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Autore: Fiamma Drakon    31/03/2010    3 recensioni
[Seconda classificata al Multifandom Fantasy Contest indetto da redseaperl]
Mi chiamo Monette De Lune e sono una vampira.
Be’, era ovvio, dopo sette lunghi anni trascorsi sotto queste immortali - o quasi - spoglie.
Ormai era un dato di fatto, e mi ero anche quasi del tutto abituata al sapore del sangue, del quale, da umana, non avevo mai neanche potuto sopportare la vista.
E anche la compagnia dei ragni ora mi era adorabile: la mia migliore amica era una vedova nera.
Insomma, ormai era normale pensare a me come a una vampira.
Quello che non era normale - e che tuttora mi sembrava ancora incredibile - era la situazione in cui, per un’astrusa serie di circostanze, mi ero trovata coinvolta: il mio amore - e padrone - Kevin D’Oyly era in pericolo ed io ero la sola che potesse salvarlo.
Ed era per far ciò che, adesso, mi trovavo davanti a questo vecchio cimitero abbandonato, alla periferia di Parigi.
Ma perché arrivare ad un tal segno?
Insomma, Kevin non era poi così malvagio, senza contare il suo dilettevole hobby della vivisezione umana, i poveri diavoli che aveva brutalmente scuoiato - e ucciso - nella sua Sala delle Torture, i disperati che aveva mutilato con la sua cara molatrice da tortura e i bastardi che aveva mandato a morire nelle fiamme dell’Inferno - e non in senso metaforico -.
Be’, in fondo un po’ di malvagità c’era, ma sapeva anche essere gentile e premuroso in tutto il suo essere macabro.
La mia memoria, così portentosa dal giorno della mia trasformazione, mi ripresentò davanti agli occhi tutto ciò che mi aveva condotta fin lì...
Genere: Romantico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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1_Atto I - Agli esordi di un incubo Titolo: “Incubus”
Autore: Fiamma Drakon
Fandom e personaggi: Originali
Mondo: Nuovo Mondo
Generi: Romantico, Fantasy, Sovrannaturale
Rating: Arancione
Avvertimenti: Non per stomaci delicati
Note dell’autore: tutte le ambientazioni descritte, anche quelle delle città realmente esistenti, sono puramente frutto della fantasia dell’autrice, quindi non riscontrabili nella realtà.




ATTO I
AGLI ESORDI DI UN INCUBO


Mi chiamo Monette De Lune e sono una vampira.
Be’, era ovvio, dopo sette lunghi anni trascorsi sotto queste immortali - o quasi - spoglie.
Ormai era un dato di fatto, e mi ero anche quasi del tutto abituata al sapore del sangue, del quale, da umana, non avevo mai neanche potuto sopportare la vista.
E anche la compagnia dei ragni ora mi era adorabile: la mia migliore amica era una vedova nera.
Insomma, ormai era normale pensare a me come a una vampira.
Quello che non era normale - e che tuttora mi sembrava ancora incredibile - era la situazione in cui, per un’astrusa serie di circostanze, mi ero trovata coinvolta: il mio amore - e padrone - Kevin D’Oyly era in pericolo ed io ero la sola che potesse salvarlo.
Ed era per far ciò che, adesso, mi trovavo davanti a questo vecchio cimitero abbandonato, alla periferia di Parigi.
Ma perché arrivare ad un tal segno?
Insomma, Kevin non era poi così malvagio, senza contare il suo dilettevole hobby della vivisezione umana, i poveri diavoli che aveva brutalmente scuoiato - e ucciso - nella sua Sala delle Torture, i disperati che aveva mutilato con la sua cara molatrice da tortura e i bastardi che aveva mandato a morire nelle fiamme dell’Inferno - e non in senso metaforico -.
Be’, in fondo un po’ di malvagità c’era, ma sapeva anche essere gentile e premuroso in tutto il suo essere macabro.
La mia memoria, così portentosa dal giorno della mia trasformazione, mi ripresentò davanti agli occhi tutto ciò che mi aveva condotta fin lì...

