
scritta: “I signori Lunastorta,
Codaliscia, Felpato e Ramoso, consiglieri e alleati dei magici
malfattori sono
fieri di presentarvi: La mappa del Malandrino”*.
“Ci sei
riuscita! Lo sapevo che
ci saresti
riuscita” disse Ron
abbracciando istintivamente Hermione e poi lasciandola andare tutto
rosso in
viso. Hermione sorrise e i due con la Mappa in mano uscirono di corsa
dal luogo
del misfatto per dirigersi alla sala comune.
Quando
arrivarono i compagni poterono leggere sui loro visi sorridenti la
riuscita della
prima fase del piano che li avrebbe portati in breve a quello che loro
pensavano essere il luogo più intrigante di Hogwarts: lo
studio di Silente.
Lasny e Snyla
trascorrevano la
maggior parte del loro tempo a saltellare
tra i fiori cantando allegre canzoncine, alle volte si nascondevano
dietro ad
una foglia, altre volte sotto un sasso. La loro voce era melodica ma
sapevano
emettere anche suoni poco piacevoli per far spaventare gli umani.
Spesso si
divertivano a fare
dispetti come per esempio mangiare un pollo già cucinato. Il
giorno in cui
erano entrati a casa di Severus ed Harry, erano rimasti di stucco nel
vedere
Jiulius, non tanto perché fosse supino sul tavolo e non
riuscisse a reggersi in
piedi a causa della pancia gonfia che aveva, quanto per il fatto che un
drago
così piccolo davvero non lo avevano mai visto.
In realtà
i due folletti
credevano di essere gli esseri magici più piccoli sulla
faccia della terra, e
vedere un draghetto di quelle dimensioni li aveva proprio stupiti.
Subito dopo
avevano visto il pollo, sul quale si erano tuffati divorandolo.
Poi però
avevano sentito
un’esplosione provenire dal soggiorno e pensando che il
botto, ovunque fosse
avvenuto, non presagisse niente di buono, fuggirono senza neanche
provare a
nascondere il misfatto.
Lasny indossava
sempre un
cappello giallo e Snyla uno turchese. Come tutti i Folletti Flowers non
erano
né maschi, né femmine, erano semplicemente
folletti. Nascevano dai mughetti
magici. Dentro il fiore del mughetto non cresceva una campanella ma il
folletto
che in un paio di giorni si formava del tutto e poi cadendo dal fiore
iniziava
la sua vita.
Lasny e Snyla
però erano due
folletti particolari, infatti non avevano poteri magici
perché alla loro
nascita aveva assistito un umano: una bambina di nome Cindy che ormai
era
diventata una donna anziana e per tutta la sua vita era stata
considerata “la
scema del villaggio” perché solo una poco
intelligente avrebbe potuto
trascorrere 70 anni raccontando in giro di aver visto nascere dei
folletti dai
mughetti che crescevano nella collinetta accanto alla scogliera.
Lasny e Snyla erano
stati gli
unici amici di Cindy, e lei l’unica amica dei due folletti,
che proprio perché erano
senza poteri magici erano stati allontanati dalla loro
comunità. Più volte
Cindy, durante l’infanzia e l’adolescenza, aveva
condotto delle amiche alla
scogliera per far conoscere loro i folletti, ma questi non si erano mai
mostrati agli occhi di qualcuno che non fosse la stessa Cindy.
Lasny e Snyla pur
non avendo
poteri magici potevano riconoscere il mondo attorno a loro per quello
che era.
Guardavano Cindy e in lei vedevano una donna incompresa, guardavano
Jiulius e
vedevano un Drago Miniaturis Miniato.
Perciò
quando videro Harry
riconobbero subito che si trattava di un mago. Ogni giorno lo
osservavano
uscire dalla casetta, invisibile agli umani ma non a loro, e dirigersi
verso la
spiaggia o verso la scogliera. Alle volte al suo seguito
c’era un altro mago,
Severus, che si guardava sempre attorno come se intuisse che qualcuno
li stava osservando.
