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Autore: Black Angel    10/08/2005    3 recensioni
Cos’è l’amore? Una domanda così semplice, eppure così complessa. Come quella parola che suona soave a ogni orecchio: Amore. Possibile che una sola parola possa descrivere un sentimento così grande, così esteso, così…profondo? Possibile che in una così piccola parola si nasconda un significato così vario? Perché di “amore” ne esistono tanti: l’amore passionale e violento di due amanti, quello dolce e puro di due fidanzati, l’amore naturale per il proprio figlio, quello gioioso tra amici…quello tra fratelli… Amore…..come facciamo a sapere se è veramente quello che fa battere il nostro cuore? Come facciamo a sapere se è quel sentimento, o una giovanile infatuazione che durerà solo qualche giorno? Come facciamo a riconoscere la persona giusta? Platone diceva che tutti noi siamo stati divisi, come una mela, e che non facciamo altro che cercare quella parte da cui siamo stati brutalmente privati: l’anima gemella. Ma esisterà davvero? Esiste la mia anima gemella…?
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3. Inferno e paradiso

Colonna sonora: Elisa - Heaven out of Hell

 

Il cinguettio canoro dei passerotti, già svegli dal primo mattino, mi condusse nel risveglio ad un nuovo giorno.

La luce pallida e grigiastra di una mattina che segue una notte di pioggia entrava pigra dalla finestra, ancora ingioiellata di quelle gemme che le nuvole avevano riversato per tutta la sera.

Non occorse molto tempo prima che i miei occhi si abituassero alla tenue luce, dandomi la possibilità di dare uno sguardo alla mia camera. Peccato che non mi trovavo nella mia camera e l’ordine in cui erano disposti tutti gli oggetti era un chiaro avvertimento, più di una targhetta con il nome del proprietario: quella in cui mi trovato era la camera di mio fratello!

- Io…c-che cavolo ci faccio qui? – sussurrai, con la voce ancora impastata dal sonno, cercando di alzarmi da quel groviglio di umide coperte. Ma non appena tentai di sollevarmi un sommesso mugugnare di disapprovazione, simile a quello di un neonato spostato contro la sua volontà, fermò i miei movimenti, attirando il mio sguardo sul peso posato sul mio petto. I miei occhi si allargarono sorpresi quando delinearono un Michael placidamente abbandonato nelle braccia del sonno, che usufruiva tranquillamente del mio corpo come cuscino. A vederlo lì, con il volto rilassato dalle carezze suadenti di Morfeo, non potei risparmiarmi dal paragonarlo ad un angelo sceso miracolosamente dal cielo. Un angelo che io stesso avevo sporcato quella stessa notte, affermandone la mia proprietà…facendolo mio…

In un breve attimo le emozioni cieche, i gesti misti ai sussurri di passione, le travolgenti sensazioni di poche ore prima mi tornarono prepotentemente alla memoria, come un fiume in piena che inonda ogni villaggio al suo passaggio.

Spalancai gli occhi, incredulo del mio stesso atto: avevo amoreggiato con mio fratello? E non si era trattato solo d’innocenti bacetti. Anzi, si era trattato di tutto fuorché di quello!

“Ma che cazzo ti è passato per la testa?” mi urlò la mia coscienza, intanto che tentavo nuovamente di alzarmi, ignorando volutamente il fatto che con i miei movimenti avrei rischiato di svegliare il bell’ addormentato.

“Sei un’idiota. Un’idiota completo! Non solo lui è un ragazzo, ma è pure tuo fratello!” continuai a rimproverarmi, mentre m’infilavo frettolosamente i jeans, abbandonati malamente sul pavimento.

Ma sei proprio il re dei coglioni. No, voglio dire: ma se proprio volevi spassartela con un ragazzo, perché cazzo hai scelto tuo fratello?”

Nonostante continuassi a criticarmi per la mia debolezza, sapevo bene, però, che quella notte non poteva essere catalogata semplicemente come una nuova esperienza. Anche se non l’avrei mai ammesso, in cuor mio ero cosciente del fatto che se tutto quello fosse successo con un ragazzo qualsiasi non si avrei pensato due volte a riempirlo di pugni non appena mi avesse sfiorato.

Invece con lui, con il mio odiato fratello minore, questo non era successo.

