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Autore: Niglia    04/04/2010    9 recensioni
{Vecchio titolo: The Wrong Man}
Giulia è una normale ragazza di 18 anni; va a scuola, esce con le amiche e, quando capita, con qualche ragazzo, ma non è certo alla ricerca del Principe Azzurro.
Sembra l'inizio di un'estate come le altre quando, all'improvviso, compare Enrico: l'erede di un impero criminale, bello e affascinante, che si invaghisce di lei e la obbliga, un po' con le buone e un po' con le cattive, a frequentarlo...
"I tuoi amici non sanno dove sei, però loro sono al sicuro." Mormorò, avvicinando le labbra al mio orecchio e facendomi rabbrividire con il suo caldo respiro. "Cerca di fare in modo che rimangano tali... Se mi disobbedisci in qualsiasi modo, farò loro del male, e ti assicuro che sembrerà un incidente."
Parlava come farebbe un amante nell'intimità di una camera da letto, con la stessa voce calda e rassicurante, leggermente roca: eppure le sue parole erano tutto fuorchè rassicuranti. La sua era una minaccia bella e buona...
[dal Capitolo 7]
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo XIV

















Se ne andò quasi subito dopo.

Lo accompagnai al cancello – più per assicurarmi che uscisse che per semplice cortesia, in realtà – e ritornai di corsa dentro casa, con l’unico desiderio di mangiare qualcosa con un alto contenuto calorico. Avevo avuto un pericoloso calo di zuccheri, e dovevo rimediare il prima possibile.

Una volta rimasta sola con i miei pensieri, mi decisi ad aprire la borsa che Enrico aveva usato come scusa per entrare in casa mia. Effettivamente, dentro c’erano i miei vestiti e, cosa più importante, il mio cellulare: era spento, anche se ero più che sicura di averlo lasciato acceso… Quindi, o si era scaricato nel frattempo, oppure Enrico si era messo a frugarlo; beh, avrei dovuto aspettarmelo. Con un sospiro mi sedetti a gambe incrociate nel letto e lo accesi, digitando automaticamente la password. Chissà se aveva letto i miei messaggi? Arrossii lievemente al pensiero dei messaggi di Matteo che poteva aver trovato, ma alla fine decisi che non mi importava: non era mica il mio ragazzo! Anzi, nessuno dei due lo era, quindi perché avrei dovuto sentirmi imbarazzata?

Scorsi velocemente la rubrica, e poi trovai quello che stavo cercando. Enrico. Ma certo, aveva memorizzato il suo numero nel mio telefondo, Dio che arroganza… Come se sapesse anche prima di venire da me come si sarebbe conclusa la sua ‘visita’! Fissai a lungo quel nome, assorta e indecisa sul da farsi. Gli avrei dovuto mandare un messaggio? Del tipo Domani, davanti alla banca a mezzogiorno in punto o sarebbe stato troppo western?

Mi passai la mano tra i capelli in un gesto innervosito, sbuffando. Stavo diventando matta…

Poi un pensiero mi fulminò, facendomi sgranare gli occhi. Alessandra! Dovevo dirlo a lei, dovevo metterla al corrente del fatto che avevo deciso di uscire con il leone! Cercai il suo numero e feci per avviare la chiamata, ma subito dopo mi bloccai, il dito sospeso sopra il tasto.

Mi avrebbe dato della pazza se l’avesse saputo… Inoltre lei era chiaramente dalla parte di Riccardo, mi avrebbero chiuso a chiave in casa mia senza permettermi di vedere Enrico – non che mi importasse, ma il fatto era che lui avrebbe fatto del male a loro se io non avessi rispettato la promessa fatta…

Avevo vissuto diciotto anni in una specie di campana di vetro, in tutta tranquillità… E ora le avventure e i casini dovevano arrivare tutti insieme? Ma che cavolo!

