Capitolo XV
Well, it's a marvelous night for a moondance
With the stars up above in your eyes
A fantabulous night to make romance…
Eravamo
in macchina da circa cinque minuti; io cercavo di
ignorare l’alta velocità tenuta dal mio
accompagnatore guardando il paesaggio
fuori dal finestrino, eppure non avevo ancora capito il
perché del nostro
abbigliamento semi-elegante.
Presumo
che parte della colpa fosse mia: non avevo nessuna
intenzione di scambiare con Enrico più parole dello stretto
indispensabile, e
da parte sua lui sembrava aver accettato quella mia battaglia
silenziosa. Già,
perché potevo mostrarmi arrabbiata e nervosa quanto volevo,
ma questo non
avrebbe cancellato il fatto che, intanto, ero nella sua auto. Il
ragionamento
non faceva una piega.
Così,
Enrico si era limitato ad accendere lo stereo e mettere
un cd di musica che avrebbe risparmiato ad entrambi di affrontare
inutili
discorsi per spezzare il silenzio. A me stava benissimo
così. Tuttavia, quando
mi accorsi che non eravamo più in paese da un pezzo, mi
decisi a rivolgergli la
parola.
“Dove
stiamo andando?” Chiesi, diretta e concisa. Okay, forse
anche un po’ brusca.
Lui
distolse lo sguardo dalla strada per una frazione di
secondo, rivolgendomi un sorrisetto che non avevo ancora deciso se
considerare
attraente o indisponente. “Oh, mi sà che hai perso
il gioco.” Rispose invece,
con una risatina.
Inarcai
un sopracciglio, interdetta. “Che cos’è
che avrei
perso?”
Senza
guardarmi annuì, continuando a sorridere. “Sei
stata la
prima a rompere il silenzio. Dunque, hai perso. Mentre guido
penserò ad una
penitenza, non preoccuparti.”
Scossi
la testa, stupita. “Come vuoi.” Dissi, decidendo di
non dargliela vinta. “Ora però mi puoi dire dove
stiamo andando?”
“Oh,
in un posto che ti piacerà sicuramente, credimi.”
Rispose, misterioso. Evidentemente neppure lui voleva cedere, e
compresi che
non mi avrebbe detto altro fino a quando non fossimo arrivati a
destinazione.
Perfetto; mi accomodai meglio sul sedile e mi trincerai di nuovo nel
mio
silenzio, dubitando altamente che mi sarebbe potuto mai piacere
qualunque posto
avesse in mente.
Ovviamente,
così come mi stava accadendo molto spesso in
quell’ultimo periodo, mi sbagliavo.
Arrivammo
una mezz’ora dopo al ristorante più ricercato
dell’isola:
Le Fleur-de-Lys. Si trovava su di
una
piccola altura che sovrastava una scogliera, e che io avevo avuto modo
di
vedere solo dalla spiaggia sottostante. Aveva le dimensioni di una
villa,
completamente circondata da alberi, aiuole fiorite e fontane come se
fosse
uscita da un film, e le macchine parcheggiate lungo il vialetto erano
tutte di
un certo… stile.
Davvero, non osavo neanche
immaginare come potesse, un ragazzo di ventiquattro anni, permettersi
un posto
del genere, e non appena scesi dalla macchina provai un insano istinto
di
girare i tacchi e correre via, letteralmente.
Tuttavia,
come se avesse in qualche modo intuito lo scorrere
dei miei pensieri, Enrico mi raggiunse, portandomi un braccio intorno
al fianco
e attirandomi pericolosamente verso di sé.
“Cosa
stai…?” Provai a ribattere, cercando di
districarmi
dalla sua stretta.
Per
tutta risposta lui accentuò la presa, chinando il capo e
avvicinando la sua bocca al mio orecchio. “Non essere
antipatica, sto solo
cercando di comportarmi da gentiluomo.” Replicò
con un sorrisetto, facendomi
innervosire ancora di più.
