Nota dell'Autrice: Ed eccoci al capitolo vero e proprio. Fin'ora mi sono attenuta ai fatti che avevo letto e che ricordavo, ma ora è arrivato il momento di dare una svolta alla storia. Come vedrete ho solo preso l'inizio dell'ultimo capitolo di Resident Evil Degeneration, ma questa storia non tiene conto affattodgli eventi che seguono dopo. Ho avuto un piccolo flash di ciò che poteva succedere nella mente di Claire dopo la morte di Steve e della fantomatica morte di Wesker ed ecco qui il risultato. Spero di non deludervi. Ora vi lascio alla storia.
Ringraziamenti:
Bluemary: Ti ringrazio per gli errori che mi hai segnalato. Scrivere questo capitolo è stata dura, ma spero che ciò che ho scritto non ti dia fastidio. Ebbene, ho voluto solo buttarmi su un personaggio di Claire che potrebbe esistere dopo la morte di Steve. Un piccola licenza poetica che mi sono presa. Ora ti lascio al capitolo, senza rubarti altro tempo.
Era ritornata la
normalità e Claire, ormai attivista dell’associazione mondiale “TerraSave”,
stava scendendo le scale ad una velocità estenuante.
Era
terribilmente in ritardo, come sempre e sapeva che questa volta non
gliel’avrebbero perdonata. Aveva in mano una valigetta e indosso la sua solita
giacca rosa, simile a quella che aveva a Racoon City e che aveva preferito
buttare via.
Si era
trasferita nella cittadina di Harvardville, sempre negli Stati Uniti. Dall’epoca
in cui aveva incontrato i suoi amici e il fratello erano passati più di sei mesi
e da quel che considerava la vicenda più orribile che avesse mai vissuto, poco
più di un anno.
Claire era
riuscita a sopravvivere a quella vicenda, ma continuava ad avere paura la notte.
Quando ogni singolo spiffero si insinuava nelle fessure delle finestre, ogni
rintocco di orologlio lontano, ogni piccola goccia di rubinetto che sentiva come
un assordante rumore.
Non aveva mai
dimenticato il viso del demone che quel giorno le sorrise beffardo. Sapeva forse
che sarebbe sopravvissuto, anche se lei in cuor suo sperava che non fosse
così.
Ogni volta che
pensava a quell’uomo il cuore iniziava a battere forte. Non era l’emozione, ma
la paura che gli procurava il solo pensare a lui. Claire prese un profondo
respiro fermandosi proprio agli ultimi gradini della
scalinata.
Sperava che la
giornata passasse velocemente, che riuscisse almeno a superarla serenamente.
Ormai Wesker si era insinuato come un virus maligno dentro la sua testa e ogni
giorno sperava di poterlo superare senza problemi, ma non riusciva a togliersi
quel pensiero persistente.
Era ancora
vivo?
Claire scosse la
testa cercando di sorridere e credere che, in fondo, era solo una piccola paura.
Aveva visto lei stessa l’esplosione.
Sulla strada si
avviò verso la sua macchina e all’improvviso le sembrò di vedere qualcuno di
conosciuto. Le si fermò il cuore ad un tratto e tutto il mondo sembrò
distruggersi intorno a lei. Stava guardando dalla sua parte, stava fissando
proprio lei.
Quell’uomo
all’improvviso abbracciò qualcuno e si rese conto dopo che non era lui. Eppure
gli somigliava troppo o era proprio la sua immagine a perseguitarla. Scosse il
capo per qualche istante riprendendo a camminare. Il cuore aveva accellerato i
suoi battiti e non riusciva a calmarsi, se non aprendo la borsa e prendendo una
di quelle pillole che le aveva consigliato il suo medico.
Solo da poco
aveva cominciato a prendere anche il sonnifero dato che le riusciva difficile
dormire la notte, soprattutto da quel che era successo a Steve. Non riusciva a
perdonarselo.
Improvvisamente
il trillo del cellulare la fece sussultare, era troppo immersa nei pensieri che
aveva quasi dimenticato dove si stesse dirigendo.
-Si, si. Sto
arrivando.
Era il padre
della famiglia che stava assistendo. Aveva trovato qualcosa che, forse, le
avrebbe impiegato la mente per l’intera giornata e sperava con tutta se stessa
che ci riuscisse a non pensare.