Gettai il telefono sul letto, decidendo di non chiamare la mia migliore amica. Non ora, almeno, specificai tra me; era ovvio che prima o poi glielo avrei detto, anche perché se l’avesse scoperto da altri sarebbe stato peggio… Dovevo solo trovare il momento giusto per dirglielo. Che poi, adesso che ci pensavo, avevo bisogno che Ale mi coprisse le future uscite con Enrico! Non potevo vederlo di nascosto dai miei genitori e dalla mia amica contemporaneamente, prima o poi sarebbe saltata tutta la copertura. No, dovevo dirlo ad Alessandra. Perciò, con un sospiro rassegnato, presi di nuovo il cellulare e digitai rapidamente un messaggio, inviandolo prima che potessi cambiare idea.

Geme, ti devo parlare. Ci vediamo più tardi?

Se la conoscevo, avrebbe capito già da quel semplice messaggio che c’era qualcosa che non andava, e mi avrebbe risposto subito. Bene, almeno si sarebbe preparata psicologicamente… Non tardò molto, infatti, a rispondere.

Certamente, geme. Vieni a casa mia? E’ tutto okay?

Un altro sospiro. Si si, non preoccuparti… Dai, appena tornano i miei mi faccio accompagnare da te. Mi raccomando, preparami qualcosa di estremamente fritto e che grondi cioccolato…

Riuscii a sorridere debolmente mentre le inviavo quel messaggio: il fatto che riuscissi ancora a sdrammatizzare era un buon segno o semplicemente era sinonimo della mia estrema stupidità?

Lo squillo soffocato del telefono mi avvisò della risposta della mia amica. Ahia, è grave se vuoi strafogarti di cibo… Va bene comunque, la cucina lasciala a me. E portati il pigiama che stasera dormi a casa mia!

Almeno sarei stata al sicuro da Enrico, almeno per quella notte. Perciò annuii, rispondendo affermativamente al suo invito e aspettando il rientro dei miei genitori. Nell’attesa, mi gettai sul letto e ripresi l’Ipod e le sue tristi colonne sonore; si, stavo proprio male.

“Cosa diavolo hai fatto?!”

Osservai senza rispondere Alessandra che sgranava gli occhi, sconvolta, mentre scattava in piedi e faceva su e giù per tutta la larghezza della sua piccola cameretta. Si portava le mani tra i capelli nel mio stesso gesto nervoso – era lei che l’aveva preso da me o il contrario? – e gemeva tra sé. Alla fine si fermò di fronte a me, scuotendo la testa e alzando le braccia al cielo. “Sei del tutto pazza!”

Sospirai, scrollando le spalle; sapevo con una certezza quasi matematica che quelle sarebbero state le sue prime parole.

“Geme, non potevo fare nient’altro…” Provai a dire a mia discolpa, giocherellando con uno dei pupazzi che aveva sopra il letto.

“Non potevi?” Replicò invece, sedendosi nell’altro letto, di fronte a me. “Oh, si invece! Avresti dovuto dirgli chiaro e tondo che non eri interessata a lui, e farlo scendere dal suo piedistallo! Che razza di stronzo presuntuoso ed arrogante!”

Non potei fare a meno di sorridere debolmente, ma tornai seria più in fretta del solito. “Senti geme, te l’ho già spiegato… Ha minacciato di farvi del male! Avrei dovuto dirgli di no dopo che era entrato di nascosto in casa mia con me dentro, e da sola? Chissà cosa cavolo sarebbe potuto succedere!”

Le avevo detto tutto quanto, perciò non c’era proprio niente che dovessi tenerle nascosto; sapeva per filo e per segno quello che era successo, aveva addirittura voluto vedere il numero che lui aveva memorizzato nel mio telefono, dopodichè mi aveva fatto ripetere la storia un’altra volta. E adesso eravamo al punto di partenza, senza nessun odore di soluzione.

“Okay, anche tu hai ragione…” Sbuffò. “Accidenti, sembra senza via d’uscita! Che si fa?”

Scrollai per l’ennesima volta le spalle, lo sguardo perso nel vuoto. “Non lo so…”

Alessandra rimase in silenzio per un po’, intrecciandosi una ciocca di capelli intorno al dito. “Ci vuoi uscire, vero…?” Mormorò alla fine, guardandomi.

