La pioggia e l’addensamento di nuvole rendevano quella giornata estremamente grigia, nella città di Providence.
Denys abitava lì da due anni ormai, eppure non era ancora riuscito ad ambientarsi.
In due anni non era riuscito a farsi nemmeno un amico.
Non faceva parte di quel posto, non era un abitante di quella città; era solo uno straniero vagabondante che aveva perso la vera strada di casa. Gli mancava molto la Florida…
Non aveva l’ombrello; arrivò a scuola completamente fradicio, tenendo un libro sopra la testa in un timido tentativo di non annacquarsi.
«Dannazione, pioggia del cavolo!»
Finalmente entrò nella scuola. La sua nuova, scuola. Dopo numerosi fraintendimenti, infatti, e atti di bullismo che lo vedevano come vittima e capro espiatorio, era stato espulso da quella vecchia.
Stranamente, ne era felice.
Quella scuola, quella nuova, aveva l’aspetto di un imponente edificio dall’aspetto piuttosto squallido.
La sua struttura esterna ricordava un’enorme scatolone grigio, cosa che certo non incoraggiava i poveri studenti ad entrarvi.
Sospirò, sempre più schifato da quel luogo, e procedette a passo lento lungo il grande atrio centrale.
Non c’erano molti studenti, in giro. Si guardò attorno, sempre più preoccupato, e il suo sguardo ricadde su un orologio appeso di fronte a lui, sulla parete.
Segnava le 8.20.
«Occacchio, sono in ritardassimo!» esclamò, iniziando immediatamente a correre.
Non andò neppure a cercare il proprio armadietto per riporre la roba, perché non sapeva quale fosse.
Accelerò il passo, e il respiro gli si fece sempre più affannoso.
Un momento… Dove correva? Non sapeva ancora orientarsi, in quel labirinto.
Cercò la sua classe ovunque, disperato.
In quel momento credette che la sua classe fosse stata risucchiata da un vortice dimensionale.
Quando la famigerata targhetta con scritto 4 B gli apparve davanti agli occhi.
Ooh, finalmente!
Bussò alla porta, ed entrò.
Per un attimo ebbe come l’impressione che l’insegnante, da dietro la cattedra, gli avesse lanciato uno sguardo da assassino.
Guardandolo meglio, sembrava normale; mai abbassare la guardia, però.
«Ah, tu devi essere quello nuovo, giusto? Denys Kennedy…»
Denys annuì leggermente con la testa, si sistemò gli occhiali e si sedette nell’unico posto libero.
L’inizio della fine… Ecco cos’era!
Se lo immaginava già, il suo futuro: costretto a vivere in una misera città che già odiava, lontano da tutti coloro a cui teneva, sorvegliato da sua madre e costretto a laurearsi per diventare avvocato… Che palle!
Sperando che nessuno lo guardasse, appoggiò la testa al banco e chiuse gli occhi.
Non aveva quasi dormito… E farlo in quel momento era sicuramente la cosa migliore che potesse venirgli in mente.
Il suo banco era nell’ultima fila, e davanti a lui c’era seduto un ragazzo davvero imponente.
Nessuno avrebbe fatto caso a lui, sicuramente.