Si mise in
macchina, inserì la chiave all’interno del quadro e mise in moto. Un profondo
respiro per poi partire, diretta veso l’aeroporto di
Harvardville.
Sembrava così
distante, eppure aveva percorso solo poca strada. Sbuffò, lasciando che il suo
autocontrollo si dissolvesse come se non l’avesse mai avuto. Riusciva a malpena
a stare calma. Quella giornata, non riusciva a spiegarsi perché, era cominciata
male e sapeva che sarebbe finita anche peggio. Se lo
sentiva.
Frenò
all’improvviso per un pedone sopra le strisce. Pochi secondi di ritardo e
l’avrebbe investito. Claire sgranò gli occhi quando davanti a lei comparve il
viso di Wesker, con gli occhi rossi che la fissavano atrocemente. Strofinò le
proprie palpebre per poi accorgersi che era solo uno dei tanti passanti, eppure
era così reale da riuscire a farle venire i brividi alla schiena e i sudori
freddi. Aveva il respiro affannato. Il pedone le aveva inveito contro
sicuramente, ma era troppo spaventata per potergli
rispondere.
Riprese la
strada. Accellerò appena uscendo poi sulla statale che l’avrebbe condotta verso
la sua meta. Si chiedeva se stesse diventando pazza, se nel suo inconscio non
avrebbe voluto veramente rivedere Wesker per fargliela pagare.
Sembrava avesse
una specie di ossessione verso quell’uomo. Non riusciva ad andare in terapia,
anche perché chi mai l’avrebbe creduta per ciò che la Umbrella Corporation
facesse ai propri cittadini.
A volte si
sentiva sola, quando Chris non era in città e questo voleva dire per la maggior
parte dell’anno. Era sempre impegnato con Carlos e Jill per chissà quale affare
contro la Umbrella che a volte si dimenticava anche di
lei.
Claire cercò di
riprendere la calma e si asciugò la fronte. In quel periodo dell’anno faceva
troppo caldo e, come se non bastasse, l’aria condizionata aveva anche smesso di
funzionare.
-Ok, Claire.
Calmati.
Cercava di
aiutarsi con la propria voce, per non sentirsi sola nella statale desolata,
forse a causa dell’ora mattutina. Ogni tanto vedeva passare delle auto, ma era
un qualcosa che succedea molto di rado.
Ora, riusciva a
distinguere bene la sagoma dell’aeroporto. Era passata solo una mezz’ora da
quando stava investendo il pedone, che nuovamente il pensiero che l’uomo dei
suoi incubi fosse ancora vivo le sfiorò la mente.
Claire spostò
l’attenzione verso lo specchietto retrovisore, solo una macchina dietro di lei.
Strinse le labbra e accellerò appena, distansiandosi dall’auto che la
seguiva.
Arrivata
all’aeroporto, parcheggiò e prese la valigetta che portava sul sedile
posteriore. Chiuse tutto e si portò verso l’ingresso. La giornata sarebbe
trascorsa tranquillamente, almeno era quello che lei
sperava.
Claire ritornò a
casa prima di cena. Era completamente stanca, non solo fisicamente, ma anche
psicologicamente. Non riusciva più a formare un pensiero senza che il viso di
Wesker comparisse davanti ai suoi occhi. Stava diventando un’ossessione e non si
rendeva conto di questo.
Claire cominciò
a preparare la cena meccanicamente, un gesto che ripeteva ormai ogni sera. Aveva
dato delle regole da seguire e si atteneva a queste scrupolosamente, cercando di
evitare di differire il meno possibile.
Si sentiva
continuamente osservata e questa specie di fobia aveva cominciato a fare
capolino nei suoi pensieri da un po’ di tempo. A volte le capitava anche di
sentire una forte pressione sul petto, come se qualcuno la stesse calpestando,
ricordando il momento in cui Wesker aveva premuto il suo pesante anfibio su di
lei.
Erano momento
che si sentiva morire, eppure la sua forza di volontà le faceva cadere il muro
di questa fantomatica pazzia in mille pezzi, ritrovandosi nella sua camera da
letto, completamente sudata.
Anche questa
sera stava pensando a tutto questo. Non riusciva a darsi una spiegazione e
cercava di tenere occupata la mente nel piatto del giorno. Seguiva anche un
corso di cucina, tentava in tutti i modi di occuparsi la giornata così da
ritornare stanca e con la tremenda voglia di dormire.