Sospirai per l’ennesima volta. “Non è che voglio… Il punto è che devo… Dovrei inimicarmi gli Occhi Belli, secondo te? Ti sei già dimenticata quello che ci ha raccontato Riccardo?”

“È proprio perché non me ne sono dimenticata che te lo sto dicendo!” Replicò, incrociando le braccia.

Questa volta toccò a me sbuffare. “Senti geme, non mi stai rendendo per niente le cose più facili. Lo so che mi sono infilata in un casino più grande di me, ma non è colpa mia! Enrico è un ragazzino viziato, e quando io ci sarò uscita due volte, massimo tre, si stancherà e mi lascerà perdere. Quanto scommetti che la settimana prossima starà già uscendo con qualcun’altra?” Scossi la testa, abbassando la voce. “È solo una situazione temporanea, Ale, fino a quando non ne avrà avuto abbastanza. Stai tranquilla.”

Il problema, a quel punto, era che ero io a non essere per niente tranquilla.

Mi raggiunse, sedendosi accanto a me, e dopo l’ennesimo sospiro si decise a parlare. “Okay, va bene. Allora dimmi, geme… Cosa vuoi che faccia? Sputa il rospo.”

Accennai un debole sorriso, annuendo colpevole. “Era proprio questo che ti volevo dire… Dovresti farmi l’immenso favore di coprire le mie uscite con Enrico. Non posso certo dire ai miei che esco con lui, mi farebbero il terzo grado e non è proprio il caso… Quindi, quando dovrò uscire con Occhi Belli, dovresti assicurarti che i miei non lo vengano a sapere.”

Ale trattenne per un attimo il fiato, preoccupata. “Si, ma… E se ti dovesse succedere qualcosa, mentre sei con lui? Che si fa?”

Scossi la testa, stranamente tranquilla. “Non credo che abbia intenzione di farmi fuori al primo appuntamento!” Dissi, cercando di buttarla sul ridere.

La mia amica però non sembrava molto disposta a stare al gioco. “C’è poco da scherzare…” Disse infatti, aggrottando le sopracciglia.

“Oh dai, geme, ora non esagerare!” Replicai, leggermente scocciata. “E comunque, se proprio vogliamo stare sicure, posso portare quel coltellino a serramanico in borsetta, nel caso la situazione diventi ingestibile. Sei più tranquilla?”

La vidi chiudere gli occhi per una manciata di secondi, prima che scuotesse la testa per l’ennesima volta. “No, non ti ci vedo proprio ad aggredire un ragazzo che è il doppio di te…” Sospirò, poi mi attirò in un abbraccio. “Comunque si, sono più tranquilla. Però tieniti sempre il telefono acceso, okay? Così mi mandi un messaggio ogni tanto per farmi sapere che sei ancora viva.”

“Geme, non sto andando in guerra!” Ribattei, ricambiando l’abbraccio.

“Eh, oddio…”

Purtroppo non potevo fare niente per tranquillizzarla, dato che non lo ero del tutto nemmeno io. Speravo solo che quella storia finisse il prima possibile, in modo da non doverci più pensare. Un po’ come quando si va dal dentista per togliere un dente… Prima si toglie, prima cessa il dolore.

Davvero una bella metafora; avrei voluto che fosse così anche per me, ma… Oh beh, quanto mi sbagliavo…

Non sapevo proprio che cosa accidenti avrei dovuto indossare.

Se avessi messo un semplice paio di jeans con una maglietta a maniche corte – cosa che avevo puntato da subito – si sarebbe sicuramente arrabbiato, dato che nel messaggio aveva precisato di vestirmi in modo elegante. Ma se pensava che avrei messo un vestitino o una gonna solo per far piacere a lui, beh, aveva proprio sbagliato persona!