«Lunette! Lunette!».
“Lunette” era il nomignolo che tutti, in quel castello, mi avevano assegnato, come di comune e tacito accordo, a causa del mio carattere un po’ lunatico.
Be’, anch’io non riuscivo a non ammettere che, in effetti, ero un po’ stravagante, anche come vampira, ma c’erano anche personaggi, nel castello, che erano ben più eccentrici di me.
«Lunette svegliati! Il sole è calato!!».
Lentamente aprii gli occhi, ritrovandomi ad osservare un piccolo corpo nero e peloso, con otto sottili zampette protese nel vuoto.
La riconobbi immediatamente.
«Cindra...» mormorai, levandomi a sedere.
Era la mia migliore amica e, che io ricordassi, era da sempre stata con me, fin da quando l’avevo trovata intenta a ricamare una tela nella mia camera originaria, quella dove avevo trascorso i miei ultimi giorni da umana in questo castello.
Alzai una mano in modo che l’aracnide potesse scendere dal filo cui stava appesa in mia attesa.
«Finalmente sei sveglia. Giuro che stare ad aspettare il tramonto del sole per avere una compagnia adorabile come la tua è una sofferenza!» esclamò la vedova in tono esasperato.
Accennai un sorriso di scuse.
«Non è colpa mia... è stato Kevin a...».
M’interruppi, guardando la bara vicino alla mia, quella dove solitamente dormiva il mio amato conte-carceriere, Kevin d’Oyly.
Trovai stranamente insolito il fatto che fosse già chiusa: quando mi svegliavo, lui era lì ad osservarmi, i suoi occhi rossi, talmente belli da mozzare il fiato, fissi sul mio viso.
E mi salutava sempre con un “Buonanotte, mia rosa appassita”, che nel linguaggio umano sarebbe stato come dire “Buongiorno, amore mio”.
«Kevin dov’è?» chiesi a Cindra.
«Il conte non è ancora tornato» replicò la vedova.
«Oh...» mormorai, afflitta: era partito ormai da tre notti e non era ancora tornato.
Iniziavo a sentirne molto la mancanza: non ero abituata a stare così a lungo senza di lui.
Il castello era così grande che pareva vuoto senza la sua presenza.
E poi, iniziavo ad essere preoccupata per lui: non era normale che partisse per così tanto tempo senza avermi detto niente.
Quando mi aveva salutata, prima di partire, mi aveva detto che andava a caccia e che sarebbe tornato presto.
Ma cosa aveva voluto intendere realmente con quel “presto”? Quanto tempo sarebbe trascorso prima che avessi potuto rivederlo?
Cindra mi batté qualche colpetto sul palmo della mano, evidentemente per consolarmi, non potendo darmi pacche sulle spalle.
«Non abbatterti, cara, sono certa che il tuo conte sarà presto di ritorno»
«Me lo hai detto anche tre notti fa!».
Scoppiai a piangere: non mi piaceva essere sola, non mi piaceva stare lontana da Kevin, anche se lui mi aveva corteggiata per trasformarmi in una vampira e strapparmi alla mia vita di comune essere umano per relegarmi in quel castello con lui.
Ma io continuavo ad amarlo, nonostante lui avesse distrutto i miei sogni per l’avvenire.
Come potevo, ora, vivere senza di lui?
Affondai il viso nelle mani, mentre lacrime rosse iniziavano a scendermi dagli occhi.
Sentii un leggero solletico sulla mia spalla destra, ed una zampina che, sottile ma forte, mi tergeva una guancia.
«Su, non piangere, cara. So che non ti piace la solitudine, ma non sei davvero sola: insomma, io chi sono? E gli altri del castello?».
Alzai il viso, la guardai e sorrisi tristemente.
«S-sì... hai ragione... scusa...» mormorai.
«Su, coraggio! Asciuga quelle lacrime e sistemati!» mi incoraggiò Cindra, decisa, scendendo dalla mia spalla.
Mi alzai, appena rincuorata dalle sue parole, e andai a sedermi davanti alla specchiera, anche se dello specchio non c’era più traccia.
Merito mio: avevo lanciato quella lastra di vetro contro Kevin la mia prima notte da vampira, per la rabbia di non potermi più vedere riflessa in uno specchio.
L’avevo mancato, e la lastra era andata a fracassarsi contro la porta della stanza, nella quale talvolta ritrovavo una scheggia di vetro nascosta.
Presi la spazzola e iniziai a pettinarmi i lunghi capelli argentei che mi scorrevano come fili fra le dita.
Anche senza potermi guardare allo specchio, sapevo che aspetto avevo: gli occhi di Kevin erano divenuti il mio specchio personale.
Il mio viso era rimasto lo stesso di quando ero umana, guance piene, labbra delicate e definite, naso piccolo e un po’ all’insù, occhi contornati d’una moltitudine impressionante di lunghe ciglia rigorosamente nere, sopracciglia sottili.
Le uniche differenze erano il pallore cadaverico che ora caratterizzava la mia carnagione, il colore dei miei occhi, che Kevin definiva sempre perfetti, nel loro inquietante modo d’essere viola e il fatto che i miei tratti fossero più “perfetti”.
La mia fronte era perennemente coperta da argentee ciocche arricciolate, anche se in realtà i miei capelli erano liscissimi.
Il mio dolce carceriere era sempre contento di vedermi spazzolare con tanto amore la mia chioma, che non aveva certo mancato d’essere oggetto dei suoi baci.
Sospirai: chissà dov’era in quel momento, chissà se pensava a me.
Chissà cosa stava facendo...
«Be’, forse un modo per saperlo c’è...» mormorai tra me e me, ed un sorrisino apparve sul mio viso.
Sapevo dove andare, perciò... perché non tentare?
Almeno mi sarei messa in pace l’anima.
Mi sbrigai a rassettarmi i capelli, quindi presi il mio mantello nero, che legai al collo e mi mossi verso la porta.
Presi di nuovo Cindra, riposizionandola sulla mia spalla destra - la sua preferita - e uscii nel polveroso corridoio buio che portava alle scale.
«Dove vuoi andare?» mi domandò la ragna.
