Capitolo XIV
Se
ne andò quasi subito dopo.
Lo
accompagnai al cancello – più per assicurarmi che
uscisse
che per semplice cortesia, in realtà – e ritornai
di corsa dentro casa, con
l’unico desiderio di mangiare qualcosa con un alto contenuto
calorico. Avevo
avuto un pericoloso calo di zuccheri, e dovevo rimediare il prima
possibile.
Una
volta rimasta sola con i miei pensieri, mi decisi ad
aprire la borsa che Enrico aveva usato come scusa per entrare in casa
mia.
Effettivamente, dentro c’erano i miei vestiti e, cosa
più importante, il mio
cellulare: era spento, anche se ero più che sicura di averlo
lasciato acceso…
Quindi, o si era scaricato nel frattempo, oppure Enrico si era messo a
frugarlo; beh, avrei dovuto aspettarmelo. Con un sospiro mi sedetti a
gambe
incrociate nel letto e lo accesi, digitando automaticamente la
password. Chissà
se aveva letto i miei messaggi? Arrossii lievemente al pensiero dei
messaggi di
Matteo che poteva aver trovato, ma alla fine decisi che non mi
importava: non
era mica il mio ragazzo! Anzi, nessuno dei due lo era, quindi
perché avrei
dovuto sentirmi imbarazzata?
Scorsi
velocemente la rubrica, e poi trovai quello che stavo
cercando. Enrico. Ma certo, aveva
memorizzato il suo numero nel mio telefondo, Dio che
arroganza… Come se sapesse
anche prima di venire da me come si sarebbe conclusa la sua
‘visita’! Fissai a
lungo quel nome, assorta e indecisa sul da farsi. Gli avrei dovuto
mandare un
messaggio? Del tipo Domani, davanti alla
banca a mezzogiorno in punto o sarebbe stato troppo western?
Mi
passai la mano tra i capelli in un gesto innervosito,
sbuffando. Stavo diventando matta…
Poi
un pensiero mi fulminò, facendomi sgranare gli occhi.
Alessandra! Dovevo dirlo a lei, dovevo metterla al corrente del fatto
che avevo
deciso di uscire con il leone! Cercai il suo numero e feci per avviare
la
chiamata, ma subito dopo mi bloccai, il dito sospeso sopra il tasto.
Mi
avrebbe dato della pazza se l’avesse saputo…
Inoltre lei
era chiaramente dalla parte di Riccardo, mi avrebbero chiuso a chiave
in casa
mia senza permettermi di vedere Enrico – non che mi
importasse, ma il fatto era
che lui avrebbe fatto del male a loro
se io non avessi rispettato la promessa fatta…
Avevo
vissuto diciotto anni in una specie di campana di
vetro, in tutta tranquillità… E ora le avventure
e i casini dovevano arrivare
tutti insieme? Ma che cavolo!
Gettai
il telefono sul letto, decidendo di non chiamare la
mia migliore amica. Non ora, almeno,
specificai tra me; era ovvio che prima o poi glielo avrei detto, anche
perché
se l’avesse scoperto da altri sarebbe stato
peggio… Dovevo solo trovare il
momento giusto per dirglielo. Che poi, adesso che ci pensavo, avevo
bisogno che
Ale mi coprisse le future uscite con Enrico! Non potevo vederlo di
nascosto dai
miei genitori e dalla mia amica contemporaneamente, prima o poi sarebbe
saltata
tutta la copertura. No, dovevo
dirlo
ad Alessandra. Perciò, con un sospiro rassegnato, presi di
nuovo il cellulare e
digitai rapidamente un messaggio, inviandolo prima che potessi cambiare
idea.
Geme,
ti devo parlare.
Ci vediamo più tardi?
Se
la conoscevo, avrebbe capito già da quel semplice
messaggio che c’era qualcosa che non andava, e mi avrebbe
risposto subito. Bene,
almeno si sarebbe preparata psicologicamente… Non
tardò molto, infatti, a
rispondere.
