Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: OnlyHope    09/05/2010    8 recensioni
Per Sanae tutto iniziava davanti ad una fermata d'autobus, quello stesso giorno Tsubasa partiva per il viaggio che avrebbe cambiato per sempre la sua vita. E mentre Sanae cercava la sua strada in Giappone, Tsubasa inseguiva con caparbietà il suo sogno in Brasile. Ma anche questa è la storia di un ragazzo che ama incondizionatamente una ragazza. Perché questa è la storia di Tsubasa.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Don't Be Afraid to Fly ' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
FLY AWAY (Butterfly reprise)

Capitolo 10

Ultima notte d’estate









Gli occhi fissi sulla preda, bianca come la neve e rossa come i coralli, che ignara continua a rincorrere le altre, nel loro silenzioso e umido passeggio.
Il mio braccio destro si alza lentamente sopra la testa, aguzzo la vista prima di calare con rapidità il mio attacco.
Con un gesto deciso cerco di portare la preda in superficie, avvicinando la ciotola color muschio stretta nell’altra mano.
In una frazione di secondo la carta si sfalda, aprendosi in due.
“Oh noooo!” esclama Sanae ridendo divertita mentre osservo il pesciolino che mi è appena scappato, riprendere a nuotare nella tinozza di legno.
Sbuffo rigirando la paletta bucata nelle mani, lei non smette di ridacchiare quando l’appoggio insieme alle altre tre, che hanno avuto la stessa misera fine.
“Ok un’altra! Riproviamo!”
“Tsubasa arrenditi!” mi esorta appoggiando il mento sottile sulla mia spalla, mettendo un po’ a repentaglio il suo precario equilibrio, visto che sono dieci minuti che siamo accovacciati davanti alla vasca con i pesci.
“No stavolta ci riesco!” e porgendo un’altra manciata di spiccioli al proprietario della bancarella, ricevo subito la mia nuova paletta, convinto che sarà quella giusta stavolta.
“Non si può essere i migliori in tutto, fattene una ragione!”
Sanae ride ancora, divertita dalla mia insistenza, credendo probabilmente che mi sono intestardito per una questione di orgoglio.
Invece io vorrei prendere semplicemente un pesciolino, solo per regalarglielo, per lasciarlo qua con lei, al posto mio.
Domani parto…
Questa che stiamo trascorrendo è l’ultima sera che passeremo insieme, dopo un periodo che mi è sembrato un’eternità, in confronto a ciò cui siamo abituati solitamente.
E il mio sguardo ritorna su Sanae, che osserva l’acqua sotto i suoi occhi, illuminata dalle luci delle lanterne colorate, che dondolano appese sopra le nostre teste.
Sorrido dolcemente osservandola nel kimono giallo chiaro, ricamato di fiori rossi e bianchi.
I capelli tirati su, in un’acconciatura simile a quelle tradizionali ma allo stesso tempo moderna e carina, proprio come lei.
Come una giovane donna giapponese.
La seta colorata del suo vestito, oltre a donarle incredibilmente, ha però anche il potere di rimarcare ancora di più la distanza che ci separerà di nuovo, ricordandomi allo stesso tempo, quali siano le mie origini e il luogo cui appartengo.
Sanae incrocia il mio sguardo e mi sorride, poi la piega delle sue labbra prende a velarsi di malinconia, come sta capitando sempre più spesso in questa serata.
Ed è palese che ogni risata che ha spezzato la tristezza in questa notte di festa sia solo l’estremo tentativo di ricacciarla e di far finta che tutto sia normale, che il domani non porti cambiamenti.
Ma la tristezza riesce comunque a predominare e a eclissare ogni piccolo attimo di precario  buonumore.
E’ una sensazione chiara quella che mi sento sulla pelle, come se stessi già partendo fin da adesso, come se fossi già sopra quel volo intercontinentale, che riporta tutto al vecchio, doloroso ordine di cose.
Facendo appello al mio coraggio, mi sprono a non lasciarmi vincere dallo sconforto, sia per me ma soprattutto per Sanae.
Sfodero un sorriso il più possibile disteso, senza distogliere il mio sguardo dal suo, con la tacita richiesta che lei faccia altrettanto.