«Devo andare nella Biblioteca» replicai, calma ma decisa.
«Perché? Cosa hai intenzione di fare?»
«Devo interpellare Roxanne»
«Roxanne?! E perché proprio lei?»
«Perché è l’unica che può sapere qualcosa su Kevin...»
«Ma ne sei davvero convinta? Insomma... sai di non andarle molto a genio...»
«Certo che lo so, ma sono sicura che non mi mentirà su di lui, altrimenti sarà peggio per lei...» sentenziai infine.
Ero decisa a cavare di bocca a Roxanne ogni più piccola informazione che potesse servirmi a capire perché Kevin non fosse ancora tornato, anche se avessi dovuto utilizzare i miei poteri da vampira, cosa che, francamente, non avevo mai fatto prima di allora.
Procedetti a passo spedito attraverso il corridoio, ritrovandomi ben presto sul lato destro della scalinata che dava sull’atrio.
Scesi fino ai piedi di questa e spinsi una pesante porta in mogano a doppie ante sul lato sinistro della scalinata, che dava sulla Biblioteca.
«Dimmi, Lunette... sei davvero sicura? Insomma... Roxanne è una tipa piuttosto dura quando si tratta di persuasione, e nel tuo caso...»
«Cindra, lasciami fare. Roxanne può essere dura quanto le pare, ma io so essere più dura e cattiva di lei!».
Sentii la vedova sistemarsi meglio sulla mia spalla, ma ero certa che stesse cercando di nascondersi.
Procedetti a passo spedito attraverso gli innumerevoli scaffali pieni di libri vecchi e polverosi, di cui non volevo neppure conoscere i titoli.
Mi inquietava il solo fatto che su alcune costole ci fossero dei residui di sangue rappreso, come se quei volumi fossero stati usati anche per altre cose, oltre al semplice esser letti.
Giunsi infine di fronte all’ultimo scaffale, accostato alla parete di fondo, dove iniziai a cercare quel libro che avevo visto Kevin estrarre tante volte.
Se non ricordavo errato s’intitolava “300 modi per uccidere un vampiro mezzosangue”.
Ispezionai con cura gli scaffali a metà della libreria, finché la voce di Cindra mi avvisò: «Lunette, è lassù».
Alzai gli occhi e lo vidi, la costola incrostata di muffa secolare che sporgeva un poco dallo scaffale.
In punta di piedi, riuscii a tirarlo giù, facendo scattare un meccanismo, che entrò in funzione con un suono cigolante a dir poco sinistro.
La libreria affianco si aprì a metà, rivelando un passaggio segreto, nel quale m’insinuai.
Lo stretto corridoio era illuminato da una luce verde fluorescente che non aveva una ben precisa fonte: c’era e basta.
Sentii Cindra rabbrividire.
Le carezzai il dorso, come fosse un gattino.
«Non preoccuparti, ci sono io con te...» la rassicurai, andando avanti.
Procedetti ancora per una ventina di metri, quando finalmente mi trovai dinanzi all’antro in cui “viveva” Roxanne.
«Ooooh... ma cosa ci fa “visetto d’angelo” in un posto così buio?» fu il benvenuto che ricevetti da questa.
Sorrisi.
«Ma che bello vedere che sei ancora così in salute, Roxanne... per essere una sfera di cristallo...».
Mi avvicinai al tavolino sul quale stava la palla di vetro, nella quale era possibile scorgere il volto di Roxanne, in tutto e per tutto simile a quello di una Gorgone: pelle verde, occhi smeraldo, labbra carnose e serpi al posto dei capelli.
Emise un verso gutturale che sembrava quasi un ringhio.
«Che cosa vuoi, Miss Capelli-da-favola?» mi chiese, con voce acida.
Ecco una cosa - forse l’unica - che apprezzavo di lei: la schiettezza.
Arrivava dritta al dunque, senza tanti giri di parole.
«Kevin. Voglio sapere dov’è e cosa lo trattiene fuori da casa così a lungo» risposi, decisa.
Roxanne scoppiò a ridere.
«E tu credi che te lo dica tanto facilmente? Cosa può convincermi ad aiutarti?».
Risi sommessamente: «Chissà perché, ma me lo aspettavo... allora vediamo se riesco a convincerti...».
Afferrai la sfera e la sollevai dal tavolo, facendola oscillare ad un metro circa da terra.
«C-che cosa fai?! » esclamò la donna-Gorgone, allarmata.
Quell’allarmismo era musica per le mie orecchie.
«Allora... vuoi aiutarmi... oppure preferisci fare un volo di un metro e mezzo e sfracellarti a terra in tanti minuscoli frammenti di vetro?» proposi, inarcando un sopracciglio.
«R-rimettimi giù, subito!».
La feci ondeggiare in aria.
«Scusami? Credo di non aver capito bene...».
Lo ammettevo: era troppo divertente fare la vampira cattiva, almeno per una volta.
Sentii Roxanne ringhiare di nuovo.
«Va bene!! Ti mostrerò dov’è, ma rimettimi sul tavolo, stupida mocciosa!!».
L’accontentai.
Girai quindi intorno al piano e presi posto nella grande sedia dorata posta dal lato opposto all’ingresso dell’antro.
«Allora, Roxanne? Sono tutta orecchi».
Iniziai a fissarla intensamente, mentre questa, borbottando chissà quali e quanti accidenti al mio indirizzo, si metteva all’opera.
Caddero diversi minuti di silenzio, nei quali continuai a carezzare Cindra, attendendo un responso.
Infine, quel silenzio venne spezzato, ma non da una voce normale, bensì da un gemito stridulo ed indistinto, come di chi sta soffocando.
«Roxanne?!?!» esclamai, saltando in piedi, un po’ per la paura, un po’ per la preoccupazione: che diamine stava accadendo?
Fissai la sfera ed ebbi un istantaneo moto di ribrezzo: la testa all’interno aveva gli occhi rivoltati e la bocca semidischiusa in quel grido lacerante.
Cindra tremò.
«C-che succede?» mi domandò, in ansia.
«N-non lo so! Come potrei saperlo?!» esclamai, agitata.
Mi chinai sulla sfera di cristallo: forse se l’avessi scossa si sarebbe ripresa...
A metà del movimento, però, arrivò la risposta che attendevo: «Il conte è in pericolo».