Certamente,
geme. Vieni
a casa mia? E’ tutto okay?
Un
altro sospiro. Si
si, non preoccuparti… Dai, appena tornano i miei mi faccio
accompagnare da te.
Mi raccomando, preparami qualcosa di estremamente fritto e che grondi
cioccolato…
Riuscii
a sorridere debolmente mentre le inviavo quel
messaggio: il fatto che riuscissi ancora a sdrammatizzare era un buon
segno o
semplicemente era sinonimo della mia estrema stupidità?
Lo
squillo soffocato del telefono mi avvisò della risposta
della mia amica. Ahia, è grave se
vuoi
strafogarti di cibo… Va bene comunque, la cucina lasciala a
me. E portati il
pigiama che stasera dormi a casa mia!
Almeno
sarei stata al sicuro da Enrico, almeno per quella
notte. Perciò annuii, rispondendo affermativamente al suo
invito e aspettando
il rientro dei miei genitori. Nell’attesa, mi gettai sul
letto e ripresi l’Ipod
e le sue tristi colonne sonore; si, stavo proprio male.
“Cosa
diavolo hai fatto?!”
Osservai
senza rispondere Alessandra che sgranava gli occhi,
sconvolta, mentre scattava in piedi e faceva su e giù per
tutta la larghezza
della sua piccola cameretta. Si portava le mani tra i capelli nel mio
stesso
gesto nervoso – era lei che l’aveva preso da me o
il contrario? – e gemeva tra
sé. Alla fine si fermò di fronte a me, scuotendo
la testa e alzando le braccia
al cielo. “Sei del tutto pazza!”
Sospirai,
scrollando le spalle; sapevo con
una certezza quasi matematica che quelle sarebbero state
le sue prime parole.
“Geme,
non potevo fare nient’altro…” Provai a
dire a mia
discolpa, giocherellando con uno dei pupazzi che aveva sopra il letto.
“Non
potevi?” Replicò invece, sedendosi
nell’altro letto, di
fronte a me. “Oh, si invece! Avresti dovuto dirgli chiaro e tondo che non eri interessata a
lui, e farlo scendere dal
suo piedistallo! Che razza di stronzo presuntuoso ed
arrogante!”
Non
potei fare a meno di sorridere debolmente, ma tornai
seria più in fretta del solito. “Senti geme, te
l’ho già spiegato… Ha
minacciato di farvi del male! Avrei dovuto dirgli di no dopo che era
entrato di
nascosto in casa mia con me dentro,
e
da sola? Chissà cosa
cavolo sarebbe
potuto succedere!”
Le
avevo detto tutto quanto, perciò non c’era proprio
niente
che dovessi tenerle nascosto; sapeva per filo e per segno quello che
era
successo, aveva addirittura voluto vedere il numero che lui aveva
memorizzato
nel mio telefono, dopodichè mi aveva fatto ripetere la
storia un’altra volta. E
adesso eravamo al punto di partenza, senza nessun odore di soluzione.
“Okay,
anche tu hai ragione…” Sbuffò.
“Accidenti, sembra
senza via d’uscita! Che si fa?”
Scrollai
per l’ennesima volta le spalle, lo sguardo perso nel
vuoto. “Non lo so…”
Alessandra
rimase in silenzio per un po’, intrecciandosi una
ciocca di capelli intorno al dito. “Ci vuoi uscire,
vero…?” Mormorò alla fine,
guardandomi.
Sospirai
per l’ennesima volta. “Non è che voglio… Il punto è
che devo… Dovrei
inimicarmi gli Occhi Belli,
secondo te? Ti sei già dimenticata quello che ci ha
raccontato Riccardo?”
“È
proprio perché non me ne sono dimenticata che te lo sto
dicendo!” Replicò, incrociando le braccia.
Questa
volta toccò a me sbuffare. “Senti geme, non mi
stai
rendendo per niente le cose più facili. Lo so che mi sono
infilata in un casino
più grande di me, ma non è colpa mia! Enrico
è un ragazzino viziato, e quando
io ci sarò uscita due volte, massimo tre, si
stancherà e mi lascerà perdere.
