*
Maurizio
- Un altro-
L’uomo
dall’altro lato del bancone emise un solo verso: breve, duro, qualcosa di
molto simile ad un grugnito.
Alzai gli occhi, non capendo
se potessi o meno considerarlo come un assenso.
Era un barista: non gli era permesso
rifiutare qualcosa ai clienti, anche nel caso in cui ciò che vogliono è il
quinto bicchierino. Non erano affari suoi e se mi andava di bere doveva solo
rallegrarsene, in fondo dopo lo avrei pagato.
La verità era che cercavo
una qualche scusa, perché mi vergognavo dello stato distrutto in cui mi
ritrovavo: mezzo accasciato su un lucido bancone di un meno lucido bar.
“Il brillo
parlante”
Mi avevano sempre parlato
bene di quel posto, degli aperitivi eccezionali e dell’atmosfera quasi
fiabesca che vi regnava: tutto esatto. Ricordo perfettamente
l’impressione che avevo avuto entrando in quella minuscola taverna:
guardando le stanze piccole, i corridoi stretti, le pareti e ogni arredamento
di colori caldi e spenti… sembrava di essere entrati in un film, uno di
quelli vecchi.
E mi era piaciuto. Molto.
Così avevo preso posto al
bancone, naturalmente mal intenzionato: il barista lo aveva intuito subito, dal
primo sguardo che mi aveva lanciato eppure solo ora che avevo raggiunto la non
tanto onorevole cifra dei cinque bicchierini, mi aveva rifilato
un’occhiata biasimevole e indecisa.
Ricambiai il suo sguardo
indagatore, fissando i miei occhi alquanto vacui nei suoi: neri, piccoli,
scavati e quasi completamente nascosti nelle folte sopracciglia nere. Aveva la fronte
increspata da tante piccole rughe e quando parlò lo fece a voce bassa, con il
tono di un padre che discute con il figlio ribelle e non ha voglia di sgridarlo
per davvero ma solo di farlo ragionare:
- Sicuro di poterlo reggere,
ragazzo?-
- No, non ce la fa. Grazie
lo stesso-
Ebbi qualche attimo di
sbigottimento e confusione mentre realizzavo che c’era stata una risposta
alla domanda del barista e che non era uscita da me: no, ne ero abbastanza
sicuro, non ero stato io a parlare, anche perché lo avevo fatto in terza
persona…
Mi presi la fronte fra le
mani cercando di calmare il battere ritmico delle arterie e fu in quel momento
che mi sentii tirare di peso giù dallo sgabello. Rischiai seriamente di perdere
l’equilibrio e già mi vedevo per terra quando qualcuno afferrò saldamente
il mio braccio, mantenendomi in piedi.
Mi poggiai a quel punto di
equilibrio appena trovato senza remore e solo nell’attimo in cui il
locale smise di vorticare furiosamente attorno a me, mi voltai cercando di
capire con chi avessi a che fare: mi bastò vedere i suoi occhiali a fondo di
bottiglia per riconoscerlo.
- Non credevo fossi tanto
forte, Nando-
- E io credevo sopportassi
meglio l’alcool, Maurizio-
Alzai appena le spalle in
risposta, non opponendo alcuna resistenza mentre mi trascinava di peso verso il
fondo del locale: raggiungemmo un tavolino appartato, in una zona quasi
completamente vuota di cui l’unico altro occupante era un uomo sui
quaranta completamente ubriaco, in quella che ricordava una catalessi da sbronza.
Armando mi spinse sul
divanetto sistemato contro il muro e poi prese posto su una delle sedie
disposte attorno al tavolino di legno. Io mi accasciai sul divano, sedendomi
scompostamente e reclinando la testa all’indietro, sperando che così
almeno diminuisse il senso di nausea.
- Che mi racconti?-
Non lo guardai,
completamente indifferente. Stavo per subire un crollo nervoso e lui
chiacchierava del più e del meno? Ma che stava succedendo al mondo?!
Qualcuno si era divertito a
scuoterlo come fosse una palla di vetro?
- Maurizio-
Mi resi conto solo in quel
momento che mi stava chiamando già da un po’, cercando di attirare la mia
attenzione per dire qualcosa, così emisi una sottospecie di mugolio per fargli
capire che per quel che poteva valere, lo stavo ascoltando.
- Perché non parliamo un
po’?-
Probabilmente si accorse del
movimento che ebbero le mie sopracciglia, inarcandosi repentinamente verso
l’alto: ma di che credeva potessimo parlare?
