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Autore: OnlyHope    30/03/2010    9 recensioni
Per Sanae tutto iniziava davanti ad una fermata d'autobus, quello stesso giorno Tsubasa partiva per il viaggio che avrebbe cambiato per sempre la sua vita. E mentre Sanae cercava la sua strada in Giappone, Tsubasa inseguiva con caparbietà il suo sogno in Brasile. Ma anche questa è la storia di un ragazzo che ama incondizionatamente una ragazza. Perché questa è la storia di Tsubasa.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Don't Be Afraid to Fly ' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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FLY AWAY (Butterfly reprise)

Capitolo 8

Leggere tra le righe










“Congratulazioni per la qualificazione!”

Il bicchiere del mio cocktail analcolico, con tanto di bandierina e frutta decorative, tintinna rumorosamente urtando contro quello di Roberto, che a differenza del mio, trabocca di rhum.
Sorrido prima di portare il vetro alle labbra, il sapore dolce della mia bevanda però mi ricorda che con il caldo, sarebbe meglio ordinare qualcosa di diverso e soprattutto più rinfrescante.
“Ma chi te l’ha fatto fare a venire fin qua?” chiedo ancora, stupito per la presenza del mio allenatore in Asia, il rumore delle chiacchiere della gente e quello della musica degli altoparlanti, mi costringono ad alzare la voce per farmi sentire.
“Devo tenervi d’occhio, Tsubasa!” risponde Roberto, accentuando la frase facendo l’occhiolino.
Ridacchio, euforico all’idea di aver raggiunto, per l’ennesima volta, un obbiettivo che mi ero prefissato.
Quello di questo periodo era, appunto, qualificarmi con i ragazzi per i prossimi mondiali giovanili e ora che ce l’ho fatta, non posso non sentirmi pienamente soddisfatto.
Da stasera poi mi aspetta un periodo, se pur breve, di vacanza a casa e non vedo l’ora di passare del tempo con gli amici di sempre e la mia ragazza.
A proposito di Sanae!
Non che me ne sia dimenticato, ma guardando l’orologio, mi viene spontaneo riflettere sul fatto che a quest’ora, sarei già dovuto essere da lei.
Oggi pomeriggio non ho preso il treno con gli altri, per parlare con Roberto delle sue impressioni sulla prestazione della nostra nazionale, solo che contavo di riuscire a prendere almeno il successivo.
Ma ora si è fatto davvero tardi, non c’è più tempo per tornare a casa, quindi sarà meglio avvertire Sanae e alla svelta.
Prendo così il cellulare dalla tasca dei jeans e meccanicamente faccio partire la chiamata.
Giusto un paio di squilli e mi risponde, con quel tono felice della voce, come ogni volta che si rivolge a me.
Non riesco a sentire bene però, a causa della confusione e con un gesto della mano, avverto Roberto che mi sto allontanando all’esterno.
Con la coda dell’occhio lo vedo sghignazzare mentre esco dal locale.
“Sanae, mi senti meglio ora?”
“Sì…"
“Scusami se non sono riuscito ad avvisarti prima, ma non ce la faccio a rientrare per stasera.”
Rimango in silenzio per qualche istante in attesa della sua risposta, che però non arriva, così mi sento in dovere di spiegarle meglio il motivo del mio rientro solo domani.
“Sai, anche Roberto è qui in Giappone e dato che non tornerò in Brasile ancora per un po’, mi sono fermato qua con l’idea di partire un po’ più tardi. Ma ora è decisamente troppo tardi!” esclamo ridendo e grattandomi la nuca, un po’ imbarazzato per la mia sbadataggine.
“Ci vediamo domani, ok Sanae?” le chiedo infine, veramente contento all’idea di poterla riabbracciare, anche se con un po’ di ritardo, rispetto ai programmi che mi ero prefissato.
“Ok.” e chiude la comunicazione.
Sorrido sereno e con il pensiero felice delle prossime giornate che mi aspettano, rimetto in tasca il cellulare, rientrando poi nel locare.
Roberto è sempre lì che mi aspetta e appena lo raggiungo, riprendiamo subito a parlare del nostro argomento preferito, il calcio ovviamente.