Quanto scommetti che la settimana prossima starà
già uscendo con
qualcun’altra?” Scossi la testa, abbassando la
voce. “È solo una situazione
temporanea, Ale, fino a quando non ne avrà avuto abbastanza.
Stai tranquilla.”
Il
problema, a quel punto, era che ero io
a non essere per niente tranquilla.
Mi
raggiunse, sedendosi accanto a me, e dopo l’ennesimo
sospiro si decise a parlare. “Okay, va bene. Allora dimmi,
geme… Cosa vuoi che
faccia? Sputa il rospo.”
Accennai
un debole sorriso, annuendo colpevole. “Era proprio
questo che ti volevo dire… Dovresti farmi
l’immenso favore di coprire le mie
uscite con Enrico. Non posso certo dire ai miei che esco con lui, mi
farebbero
il terzo grado e non è proprio il caso… Quindi,
quando dovrò uscire con Occhi
Belli, dovresti assicurarti che i miei non lo vengano a
sapere.”
Ale
trattenne per un attimo il fiato, preoccupata. “Si,
ma… E
se ti dovesse succedere qualcosa, mentre sei con lui? Che si
fa?”
Scossi
la testa, stranamente tranquilla. “Non credo che abbia
intenzione di farmi fuori al primo appuntamento!” Dissi,
cercando di buttarla
sul ridere.
La
mia amica però non sembrava molto disposta a stare al
gioco. “C’è poco da
scherzare…” Disse infatti, aggrottando le
sopracciglia.
“Oh
dai, geme, ora non esagerare!” Replicai, leggermente
scocciata. “E comunque, se proprio vogliamo stare sicure,
posso portare quel
coltellino a serramanico in borsetta, nel caso la situazione diventi
ingestibile. Sei più tranquilla?”
La
vidi chiudere gli occhi per una manciata di secondi, prima
che scuotesse la testa per l’ennesima volta. “No,
non ti ci vedo proprio ad aggredire
un ragazzo che è il doppio di te…”
Sospirò, poi mi attirò in un abbraccio.
“Comunque si, sono più tranquilla. Però
tieniti sempre il telefono acceso,
okay? Così mi mandi un messaggio ogni tanto per farmi sapere
che sei ancora
viva.”
“Geme,
non sto andando in guerra!” Ribattei, ricambiando
l’abbraccio.
“Eh,
oddio…”
Purtroppo
non potevo fare niente per tranquillizzarla, dato
che non lo ero del tutto nemmeno io. Speravo solo che quella storia
finisse il
prima possibile, in modo da non doverci più pensare. Un
po’ come quando si va
dal dentista per togliere un dente… Prima si toglie, prima
cessa il dolore.
Davvero
una bella metafora; avrei voluto che fosse così anche
per me, ma… Oh beh, quanto mi sbagliavo…
Non
sapevo proprio che cosa accidenti avrei dovuto indossare.
Se
avessi messo un semplice paio di jeans con una maglietta a
maniche corte – cosa che avevo puntato da subito –
si sarebbe sicuramente
arrabbiato, dato che nel messaggio aveva precisato di vestirmi in modo
elegante. Ma se pensava che avrei messo un vestitino o una gonna solo
per far
piacere a lui, beh, aveva proprio sbagliato persona!
Okay,
sapevo che non era il caso farlo innervosire al primo
appuntamento, non sapendo ancora di che cosa fosse realmente capace;
così,
finii per indossare un paio di pantaloni bianchi e lunghi, a sigaretta,
abbinati ad una leggera camicia rossa in lino, con le francesine dello
stesso
colore. Non troppo elegante ma neanche troppo casual: insomma, era una mise che avrei potuto mettere anche per
uscire con Alessandra e che, soprattutto, non avrebbe fatto
insospettire i miei
genitori. Comunque la giacchina nera avrebbe mascherato un
po’ quel completino,
per fortuna.