“Certo,
come no…” Borbottai, decidendo di ignorarlo per
rivolgere
la mia attenzione al bellissimo – detesto ammetterlo
– posto dove mi aveva
portato. Mi aveva promesso che sarebbe stato indimenticabile, oh
beh… E chi se
lo sarebbe scordato?
Percorremmo
il vialetto in ghiaia verso il ristorante, e dopo
qualche passo traballante dovetti ringraziare silenziosamente Enrico
per avermi
fatta aggrappare a lui: quei maledetti tacchi scivolavano sulle
pietruzze della
strada, e sicuramente sarei già finita col sedere per terra
se Occhi Belli non
mi avesse retto.
Odiavo
farmi vedere così in difficoltà, ma dopotutto non
c’era altra scelta.
Finalmente
arrivammo alla villa, che vista da vicino
ricordava le vecchie abitazioni americane delle piantagioni di cotone,
con le
edere che si arrampicavano sulla balaustra della veranda e i
lampioncini che
proiettavano la luce dal prato verso la facciata. Davvero molto
suggestivo e
romantico, se solo avessi avuto un diverso accompagnatore…
Dovette
tuttavia accorgersi della mia espressione sorpresa ed
incantata, perché il suo sorriso si allargò
ancora di più – possibile che fosse
lo stesso ragazzo che solo la settimana prima aveva quasi spaccato il
labbro di
Riccardo? – e si chinò su di me, facendomi agitare
per quella continua
vicinanza.
“Te
l’avevo detto che ti sarebbe piaciuto…”
Mi
voltai verso di lui, decidendo per il momento di issare la
bandiera bianca. Basta, per quella serata mi sarei arresa.
Perciò mi limitai ad
annuire, senza nessun accenno del sorriso che forse si aspettava, e
sospirai. “Già…”
Incredibilmente,
quel monosillabo sembrò bastargli.
Salimmo
i gradini in pietra della veranda e, non appena
mettemmo piede sulla soglia del ristorante, venimmo affiancati da un
cameriere,
forse sui quarant’anni o qualcosa di più, a
giudicare dalle striature grige dei
suoi capelli, vestito con dei pantaloni blu scuro, una semplice camicia
bianca
e un fiordaliso azzurro appuntato sul petto. Ci sorrise in modo
piuttosto
professionale ma non potè fare a meno di studiare il mio
abbigliamento: okay,
stavo iniziando a pentirmi di non aver indossato il vestitino, e allora?
Tuttavia
il suo sguardo si spostò su Enrico con molta
rapidità, salutandolo con un cenno del capo e un sorriso che
mi fece capire che
non era la prima volta che frequentava quel posto. Accidenti, doveva
essere più
ricco di quanto immaginassi…
“Buonasera,
signor D’Angelo. Ha prenotato un tavolo, se non
sbaglio?”
Enrico
salutò ed annuì, accentuando lievemente la presa
sul
mio fianco. Mio Dio, ma allora era un vizio! Realizzai in ritardo che
quella
era la prima volta che sentivo il suo vero cognome: per un attimo avevo
creduto
che si chiamasse Occhi Belli sul serio. Non si finisce mai di imparare.
“Prego
allora, da questa parte.” Aggiunse il cameriere,
facendoci strada attraverso l’ampio salone pieno di tavoli
occupati da persone
vestite come alla prima de La Scala. Che esagerazione… In un
angolo, sopra una
piccola pedana, si trovava addirittura un’orchestra che
suonava dal vivo, come
nei migliori film. Ma dove caspita ero finita? Forse se avessi guardato
bene
avrei trovato delle telecamere, magari un film lo stavano girando sul
serio. Se
l’avessi raccontato ad Alessandra non mi avrebbe mai creduto.