Un bel discorsetto sulla
crisi industriale o sul problema Gelmini?
- Parlare aiuta sempre,
Maurizio. Ti va di raccontarmi la tua giornata?-
Scossi impercettibilmente la
testa: non mi andava e non ce n’era bisogno. No e basta.
- Se non ti va di farlo a
parole, ripensaci almeno. Riflettici sopra-
A che pro?
Non credo che una seduta
spiritica o un’oretta di meditazione mi avrebbe risolto tutti i problemi.
- E’ iniziata bene,
vero?-
Non si era arreso.
Nando non si dava per vinto:
era il suo lavoro.
- Non voglio che mi
psicanalizzi, Nando. Non sono in vena, perdonami-
- Non era mia intenzione-
Bugia.
Se ne sarebbe potuto
accorgere anche l’ubriaco mezzo morto che stava mentendo.
Lo capì anche Armando.
- Vi ho preso a cuore,
Maurizio. Mi siete simpatici, e molto. Quasi mi sto affezionando e la cosa devo
dirti che mi spaventa: non ho mai avuto tanti amici, per lo più i rapporti che
ho al momento sono con i miei clienti. Voi però siete diversi: poco ci manca
che mi debba mettere in ginocchio per aiutarvi. Ti ripeto che aiuta riflettere,
fallo e basta-
Aveva improvvisato ma aveva
raggiunto il suo scopo.
Era bastato un tono di voce
deciso ed al tempo stesso apprensivo per convincermi.
Rimandai il pensiero al
mattino, intorno alle otto, quando io e Nando avevamo ottenuto dal dottor
Misepoli il permesso di vedere Ilaria.
Non ci credevamo.
Non poteva essere reale
come scena: troppo bella, troppo dolce, troppo tutto.
Troppo per essere vera.
Lo era però.
Ci avvicinammo
lentamente, prendendo silenziosamente posto accanto al letto in cui erano
sdraiati Davide ed Ilaria. Insieme.
Se ne stavano lì,
abbracciati, stretti l’uno all’altra.
Placidamente addormentati.
Sereni, pacifici,
rilassati… quasi sorridevano nel sonno.
Mi sorpresi ad esserne
contento, davvero, davvero tanto: perché quell’ immagine mi piaceva;
adoravo le sensazioni che trasmetteva, il senso di pace, il sentore di un lieto
fine… era eccezionale.
Ma ancora una volta
troppo e avrei dovuto capirlo subito.
Fu mentre pensavo a
quelle cose, mentre mi beavo in quelle nuove emozioni, che Davide aprì gli
occhi: li fissò subito nei miei, spaventato. Non si aspettava di vedermi.
La prima cosa che fece fu
assicurarsi che Ilaria fosse ancora fra le sue braccia: controllò che stesse
bene, che il polso non si fosse gonfiato, che dormisse tranquilla, per poi
stringerla di più, con un fare possessivo che non mi piacque per niente.
No, non andava bene.
- Buongiorno-
Mi girai verso Armando
contemporaneamente a Davide: non si era ancora accorto che ci fosse anche lui.
Lo guardò prima sorpreso, poi sollevato: era felice di vederlo. Parlò a bassa
voce, nel timore di svegliare Ilaria:
- Nando! Che piacere
vederti! Che fa, ti sei riunito al nostro girone dell’inferno?-
- Sai com’è mi
piace soffrire-
Nando aveva risposto
sorridendo, assecondando Davide nel suo fare scherzoso: era allegro, da quanto
tempo non lo era?
Da quanto tempo non si
svegliava così di buon umore, al punto da scherzare di primo mattino?!
Loro chiacchierarono
ancora per un po’, poi Davide, si mosse, sbadigliando.
Piano, cercò di scostare
Ilaria: con un’ attenzione quasi eccessiva liberò il suo braccio da sotto
la schiena di lei e riuscì ad alzarsi, senza svegliarla.
- Vado a rinfrescarmi un
attimo: ci metto pochissimo. Prendo anche qualche caffè, per Lari… voi
non muovetevi, non allontanatevi, non perdetela un solo attimo di vista. Finché
non torno!-
Annuii fra me e me,
pianissimo, cercando di non dare alcun motivo al mal di testa per risvegliarsi.
Armando era rimasto in
silenzio, non aveva detto una sola parola.
Mi aveva lasciato
riflettere.