Adesso
non mi restava che farmi accompagnare a casa di Ale.
Se avessi avuto la patente sarebbe stato tutto più facile,
ma avrei compiuto
diciotto anni solo tra una ventina di giorni, e di conseguenza non
avevo ancora
neppure iniziato il corso. Pazienza: avrei dovuto semplicemente dire
qualche
bugia in più, nulla di che rispetto a quello che avevo
intenzione di tenere
loro nascosto… Comunque, avevo avvisato la mia amica che mio
padre mi avrebbe
accompagnato da lei alle otto e mezza, e che l’appuntamento
con Enrico – oddio,
mi faceva un po’ specie dirlo così, ma bisognava
chiamare le cose per quello
che erano – sarebbe stato solo una mezz’ora dopo.
Fin qui tutto okay, non
sarebbe successo nulla di grave. Inoltre gli accordi erano che avrei
dovuto
dormire da Alessandra, quindi alla fine sarei tornata da lei. Non
sapevo che
cosa avesse raccontato ai suoi genitori a proposito di quella
situazione, ma
speravo davvero che, qualsiasi cosa fosse, non avrebbe aggravato la mia
già
debole posizione.
Perciò,
quando arrivai da Ale, non mi rimase che aspettare
con lei, sedute sulle poltroncine nella veranda di casa sua, che
arrivasse
Enrico. Era stata la mezz’ora più lunga della mia
vita: quasi non ci scambiammo
una sola parola, limitandoci a lanciarci sguardi ansiosi, guardare
l’orologio
ogni minuto e sussultare ad ogni rumore di macchina che sentivamo in
strada.
Mio Dio, non credevo che sarebbe stato così terribile
aspettare quel ragazzo.
Alle
nove in punto poi, puntuale come un orologio, sentimmo
una macchina frenare di fronte al cancello della casa della mia
migliore amica,
e io compresi ancora prima di vederlo che si trattava di lui.
Presi un bel respiro, alzandomi dalla sedia, e abbracciando
Alessandra con un leggero tremito del braccio.
“Vuoi
che ti accompagni alla porta?” Domandò,
preoccupata.
Ma
io scossi la testa. “No, no. Non voglio che pensi che ho
così tanta paura di lui da andare con la scorta. Ci sentiamo
più tardi, okay?
Ti mando un messaggio non appena ci sono novità.”
Lei
annuì, tremendamente seria. “In bocca al lupo,
geme.”
Sorrisi,
raggiungendo il cancelletto. “Crepi. Ciao, a dopo!”
Una
volta in strada, osai sollevare lo sguardo sulla macchina
nera decappottabile parcheggiata dal lato opposto al mio.
Enrico
era lì, come avevo immaginato. Era sceso dall’auto
ed
ora era in piedi, poggiato sul cofano della sua cabriolet Focus nuova
di zecca,
e con un’espressione assurdamente arrogante stampata in
volto. E io sarei
dovuta uscire con quell’essere? Oh mamma…
Comunque,
detesto ammetterlo ma non potevo non pensare che
malgrado tutto faceva la sua bella figura. Insomma, era un bel ragazzo,
e
questo era un semplice dato di fatto. Indossava un paio di morbidi
pantaloni
neri, una camicia bianca che portava con nonchalance al di fuori di
essi, una
cravatta a righe allentata intorno al collo e una giacca altrettanto
nera che
sembrava essersi appena buttato sulle spalle. Le mani erano posate sul
cofano,
all’indietro, così che la camicia si tendeva
sull’addome sottolineandone i
muscoli scolpiti.
Non
potei impedirmi di arrossire, mentre cercavo di rivolgere
lo sguardo da tutt’altra parte. Accidenti, se quello era
l’inizio non volevo
immaginarmi il seguito… Sarebbe stata una lunga serata.
“Ciao,
Giulia.” Mi salutò, con un tono di voce
incredibilmente carezzevole e sensuale. Mio Dio, aveva già
intenzione di
provarci? Beh, gli avrei fatto cambiare idea subito.