Palleggio sotto il sole nel vecchio campetto da calcio, nel parco del quartiere D.
Con i ragazzi abbiamo messo insieme una partitella tra amici, così per ammazzare il tempo e sto giocando solo per il gusto di farlo, nell’attesa che arrivi Sanae.
Dopo aver parlato con lei ieri sera, non l’ho più sentita.
Nonostante oggi abbia provato a chiamarla più volte, non c’è stato nulla da fare, aveva sempre il cellulare spento e pensare che avrei tanto voluto vederla già da stamattina, anche per recuperare il tempo perduto ieri notte.
E non è proprio da lei non farsi viva per tutto questo tempo e specialmente ora che sono a casa, mi sembra ancora più strano che non abbia provato a richiamarmi.
Mi dirigo palla al piede verso la porta, senza nemmeno farci caso, come se fosse un’azione involontaria del mio corpo, un po’ come il respirare.
Quando sono nell’area di rigore, colpisco con un calcio preciso la sfera, che s’insacca sotto la traversa, centralmente.
Sorrido spontaneamente, come ogni volta che riesco a violare una porta, indipendentemente da dove mi trovi.
Mi volto poi alla ricerca dei miei compagni ma prima che possa incontrarne uno, incrocio proprio lo sguardo della persona, che volevo più di tutti vedere.
Sanae mi osserva, un po’ distante dal bordo del campo, sulla piccola altura che sovrasta il perimetro di gioco.
Senza pensarci un secondo, mi precipito nella sua direzione correndo e scavalcando, a grandi falcate, la piccola salita che mi separa da lei.
Quando mi ritrovo davanti a Sanae, sorrido ancora, ma questa volta in maniera davvero diversa da prima, mosso da sentimenti ben più dolci che la riguardano.
“Ciao…” mormoro mentre non resisto e sfioro il suo viso con una carezza, un attimo appena e la stringo forte tra le braccia.
“Tsubasa! Piano che la sciupi! Non è mica abituata!”
E’ la voce squillante di Ishizaki a interrompere prontamente il mio idillio, così mi trovo costretto a separarmi da lei, se non voglio sentirlo continuare su questo tono, per il resto della giornata.
“Come mai avevi il cellulare spento oggi?” le chiedo, imbarazzato per essermi fatto cogliere in fallo in quella situazione.
“Così…” Sanae risponde alzando leggermente le spalle, noto un tono distaccato nella sua voce, che non le ho mai sentito usare prima d’ora.
Stupito, la seguo con lo sguardo mentre mi sorpassa indifferente, cominciando ad allontanarsi.
Perplesso, butto l’occhio verso il campo, nella speranza di non dare troppo nell’occhio, poi d’istinto la seguo e quando sono vicino a lei, le cingo le spalle con un braccio, camminandole affianco.
Rimango in silenzio, aspettando che mi rivolga la parola e quando i suoi occhi incrociano i miei, le sorrido nella speranza che m’illumini su quello che sta succedendo.
Oggi è davvero strana…
Avverto tensione tra noi, ma non ha nulla a che fare con il piacere di essere vicini, è più negativa direi e questo mi destabilizza, perché non mi era mai capitato di avvertirla prima.
Sanae torna a guardare avanti a sé, senza minimamente ricambiare il mio sorriso.
Non sarò di certo un genio in certe cose, ma ora mi sembra più che ovvio, che sia arrabbiata per qualcosa.
E con me.
Faccio mente locale per un attimo e l’unico episodio che mi viene in mente, che possa aver scatenato in lei questa reazione, è il nostro appuntamento saltato di ieri sera.
Socchiudo gli occhi, mentre la mia bocca si deforma nella smorfia tipica, di chi ha fatto qualcosa di veramente stupido e se n’è accorto troppo tardi.
Non ci sono alternative, devo scusarmi, magari poi le passa.
“Mi dispiace per il nostro appuntamento… Sei arrabbiata?” le chiedo schiarendomi la voce.
Sanae si blocca di colpo, poi voltandosi, mi fissa seria arcuando le sopracciglia.
