Chiedo scusa per questa lunghissima assenza dalle scene, ma la mia Musa è sembrata abbandonarmi per un po', e non credo si sia di nuovo del tutto stabilizzata.
Sta a voi deciderlo, insomma.
E' un vero piacere sapere di esser seguita con tanto affetto.
10.
È buffo, non m’era mai capitato di esser condotto per mano.
Ma lui sembra non farci caso.
“Perfino Virgilio guida Dante per mano, nei passaggi più ardui.”
“Virgilio…?”
“Che diamine ci sei stato a fare in Italia “ dice “ se non conosci neppure la Divina Commedia?”
“Ci sono stato per lavoro, non è colpa mia. Non ho avuto modo di studiarla approfonditamente.”
“Sai almeno di cosa parla?”
“Di Dante che attraversa i tre regni dell’oltretomba fino ad arrivare alla Visio Dei?”
”Oh, almeno quello. E saprai anche che in questo viaggio viene guidato da varie figure.”
“Beh, suppongo di si.”
“Non puoi supporre di sapere qualcosa. O la sai, o non la sai.”
“Si, lo so.”
“Ottimo. La prima di queste guide è Virgilio. Eneide, Bucoliche, Georgiche… presente?”
“Si, si, certo.”
“Virgilio incarna per Dante il modello della Sapienza umana ed è destinato a guidarlo attraverso Inferno e Purgatorio, facendosi strada con il lume della sua Ragione. Procedendo avanti a Dante, gli rischiara il percorso e gli permette di depurare il suo animo- sebbene sia egli stesso costretto all’Inferno.”
“Quindi Virgilio salva Dante pur essendo dannato?”
“In un certo senso. Lo conduce, ecco tutto. Il resto sta a Dante.”
“Illuminante.”
Le stradine appaiono tutte uguali ai miei occhi, ma Charles sembra districarle abilmente.
Sembra di esser dentro ad uno di quei racconti di Dickens.
Manco a dirlo, arriviamo di fronte al Dicken’s Pub.
“E’ uno dei primi pub di Londra. Fanno un fish’n’chips che è la fine del mondo.”
Dentro c’è un buon numero di turisti, assemblati sui tavoli al centro del locale.
“Vieni, dietro c’è una saletta riservata ai londinesi. Avrai questo grandissimo onore, oggi.”
La stanzetta è più buia rispetto al resto del locale, ed è semi vuota.
Le tende sono semi tirate.
Caravaggio, Vocazione di San Matteo.
Mi rincresce non averlo visto di persona, a Roma.
Avrei qualcosa di cui parlare, ora come ora.
Charles è silenzioso.
Non si direbbe, ma è uno che parla poco.
Pensa molto, ma parla poco.
Discorsi di tipo qualitativo, dice lui.
Arriva una ragazza, bionda, con una coda di cavallo alta.
Dietro la nuca ha allacciata una mascherina con il volto di Guy Fawkes.
Indossa un paio di pantaloni neri avvitati e una camicetta bianca un po’ sbottonata.
“Desiderate?”
“Due fish’n’chips e due pinte di birra, grazie.”
“Io non la voglio la birra.”
“Non è per te, è per me.”
“Torno subito.”
“Grazie, tesoro.”
Si allontana.
È giovane, è carina.
È chiara e delicata come un giglio.
Charlie tira fuori dalla tasca un taccuino nero e inizia a graffiarci dentro con una matita dalla punta smussata.
“Cosa scrivi?”
“Consonanti, vocali. Cose di poco conto.”
“Ispirazione?”
”No, noia esistenziale.”
“Ti annoio io?”
”Mi annoia il resto del mondo.”
“Sei sempre così negativo?”
”Solo nei giorni dispari.”
“Sai che non ho mai letto neppure una parola scritta da te?”
”Sei fortunato. Io le ho dovute legger tutte.”
“Non ti piace quello che scrivi?”
”Non mi interessano le cose che mi riguardano. Non hanno il gusto della novità.”
“Questa l’ho già sentita.”
”Si, è un tantinello famosa.”
“Comunque non capisco perché scrivi, se non ti piace.”
“Ma ti pagano o ti viene spontaneo?”
”Mi viene spontaneo.”
“Lo immaginavo.”
La ragazza torna con due boccali biondi e il conto.
Charlie paga e si prende il resto.
“Grazie, Chuck.”
“E di cosa. Ho detto che ti avrei mantenuto per un po’, isn’t it?”
”Sono una puttana educata.”
”Troppo. Rilassati. Non sto mica tenendo il conto di quante volte dici Grazie e Per favore. Non sono tua madre.”