Con lui mi ero liberato di ogni pudore dando retta solo alle mie fantasie e, era terribilmente seccante ammetterlo, mi era pure piaciuto! Non era la prima volta che lo facevo, eppure era la prima volta che lo facevo in un modo così…bello forse è la parola giusta?

Per la prima volta qualcuno, in quell’atto che avevo sempre concepito come un’azione puramente fisica, era riuscito a scuotermi così profondamente da far vibrare anche il mio cuore, da farlo battere all’uninsoro con il suo mentre insieme raggiungevamo il nirvana.

Piantala con queste cazzate” mi dissi, scuotendo la testa. Michael, in fondo, non aveva tutti i torti a dirmi che fuggivo dalla realtà per non macchiarmi con essa.

- Steve? – il suo richiamo mi fece sobbalzare. Lo stesso richiamo che aveva ripetuto più e più volte nel corso della nottata: sussurrandolo, ansimandolo, gridandolo ed ogni volta il mio nome usciva dolce dalle sue labbra, come un canto velato di zucchero.

“No, basta! Devi darci un taglio o finirai per ricascarci”

Mi ero reso colpevole di un peccato, un peccato orribile, e qualunque cosa provassi per lui non giustificava il mio atto. Nulla avrebbe potuto giustificarlo...

Mi voltai verso di lui, vedendo di quale bellezza la natura lo aveva dotato: era ancora seduto sul letto, coperto solo dal leggero lenzuolo ed accarezzato, la dove non fosse scoperto, dai metallici raggi di sole, i capelli arruffati e gli occhi ancora velati dal sonno, così simile a un bambino troppo cresciuto. Puro come solo un angelo può essere. Davanti a tutto quello dovetti impegnare tutta la mia buona volontà per trattenere l’impulso di tornare a gustarmi delle sue labbra.

“E’ sbagliato. Tutto sbagliato” mi ripetevo nella testa, cercando di placare i miei bollenti spiriti.

- Stai bene? – mi chiese dolcemente, avvicinando di più il capo alla spalla. Sentì perfettamente il mio cuore fermarsi, e pregai che lo facesse per sempre, almeno quella tortura sarebbe finita. Quella dolce tortura…

- Non guardarmi così - mormorai, in una confusione di parole appena udibili da me stesso.

- Come? -

- Sì, sto bene – mi corressi, usando un tono degno di una bufera di neve e tornando a dargli le spalle.

Feci il possibile per concentrarmi sullo squarcio della città che la finestra mi offriva: un cane che passeggiava annusando qua e là qualche albero, una ragazzina sui pattini che si muoveva al tempo che la musica del suo walkman le offriva, una moglietta apprensiva che rincorreva il marito sventolando una serie di pratiche…qualunque cosa che mi distraesse da lui era perfetta, che distogliesse la mia mente dalle fantasie poco pure che in meno di un attimo aveva risvegliato.  

Avrei dovuto uscire da quella stanza senza dire più nulla, gettandogli una distratta occhiata di disprezzo per poi non rivolgergli mai più la parola. Forse così tutto sarebbe caduto nel dimenticatoio, tutto quello sarebbe sparito in un angolo remoto della memoria di entrambi. Ma Michael...per chissà quale stupido pensiero io non volevo ferirlo. Desideravo tutto fuorché quello. E ora sapevo che bastava davvero poco per infrangere il suo piccolo cuore, perché durante quella notte non ci fu solo uno scambio di effusioni ma anche rivelazioni, che avrebbero fatto meglio a restare chiuse nelle loro prigioni senza chiavi, così mi sarei sciolto da quella situazione con maggiore semplicità.

Avevo scoperto molte cose su di me e soprattutto su mio fratello, che era sempre stato un mistero. Tra queste quanto lui fosse fragile in realtà, tanto fragile da piangere mentre raggiungevamo il culmine, pregandomi di non abbandonarlo mai. Una fragilità che era stata in grado di sciogliermi, di farmi perdere la ragione come mai nessuno era riuscito a fare.

“Ma perché devi essere così perfetto, maledizione?” una domanda che trafisse dolorosamente i miei pensieri, destinata a rimanere senza risposta.

- Sicuro? – mi domandò il protagonista delle mie congetture, con un tono preoccupato.