Okay, sapevo che non era il caso farlo innervosire al primo appuntamento, non sapendo ancora di che cosa fosse realmente capace; così, finii per indossare un paio di pantaloni bianchi e lunghi, a sigaretta, abbinati ad una leggera camicia rossa in lino, con le francesine dello stesso colore. Non troppo elegante ma neanche troppo casual: insomma, era una mise che avrei potuto mettere anche per uscire con Alessandra e che, soprattutto, non avrebbe fatto insospettire i miei genitori. Comunque la giacchina nera avrebbe mascherato un po’ quel completino, per fortuna.

Adesso non mi restava che farmi accompagnare a casa di Ale. Se avessi avuto la patente sarebbe stato tutto più facile, ma avrei compiuto diciotto anni solo tra una ventina di giorni, e di conseguenza non avevo ancora neppure iniziato il corso. Pazienza: avrei dovuto semplicemente dire qualche bugia in più, nulla di che rispetto a quello che avevo intenzione di tenere loro nascosto… Comunque, avevo avvisato la mia amica che mio padre mi avrebbe accompagnato da lei alle otto e mezza, e che l’appuntamento con Enrico – oddio, mi faceva un po’ specie dirlo così, ma bisognava chiamare le cose per quello che erano – sarebbe stato solo una mezz’ora dopo. Fin qui tutto okay, non sarebbe successo nulla di grave. Inoltre gli accordi erano che avrei dovuto dormire da Alessandra, quindi alla fine sarei tornata da lei. Non sapevo che cosa avesse raccontato ai suoi genitori a proposito di quella situazione, ma speravo davvero che, qualsiasi cosa fosse, non avrebbe aggravato la mia già debole posizione.

Perciò, quando arrivai da Ale, non mi rimase che aspettare con lei, sedute sulle poltroncine nella veranda di casa sua, che arrivasse Enrico. Era stata la mezz’ora più lunga della mia vita: quasi non ci scambiammo una sola parola, limitandoci a lanciarci sguardi ansiosi, guardare l’orologio ogni minuto e sussultare ad ogni rumore di macchina che sentivamo in strada. Mio Dio, non credevo che sarebbe stato così terribile aspettare quel ragazzo.

Alle nove in punto poi, puntuale come un orologio, sentimmo una macchina frenare di fronte al cancello della casa della mia migliore amica, e io compresi ancora prima di vederlo che si trattava di lui. Presi un bel respiro, alzandomi dalla sedia, e abbracciando Alessandra con un leggero tremito del braccio.

“Vuoi che ti accompagni alla porta?” Domandò, preoccupata.

Ma io scossi la testa. “No, no. Non voglio che pensi che ho così tanta paura di lui da andare con la scorta. Ci sentiamo più tardi, okay? Ti mando un messaggio non appena ci sono novità.”

Lei annuì, tremendamente seria. “In bocca al lupo, geme.”

Sorrisi, raggiungendo il cancelletto. “Crepi. Ciao, a dopo!”

Una volta in strada, osai sollevare lo sguardo sulla macchina nera decappottabile parcheggiata dal lato opposto al mio.

Enrico era lì, come avevo immaginato. Era sceso dall’auto ed ora era in piedi, poggiato sul cofano della sua cabriolet Focus nuova di zecca, e con un’espressione assurdamente arrogante stampata in volto. E io sarei dovuta uscire con quell’essere? Oh mamma…

Comunque, detesto ammetterlo ma non potevo non pensare che malgrado tutto faceva la sua bella figura. Insomma, era un bel ragazzo, e questo era un semplice dato di fatto. Indossava un paio di morbidi pantaloni neri, una camicia bianca che portava con nonchalance al di fuori di essi, una cravatta a righe allentata intorno al collo e una giacca altrettanto nera che sembrava essersi appena buttato sulle spalle. Le mani erano posate sul cofano, all’indietro, così che la camicia si tendeva sull’addome sottolineandone i muscoli scolpiti.

Non potei impedirmi di arrossire, mentre cercavo di rivolgere lo sguardo da tutt’altra parte. Accidenti, se quello era l’inizio non volevo immaginarmi il seguito… Sarebbe stata una lunga serata.