Il
cameriere ci portò al secondo piano, che era un
po’ più
vuoto rispetto al salone; forse era solo una mia impressione, ma
lì anche le
luci sembravano soffuse. Ci condusse in un angolino appartato, reso
ancora più
intimo da un elegante paravento nero con dei disegni orientali che
separava il
nostro tavolo dal resto della sala, rendendoci praticamente invisibili
agli
altri. Avrei voluto ribattere in qualche modo – non mi
ispirava molto l’idea di
restare completamente sola con lui
–
ma poi realizzai che in quel modo avrei finito solo col fare la figura
della
ragazzina stupida. Così, con un sospiro, mi sedetti.
Non
appena sollevai lo sguardo per dare un’occhiata in giro, mi
si mozzò il respiro nel notare l’immensa vetrata
che troneggiava di fronte al
nostro tavolo, e dalla quale si vedeva la spiaggia e il mare
dall’alto della
scogliera. Non avevo realizzato che ci trovavamo così
in alto…
“Volete
già ordinare?” Domandò il cameriere,
cortese.
Enrico
mi rivolse un’occhiata interrogativa, io annuii
lievemente e lui prese il menù, sfogliandolo. “Si,
dunque…”
Iniziò
ad ordinare con nonchalance tanti di quei piatti che
mi venne voglia di interromperlo e ricordargli che eravamo solo in due,
ma
dopotutto se lui c’era già stato doveva sapere che
cosa stava facendo. Perciò
lo lasciai fare, permettendogli di ordinare anche per me:
d’altra parte io non
avrei saputo cosa prendere.
“Per
finire, potrebbe portarci un Chateau Clinet del 2005?”
Concluse, parlando molto probabilmente di un vino; doveva intendersene,
per
conoscere anche l’annata.
Il
cameriere fece un sorriso di compiacimento. “Posso
complimentarmi per l’ottima scelta?” Disse,
ritirando i due menù. “La cena sarà
pronta nel minor tempo possibile. Vi faccio portare subito il vino e
qualche
antipasto.”
Non
appena rimanemmo soli, non potei fare a meno che chinarmi
verso di lui e chiedergli, piuttosto preoccupata. “Ma cosa
tutto hai ordinato?
Siamo solo in due, non in venticinque!”
Come
avrei dovuto aspettarmi, lo feci sogghignare.
“Tranquilla, il trucco è assaggiare un
po’ di tutto.” Rispose, togliendosi la
giacca.
Oh,
mossa sbagliata… Prima di potermene accorgere mi ritrovai
a fissare poco finemente i muscoli che guizzavano al di sotto della
camicia, e
quando distolsi lo sguardo, pregando che lui non se ne fosse accorto,
mi sentii
le guance in fiamme. Non potevo continuare così tutta la
sera…
All’improvviso
si alzò, raggiungendomi e porgendomi una mano.
“Vieni, voglio farti vedere una cosa.” Disse,
aspettando che accettassi il suo
invito.
Malgrado
non rientrasse nei miei desideri toccarlo così
spontaneamente, la presi lo stesso per non essere maleducata: in fondo
non
stava facendo nulla di male, no? Deglutii quando la sua mano si
richiuse sulla
mia ma cercai di ignorarlo, alzandomi e seguendolo docilmente. Ricorda, bandiera bianca, continuavo a
ripetere in silenzio tra me.
Come
se fosse stato a casa sua Enrico aprì la grande vetrata
con noncuranza, portandomi nella terrazza all’aperto,
abbellita da vasi di
fiori profumati. Una volta fuori la richiuse, ma io non me ne accorsi:
raggiunsi invece la balaustra, poggiandomici sopra e guardando lo
splendido
paesaggio che si ammirava da lassù. Soffiava una leggera
brezza che mi scompigliava
i capelli e chiusi gli occhi, inspirando il fresco odore del mare che
saliva
dalla spiaggia. Non ricordavo che quella notte ci sarebbe stata la luna
piena, e
quando la vidi risplendere come se fosse stata sollevata pochi metri
dalla
superficie del mare nero, rischiarato dal suo riflesso, non potei
trattenere un
sospiro. Era tutto così bello… Perché
un simile spettacolo doveva essere
rovinato dalla minaccia di Enrico
che
incombeva su di me?