“Arrabbiata? E perché dovrei?” risponde, senza mascherare il tono sarcastico nella sua domanda.
Rimango a fissarla sbattendo le palpebre, senza avere nulla di pronto, e intelligente, da ribattere e così è lei a riprendere a parlare.
Le sue parole mi travolgono, accavallandosi l’una all’altra, come un fiume in piena.
“In fin dei conti non abbiamo mai avuto modo di stare insieme da SOLI, da quando sei rientrato! Dovrei essere arrabbiata perché ho passato il pomeriggio a cucinare per te? Perché ho passato due ore davanti allo specchio, per essere carina per te? O perché pensavo che noi…” s’interrompe bruscamente, mordendosi le labbra, le guance colorate di rosso acceso.
“Dovrei essere arrabbiata, secondo te, per queste cose? Non ne vedo il motivo!” aggiunge poi, calcando ancora con il sarcasmo e fissandomi con aria di sfida.
E a me non rimane che sentirmi una specie di mostro, per aver sottovalutato il nostro appuntamento e per aver deluso le sue aspettative.
“Mi dispiace. Non immaginavo avessi organizzato tutto questo…” sussurro imbarazzato.
“Oh, ovvio! Ma sarebbe cambiato qualcosa se l’avessi saputo?” la sua voce ora è decisamente più alta di un tono.
Mi scuso ancora e con maggior convinzione, perché non voglio che abbia il minimo dubbio sul fatto che sono davvero dispiaciuto per il malinteso.
“Cosa ti dispiace, Tsubasa? Ieri sera o di mettermi sempre in secondo piano?”
Mi arriva come una pugnalata al petto.
Fisso Sanae stupito, soffermando lo sguardo sui suoi occhi, che si sono velati di lacrime.
E no! Questo non lo devi pensare!
Mi avvicino a lei con decisione, fin quando il mio viso non si trova a pochi centimetri dal suo.
“Questo non è vero, Sanae! E lo sai…”
La sua bocca si distende in un sorriso, ancora, sarcastico, che mi spiazza di nuovo, tanto che stento a riconoscere la ragazza davanti ai miei occhi.
“Davvero? E che cosa dovrebbe lasciarlo intendere? La tua venerazione per Roberto? Il fatto che più di due anni fa sei andato da lui in Brasile? No! Aspetta! Sicuramente dovrei capirlo dal fatto che la tua passione ti ha spinto a separarti da me, andandotene a vivere in un altro continente!”
E qui mi arriva il secondo colpo, sempre ben mirato all’altezza del cuore.
Sentire così chiara la sua rabbia, il suo dolore.
Sapevo che potesse soffrire, ma non immaginavo quanto.
Non immaginavo che ci fosse tutto questo dentro di lei e a causa mia.
Però perché buttarmelo in faccia così?
Lo so da solo che è tutta colpa mia, ma anch’io pago le conseguenze della mia scelta, ogni giorno che passo sentendo la sua mancanza.
“Sei ingiusta, Sanae…” mormoro, quasi come se stessi parlando con me stesso e con nessun altro.
Lei però è qui, davanti a me e mi sente più che bene, posso chiaramente vedere sul suo volto la collera che aumenta.
“Io sono ingiusta?! E’ il tuo sogno a essere tremendamente ingiusto con me, Tsubasa!”
E ora al senso di colpa si mischia la mia di rabbia.
Perché passi che è tutta colpa mia, passi che sono io a essermene andato ma lei sapeva benissimo cosa comportava stare con me.
Non mi sono mai nascosto dietro maschere, sono sempre stato schietto e sincero, soprattutto con lei.
Io sono lo Tsubasa che corre dietro al pallone!
“Credevo che mi amassi anche per questo! La mia passione… Sono io! Di chi ti sei innamorata allora, Sanae?”
E questa volta sta a me guardarla con severità, come non mi era mai capitato prima, perché mi sento ferito e deluso.
Perché mi sento in colpa.
E non so cosa provo, ora che i suoi occhi sembra non riescano più a trattenere le lacrime.
L’arrivo di Taro diventa la mia doccia fredda e il salvagente a cui aggrapparmi.