“Ciao, Giulia.” Mi salutò, con un tono di voce incredibilmente carezzevole e sensuale. Mio Dio, aveva già intenzione di provarci? Beh, gli avrei fatto cambiare idea subito.

Lo raggiunsi cercando di sembrare minacciosa, ma ammetto che l’effetto sarebbe stato migliore se avessi avuto delle scarpe più comode: fare la dura con i tacchi alti otto centimetri non era il massimo.

“Voglio mettere in chiaro subito un paio di cose, Enrico.” Sbottai, non appena gli arrivai di fronte. “Non ho intenzione di assecondare ogni tuo capriccio, sono qui solo perché mi hai gentilmente minacciato, e pertanto sei pregato di limitare le chiacchiere maliziose a zero. Okay?”

Come avrei dovuto aspettarmi il suo volto si aprì in un sorriso, come se fosse maledettamente divertito da quello che gli avevo appena detto. “E sentiamo, di cosa dovremmo parlare?” Chiese, cercando di non ridermi in faccia. Apprezzai lo sforzo.

“Di calcio, se vuoi, o di qualche altro argomento che non sfiori il personale. Vorrei fare in modo che questo non sembri un appuntamento.” Replicai, rendendomi conto, non appena chiusi la bocca, di quanto stupide dovevano sembrargli le mie parole. Oh beh, per quello che mi importava…

A quel punto non riuscì più a trattenersi e ridacchiò, piano, facendosi da parte e aprendomi lo sportello della macchina. “Mi dispiace, Giulia, ma questo non rientra negli accordi. Questo è un appuntamento, e farò anche in modo che sia indimenticabile.” La sua voce era tornata ad essere un dolce sussurro, malgrado io lo stessi guardando come se fosse stato un alligatore che stava aspettando solo il momento buono per saltarmi addosso. “Prego.” Aggiunse, facendomi cenno di salire in macchina.

Mi limitai a sbuffare, salendo in macchina e biascicando un “Grazie” innervosito che tuttavia non sembrò sfiorarlo minimamente. Accidenti, era davvero una testa dura!

Fece il giro dell’auto e poi vi salì con una calma invidiabile, mentre io cercavo di ignorarlo combattendo con la cintura di sicurezza. Vedendomi in difficoltà – non riuscivo a farla scorrere da dietro! – si chinò su di me, afferrandola e facendola scattare nella serratura. Trattenni istintivamente il fiato nel vederlo e nel sentirlo così vicino, e il suo sorrisetto mi confermò che anche lui era palemesemente conscio di quella vicinanza. Ad ogni modo non fece nulla di riprovevole, limitandosi ad allacciarmi la cintura.

“Ammetto che è un po’ dura da togliere.” Disse, tornando al suo posto.

“Già…” Balbettai, guardando dritta davanti a me.

Avevo le guance in fiamme, e non ero con lui che da pochi minuti. Perfetto, davvero perfetto.

Alessandra avrebbe raccolto il mio cadavere alla fine di quella serata.














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Accidenti... Sono di nuovo in ritardo -.-'' Sto scrivendo e studiando talmente tanto, ultimamente, che faccio fatica a concentrarmi su una cosa alla volta! Comunque siamo arrivate al 14 capitolo, alleluja XD Spero che vi piaccia, ma saprete del loro primo appuntamento solo nel prossimo (prego di riuscire a postarlo prima di Natale, oddio ^^'') Scherzi a parte, voglio ringraziare ChasingTheSun, renesme & jacob, XXX_Ice_Princess_XXX, rodney e Merry NIcEssus per aver recensito, le 66 fantastiche persone che l'hanno inserita tra le preferite e le 88 tra le seguite! Sono davvero, davvero tanto commossa :')

Bene, questo è il mio regalino di Buona Pasqua! *-* Inoltre, vorrei mostrarvi Enrico come io me l'immagino in questo capitolo...

Enrico Occhi Belli

E questa è la sua macchina!

Cabriolet Ford Focus

Bene, spero vi piacciano entrambi +____+ E con questo vi saluto! Un bacione, al prossimo capitolo!

Ciao ciao ^^

   
 
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