- Ti ho già detto di sì – risposi bruscamente. Se mi l’avessi allontanato, se mi avesse odiato, disprezzato, insultato allora, forse, sarebbe stato più semplice buttarci dietro alle spalle quell’errore in cui entrambi eravamo scivolati. Sarebbe stato più semplice per entrambi…forse…

“Odiami, dannazione!” urlò la mia coscienza, straziata “Da solo non posso dimenticare. Non se mi guardi così! L’hai detto tu stesso, in fondo: non sono altro che un codardo”

Le mie disperate e mute richieste sparirono nel nulla non appena sentì le sue braccia allacciarsi sulla mia vita, stringendomi in un caldo abbraccio che mi fece sentire…come?

Come la notte appena trascorsa, durante la quale tutta la mia morale da bravo ragazzo era sparita lasciando spazio solo per…per cosa? Cosa provavo per il mio fratellino minore?

- Scusami – disse lui, strofinando la guancia contro la mia schiena nuda – Non volevo farti arrabbiare. Non voglio che succeda di nuovo – la sua voce si era ridotta a poco più di un sussurro, basso e roco come se fosse vicino al pianto. Probabilmente si riferiva nuovamente a quel fantomatico giorno in cui sembrava essere nato tutto il nostro distacco e di cui io non ricordavo nulla. Avrei voluto chiedergli che cosa fosse mai successo, che cosa ci aveva diviso e ci aveva proibito un rapporto tra normali fratelli, ma, sfortunatamente, Chronos non mi era favorevole.

- Preparati o faremo tardi a scuola – dissi atono, scrollandomi dal suo abbraccio e andando a rifugiarmi in camera mia, con la testa piena di domande a cui nessuno sarebbe stato in grado di dare una risposta. I miei occhi finirono sull’aggeggio rumoroso e fastidioso che mi aveva portato dritto tra le braccia del peccato, mentre lui si nascondeva diabolico sotto la sedia accostata alla mia scrivania. Sbuffando imprecazioni, mi chinai a raccoglierlo visualizzando le due chiamate che avevo ricevuto durante la nostra separazione: entrambe portavano un unico nome, che era il medesimo di colei che mi avrebbe schiarito un po’ le idee.

*

Per il resto della giornata ottenni ciò a cui avevo lambito: il silenzio, sceso implacabile tra noi, freddo e rabbioso come una marea. Tutto sembrava essere tornato come al solito, anzi, per coloro che ci avevano sempre osservati dall’esterno, nulla sembrava essere mai cambiato. Nessuno notava gli sguardi fuggiaschi che ci mandavamo ad ogni nostro incontro, per poi distogliere frettolosamente gli occhi quando s’incrociavano con quelli dell’altro. Tristezza, regina dei suoi, confusione, unica dama nei miei.

Nessuno, però, riuscì a scorgerle. Nessuno tranne lei, Mary-Jane, l’unica vera amica che posso ricordare.

Lei è stata la mia prima ragazza, alla tenera età di sei anni. Il cosiddetto “fidanzamento” si era trasformato presto in una pestifera complicità che ci aveva accompagnato durante tutta l’adolescenza e che ancora non ci lasciava. Lei, la bellissima e stramba ragazza perennemente allegra e saltellante come un folletto, io, l’affascinante ed oscuro ragazzo, che si nasconde dietro una maschera di freddezza. Probabilmente qualcuno definirebbe questo nostro rapporto come una sorta di “compensazione” per entrambi, e in effetti non andrebbe tanto lontano dalla realtà.

- Ti devo fare una flebo di vivacità, bello mio! – mi aveva detto ridendo un giorno, quando eravamo appena ragazzini - Sembri proprio un morto che cammina. Il mio dovere è quello di rimetterti nel mondo dei vivi -.

E Mary assolveva quel compito ogni santo giorno ronzandomi attorno, e facendo spargere voci infondate di un nostro fidanzamento tra le peppie invidiose della scuola. Ma nessuno di noi due dava importanza a quei pettegolezzi da tabloyd: stavamo bene insieme, ci divertivamo come mocciosi, e, soprattutto, Mary era l’unica persona con cui riuscivo a parlare di tutto, anche di argomenti imbarazzanti come quello che tentai di affrontare quella mattina.