- Sì, l’inizio è stato
buono. Erano bellissimi assieme. E Davide era felice-
Nando continuava a stare
zitto, al punto che iniziò a sfiorarmi la mente l’ipotesi che non fosse
più lì con me, che se ne fosse andato o che, peggio ancora, mi fossi sognato
tutto e lui non fosse mai entrato al “Brillo parlante” per salvare
me.
- Continua-
Era stato solo un sussurro:
brevissimo e soffocato. C’era stato però. Nando c’era.
- Il resto lo sai, è
leggermente incasinato…-
Mi girava la testa e non era
solo colpa dell’alcool.
Mi lasciai andare
all’indietro, scivolando piano, fino a trovarmi disteso sul divano.
- Cerca di individuare solo
i punti più salienti, le scene che ti hanno colpito, quelle che…-
Avevo capito.
Ilaria si era mossa, segno
che stava per svegliarsi.
Davide era uscito da
pochissimi istanti, tanto che ebbi l’impulso di alzarmi e correre a
fermarlo.
Non lo feci, non ce
n’era bisogno.
Ma ancor più ad essere
sinceri non ne ebbi modo.
La porta si spalancò
all’improvviso, lasciando entrare un ragazzo che, con mio sommo
dispiacere, non era quello uscito poco prima.
Lanciai velocemente uno
sguardo ad Armando, leggendo sul suo viso la mia stessa espressione basita: ma
per favore, scene del genere non succedevano nella realtà! O no?
Poi tornai a guardare il
giovane che affannato correva verso di noi. Sembrava sconvolto, notai con
fastidio: non mi serviva qualcun altro sull’orlo di un esaurimento, ce ne
erano già troppi.
- Ilaria!-
Le si era fiondato
addosso, guardandola come se fosse la prima volta e temesse potesse essere
l’ultima.
Lei lo fissava sorpresa,
ancora scombussolata dato che si era appena svegliata.
Lui notò subito la
fasciatura e sedendosi sul letto affianco a lei, prestò la massima cura a non
spostarla minimamente. Non chiese niente, continuava semplicemente a guardarla.
Avvertii un movimento
alle mie spalle e vidi un camice bianco: riconobbi subito Misepoli per via
della luce che si rifletteva sulla sua pelata. E fu vedendolo allontanarsi che
capii come mai Filippo non stesse chiedendo niente: doveva essere stato appena
informato dal medico in persona.
Ricominciai ad
osservarli, immobile e pietrificato come lo era Armando al mio fianco.
Sembrava che il tempo si
fosse fermato e la scena bloccata di colpo.
Almeno finché non cambiò
qualcosa: un particolare infinitesimale, che notammo tutti.
Le guance di Ilaria
presero pian piano colore, arrivando a diventare rossissime, e la mano sinistra
di lei si mosse di qualche millimetro verso quella di Filippo.
Lui sorrise. Subito. Non
appena si era accorto che lei era arrossita.
Un sorriso enorme, che
gli andava da un orecchio all’altro, illuminandogli tutto il viso.
- Mi hai fatto prendere
uno spavento enorme. Ho temuto che il cuore non sarebbe più ripartito-
- Vi spaventate troppo
alla svelta, voi altri-
Ilaria si accorse quasi
subito di quello che aveva sottinteso, fece per dire qualcosa come a scusarsi
ma Filippo fu più veloce. O non aveva capito cosa a lei alludesse o aveva fatto
finta di niente.
- Ti ho già salvato una
volta e ora mi fai questo? Ma allora vedi che non devo più lasciarti un attimo
da sola? Che credevi di farmi?-
- Vorresti dire che ti
sarei mancata?-
Ilaria sorrise, divertita
da quel giochetto e contenta del fatto che l’atmosfera si stesse pian
piano alleggerendo.
Non ci aveva notati: né
Armando né me.
E la cosa non mi
dispiaceva, anzi: speravo andasse avanti così.
Non osavo immaginare
l’imbarazzo che altrimenti sarebbe sceso su di noi.
- Certo che si! Non avrei
saputo cosa fare senza di te!-
- Oh, ma a chi vuoi
prendere in giro? Molcovich, tu…-
Non concluse, fermata da
lui.
O meglio dalle labbra di
lui.
Non era più riuscito a
trattenersi. Aveva aspettato anche troppo.
Si era sporto verso di
lei, fulmineo.
Sempre attento a non
farle alcun male, vi si era piegato sopra, zittendola.