Ma
i due folletti erano molto abili a
nascondersi e Severus non poteva far altro che stare attento e andare
oltre.
Quel pomeriggio Harry era molto nervoso. Suo padre lo lasciava sempre
libero la
mattina e le lezioni di Magia Oscura avvenivano sempre nel tardo
pomeriggio
perché erano molto stressanti e Severus preferiva che il
figlio dopo le lezioni
riposasse.
La lezione che
aspettava Harry
riguardava Le maledizioni senza perdono e Severus gli aveva detto di
non
trattenersi troppo in spiaggia. Harry perciò aveva ben
pensato di non andarci
proprio ma di fermarsi sulla scogliera. Era dunque uscito di casa,
aveva
attraversato il boschetto di mughetti e infine era giunto a
destinazione.
Lì, dopo
un po’ che stava seduto
a osservare il mare calmo e limpido, aveva sentito una voce. Non era
una voce
limpida, sembrava rauca e stanca. Parlava lentamente e di tanto in
tanto
rideva. Allora Harry si era alzato ed si era diretto verso il punto dal
quale
arrivava la voce.
Ciò che
vide lo stupì ma non
esageratamente, oramai aveva visto tante cose nei suoi undici anni di
vita. Una
signora anziana parlava con due esseri piccoli. Quando Lasny e Snyla si
accorsero che Harry li stava osservando, immediatamente sparirono.
Cindy si
voltò e vide Harry. Un
lampo di pura gioia le illuminò il viso. Finalmente qualcuno
aveva visto i due
folletti e poteva andare in paese assieme a lei e dire a tutti che
sì, Cindy la
scema non era scema! -Un
testimone!-
pensò Cindy –Quando meno te lo aspetti il mondo ti
sorride. Almeno prima di morire
il mondo intero conoscerà la verità!-.
“Buon
pomeriggio” salutò Harry
credendo di trovarsi di fronte una strega.
“Ciao!”
rispose felice lei. “Gli
hai visti? Gli hai visti anche tu i due folletti?”.
“Sì,
certo. Però non sapevo
fossero folletti. Insomma non ho mai studiato niente che li
riguardasse, le
lezioni di Creature magiche iniziano al terzo anno”.
“Lezioni
di creature magiche!”
esclamò infastidita Cindy pensando che Harry la stesse
prendendo in giro. “Non
credi che dovresti portare un po’ più di rispetto.
Non fosse altro perché sono
anziana”.
“Mi
dispiace signora, le chiedo
scusa” rispose Harry senza sapere di cosa si stesse scusando.
“Voi
ragazzini non imparerete
mai. Non che gli adulti siano meglio, ma voi ragazzini siete anche
peggiori. Adesso
che anche tu hai visto i folletti come farai? Adesso anche tu conosci
la
verità, e sai che io non ho mai mentito, che non mi sono
inventata niente. Cosa
farai continuerai ad andare in giro a chiamarmi -Cindy la
scema-?”.
Harry era titubante,
probabilmente
Cindy non era una strega e lui doveva riuscire a sganciarsi da quella
signora
che poteva diventare un problema molto serio. “Le chiedo
ancora scusa, signora,
non volevo offenderla in alcun modo. Adesso però devo andare
via, mio padre mi
aspetta a casa”.
Fu allora che Cindy
lo guardò in
faccia e si rese conto di non aver mai visto quel bambino prima
d’allora.
Sicuramente non era del paese, altrimenti lo avrebbe riconosciuto,
lì conosceva
tutti i monellacci di Malsebourgh, e questo bambino non era uno di loro.
“E dimmi
un po’, caro, come si
chiama tuo padre? Sai, io sono anziana, e alle volte mi dimentico delle
persone. Mi sembra di non riconoscerti”.
“Oh, non
mi conosce perché non
sono di queste parti, sono venuto in vacanza” rispose Harry
pensando di essere
stato sufficientemente esaustivo.
“E dove
vivi?” domandò ancora
Cindy sempre più interessata.
“Qua
vicino”.