Sanae socchiude leggermente gli occhi e inspira profondamente, il suo torace di gonfia lentamente, mi sembra quasi che tremi.
Quando le sue palpebre si aprono di nuovo, risponde al mio sorriso, imitandomi.
“Allora riprovi, sì o no?” mi chiede con un’espressione di nuovo divertita a vivacizzare i bei lineamenti del viso.
D’istinto prendo il cellulare dalla tasca e le scatto una foto.
Osservo il suo sorriso formato dai piccoli pixel dello schermo, l’abito tradizionale e le ciocche di capelli tenute strette dai nastri colorati.
La mia bellissima ragazza giapponese…
Sorrido compiaciuto e salvo come sfondo.
Quando rimetto il cellulare in tasca, torno a guardare la Sanae in carne e ossa davanti a me, che mi osserva perplessa ma ancora sorridente.
Mi porto più vicino a lei e prendo la sua mano destra, stranamente fredda, in modo che combaci con il mio palmo.
“Proviamo insieme…” mormoro al suo orecchio, le sue dita s’intrecciano alle mie intorno al legno scuro della paletta.
Le sue gote s’imporporano e i suoi occhi s’illuminano di divertimento, segno che siamo tornati di nuovo, entrambi, a mettere la testa sotto la sabbia.
Vicinissimi ci sporgiamo sulla vasca per adocchiare la nostra preda e così la finzione torna a camuffare questa serata.
Si riprende a far finta che sia una notte qualunque, in un giorno di festa, in una calda notte d’estate.






Mi ero ripromesso di fare un paio di cose, una volta arrivato in Giappone.

Una decisamente importante ma che poi ho abbandonato, preso come sono stato dal mio vecchio mondo che mi riassorbiva.
Preso dagli amici, dalla vita di un tempo che è tornata prepotente a farmi ricordare che amo questo posto, radicato com’è nel mio cuore.
L’amore che provo per Sanae poi ha fatto il resto, annullando completamente tutto ciò che poteva distrarre da lei la mia attenzione, compreso, paradossalmente, qualcuno che ci riguardava.
Sono atterrato nel mio Paese un mese fa con la netta convinzione d’imbattermi, casualmente e per vie traverse, nel terzo incomodo che ronza fastidiosamente nel mio orecchio, ormai da diversi mesi.
Giusto per curiosità e per quel tanto di disturbo, che il suo interesse per la mia ragazza suscita in me.
Gli eventi però hanno preso il sopravvento, portandomi a dimenticare la sua esistenza.
Ho litigato con Sanae durante questa vacanza, cosa che non avevo mai fatto prima.
L’ho amata poi come non ero ancora riuscito a fare, nel modo che ora, mi sembra il più giusto per esprimere cosa si sente dentro.
Dopo aver fatto l’amore con lei, potevo ricordarmi o riflettere ancora sul suo insignificante corteggiatore?
La mia mente ha annullato con la sicurezza il suo ricordo.
L’orgoglio ha fatto il resto perché mi rendo conto che non sarei mai andato da lui a fare le dovute presentazioni, dimostrando così di essere intimorito, perlomeno ai suoi occhi, dalla sua presenza intorno a Sanae.
Avevo archiviato Takeshi Seii, ma il caso o forse no, ha riportato in superficie il problema, permettendomi comunque di trovarmelo davanti, in maniera fortuita.
Non era quello che volevo?
“Tsubasa lui è Seii, un mio compagno di corso al club di musica. E’ il ragazzo che ha sostituito il prof. all’audizione il mese scorso.”
Gli tendo la mano, facendo finta di non aver notato il modo in cui mi ha squadrato, appena mi sono voltato passando da bere a Sanae.
La mia sorpresa è durata il tempo di incrociare il suo sguardo, poi si è dissolta, lasciando posto all’istinto.
E così questa è la tua faccia…
“Piacere!” esclamo stingendo deciso intorno alle sue dita, Seii sorride tranquillo ricambiando la mia stretta con altrettanta forza.
Involontariamente il mio cervello inizia a immagazzinare veloce ogni particolare che riguarda il ragazzo avanti a me: dalla polo nera che indossa all’espressione del viso, dal colore degli occhi, più chiari dei miei, alla sua altezza.