Ed era partito il bacio:
prima dolce, come un saluto timido, di due persone che hanno sentito la
mancanza l’una dell’altra ma ancora non se ne sono accorte e poi
via via più appassionato, mentre capivano che era
giusto così, quasi irruento tanta la foga.
Cercai di distogliere lo
sguardo, senza alcun risultato: non riuscivo a smettere di osservarli.
Armando naturalmente
intervenne provvidenziale, girando la mia testa e impedendomi così di guardare
ancora quel bacio che non mi riguardava.
Ingenuamente pensavo
fosse il suo unico intento: mi sbagliavo e lo capii vedendo cosa mi indicava.
Non lo vedevo in viso
Armando: riuscivo a scorgerne soltanto i piedi sotto il tavolo.
Erano fermi, immobili.
Nessun segno di ansia o nervosismo.
Fui tentato di mettermi a
sedere per capire se si fosse addormentato ascoltando le mie riflessioni
sporadiche e noiose sull’accaduto di quella mattina. Non lo feci.
Perché se anche non fosse
stato sveglio avrei voluto continuare, ormai convinto che ancora una volta
aveva ragione: riflettere serviva.
E perché non ero sicuro che
alzandomi sarei rimasto cosciente a lungo.
Così chiusi gli occhi,
piegando un braccio dietro la testa ed allungando l’altro vicino al corpo.
Presi un bel respiro,
facendo come quando si fa yoga e sorrisi per l’ironia della situazione.
Ero un brillo parlante.
Un brillo parlante che
faceva yoga.
Sorrisi ancora.
Ne andavo fiero.
Davide stava aprendo la
porta di spalle.
Entrando non guardò verso
di noi: camminava a marcia indietro, tenendo in mano un cartone con diversi
contenitori di caffè.
Allungai il collo sopra
la spalla di Armando cercando di capire con chi stesse confabulando e poi lo
vidi: un ragazzino che gli arrivava a mala pena alla spalla. Camminava dietro
di lui, tenendolo cioè di fronte, guardandolo in faccia con aria arrabbiata e
scocciata.
Era magro, con un aspetto
leggermente sciupato, forse però era solo il pallore a non donargli: non si
intonava con il suo essere, diciamo così. Aveva proprio la faccia da malfattore
eppure non poteva avere più di sedici anni: probabilmente andava ancora al
liceo.
Un viso piccolo e
rotondo: ricoperto di piccole e chiare lentiggini sulle guance, due occhi
grigi, profondi e capelli neri, acconciati in una cresta corta, non troppo alta
e senza una quantità spropositata di gel. Una ruga gli increspava la fronte in
quel momento, proprio sopra il naso.
- Perché no!? Voglio solo
vedere un attimo la ragazza!-
- Ho detto no!-
Il ragazzino non si
arrese. Alzando invece la voce infilò il piede nella fessura della porta,
riuscendo così ad impedire che Davide la chiudesse con un calcio.
- Perché no!?-
Davide sospirò,
continuando a fissarlo: si stava innervosendo, anche se per qualche strana
ragione quel ragazzino sembrava essergli simpatico.
- Sai quella canzone:
quella che fa “Perché no? Perché no!” Ecco è esattamente così:
perché no!-
- Ma ci metto un attimo,
porca…-
- Non essere scurrile per
favore. Ho detto no-
Davide lo aveva
interrotto ancora, usando il tono saccente che si riservava solo per chi
veramente lo meritava. Il ragazzo però era perseverante:
- Ma…-
- Non voglio veda
nessuno. Va’ via-
Il ragazzino sgranò gli
occhi, riprendendo più concitatamente di prima:
- E il biondino allora?!
Lui perché può starsene lì e…-
Ma Davide non lo
ascoltava più.
Non lo guardava più.
Non tentava neanche
più di chiudere la porta.
Si era girato di scatto
sentendo “biondino” e si era scontrato con lo sguardo di Filippo.
Erano una furia.
Mi veniva quasi da ridere al
ricordo: sembrava volessero uccidersi con soltanto lo sguardo.
Arrabbiati neri, entrambi, e
senza nessuna vera motivazione.
Un altro po’ e
sarebbero arrivati ad eguagliare la furia omicida che Mirko aveva ostentato ore
prima: ci erano voluti gli sforzi combinati di diverse persone, ed in
particolare del suo ragazzo, per convincerlo che se c’era Davide doveva
per forza andare tutto alla perfezione.
Su di lui quindi almeno un
qualche effetto lo avevano avuto.