Lo trattengo, quando scusandosi, forse intuendo che stiamo litigando, cerca di andarsene per lasciarci soli.
“Non preoccuparti, Taro. Vengo con te! Andiamo!” esclamo, con l’esigenza nel cuore di scappare lontano da lei, sensazione che non avevo mai provato prima, che mi turba e che allo stesso tempo, non mi piace per niente.
M’incammino a passo deciso, senza rivolgere nemmeno un ultimo sguardo in direzione di Sanae.
Taro mi segue, visibilmente perplesso e forse indeciso sul lasciarla da sola, senza aspettare.
Io penso solo ad andarmene, confuso e arrabbiato.
Smarrito per la perdita del mio porto calmo, per la perdita del sorriso d’amore di Sanae.






E’ stato un orrendo pomeriggio, iniziato male e finito pure peggio.
Ho trascorso le ore svogliatamente e appena scemata la rabbia, mi sono reso conto di quanto sia triste litigare con Sanae.
Ho cercato con tutte le mie forze di non attirare l’attenzione dei ragazzi, ma il mio mutismo è risultato comunque sospetto, solo il buon Taro poteva salvarmi, inventandosi la scusa del calo di tensione post qualificazioni.
Tutti se la sono bevuta e, fortunatamente, non ho dovuto dare spiegazioni a nessuno, almeno finora.
Guardo scoraggiato, per l’ennesima volta, il cellulare muto da un pezzo e indeciso, mi chiedo se sia il caso di chiamare Sanae.
Sbuffo rivolgendo il mio sguardo imbronciato al cielo, amareggiato per la litigata avuta con lei e rassegnato alla mia indecisione.
Semplicemente non era mai successo che litigassimo e come mi ha stupito trovarmi in questa situazione, così non riesco a capire quali pesci prendere per rimediare.
I ragazzi mi salutano, allontanandosi per tornare a casa, io ritorno con la testa alla realtà e abbozzo un sorriso per risposta, accompagnato da un gesto sbrigativo della mano.
Taro si volta e invece di seguire gli altri, si avvicina, sedendosi poi accanto a me sulla staccionata di legno consumato.
“Ok ora che siamo da soli, mi vuoi dire che diavolo è successo?” mi chiede senza girarci intorno, mentalmente lo ringrazio ancora, per aver avuto la geniale intuizione di non toccare l’argomento prima.
“Abbiamo litigato…” borbotto, osservando ancora lo schermo del telefonino, che non ha ancora nulla da comunicarmi.
“Eh ma dai! Non c’ero arrivato!”
Mi volto a guardarlo torvo, per rimproverarlo del suo sarcasmo, ne ho avuto fin troppo in questa giornata.
Taro non si scompone, ma mi sorride, come per invitarmi ad allentare la tensione, poi mi porge di nuovo la stessa domanda.
“Ieri sera avevamo un appuntamento ed io le ho dato buca...” rispondo, omettendo dove sia andato a degenerare poi il discorso.
“Dove dovevate vedervi?”
“A casa sua.”
Taro rimane in silenzio ma il suo sguardo mi sembra all’improvviso divertito.
“Oh cenetta con i suoceri?” esclama sorridendo come uno scemo, a mio avviso.
Scuoto la testa e lui arcua le sopracciglia, sempre con quel sorrisetto del cavolo stampato in faccia.
“No, i suoi non c’erano ieri sera…” termino la frase e istantaneamente un campanellino inizia a tintinnare nella mia testa, tanto per farmi collegare un paio di passaggi interessanti.
Taro mi fissa, presumibilmente serio per un attimo, poi inizia a sghignazzare.
“Ci credo che s’è incazzata!”
“Che intendi?” chiedo, ignorando una vocina che mi ronza in testa e che mira in una certa direzione.
“Devo farti un disegnino?”
Taro allarga le braccia, girando i palmi delle mani verso il cielo e incassando leggermente il collo nelle spalle, inclinando la testa.
Io sento un calore improvviso salire dalla punta dei piedi fino alle orecchie.
Sopra la mia testa immagino ci debbano essere nuvolette di vapore, tanto sono arrossito.