Mi sembra di conoscerlo da tempo eppure è un perfetto estraneo, potere dell’immaginazione e di giornate passate a riflettere su di lui.
“Nakazawa ho chiesto al professor Tadai di partecipare alle sessioni d’incisione, quindi quando andrete a Tokyo per registrare sarò dei vostri!”
E noto, non si potrebbe non farlo, che le sorride in modo appariscente.
Gli angoli delle labbra piegati allegramente e gli occhi due fessure estremamente cordiali, fin troppo entusiaste.
“E' un vero peccato Ozora, che tu stia in un altro continente mentre noi saremo chiusi in uno studio a suonare giorno e notte! Ti saresti divertito ad ascoltarci. Beh, contando i tuoi tempi, la prossima volta che tornerai in Giappone l' album sarà già esaurito nei negozi di dischi!"
Il suo sorriso ora rivolto a me, all’apparenza cordiale ma sfacciato, dal mio punto di vista.
Alla faccia del fair play.
Non sono scemo, mi sta mandando un messaggio impossibile da fraintendere e senza rendermene conto, istintivamente, la mia curiosità nei suoi confronti si trasforma in esigenza di mettere le cose in chiaro.
Non mi aspettavo comunque che fosse lui a sfidarmi, avevo immaginato che se ci fossimo incontrati, sarebbe spettato a me introdurre la questione, mandandogli chiari ma discreti messaggi subliminali.
Mi adatto senza svelare lo stupore, scoprendo in me l’innata forza che scioglie la lingua e suggerisce soluzioni, quando sono sfiorate le cose care, quando qualcuno vuole anche solo avvicinarsi a chi ami.
Alla ragazza che ami, senza girarci intorno.
Questa è una questione di amore, gelosia e possesso, quest’ultimo inteso nel senso più positivo del termine.
"Sanae è brava, non credo ci metterete tutto questo tempo. Magari con quello che avanza, potrà venire un po' di tempo da me in Brasile!"
Lo fisso negli occhi, facendo bene attenzione che nemmeno un battito di ciglia distolga la fissità del mio sguardo e la mia bocca si distende in un sorriso sicuro, imperturbabile.
Tutto mi viene spontaneo, mi sento semplicemente capace di farlo.
Perché devo essere io il più forte tra i due.
Io sono il più forte.
E Sanae è mia.
Non dovresti nemmeno sfiorarla, perché è oltre le tue possibilità, è troppo per te.
"Scuola permettendo però!" ribatte Seii senza scomporsi e senza mollare la presa sulla questione, sul suo viso campeggia un sorriso sornione, provocatorio.
Entrambi sappiamo che gioco stiamo conducendo.
"Ovvio, scuola permettendo!" e istintivamente, ancora, la mia mano si appoggia sulla spalla di Sanae, il mignolo a sfiorarle il collo in una micro carezza, tanto per rafforzare il concetto.
"Beh, ora sarà meglio che vada. Non vorrei rubarvi ancora tempo prezioso, già ne avete così poco!" e si avvicina a me di un passo, sorridendo allegro stavolta.
Stronzo! Penso ma al di fuori sono una maschera di serenità.
"E' stato un piacere, Ozora. E congratulazioni per le qualificazioni, capitano!"
E' lui a tendere la mano verso di me stavolta, il mio sguardo si posa un secondo sulle sue dita lunghe da musicista, cercando di glissare sul tono provocatorio con cui ha accentuato l’ultima parola.
“Piacere mio. Ero proprio curioso di conoscerti..." esclamo tornando a guardarlo con convinzione negli occhi.
So chi sei e quello che hai in mente, attenzione...
Seii non si controlla stavolta e sgrana leggermente gli occhi, confuso.
Rimango impassibile godendo internamente del moto di stupore dipinto sul suo volto, ora che ha commesso un errore.
E mi è chiaro che ha colto il messaggio, che poi è quello che volevo.
La nostra tacita battaglia finisce in questo momento.
Seii si ricompone e ci saluta facendo finta di niente, quando si allontana, osservo ancora per qualche secondo la sua schiena, prima che scompaia tra la folla.
Sanae ed io riprendiamo a gironzolare per le bancarelle, senza fare commenti sull’incontro appena concluso.