“Non
è vero!” gridò lei come
fanno gli anziani quando pensano che qualcuno si vuole prendere gioco
di loro.
“Conosco tutta la zona e non ci sono case sparse qua vicino.
C’è solo il paese
a cinque chilometri
da qui”.
Harry
entrò nel pallone: “Mi
dispiace ma adesso devo andare” rispose e iniziò a
correre via.
Cindy
naturalmente non poté seguirlo di corsa ma non lo
mollò neanche un attimo con
la vista, e alla fine poteva giurare che il bambino dopo aver
attraversato il
boschetto di mughetti aveva continuato a correre per poi sparire
all’improvviso
come ingoiato dal nulla.
L’incontro
sarebbe iniziato alle
16:00 ma Sirius aveva preso l’abitudine di arrivare
un’ora prima per
chiacchierare con Jerry. La conversazione quel pomeriggio
iniziò in modo
insolito.
“Ciao,
Jerry”.
“Ciao”
rispose lui “Passata la
nausea?”.
Sirius ebbe un
crollo psicologico
immediato, come faceva Jerry a sapere che era lui ad aver avuto la
nausea se
aveva il viso uguale ad altre 40 persone?
“Io non
avevo la
nausea” mentì.
“Scusa”
rispose Jerry sapendo
comunque di essere nel giusto “Mi sembravi proprio tu. Stesso
passo, stesso
modo di muovere le braccia salutandomi. Comunque se non sei tu mi
sarò
sbagliato io. No problem!”.
“Comunque
se fossi stato io ad
avere avuto la nausea, ti direi grazie per
l’interessamento” affermò
educatamente Sirius.
“E io
accetterei i tuoi
ringraziamenti” rispose Jerry , poi cambiando argomento
continuò: “Oggi il
vostro incontro si svolgerà nello studio 25”.
“Come fai
a sapere che dovrei
andare lì se non sai chi sono?” domandò
sospettoso Sirius.
Le braccia di Jerry
caddero a
terra e lui con la voce stanca e scocciata rispose:
“Perché tutti quelli che
hanno il volto del signor Mckey devono andare nello studio
25”.
Sirius
chinò lo sguardo a terra
imbarazzato: “Bene, allora … grazie
ancora”.
“Di
niente” disse Jerry scuotendo
la testa.
Sirius si diresse
verso lo
studio, anche altre persone avevano preso l’abitudine di
arrivare prima del
dovuto, così chiacchieravano tra loro senza il Guardiano,
così infatti
chiamavano chi dirigeva l’incontro.
“Ciao”.
“Ciao”.
“Tu sei
quello della settimana
scorsa?” gli chiese un'altra persona.
Sirius ebbe un
momento di
stordimento.
Essendo tutti
esteriormente
uguali nessuno poteva sapere se la
persona che aveva di fronte era quella con cui aveva parlato la volta
precedente, se da una parte era positivo dall’altra limitava
la possibilità di
fare amicizie, di entrare in confidenza
e lasciarsi andare veramente.
Certamente
l’anonimato permetteva
di raccontare tutto di se stessi ma a patto di non essere
più se stessi, si
diventava il signor Nessuno e questo a Sirius dava un po’
fastidio, perché nel
bene o nel male lui era sempre stato Sirius Black.
Sempre,
instancabilmente.
Non era un
Serpeverde, ma era
Sirius Black.
Non era
ciò che i suoi genitori e
suo fratello desideravano, ma era Sirius Black.
Non era uno studente
modello, ma
era Sirius Black.
Era un bel ragazzo
ed era Sirius
Black.
Era stato una
persona affidabile,
non sempre certo, ma era restato Sirius Black.
E Sirius Black era
un uomo che
aveva sbagliato, che non era stato perfetto, che non aveva saputo
gestire la
propria sofferenza, adirato con se stesso e con il mondo intera ma era un buon uomo. In
fondo era un buon
uomo.
Qui invece era Nessuno, non era
neanche Sirius Black e
Sirius Black era l’unica cosa buona che aveva saputo essere.