Lanciai un’altra
occhiata alle scarpe di Nando e notai con piacere che si erano spostate di
qualche centimetro: non era morto dalla noia, almeno. Non ancora.
Ho sempre trovato difficile
riuscire a tener sveglie le persone… sarà che sono tedioso.
- Che ci fai qui?-
- Sono venuto a vedere
come stava Ilaria. Non ne sapevo niente, ti sembra normale?!-
- Non sono fatti tuoi,
Molcovich-
- Invece sì che mi
riguardano Davide-
Erano entrambi in piedi,
l’uno di fronte all’altro, che si fronteggiavano.
Ilaria ormai aveva perso
le speranze di poter attirare la loro attenzione ed imporsi in qualche modo, ed
era tornata a poggiarsi con le spalle al cuscino, emettendo un sospiro
sconfortato.
Fu il giovane di prima ad
intervenire inaspettatamente: era entrato senza che nessuno se ne rendesse
conto e ora, spuntando con la testa da dietro i due contendenti, disse:
- Se non avete finito, e
steste per caso programmando una qualche rissa violenta, sareste pregati di
allontanarvi e semmai uscire anche. Io nel frattempo parlo con lei se non vi
dispiace: devo scusarmi per…-
Se la prima parte del
discorso non li aveva colpiti poi tanto, lasciandoli quasi indifferenti, la
seconda ebbe un effetto diverso: si girarono entrambi di scatto verso il
ragazzo, avvicinandolo con fare minaccioso. Filippo parlò per primo:
- Tu che devi fare?-
- Scusarmi…-
Il ragazzino
probabilmente intuì di aver commesso un tragico errore, perché iniziò ad
arretrare lentamente, fino a trovarsi con le spalle al muro.
- E perché?-
- Io… io…-
Aveva iniziato a
balbettare, con il labbro che tremava, riuscì però a rispondere comunque:
- Ho… con il
motorino… ho sbagliato… e mi dispiace…-
- Ti dispiace!?-
Era stato Davide questa
volta: non aveva gridato, lo aveva ringhiato.
Ormai stavano sovrastando
il ragazzo e Davide lo afferrò per il collo della felpa verde che indossava,
sollevandolo da terra di quel che bastava a poterlo guardare negli occhi:
- Tu forse non ti rendi
conto: potevi ucciderla. Se avessi guidato come Dio comanda invece di
comportarti da imbecille quale sei, non sarebbe successo niente. Ma no, tu
dovevi correre e andare contro senso! Tu… tu potevi ucciderla! Lo sai, lo
sai che poi ti avrei cercato fino in capo al mondo per fartela pagare? Ti avrei
ucciso e poi riportato in vita solo per poterti uccidere ancora! Razza di
scriteriato che non sei altro!-
Aveva continuato con lo
stesso tono di voce basso, l’unica variazione era stato nel senso di
minaccia che si avvertiva nella voce e che aumentava man mano. Filippo al suo
fianco non sembrava meno arrabbiato: intervenne poco, con tono duro, fissando
il ragazzo irato.
- Come fanno a dare la
patente a questi bambini?! Dovrebbero sbatterli tutti in gabbia!-
- Basta! Smettetela!-
Mi voltai di colpo,
disincantandomi dalla scena alla mia sinistra e guardando invece a destra, dove
c’era Ilaria che aveva parlato: era intervenuta, riuscendo ad attirare
l’attenzione di tutti.
- Vieni qui-
Aveva parlato
rivolgendosi al ragazzino che spaurito, lasciato da Davide, era corso verso di
lei, prendendo posto su una sedia vicinissima al suo letto.
- Voi due invece uscite-
Non scherzava, non
sorrideva.
- E non tornate finché
non vi sarete calmati. Tutti e due. Calmi e sorridenti, mi sono spiegata?
Altrimenti non vi voglio rivedere qui dentro-
Ed erano usciti per davvero.
Credo che nessuno avrebbe
osato disubbidire.
Noi invece eravamo rimasti:
Ilaria si era accorta anche di noi, ci aveva accolti entusiasta, scusandosi per
le varie situazioni. Aveva conosciuto Armando e si erano fatti simpatia a
sangue.
E poi tutti e tre avevamo
fatto la conoscenza di Mattia: quel ragazzino spaurito che aveva piano ripreso
colore, tornando a sorridere, ad essere se stesso, un sedicenne simpatico,
vivace, sveglio.