Inizio silenziosamente a rimuginare su cosa è accaduto: ho incontrato il mio pseudo rivale, o chi ambisce a esserlo, e lo stupore torna a fare capolino nella mia testa.
Osservo Sanae che silenziosa mastica una caramella presa dal sacchetto che le ho comprato al chiosco.
Mi rendo conto solo ora, che ero così intento a difenderla da non aver prestato molta attenzione proprio a lei, mentre ammettiamolo, marcavo il mio territorio e definivo tacitamente il mio possesso su di lei.
Possesso che espresso così fa tanto maschilista, ma che non lo è per niente.
Considero Sanae mia, non come un oggetto.
Lei è semplicemente l’incarnazione dell’amore che posso provare, come se personificasse il mio cuore.
Che appunto è solo mio.
E suo.
Una cosa nostra.
Un briciolo di gelosia rende comunque tutto questo possesso terreno.
Un ragazzo di diciassette anni non può compiacersi del fatto che un altro abbia emozioni, pensieri e desideri sulla propria ragazza.
Sanae continua a non parlare, un’espressione pensierosa sul volto incupisce costantemente i suoi lineamenti.
E’ tesa dopo quello che è appena successo, probabilmente a causa mia.
Per mesi non ha fatto altro che difendermi, tenendomi nascosto l’interesse di Seii, per non farmi preoccupare inutilmente.
Raggiungiamo un posto isolato per vedere i fuochi d’artificio indisturbati, solo in lontananza si scorgono tante testoline rivolte in alto, in attesa che lo spettacolo inizi.
"E così quello era Takeshi Seii..." mormoro mentre mi appoggio con il sedere alla staccionata che costeggia il viale che porta al tempio, decidendo che forse è ora di parlare dell’accaduto, perché sono stanco di rimuginare con me stesso e che lei si preoccupi per qualcosa che so già.
Siamo stati faccia a faccia tutti e tre, tanto vale smettere di fingere.
"Ryo dice che ti viene dietro..." lo dico quasi a volermi liberare da un peso, sentendomi però allo stesso tempo confuso, mente pronuncio queste poche parole, come se fosse anomalo parlarne con lei.
Come se fosse assurdo parlare di altri nei discorsi di noi.
Il mio sguardo non si sposta da un punto lontano nel panorama, non posso così vedere la reazione di Sanae ma intuisco un po’ di agitazione nella sua voce, quando tenta di minimizzare dando la colpa alla lingua lunga di Ishizaki.
"Anche Taro lo dice."
La guardo negli occhi ora, istintivamente e con serietà e mi rendo conto che la mia risposta può sembrare, detta così, un rimprovero, ma non è nella mia intenzione.
Sono solo stufo di tenere per me la cosa e stanco che lei debba preoccuparsi.
Takeshi Seii non è un problema, ma riguarda comunque Sanae e Tsubasa, è giusto affrontarlo insieme.
“E’ vero…” ammette abbassando gli occhi dispiaciuta, poi torna a guardarmi, ritrovando la decisione persa.
"Ma io non te l’ho mai detto perché riesco benissimo a gestire la cosa da sola, senza che tu debba preoccuparti di niente. Per me quella persona non è importante! Volevo solo che tu fossi tranquillo..."
La sua espressione preoccupata, all’idea che possa avere avuto un’opinione sbagliata sul suo comportamento, paradossalmente mi rende all’improvviso sollevato.
Perché ora che ne stiamo parlando, saremo liberi entrambi da queste paranoie.
Sei proprio una scema anche solo a farti sfiorare dal pensiero che io possa dubitare di te.
“Lo so…” le sorrido per rassicurarla “Ero solo veramente curioso di vedere che tipo fosse... Penso che sia normale!” ammetto con imbarazzo, svelando se pur di poco, la mia gelosia nei suoi confronti.
Sanae mi rassicura stringendo le mie mani tra le sue, visibilmente sollevata, credo le sia costato molto non dirmi niente in questi mesi.
Probabilmente Seii non sa che con la sua comparsata, ha alleviato una piccola parte delle nostre sofferenze.
E quando domani partirò, saremo entrambi più leggeri non avendo più segreti stupidi tra di noi.
Domani, già…
E il pensiero della partenza riprende a martellarmi nel cervello, come il rumore assordante dei fuochi che hanno appena preso a scoppiare in mille colori, sopra la mia testa.