“Tsubasa io te lo dico con tutto l’affetto del mondo, ma delle volte mi fai cadere le braccia!” e mi rifila una poderosa pacca sulle spalle, ridendo allegro.
Lo ignoro, perso nel mio imbarazzo e nella considerazione che non possa essere vero che Sanae volesse…
Ecco, solo a sfiorare quel pensiero, sento che arrossisco di più.
Ok calma, Tsubasa! Torniamo con i piedi per terra!
“Taro ma ti pare che lei…? Su, fai il serio!”
Il mio migliore amico mi guarda con aria paziente, ma sempre altamente divertita poi passa un braccio intorno al mio collo e si fa più vicino.
“Ti faccio un riassuntino, Tsubasa, in mancanza di carta e penna. La tua ragazza t’invita a casa sua a cena, dopo mesi di lontananza, chiamiamola così, fisica. I suoi non ci sono e sarete soli fino a notte tarda. Tu le dai buca e la tua ragazza è molto alterata con te, per essere buoni con i termini. Tu cosa pensi stia a significare? Che le girano perché ha dovuto buttare via il dessert?”
Rimango in silenzio senza rispondere, che poi tanto non ce n’è bisogno e nella mia mente risuona a ripetizione la frase interrotta da Sanae durante il nostro litigio.
“O perché pensavo che noi…”
“Non è possibile che Sanae…” borbotto incredulo, ma anche piacevolmente elettrizzato al pensiero di un’evoluzione fisica del mio rapporto con lei.
Taro sorride, scrollando leggermente le spalle.
“Perché non può essere così? Sanae non è un’entità astratta, ma un essere umano. Ti ama da sempre ed è normale che voglia continuare a farlo in tutti i modi possibili, compreso il sesso. E’ come te, Tsubasa ricordatelo. Solo che tu sei un ragazzo e lei una ragazza. E in questo caso, è proprio qui che viene il bello!”
Con il gomito bussa contro la mia spalla, sorridendo provocatorio ora.
Io mi sento anche più confuso di prima adesso, perché una parte di me si maledice per la mia idiozia e l’altra è disperata per aver litigato con lei.
“Sì ma ora non sognare ad occhi aperti! Hai un problema da risolvere, prima!” esclama il mio amico, picchiettando con l’indice sul cellulare, stretto ancora tra le mie mani.
“Già…” mormoro, memore di nuovo del mio litigio e del modo pessimo in cui ci siamo lasciati, Sanae ed io, questo pomeriggio.
“Fa pace con lei prima di tutto. Credo che anche per Sanae, oggi sia stata la peggior giornata in assoluto. Non lasciarla così per molto, già è dura quando non ci sei.”
Il ricordo dei suoi occhi colmi di lacrime, della sua voce vinta dalla rabbia e l’eco delle sue parole, mi rimbomba dentro, come se la scena fosse ancora davanti ai miei occhi.
E il senso di colpa, che all’inizio divideva lo spazio nel mio cuore con la rabbia, torna a stringermi il petto, come una morsa soffocante.






Nel campo da calcio sono la persona più risoluta del mondo ma nella vita privata, ho ancora tanto da imparare.
Appena nel tardo pomeriggio mi ero ripromesso di fare pace con Sanae, è passata quasi un'ora da quando siamo arrivati in questo locale, ma ancora non sono riuscito nemmeno ad avvicinarmi a lei.
Ho solo il timore di non trovare le parole giuste, di sentire ancora la sua collera su di me.
La osservo dall’altra parte della stanza, appoggiata al bancone, si guarda intorno con aria annoiata, i lineamenti del suo viso visibilmente tirati, nonostante il trucco.
I suoi occhi ora incrociano i miei, colto di sorpresa, mi volto dandole le spalle, in un gesto forse un po’ vigliacco.
Faccio finta d’interessarmi alle chiacchiere di Ishizaki, ma il mio cervello è completamente concentrato su di lei.
Mi volto di nuovo per cercarla ma adesso è Sanae a darmi la schiena, circondata da Taro e la Nishimoto, seduti affianco a lei.
Ok basta con questa storia! Va da lei!
Faccio per muovere un passo, stanco di questa situazione, quando sento picchiettare sul mio braccio insistentemente.