Quella domanda:
“Tu sei la stessa persona della settimana scorsa?”
gli fece capire che No, non
era la stessa persona della settimana precedente.
Era una persona
diversa, che non
voleva rinunciare ad essere ciò che era sempre stato, voleva
ancora essere
Sirius Black, perché il signor Nessuno non poteva essere
migliore di quel
Sirius Black che aveva accolto un lupo
mannaro nel suo cuore quando nessuno lo aveva fatto.
Che aveva
amato il suo migliore amico e desiderato di morire al suo posto. Forse
solo una
persona al mondo poteva essere migliore del Sirius Black del passato, e
quella
persona era il Sirius Black del futuro.
“Harry?
Sei tu?”.
“Sì,
papà. Sono rientrato presto
come mi avevi chiesto”.
“Bene”
fece Severus “Oggi non
faremo lezione dentro casa, andremo alle grotte”.
“Le
grotte? Dove sono? Io non le
ho mai viste” rispose Harry.
Severus aveva
preparato una
sacca, naturalmente nera, e mettendosela sulle spalle rispose:
“E’ difficile da
spiegare. Dovremo attraversare il boschetto
di mughetti, salire sulla scogliera e poi scendere
dall’altra parte”.
“Ma
papà, quelle scogliere sono a
picco sul mare”.
“Lo so, ma
noi staremo attenti”.
“Ma
potrebbe essere pericoloso
…”.
“Non
preoccuparti, non è la prima
volta che ci vado”.
“Potremo
incontrare gente poco
affidabile …”.
“Harry,
vuoi dirmi qualcosa?”
domandò Severus insospettito dallo strano comportamento del
bambino.
“No,
signore!”.
-No, signore-
pensò Severus
–Allora mi vuole dire qualcosa-.
“Hai
ancora paura di imparare le
arti oscure?” domandò al figlio.
“No, non
ho più paura”.
“Allora
hai paura di cadere dalle
scogliere?”.
“No, e poi
potremo usare le scope
volanti per scendere, o no?”.
Un guizzo di gioia
comparì negli
occhi verdi di Harry. –E’ arrivato il momento-
pensò Severus –Cogli l’attimo-.
“Potremo
certo, ma prima devi
dirmi cosa stai cercando di nascondermi” affermò
pacatamente.
Harry non poteva
sapere che
reazione avrebbe avuto il
padre e perciò
cominciò da lontano.
“Oggi non
sono andato in
spiaggia, sono salito sulla scogliera”.
“Bene”
fece lui, “Allora ti sarai
reso conto che non ci vuole un genio per riuscirci”.
“Grazie
del complimento, papà”
fece il bambino acidamente.
“Calmo.
Non sto dicendo che tu
non sia intelligente, solo che … che non serve un atleta per
andare sulle
rocce”.
“Va
meglio, grazie” riprese
Harry.
“E
dunque?”.
“Ho visto
una persona”.
“Chi?
Dove? Quando?” chiese
agitato il pozionista.
“Papà,
stai tranquillo. Oggi, di
pomeriggio, sulla scogliera ho visto una persona: una donna
anziana”.
No, non andava per
niente bene.
Quel luogo era isolato, era completamente isolato. Sì,
lì vicino c’era un paese
ma nessuno veniva mai da quelle parti perché le scogliere
erano molto
pericolose e anni prima erano morti due turisti. Inoltre spesso era
impossibile
visitare le grotte perché l’alta marea le
inondava. E il boschetto di mughetti
era zona off-limits perché si diceva fosse infestata dagli
spiriti.
Chi, dunque, poteva
avventurarsi
fin lassù?
Severus
strinse a sé Harry. Una donna
anziana, cioè una vecchia. Ma non c’era bisogno di
agitarsi, quante vecchiette
c’erano al mondo? Tante, perché avrebbe dovuto
preoccuparsi?
“Era da
sola?” domandò Severus.
“No”
rispose sinceramente Harry
“Con lei c’erano due folletti”.
Severus
sbiancò.