Lo
raggiunsi cercando di sembrare minacciosa, ma ammetto che
l’effetto sarebbe stato migliore se avessi avuto delle scarpe
più comode: fare
la dura con i tacchi alti otto centimetri non era il massimo.
“Voglio
mettere in chiaro subito un paio di cose, Enrico.”
Sbottai, non appena gli arrivai di fronte. “Non ho intenzione
di assecondare
ogni tuo capriccio, sono qui solo perché mi hai gentilmente
minacciato, e
pertanto sei pregato di limitare le chiacchiere maliziose a zero.
Okay?”
Come
avrei dovuto aspettarmi il suo volto si aprì in un
sorriso, come se fosse maledettamente divertito da quello che gli avevo
appena
detto. “E sentiamo, di cosa dovremmo parlare?”
Chiese, cercando di non ridermi
in faccia. Apprezzai lo sforzo.
“Di
calcio, se vuoi, o di qualche altro argomento che non
sfiori il personale. Vorrei fare in modo che questo non
sembri un appuntamento.” Replicai, rendendomi conto, non
appena
chiusi la bocca, di quanto stupide dovevano sembrargli le mie parole.
Oh beh,
per quello che mi importava…
A
quel punto non riuscì più a trattenersi e
ridacchiò, piano,
facendosi da parte e aprendomi lo sportello della macchina.
“Mi dispiace,
Giulia, ma questo non rientra negli accordi. Questo è
un appuntamento, e farò anche in modo che sia
indimenticabile.”
La sua voce era tornata ad essere un dolce sussurro, malgrado io lo
stessi
guardando come se fosse stato un alligatore che stava aspettando solo
il momento
buono per saltarmi addosso. “Prego.” Aggiunse,
facendomi cenno di salire in
macchina.
Mi
limitai a sbuffare, salendo in macchina e biascicando un
“Grazie” innervosito che tuttavia non
sembrò sfiorarlo minimamente. Accidenti,
era davvero una testa dura!
Fece
il giro dell’auto e poi vi salì con una calma
invidiabile, mentre io cercavo di ignorarlo combattendo con la cintura
di
sicurezza. Vedendomi in difficoltà – non riuscivo
a farla scorrere da dietro! –
si chinò su di me, afferrandola e facendola scattare nella
serratura. Trattenni
istintivamente il fiato nel vederlo e nel sentirlo così
vicino, e il suo
sorrisetto mi confermò che anche lui era palemesemente
conscio di quella
vicinanza. Ad ogni modo non fece nulla di riprovevole, limitandosi ad
allacciarmi la cintura.
“Ammetto
che è un po’ dura da togliere.” Disse,
tornando al
suo posto.
“Già…”
Balbettai, guardando dritta davanti a me.
Avevo
le guance in fiamme, e non ero con lui che da pochi
minuti. Perfetto, davvero perfetto.
Alessandra avrebbe raccolto il mio cadavere alla fine di quella serata.
_________________________________________________________________________
Accidenti... Sono di nuovo in ritardo -.-'' Sto scrivendo e studiando talmente tanto, ultimamente, che faccio fatica a concentrarmi su una cosa alla volta! Comunque siamo arrivate al 14 capitolo, alleluja XD Spero che vi piaccia, ma saprete del loro primo appuntamento solo nel prossimo (prego di riuscire a postarlo prima di Natale, oddio ^^'') Scherzi a parte, voglio ringraziare ChasingTheSun, renesme & jacob, XXX_Ice_Princess_XXX, rodney e Merry NIcEssus per aver recensito, le 66 fantastiche persone che l'hanno inserita tra le preferite e le 88 tra le seguite! Sono davvero, davvero tanto commossa :')
Bene, questo è il mio regalino di Buona Pasqua! *-* Inoltre, vorrei mostrarvi Enrico come io me l'immagino in questo capitolo...
E questa è la sua macchina!
Bene, spero vi piacciano entrambi +____+ E con questo vi saluto! Un bacione, al prossimo capitolo!
Ciao ciao ^^