Come nostra consuetudine, per la pausa pranzo ci ritirammo in terrazza in compagnia dei nostri panini. La pioggia, che aveva ripreso a scendere durante la mattinata, continuava a battere sopra la tettoia sotto alla quale ci eravamo rifugiati, diffondendo un rumore metallico  che riempiva quell’inconsueto silenzio nato tra noi.

- Si può sapere che hai oggi? – sbottò spazientita la mia compagna, all’improvviso.

- Ho qualcosa di diverso? – domandai di rimando, addentando il mio panino

- No, non so neanche cosa mi abbia dato quest’impressione – rispose ironicamente, alzando gli occhi al cielo – Forse il fatto che tu e tuo fratello non facciate altro che lanciarvi occhiate che variano dal “che cazzo ti ho fatto?” al “lasciami stare” ? -

La guardai spalancando gli occhi, con la bocca, aperta dallo stupore, ancora piena dell’ultimo morso del mio pranzo. La visione fece inorridire abbastanza la mia amica, che mi costrinse a richiuderla con la mano.

- Per favore. Ho appena mangiato -

- Te ne sei accorta, quindi – mormorai, lasciando da parte il mio stupore e annegandomi nell’amarezza.

- Beh, è un po’ difficile non accorgersene se mi parli a un centimetro dal viso –

- Intendevo dell’atmosfera tra me e mio fratello – le ricordai, lanciandole un’occhiataccia

- Oh, quello. No, guarda: stavo solo tirando ad indovinare – ribatté, accentuando le sue parole con un’ironia sempre più marcata – Allora, mi vuoi dire cos’hai? -

Sospirai pesantemente, preparandomi ad affrontare quel discorso che avrei voluto dimenticare al più presto – Ho fatto una cosa orribile – dissi, riavvolgendo il mio pranzo nella carta stagnola – E non so nemmeno il perché -

- Oh mio Dio! Chi hai ucciso? – urlò lei sconcertata, portandosi le mani alla bocca

- Mary vuoi essere un po’ seria? -

- Dai, scusa scusa - rise la mia amica, alzando le mani in segno di resa – Dimmi un po’ che hai combinato -

- Io…- le parole sembravano non voler uscire, bloccate nella mia gola per la troppa vergogna o forse per la paura di essere giudicato anche da lei che mi aveva sempre capito.

“Andiamo! Da quando m’imbarazzo a parlare con lei?”

- Tu? – m’incitò, curiosa di sapere qual’era il peccato commesso e per cui tanto mi dannavo

- Io…ho fatto sesso con un ragazzo – risposi tutto d’un fiato, cercando di contenermi nel mio autocontrollo.

- Cosa? E sarebbe questa la cosa orribile? – mi chiese, assumendo un’espressione delusa

- E come la definiresti? E’ una cosa completamente sbagliata – ribattei furioso, anche a causa della delusione. Mi chiesi che diamine si fosse immaginata, quella pazzoide, per reagire con tanta depressione.

- Non è sbagliato -

- E allora cos’è? Malato? Sono malato? –

Le sue sopraciglia, bionde come la sua folta chioma, si aggrottarono alla radice del suo nasino alla francese, mentre le esili braccia si incrociavano dietro la nuca – Non esiste amore sbagliato o malato, Steve - concluse semplicemente, sorridendo al vuoto.

“Non esiste…amore?”

- A-amore? – ripetei confuso dalla scelta di quella parola. Io l’avevo definito solo sesso, pur sapendo che non si trattava unicamente di un atto materiale, perché se così fosse stato non mi sarei dannato l’anima come stavo facendo. Ma lei l’aveva addirittura definito amore.

Un sorriso arricciò le labbra di Mary, in un’espressione dolcissima che conservava fin da bambina. Con un movimento fluido si spostò su di me, sedendosi a cavalcioni sul mio stomaco. I suoi occhioni verdi iniziarono a scrutare attentamente i miei

- Sai da quanto ci conosciamo, Steve? -

- Sono tredici anni, più o meno – risposi, non riuscendo ancora a capire dove volesse andare a parare.