Abbasso lo sguardo e noto un paio di ragazze che, a occhio e croce, avranno la mia età.
Sorridono fissandomi, stringendo le mani sotto il mento, con fare quasi adorante.
“Tu sei Tsubasa Ozora, vero?” mi chiede la più piccoletta di statura, annuisco imbarazzato grattando il ciuffo sulla nuca.
Le due prendono a saltellare sul posto, battendo le mani entusiaste.
“Ed io sono Ishizaki! Ryo Ishizaki! Il difensore della nazionale, mi riconoscente?” interviene il mio amico, mettendosi in mezzo e indicando il suo faccione sornione, con l’indice della mano destra.
Le ragazze lo ignorano, degnandolo solo di uno sguardo di sfuggita, rimanendo sempre concentrate su di me.
“Possiamo fare una foto con te?”
Imbarazzato, annuisco ancora, la piccoletta allunga il telefonino a Ishizaki, chiedendogli in maniera sbrigativa di fotografarci.
Lui accetta borbottando mentre sono circondato dalle due ragazze, che si avvinghiano alle mie braccia ridendo e facendo segni di vittoria.
“Ci firmi questi?” chiedono ancora, una volta ripreso il cellulare, mostrandomi due fazzolettini del locale, leggermente sporchi di rossetto.
Arriccio il naso per un istante, capendo però che prima le accontento, prima posso andare da Sanae per chiarire.
Quando risoluto a sbrigarmi, sto per afferrare la penna che mi porge sempre la piccoletta, noto però con la coda dell’occhio proprio Sanae, che esce come un fulmine dal locale.
Preso letteralmente dal panico, mi rimprovero per le buone maniere che ogni tanto dovrei smettere di usare, specialmente con gli sconosciuti.
Mi scuso velocemente con le due ammiratrici, tentando di svincolarmi subito da loro.
Le due però non demordono, anzi non contente, chiamano altre amiche per ripetere con loro il rito della foto e dell’autografo.
Perdo così altro tempo prezioso, che a me sembra lunghissimo e appena riesco a congedarmi dal gruppetto rumoroso, mi precipito da Taro.
“Dov’è andata?” chiedo appena l’ho raggiunto.
“Se n’è andata a casa!” è Yukari a rispondermi, precedendo il mio amico.
“Raggiungila! Corri!” mi esortano poi, quasi all’unisono.
Non me lo faccio ripetere due volte e scappo letteralmente, lanciandomi all’inseguimento di Sanae.

 




La raggiungo quando è all’altezza del ponte di legno che costeggia il parco.
L’ultima volta che sono stato in questo posto, eravamo sempre insieme, ma non così distanti, perché la baciavo, fin quasi a perdere il fiato.
Osservo la sua figura appoggiata al legno scuro, il mento poggiato sulle mani e lo sguardo triste rivolto alla luna.
E vederla così, mi fa riflettere ancora, come se non fosse stato il mio unico pensiero nelle ultime ore, su quanto possa soffrire a causa mia e per colpa della lontananza.
Non conoscevo, fino a questo pomeriggio, tutta la frustrazione che potesse avere dentro.
E’ brava a tenere tutto per sé.
Sapevo che non era facile per lei vivere così, ma non immaginavo fino a questo punto.
Questa nuova consapevolezza mi fa sentire in bilico e permette alla paura di fare capolino nel mio cuore.
Quanto può sopportare una ragazza per amore?
Scuoto la testa, cercando di allontanare pensieri ancora più dolorosi e mi concentro unicamente sul fatto che ora abbiamo la possibilità di stare insieme per un po’ e che non devo perdere nemmeno un secondo in più, senza vivere Sanae come vorrei.
“Che ci fai qui da sola?” chiedo titubante, rompendo il silenzio e palesando la mia presenza alle sue spalle.
Sanae sussulta appena, poi si volta nella mia direzione.
“Ti ho vista uscire di corsa. Dove stai andando?” aggiungo mentre lei si morde il labbro inferiore, per evitare, temo, il pianto.
“A casa…” risponde in tono freddo, prima di voltarsi di nuovo e osservare il cielo.