“Sei un tipo strano.”
“Grazie, Rosso, finalmente l’ovvio è chiaro a tutti. E ti ho già detto che non ti considero una puttana. Non più di altra gente, almeno.”
”Tipo?”
”Beh, tipo me. Sai, io sono una puttana come e più di te. Guardami” si indica la faccia “sono un buffone che si danna l’anima per un po’ d’attenzione. Il mio ego menomato mangia più di quel che riesco a procurarmi svendendo il culo. Almeno la tua anima è salva.”
“Potresti smettere.”
“Di scrivere? Non posso. Finirei per andare ad ammazzare la gente per strada. Devo far sbollire la rabbia, in qualche modo.”
”Però detesti scrivere.”
“Si, lo so. Ma non posso farne a meno. Se smetto di scrivere, è finita-“
“- e se continui ti riduci ad un relitto.”
“Già. To be or not to be? Abbiamo la tragedia nel sangue, noi inglesi.”
”Però Amleto era danese.”
“Sempre a puntualizzare, eh?”
Arriva il cibo.
Il giglio mi sorride e si allontana di nuovo.
Charles spreme il tubetto di maionese sulle patatine.
“Vuoi?”
“No, grazie.”
È la prima volta che lo vedo mangiare.
Credevo si nutrisse di alcool.
Invece mangia proprio come vive: a tratti voracemente, come se rischiasse di dover morire da un momento all’altro, e a tratti con una calma ed una languidezza disarmanti.
“Secondo alcune teorie” gli dico, mentre ha in bocca un enorme pezzo di pesce “ si può capire com’è una persona a letto dal modo in cui mangia.”
”Le lesbiche patate e i finocchi uccelli?”
”Come mangia, non cosa. Che battutaccia scontata che hai fatto.”
“Al momento sono concentrato su tutt’altro.”
“Ad esempio?”
”Preferisci Rame bruciato dal sole o Mare di papaveri?”
”Cosa dovrebbe voler dire?”
”Dai papaveri si produce l’oppio, che annebbia i sensi, quindi…no, facciamo Rame bruciato dal sole.”
Beve una sorsata e si ficca in bocca delle altre patatine.
Ha la faccia tanto rotonda che sembra quasi stia per esplodergli.
“Dove andiamo dopo pranzo, Chuck?”
”Vuoi continuare per musei o cosa?”
”Non so, sono un po’ stanco. Non ho dormito molto ultimamente.”
“I giovani d’oggi non hanno più neanche la forza di respirare. Però dopo usciamo a vedere i fuochi d’artificio. Non me li perdo per niente al mondo.”
11.
Ai bambini, quando mangiano tantissimo, si gonfia lo stomaco, come se fossero dei buffi palloncini rivestiti di pelle.
Così capita a me.
Sono sdraiato sulle lenzuola rosse e ho lo stomaco gonfio.
Charles s’è addormentato a faccia in giù sul cuscino.
Ha un’espressione corrucciata perfino quando dorme- mi ha preso tanto in giro perché ero stanco e appena ha visto il letto ci si è buttato a pesce.
Non si è neppure tolto le scarpe.
“Charlie.”
”Mh-m.”
”Dormi?”
”Si.”
“Non dormire, mi annoio.”
”Leggi qualcosa. Gioca con Sirius. Fatti una sega- basta che mi lasci dormire.”
“Dov’è finita la tua Forza per respirare?”
”In fondo al quarto boccale di birra. Pietà, Galata, lasciami dormire.”
ha una voglia triangolare color caffé dietro la nuca.
Stuzzicarlo è, ça va sans dire, immensamente divertente.
Solleva appena la testa e mi guarda con gli occhi umidi.
Si gira su di un fianco e si stropiccia la faccia.
“Sembriamo una coppia sposata da cent’anni- la mogliettina amorevole e il vecchio beone.”
“E non sai come mi chiamo.”
“I mariti non conoscono mai le proprie mogli- ma nel mio caso posso affermare tranquillamente l’esatto contrario.”
Allunga la mano e si mette a giocherellare con i miei capelli.
Mi avvicino e spreme la sua bocca sulla mia.
In un secondo sono di nuovo bloccato sotto al suo corpo robusto, come stanotte- ma stavolta non ho paura.
So perfettamente cosa accadrà, ora.
Chi mi conosce sa già che non riesco a scrivere nulla senza ficcarci dentro almeno una mezza dozzina di citazioni. Per chi non mi conosce, beh, ora lo sa.
Sono perseguitata da Oscar Wilde, non posso farci nulla.
Happy Birthday, Freds. Just Nineteen and Sucker's Dreams.