Anche Harry
cominciò ad agitarsi,
non sapeva il perché ma se si agitava Severus doveva
agitarsi anche lui. “Io
però non sapevo fossero dei folletti, me lo ha detto la
signora …”.
“Hai
parlato con lei? Cosa ti ha
detto?” domandò nervosamente Severus che
però non ebbe la risposta che si
aspettava. Infatti Harry cominciò ad agitarsi e
cercò di liberarsi dalla
stretta di Severus che senza che lui se ne rendesse conto diventava
sempre più
forte.
“Non lo
so, non mi ricordo. Mi
fai male, papà! Lasciami, per favore,
papà!”.
Severus
puntò il suo sguardo
sulle sue mani che imprigionavano le braccia di Harry impedendogli di
muoversi.
Poi guardò nuovamente Harry: sembrava davvero molto
spaventato. Severus
alleggerì la presa e si strinse al petto il bambino.
“Papà,
cosa sta succedendo?
Perché sei così spaventato?”.
Le lunghe dita di
Severus
accarezzarono lentamente i
capelli
disordinati di Harry mentre la voce sottile dell’uomo
raccontò: “Harry, tu
conosci il modo in cui i tuoi genitori vennero a mancare. Furono uccisi
dal
mago più malvagio di tutti i tempi. Ecco lui, il signore
Oscuro, voleva
ucciderti perché
secondo una profezia tu
eri l’unico che avrebbe potuto sconfiggerlo. Ma
l’Oscuro non era uno
sprovveduto e aveva ben pensato di coprirsi le spalle. Io non so per
certo cosa
accadde ma so che stava cercando un modo per diventare immortale e
risorgere
dopo morto”.
“E questo
cosa c’entra con quello
che ti ho appena detto?” domandò confuso Harry.
“E’
importante perché l’Oscuro mi
disse che aveva fatto un patto con dei folletti e con una ragazza. Se
l’avessero
aiutato a risorgere, lui avrebbe dato ai folletti i poteri magici di
cui erano
sforniti e a lei il potere sulla città”.
“Il potere
sulla città? Ma papà
quella vecchietta pensa che tutti la considerino una
stupida!”.
“Le
persone che vengono derise
possono diventare molto pericolose. Spesso vivono con un forte
desiderio di rivalsa
che le spinge a compiere gesti non sempre lodevoli”.
“E secondo
te come farebbero a
far risorgere questo signore Oscuro?”.
“Non lo
so, ma so bene che c’è un
elemento essenziale alla base di questo progetto”.
“Qual
è?” chiese Harry intuendo
la risposta.
“Occorre
che tu sia …” Severus
non volle finire la frase, era troppo duro da dire a un bambino, ma
Harry non
ebbe bisogno di ulteriori spiegazioni.
“Occorre
che io sia morto”
terminò Harry.
“E per
questo occorre che tu
impari le arti oscure: per sconfiggerle e per proteggerti. E’
anche
indispensabile che non trascorra troppo tempo con questa signora.
Perciò la
prossima volta che la vedi, utilizza tutti i modi che conosci per non
farti
vedere, per sfuggirle. E non preoccuparti per la legge
sull’uso della magia da
parte dei minori, ci sto già pensando io”.
“Va bene,
papà” rispose
preoccupato Harry.
“Adesso”
riprese Severus “passiamo alle nuove formule
magiche!”.
CIAO A TUTTI.
E’
GIA’ DA UN PO’ CHE MI SENTO IN
OBBLIGO DI SCUSARMI CON VOI PER IL RITARDO DEGLI AGGIORNAMENTI ANCOR
PRIMA DI
PRESENTARVI IL CAPITOLO. SPERO COMUNQUE CHE LA VOSTRA ATTESA
SIA RICOMPENSATA DAL CAPITOLO.
NON PROMETTO NIENTE
MA CERCHERò
DI POSTARE Più VELOCEMENTE.
GRAZIE A TUTTI
COLORO CHE MI
STANNO SEGUENDO E MI RACCOMANDO RECENSITE IN TANTI.
BACI, ALIDA