Non mi faccio abbattere dal suo atteggiamento, che ora mi è così chiaro e mi avvicino a lei, appoggiandomi al legno, proprio accanto al suo fianco destro.
Silenzio.
Che detesto quando si frappone tra noi due, perché mi sembra innaturale, cattivo.
Poi un suo gesto sconvolge tutte le mie emozioni.
Si appoggia alla mia spalla ed io sento i muscoli, fino a un secondo fa contratti e tesi, rilassarsi all’improvviso, grazie al contatto con lei.
Ed è di nuovo Sanae a venire incontro a Tsubasa.
Come sempre.
E’ ancora lei che mi dimostra quanto possa essere generosa con me.
D’istinto circondo le sue spalle con un braccio e le sfioro i capelli con un bacio.
“La nostra prima discussione…” mormoro, ispirando il suo profumo, la mia bocca ancora vicina alla sua fronte.
“Io non volevo…”
La interrompo immediatamente, posando due dita sulle sue labbra e scuotendo la testa.
“Lo so, Sanae. Non sei tu a doverti scusare…” l’abbraccio forte, per sottolineare i miei sentimenti che forse non sono capace di esprimere bene a parole.
“Scusami tu per l’appuntamento di ieri sera e per la cena che non ho mai mangiato. Scusami per tutte le volte che ti senti triste ed io non ci sono. Scusami per le mie scelte e per essere partito.”
La stringo di più sentendo che ha preso a singhiozzare, poi le chiedo la cosa che conta di più in questo momento.
“Non odiarmi per questo!” e nascondo il viso tra i suoi capelli.
“Non potrei mai odiarti, stupido!”
Lo dice come se fosse una verità assoluta ed io so che probabilmente è davvero così.
Torno a guardarla ora, incoraggiato dalle sue poche parole.
Fisso i suoi occhi con serietà perché non voglio che abbia più dubbi su quello che provo.
Voglio che sappia che ho capito, davvero, come si sente.
“Scusami di tutto, Sanae. Di tutto!”
Lei accarezza con dolcezza una mia guancia, poi sorride, continuando a rassicurarmi.
Come se fossi io quello da proteggere, come se venissi prima di tutto, prima di lei.
“Però dobbiamo fare pace per bene, Tsubasa!” e m’invita a chiudere gli occhi.
La assecondo, felice di sentire ancora il suo tono allegro e rivolto di nuovo a me.
Non immaginavo potesse mancarmi così tanto.
Le sue labbra sfiorano le mie con delicatezza.
Le mie emozioni, che mi hanno sopraffatto per tutta la giornata, mutando d’aspetto e forma ora dopo ora, prevaricano ancora sulla mia volontà ma questa volta coincidendo con essa.
Cingo i suoi fianchi con le braccia e rispondo al suo bacio con passione.
Non voglio più litigare con te e non voglio più deluderti.
Non voglio più dare per scontata la tua forza.
E anche se so che non sarà possibile, non voglio più che tu pianga.
Ma voglio solo renderti felice…










Ecco so già che lo Tsubasa di questo capitolo, specie nella prima parte, perché forse nel finale si ripiglia un pochino, sarà riempito d’insulti. xD
Bisogna però ricordarsi che non è il principe azzurro, per quanto io abbia sempre cercato di giustificare certi atteggiamenti scomodi del suo carattere.
Credo che questi suoi difetti, evidenziati in questa parte della storia, ci siano e che completino il quadro generale su di lui, o almeno, quello che io ho sempre visto nel personaggio.
A differenza degli altri capitoli, qui era necessario riproporre scene e dialoghi di B. proprio per poter evidenziare meglio Tsubasa e il percorso emotivo che lo porta a capire meglio la sua Sanae. Ringrazio, come sempre doverosamente, chi ha letto, recensito o scritto a me personalmente.
Approfitto di quest’aggiornamento per augurare una serena Pasqua a tutti e rimandare l’appuntamento con il prossimo capitolo, al 20 Aprile circa, visto che mi concederò una vacanza di un paio di settimane fuori città.^^
Grazie ancora per l’attenzione,
OnlyHope^^
   
 
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