- Din din, risposta esatta! E in tutti questi anni mai una volta ti ho sentito dire che ti eri innamorato di qualcuno. Mai – mi disse, addolcendo a poco a poco il suo tono – Di solito, quando andavi oltre al semplice bacio, lo dicevi come se non fosse successo nulla d’importante. Addirittura la tua prima volta me la descrivesti in questi toni – per qualche inspiegabile motivo il suo sorriso si allargò, inondandomi con la sua luminosità - Ma stavolta, stavolta è diverso: sei preoccupato, turbato, confuso, e il tuo unico pensiero è tuo fratello -

I miei occhi si spalancarono increduli, mentre mi puntavo sui gomiti – E tu come fai a sapere…? -

- Mi credi davvero così stupida? – rise, nascondendo appena la bocca dietro alla sua mano smaltata di un vivace viola - Ti conosco troppo bene -

- Allora, se lo sai, perché continui a dire che non è sbagliato? – gridai, ormai al limite della frustrazione – Non è forse un peccato da maledire? Cazzo, è pur sempre mio fratello, no? E io me lo sono fatto, tranquillamente, come se fosse una qualsiasi di quelle stupide che mi ronzano sempre intorno! Perché continui a dire che non sono malato? – il mio tono di voce era diventato poco più di un mormorio confuso con il rumore della pioggia che batteva sulla tettoia – Perché non riesco a levarmelo dalla testa? – chiesi, abbassando lo sguardo rigato dai cerchi dell’esasperazione. Ma Mary non mi permise di nascondere la mia debolezza, e con dolcezza poggiò le mani sul mio volto costringendolo a voltarmi verso di lei

- Nell’amore non c’è nulla di sbagliato, Steve. L’amore è il sentimento più puro e bello che qualcuno possa provare. Non importa come, non importa per chi…l’amore ti fa sentire vivo, ed è questo che conta. E tu, tu finalmente te ne sei accorto -

Rimasi lì, immobile, con le sue mani gentili sulle mie guance, con le sue parole piene di passione che riecheggiavano nel mio cervello senza darmi il tempo di rifletterci.

- M-m-ma…insomma…noi…noi siamo fratelli – cercai di ribattere, ma la mia amica non parve perdere la sua determinazione.

- Ma mi ascolti sì o no? Non importa per chi! E poi cosa intendi fare? Fuggire da quello che tu stesso provi? Impedire al tuo cuore di amare? Privarti della tua anima gemella? –

- La mia anima gemella? – ripetei, scombussolato. Ma prima che potessi prendere un attimo di respiro, Mary tornò a ricoprirmi con le sue parole che intrecciavano maggiormente i miei pensieri in confusi teli senza risposta.

- Non ti ho mai spronato a continuare una relazione, lo sai. Non ho mai visto in te qualcosa per cui valesse la pena farlo. Ma ora lo devo fare, devo perché so che se la troncherai qui non farai altro che odiarti per il resto della tua vita. E, cavolo, ti voglio troppo bene per lasciarti fare senza intervenire.

So che non sarà facile. Non sono vissuta in un modo di rose e fiori neanch’io. E so, anche, che sarà probabilmente l’amore più difficile e tormentato che io abbia mai sentito dopo Romeo e Giulietta. Ma non è impossibile, Steve. Nulla lo è – concluse con un dolce sorriso poggiato sulle labbra, guardandomi come per dirmi che lei sarebbe stata sempre al mio fianco per sostenermi. Ricambiai il sorriso, stringendola in un abbraccio e immergendomi nei suoi morbidi seni

- Grazie – fui solo capace di dire

Paziente sospirò, iniziando a giocherellare con le mie ciocche corvine - E di cosa? -

- Di essere così. Di essermi sempre vicina. Grazie -

 

 

Free Talk

Eccomi tornata con un nuovo capitolo, dopo aver affrontato di nuovo i capricci del mio stupidissimo pc -.- Dunque in questo capitolo appare Mary-Jane, un personaggio che in questa prima parte della trilogia è a dir poco secondario (direi anche terziario vista la brevissima apparizione) ma che ritornerà vivacemente nella seconda parte. Almeno ce n’è una che sprizza un po’ di allegria ^^

I miei ringraziamenti a pucci2, ad effy&ale, a piccola90 che hanno commentato e a tutti quelli che hanno letto e leggeranno ^^ Alla prossima…

 

 

  
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