Molte volte
questo non succedeva e dunque si districava tra i fornelli. Aveva preparato un
piatto semplice per quella sera e mangiò il tutto con un’assoluta
calma.
Claire sistemò
il tutto e, come ogni sera, sentì il telefono squillare. Era sicuramente Chris.
Infatti quando alzò la cornetta per rispondere sentì la voce familiare del
fratello. Un sorriso comparve sulle sue labbra, felice di
sentirlo.
-Claire, come
stai oggi?
- Un po’ stanca,
ma vado avanti. Dove sei adesso?
- Sono a New
York. Tornerò presto da te sorellina, il tempo di sistemare alcune
cose.
-Va
bene.
La telefonata
era arrivata al suo termine, ma con una sorpresa inaspettata per Claire. Chris
non le aveva mai detto che sarebbe tornato e quando lui l’aveva salutata aveva
riacquistato un po’ della voglia di gioire come faceva un
tempo.
Quella sera era
andata a letto più contenta, riuscendo anche a dormire un sonno abbastanza
tranquillo senza che gli occhi rossi la visitassero anche quella
notte.
Ciò di cui non
si accorse è che gli occhi rossi quella notte erano presenti, ma non nei suoi
sogni e che la stessero guardando attraverso la finestra.
Il telefono
squillò improvvisamente nel cuore della notte. Erano passati ormai tre giorni da
quando aveva ricevuto quella bella notizia da Chris e stava riuscendo a dormire
senza bisogno di sonniferi.
Sgranò gli occhi
come risvegliatasi da un incubo e la mano tremò nel prendere la cornetta. Aveva
una specie di presentimento e non se la sentiva di
rispondere.
Claire prese
tutto il coraggio che in quel momento aveva e afferrò il telefono. Rispose, ma
dall’altra parte non ebbe risposta, solo un sospiro sommesso e
calmo.
Claire sentì il
suo cuore accellerare i suoi battiti e il respiro le si mozzò di colpo. Strinse
il labbro inferiore in una morsa ferrea tra i denti. La pelle si lacerò
lasciando nella sua bocca il sapore del proprio sangue.
Non riuscì a
dire nulla, anche perché aveva la gola riarsa e non riusciva a muovere un
muscolo. Non era una paura verso qualcosa di reale, ma verso un qualcosa di
intangibile, che non poteva vedere.
Se solo avesse
potuto vederlo, avrebbe raccolto il coraggio a due mani e avrebbe reagito di
conseguenza.
Le sue paure
erano radicate nella sua mente. Non sapeva se combattere contro un fantasma o se
Wesker fosse ancora vivo in modo da combatterlo nella realtà. Nei propri sogni
non riusciva a trovare una via d’uscita.
Ciò che non si
conosce non si può combattere. Qualcuno aveva detto una frase del genere, ma al
momento non aveva la concezione di ricordare chi fosse
stato.
Chiuse la
cornetta del telefono di botto e si alzò. Si vestì di tutta fretta, indossando
la sua solita giacca rosa. Doveva capire, non poteva rinchiudersi nella propria
follia, se di questa si trattava.
Uscì fuori nel
cuore della notte senza un peciso motivo. Doveva cercare qualcosa, doveva
cercare una traccia. Insomma, doveva trovare qualcosa.
Poco distante
dalla strada, un auto accese i fari. Claire fissò bene in quel punto, senza però
poter distinguere nulla per il buio. Passò di fianco a lei e ciò che vide dai
finestrini fu lo sguardo rosso, attraverso degli occhiali scuri e un
sorriso.
Non si era
fermato, aveva accellerato verso la strada e poi era sparito, portando con sé la
speranza vana che era morto e con lui la speranza di Claire di vivere una vita
completamente normale.
Si precipitò
all’interno di casa sua e prese il telefono. Doveva chiamare assolutamente
Chris, doveva dirgli ciò che aveva scoperto.
La sua mente era
un continuo tumulto, però adesso sapeva che non era tutto un sogno, che lui
esisteva ancora e che tutti gli incubi che aveva avuto erano frutto di un suo
presentimento che aveva da tempo. Ora era arrivato il momento che avrebbe
preferito non arrivasse mai.