Un bravissimo ragazzo, mortificato
nei confronti di Ilaria, che era rimasto colpito dalla gentilezza e dalla
dolcezza di lei, dal fatto che non ce l’avesse con lui.
Lei lo aveva perdonato e
aveva cercato di tirarlo su, per fargli passare il senso di colpa.
E lui si era ripreso, solo
per far contenta lei.
L’aveva presa in
simpatia, sentendola come una sorella, la sorella che non aveva avuto e che
desiderava mi aveva poi spiegato Nando, che lo aveva capito non si sa come.
E Mattia era rimasto per
tutto il tempo, fino al pomeriggio, anche mentre ingessavano il polso ad
Ilaria: non si era allontanato un attimo.
Ci aveva raccontato del
liceo che frequentava: scientifico, e di come la cosa non gli fosse mai
piaciuta. Era il padre a volerlo ingegnere, ma lui desiderava fare
l’avvocato. Continuò parlando entusiasta delle vacanze che si stavano
avvicinando: un’intera settimana di festa, ancora non riusciva a
crederci. Sinceramente però non sapeva bene cosa avrebbe fatto: suo padre era
in viaggio di lavoro e sarebbe tornato di lì ad un mese, sua madre invece non
si vedeva mai.
E aveva continuato a parlare
ininterrottamente, tenendoci svegli con le sue chiacchiere infinite, sempre con
il sorriso sulle labbra. Fino a quando poi non erano tornate le due teste
calde.
Erano entrati con lo sguardo
per terra, avviliti e dispiaciuti.
Mi era piaciuta molto come
scena quella: oh, sì davvero molto. Così come piacque a Mattia, che la osservò
tutto compiaciuto e soddisfatto con un ghigno sulle labbra, anche se poco
dopo si allontanò dalla stanza, promettendo di tornare verso sera.
Un flebile rumore interruppe
il corso dei miei pensieri.
Riaprii piano gli occhi,
cercando di identificarlo e vidi i piedi di Nando agitarsi. Sgranai gli occhi
sorpreso e feci per dire qualcosa ma lui mi precedette:
- Fino a questo punto,
abbiamo passato tutto assieme, Maurizio. Poi cosa è successo? Cos’è che
ti ha sconvolto?-
Scossi la testa: non è che
mi aveva proprio sconvolto. E’ che…
- Una chiacchierata con
Mirko: mi ha detto delle cose… mi ha informato di una cosa di cui non ero
a conoscenza e mi ha chiesto di supportarlo quando avrebbe dovuto farsi
ascoltare anche dagli altri-
Vidi improvvisamente la
testa di Nando fare capolino da sopra il tavolo e guardarmi con
un’espressione fra l’interrogativo e il divertito:
- Se è della sua
omosessualità che stai parlando, Maurizio, ci tengo a ricordarti che non è più
un segreto. Forse l’alcool ti sta annebbiando il cervello e…-
Negai subito, bloccandolo:
no, no che non parlavo di quello. Parlavo di altro, per la miseria!
Di un casino molto più
grosso.
Uno di quelli che dici: ma
come diavolo è possibile?
Cioè, ma qualcuno ci si è
messo e ha programmato tutto a tavolino?
Perché altrimenti non si
spiega, non si capisce come poteva accadere…
Poi, tempo dopo, molto dopo,
avremmo scoperto che davvero c’era qualcuno che aveva organizzato tutto.
In quel momento però non sapevamo niente, tranne che:
- Ti andrebbe un viaggetto a
Siracusa?-
*
Ed eccomi!
Ancora qui? Chiederete voi tutti, scocciati... sì, ebbene sì ^^
Non potevo non tornare, fosse stato solo per ringraziarvi tutti: continuate a
commentare, per qualche motivo a me sconosciuto, e non potrete mai capire
quanto ve ne sia grata *_*
In particolare ci tenevo a ringraziare tutte quelle persone che oltretutto
mi hanno votato nel concorso ai migliori personaggi!! Sul serio non
riuscivo a crederci! Ma graaaazieee!!! *___* Siete
state troppo buone! Davvero, ancora un grazie enorme! Immenso e ancora non
basta **
E poooi.... non saprei dire com'è il capitolo ad
essere sincera: l'ho scritto in fretta e nell'unico momento libero che sono
riuscita a trovarmi, per cui... bah, aspetto i vostri giudizi ^^
Se avete domande,
dubbi, qualunque cosa, chiedete! Senza farvi problemi! =)
Un bacio, e alla
prossima!