“Bello,
vero?” Mormorò alle mie spalle, come se non
volesse
rovinare quella strana magia.
Annuii,
senza voltarmi. “Si…”
Improvvisamente
avvertii la sua presenza proprio dietro di
me, così vicino che avrebbe potuto toccarmi solo con un
respiro più profondo.
Rimasi immobile, con tutti i sensi all’erta, tanto che mi
sarei accorta anche
del battito del suo cuore se fossimo rimasti in silenzio. Il venticello
mi
portò al naso il profumo frizzante e sensuale del suo
dopobarba, e mi ritrovai
a cullarmi in quella fragranza come se potesse avvolgermi.
“Sei
ancora pentita di essere venuta?” Domandò in un
sussurro, chinandosi sulla mia spalla.
Presi
un profondo respiro, prima di voltarmi per
fronteggiarlo. “Adesso lo sono anche più di
prima.” Replicai, incrociando le
braccia.
Inarcò
un sopracciglio, sorpreso dalla mia brusca risposta.
“Come mai? Credevo ti piacesse qui…”
“Non
è questo il punto.” Dissi, distogliendo lo
sguardo. Non
riuscivo a guardarlo per più di pochi secondi senza
arrossire o balbettare,
perciò tanto valeva ammirare il cielo stellato.
“Non aveva senso portarmi qui,
Enrico… Come posso spiegartelo? Tra qualche giorno ti sarai
già stufato di me, il
che è anche normale, dato che avrai altre decine di ragazze
disposte a scaldare
il tuo letto, e a me non resterà che decidere se esserne
contenta o triste, e
sarà un qualcosa che mi tormenterà per
sempre.”
L’avevo
fatta tragica? Si, lo ammetto, ma dato che non
sembrava capire il discorso semplice del tu-non-mi-piaci
e stammi-lontano, allora dovevo
inventarmi qualcos’altro. L’unico problema era che
quel discorso mi era uscito
più realistico di quanto avessi previsto… Dovevo
iniziare a preoccuparmi?
Comunque
non credevo di essere riuscita a scalfirlo, come
dimostrò la sua risposta.
Mi
dedicò un sorriso terribilmente malizioso. “Mio
Dio,
Giulia… È il primo appuntamento e sei
già così gelosa?”
Sgranai
gli occhi e fu con un immenso sforzo che non
spalancai la bocca, allibita. Ma allora parlare con lui era come
parlare al
muro! “Ma cosa diavolo dici?!” Ribattei,
indietreggiando e sentendo il viso
andarmi in fiamme. Maledetto imbarazzo! “Non sono
gelosa!”
Rise,
avvicinandosi alla balaustra e poggiandosi ad essa con
un movimento sinuoso ed elegante. “Lo so, stavo solo
scherzando… Ma volevo
vedere la tua reazione.” Scrollò le spalle, con un
sospiro. “Ad ogni modo…
Giulia, tu sei ancora convinta che io ti voglia solo portare a letto,
per poi
dimenticarmi di te il mattino dopo… Mettiti bene in testa
che una cosa del
genere non accadrà mai.
Cos’altro
devo fare per fartelo capire? Io…”
Si
portò una mano a sfregarsi il volto, indeciso su cosa
aggiungere, e, potrei giurare, anche leggermente imbarazzato. Poi
abbassò la
mano e mi fissò a lungo negli occhi, facendomi desiderare
ardentemente di
trovarmi ad una distanza di sicurezza da lui.
“Mi
piaci, Giulia.” Sussurrò, semplicemente.
“E non farei mai
nulla che possa farti star male, perciò… Inoltre
cosa ti fa pensare che tra
qualche giorno mi sarò stancato di te? Non ti
capisco!”