Non riesco a dormire.
L’ennesima vibrazione del cellulare, giusto un paio di secondi, a ricordarmi che nemmeno lei riesce a farlo.
Che anche lei sta pensando a me.
La promessa che ci siamo fatti quando l’ho riaccompagnata, per l’ultima volta, a casa, credevo sarebbe servita a spronarci a riposare, invece si è trasformata nel pretesto cui attaccarci per sentirci vicini.
“Uno squillo se non riesci a dormire e se mi pensi! Se ti squillo io e non mi rispondi perché dormi, forse allora mi addormenterò anch’io poi…”
Sanae l’ha detto cercando di essere convinta e convincente, negando a se stessa e a me, che saremo stati incapaci di accettare la mia partenza.
Prendo in mano il cellulare e faccio partire il mio squillo di risposta.
Sì, ti penso anch’io…
Nella semioscurità le mie valige pronte accanto alla porta, sono un pugno nello stomaco continuo.
Sono felice di poter tornare a giocare in Brasile, mi sono mancati lo stadio e le corse sull’erba verde, circondato dalle urla dei tifosi.
Ma ora è tremendamente dura ripartire, ancora peggio della prima volta.
L’idea di separarmi da Sanae, per non so quanto tempo, sfiora l’inaccettabile.
Ma è la realtà, il prezzo che ho acconsentito a pagare in cambio della mia carriera e del mio futuro successo.
Amore per il calcio pagato con l’amore.
Gli affari non sono sicuramente il mio forte.
Il telefonino vibra ancora e mi accorgo che gli intervalli di tempo che passano tra uno squillo e l’altro, si assottigliano sempre di più.
E’ la smania di sentirsi vicini, la ribellione che c’è concessa ma che non porterà a cambiamenti.
Quella sofferenza che ci ha fatto decidere di eliminare gli aeroporti dai posti in cui essere insieme, nello stesso momento.
Perché ogni volta fa più male, perché sono uno strazio gli addii nell’attesa di un volo che sta per essere annunciato.
Questa volta però la buona volontà e i buoni propositi, la razionalità e i discorsi sensati, sembra non abbiano un briciolo di forza.
Credevo di amare Sanae con tutte le mie forze e tutto il mio coraggio prima di tornare in Giappone.
Ora ne sono assuefatto, conscio che fino a un mese fa non avevo provato ancora che la metà di ciò che sono in grado di sentire per lei.
Il sesso c’entra in tutto questo.
Dal quel giorno di pioggia mi sembra che tra noi non esistano più veli capaci di separarci, che non ci sia un essere vivente sulla faccia della terra così perfetto per me, destinato a Tsuabsa.
Disperatamente riemerge dentro di me la voglia di averla vicino e l’angoscia per l’intollerabile idea di non poter più tendere la mano verso di lei e raggiungerla.
Prendo il cellulare e invece di interrompere la chiamata al primo squillo, lascio che continui a chiedere di lei.
Esigente di sentirla, perché contrasti il vuoto che mi circonda.
“Tsubasa…” la sua voce è debolmente sussurrata, vorrei toccarla per tentare di farla smettere di tremare.
“Sanae…”
L’ho chiamata io, ma mi mancano le parole, sento solo la necessità di colmare il vuoto, di sentire che c’è.
E mi manca il fiato quando il silenzio è rotto dai suoi singhiozzi, sempre più disperati.
E non c’è nulla che possa fare o dire.
Mi resta solo ascoltare.
Il suo pianto come un temporale.
Nella mia stanza, al buio ascolto la pioggia.
Che non è fatta stavolta d’amore ma solo di lacrime…










Sono terribilmente in ritardo, almeno secondo la mia tabella di marcia che mi sono prefissata.
Ma la vita di tutti i giorni, fortunatamente a volte, non lascia molto spazio, quindi mi è mancato il tempo necessario per scrivere.
Ringrazio di cuore i lettori “vecchi e nuovi” e chi ha avuto la gentilezza di ritenere le mie storie degne di nota inserendole nei propri account.
Spero di non tardare con il prossimo capitolo, un abbraccio
OnlyHope^
^


   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: OnlyHope