SECONDA CLASSIFICATA
Incubus
Fiamma Drakon

Scrittura: 8
Grammatica corretta fatta eccezione in due punti in cui il genere è sbagliato (verbi al maschile con soggetto femminile) e uso del plurale anziché del singolare. Il carattere utilizzato ‘Pristina’ si adatta molto all’ambientazione da te scelta. Vi è la presenza anche di termini ricercati e linguaggio vario.

Personaggi: 6
Sebbene vi sia una varietà di personaggi e tutti hanno una loro caratteristica personalità, nessuno risulta fortemente caratterizzato ma solo accennato all’interno della storia. Specialmente Ambrose che è l’antagonista di questa storia compare solo in un capitolo e non vengono narrate molte le sue motivazioni, la sua storia e la sua personalità che risulta quella del classico cattivo sadico e senza scrupoli. Lunette nonostante sia la protagonista e parli in prima persona troppe volte vengono limitati i suoi pensieri su ciò che le succede: l’uccisione del padre e della sorella (di cui tra l’altro non viene narrata la storia); l’amato ritrovato (di cui non si racconta la storia). A tratti assume anche le tipiche caratteristiche di una Mary Sue. Lo stesso vale per gli altri protagonisti ma trattandosi di personaggi secondari si può sorvolare sulla loro storia.

Mondo: 5
Nonostante tu abbia scelto come ambientazione o Mondo’ di creature e ambientazioni totalmente ideate da te ve ne sono poche. In primis i vampiri e la stessa atmosfera lugubre della storia sono più caratteristiche del mondo ‘Creature della notte’ presente nell’elenco da me proposto. Avresti potuto soffermarti maggiormente nella descrizione del castello e dei diversi personaggi che lo abitano dato che si trattava proprio dell’ambientazione da te creata visto che il resto della storia è ambientata a Parigi.

Fantasia: 7
Ho voluto premiare la tua capacità di creare una storia con dei personaggi totalmente inventati da te. L’unica pecca della trama (come già spiegato alla voce ‘Personaggi’) rimane la mancata descrizione del background dei personaggi (primo fra tutti Ambrose) e della scarsa introspezione di Lunette in punti chiave della storia: morte dei parenti e riunione con il proprio amato. Inoltre alcuni passaggi sono molto veloci mentre sarebbe stato meglio soffermarsi di più su alcune descrizioni o spiegazioni aggiuntive.

Totale: 26 su 40
   
 
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