Mi
aveva messa con le classiche spalle al muro, dato che
quella mezza dichiarazione mi aveva lasciata senza parole: non sapevo
nemmeno
più cosa pensare. È
davvero un bravo
attore… Pensai, prima di fare l’errore
di ricambiare lo sguardo e perdermi
in quegli occhi assurdamente verdi. La parte razionale del mio cervello
sembrò
aver chiuso i battenti, per dare libero sfogo a quella inconscia che
avrebbe
desiderato solo poter credere a quelle parole. Ma perché
avevo simili pensieri?
Avevo l’impressione che dentro di me si stesse svolgendo una
di quelle
battaglie epiche impossibili da ignorare, ma all’esterno
questa si manifestava
solo con il solito rossore sulle guance e con un improvviso accelerare
della
corsa del sangue nelle vene.
Continuai
ad osservarlo senza rispondere, e quando mi si
avvicinò rimasi immobile, lasciandolo fare. Si
chinò lentamente sul mio collo
in modo da lasciarmi la libertà di ritrarmi, se avessi
voluto, ma la cosa
assurda fu che non lo feci: notai appena il suo debole sorriso prima
che le sue
labbra si avvicinassero al mio orecchio, sussurrando una strana melodia
che
avevo l’impressione di conoscere.
«Well, it's a marvelous night for a moondance,
with the stars up above in your eyes… A
fantabulous night to make romance…»
Portò una mano
a sfiorarmi i capelli, portandomeli dietro l’orecchio
così da potersi chinare
sul collo ormai nudo per concludere quella dolce nenia, cantata con un
sussurro
roco che mi fece venire dei pericolosi brividi lungo la schiena.
Sentii
le sue labbra bollenti sfiorarmi la pelle delicata
dell’incavo della spalla e tremai, temendo e allo stesso
tempo aspettando con
una sorta di morbosa curiosità quello che sarebbe avvenuto
dopo. Ma non ebbi
mai l’occasione di saperlo.
La
vetrata si aprì e un cameriere si affacciò sul
terrazzo,
attirando la nostra attenzione con dei colpetti discreti di tosse.
«Signori, la
cena è servita.»
Senza
allontanarsi particolarmente da me, sentii Enrico
rispondere. «Grazie, arriviamo subito.»
Il
cameriere tornò dentro il ristorante, richiudendo la porta.
Ma
ormai l’incantesimo che aleggiava su di noi fino a qualche
attimo prima si era
spezzato, per fotuna – o per sfortuna?
Indietreggiai
fino ad essere ad una distanza di sicurezza, prendendo
un bel respiro e accorgendomi solo in quel momento di aver trattenuto
il fiato
per tutta quella breve eternità. «Penso sia meglio
andare.» Mormorai, ben
consapevole del tremito della mia voce.
Lui
annuì, ma non riuscì a cancellare del tutto
l’ombra scura che
gli aveva invaso lo sguardo. Oh mio Dio… «Si, hai
ragione… La cena dovrebbe
riuscire a calmarmi.»
Cercai
di ignorare il significato volutamente malizioso di
quell’ultima affermazione e gli diedi le spalle, correndo
quasi verso la
vetrata che in quel momento, per me, rappresentava la salvezza o
qualcosa del
genere. La aprii ed entrai senza controllare che lui mi stesse
seguendo,
precipitandomi al tavolo ormai colmo di pietanze di ogni genere.
Aspettai che
si sedesse di fronte a me prima di mangiare, ma la fame mi era ormai
passata
del tutto: avevo l’impressione di avere un macigno sullo
stomaco, e non ne
capivo il perché. Se mi avesse fatto quell’effetto
tutte le volte non sapevo se
sarei riuscita a continuare a vederlo…
Osai
sollevare gli occhi con l’intenzione di spiarlo di nascosto,
ma ovviamente non fu possibile, dato che anche lui mi stava osservando,
invece
di mangiare: aveva il mento posato sulla mano e con l’altra
tamburellava sul
tavolo, al ritmo, forse, della stessa canzone che aveva canticchiato
poco prima.
Mi sorrise quando si accorse del mio sguardo, ed io lo distolsi
nuovamente, in
modo piuttosto codardo. Non vedevo l’ora che quella serata
terminasse…
Anche
se ero quasi certa che, una volta al sicuro in casa mia, ne
avrei sentito stranamente la mancanza.
Stupida,
io? Oh, si… Immensamente.
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Wao, dicesi aggiornamento lampo xD Non fateci troppo l'abitudine, però u.u
Comunque consideratelo un regalo per le belle recensioni e l'incredibile aumento di preferiti e seguiti... Sono davvero commossa e contenta! Non me l'aspettavo *-*
Allora, QUI trovate la musica e la canzone presente in questo capitolo, trovo che sia splendida (poi, se a cantarla è Jonathan Rhys Meyers, ancora di più ;D )
Bene, e ora passo ai ringraziamenti!
_Aleidita_: Eccoti accontentata! Aggiornamento rapido ^^ grazie mille per i tuoi complimenti, continua a seguirmi <3
lara27: Eeeh, purtroppo non sono autorizzata a divulgare simili spoiler u.u Non vi resta che continuare a leggere! =P comunque, ancora grazie per i complimenti ^^
Ada Wong: Mia cara, ti ho già risposto ma rinnovo i miei grazie ^^ L'utilizzo dei nomi italiani piace molto anche a me, inoltre era un modo come un altro per rendere la storia il più realistica possibile - anche se mi accorgo che, purtroppo (o per fortuna!!) cose del genere non accadono nella vita reale... Inoltre la scrittura in prima persona rende questa immedesimazione più possibile, mi auguro ;) Lieta anche di sentire che ti piacciono tutti i personaggi! Povero Stefano, per ora ha fatto solo una breve apparizione, ma ti assicuro che è felice di avere una fan xD al prossimo capitolo! ^^
prettyvitto: Aggiornato, come promesso ^^
Maka27: Wao, l'hai letta tutta in due giorni?? Vabbè, non è certo quel gran mattone, però ti ringrazio ^^ Sono proprio tanto contenta :') Piaciuto il luogo dell'appuntamento? Spero proprio di si, avercene ragazzi che ci portano in questi posti! ;D
luis: Tranquilla cara, ti sei spiegata benissimo e io ho capito al volo quello che intendevi ^^ Anch'io concordo con te sul fatto che Enrico emani sensualità pura, ma purtroppo quello che fa non è proprio un punto a suo vantaggio, ecco... D'altra parte, io non amo neppure le storie d'amore facili u.u E hai ragione quando dici che ne è attratto in modo ossessivo! Sto cercando di rendere proprio questo aspetto, ma siamo ancora agli inizi ;) Per quanto riguarda il suo punto di vista, al momento non te lo so dire! Chissà, magari riesco a dedicare un qualche capitolo solo a lui in modo da lasciarlo parlare, o forse potrei rifarne un altro con il suo POV... vedremo ^^ Nel frattempo, continua a seguirmi =*
Sfosfy4ever: Ciao nuova fan! ;D grazie mille per i complimenti ^^ Mi è piaciuto quello che hai detto a proposito di Enrico, sul fatto della "doppia personalità"... Sai che non ci avevo proprio pensato? Mi è uscito così, dal cuore! Benedetto inconscio mio =D L'appuntamento comunque non è ancora finito, ce n'è un piccolo pezzo anche nel prossimo capitolo u.u Mi farai sapere che te ne pare di questo, comunque ;)
rodney: Eh, anch'io adoro tantissimo Damon *-* Mi spiace per Stefan, sarà pure lui il buono della situazione.... Ma io voto per Damon +__+ Viva i cattivi! XD Hai ragione a dire che la vedi dura, cavoli, come si fa a restistere?? Eppure si deve u.u Un bacione, al prossimo capitolo ^^
E con questo ho finito! ^^ Grazie mille per aver letto, per aver recensito, per avermi aggiunta tra le preferite (71) e tra le seguite (108)! Grazie, grazie, grazie! Continuate sempre così ;)
Un bacione, al prossimo capitolo!
Smack =*