Capitolo XVI
Alla fine la serata terminò.
Enrico mi aveva riaccompagnato a casa
di Alessandra, senza dire o
fare nulla che mi avrebbe potuto far ricredere sull’idea
sbocciata fresca
fresca nella mia mente, e cioè che, dopotutto, un minimo di
fiducia valeva la
pena concedergli. Oh, non fraintendetemi: intendo dire che mi ero
dovuta
ricredere sul fatto che mi avrebbe violentata o cose del genere, come
invece
aveva predetto la mia amica. Ma dopotutto lei era la solita tragica.
Parcheggiò la macchina
esattamente di fronte al cancelletto in
ferro battuto della casa di Ale, spegnendo il motore e venendo ad
aprirmi lo
sportello come il più educato dei gentiluomini. Ammetto che
avevo lottato
durante tutto il viaggio in auto per non aprire il cruscotto e
controllare se
ci fosse la pistola, come nei vari film che avevo avuto modo di vedere,
ma ero
riuscita a spedire in un lontano angolino del mio cervello questa
malsana idea.
A parte che mi avevano sempre insegnato che non è educazione
frugare tra le
cose degli altri, ma poi, anche se avessi aperto e trovato l’arma, che cosa avrei
risolto? Non potevo certo puntargliela contro,
no?
Malgrado tutto quello che mi ero
ripromessa di fare, mi conoscevo
troppo bene per poter anche solo credere di essere capace di fare una
cosa del
genere. Semplicemente, non era da me. Grazie al Cielo!
Ad ogni modo mi accompagnò
fino alla porta, con le mani in tasca
che gli davano una strana aria da bello e
impossibile, con gli occhi neri e quelle labbra disegnate…
Okay, il
concetto è arrivato. Insomma, anche se si trattava di lui
potevo certo permettermi
di ammirarlo senza che lo capisse, no? Un po’ come si fa con
le statue
dell’antica Grecia, che si osservano con adorazione mentre si
cerca in tutti i
modi di ignorare la loro nudità: in questo caso, la sua
nudità era
rappresentata dalla sua fedina penale, in un certo senso.
Comunque non erano questi i pensieri
che mi affollavano la mente,
mentre cercavo le chiavi che la mia migliore amica aveva lasciato nella
veranda
– sotto un vaso, per la precisione – per
permettermi di rientrare in silenzio
senza svegliarla. Come se non mi stesse aspettando alzata per farsi
raccontare
tutto!
Dopo averle trovate e aver armeggiato
con la serratura della porta
fino ad aprirla, il tutto con la presenza leggermente opprimente di
Enrico alle
mie spalle, mi voltai per salutarlo. Dopotutto, non avevo ancora perso
le mie
buone maniere.
Ma quello che mi disse mi sorprese per
l’ennesima volta.
“Ti ricordi della
penitenza?”
Osservai piuttosto stupita il sorriso
che gli aveva nuovamente
illuminato il volto, mentre incrociava le braccia e si posava sullo
stipite
della porta, incurante della sensualità che sembrava
emanare. Si, decisi, era
sicuramente colpa di quel dannato Chateau Clinet che mi aveva fatto
bere. Non
ero più in me!
“Quale penitenza?”
Domandai incerta, cercando di temporeggiare. In
realtà sapevo perfettamente di cosa stava parlando, ma non
volevo di certo
dargliela vinta. Sciocco da parte mia, ma volevo prendermi almeno una
piccola,
piccolissima rivincita. Che illusa.
Infatti il suo sorriso si
allargò ulteriormente, mentre si
avvicinava pericolosamente a me. “Hai perso un gioco, e ora
ti spetta una penitenza.
Non hai mai fatto queste cose, da piccola?”
Mormorò, malizioso.
Cercai di indietreggiare, ma
sfortunatamente incontrai la sedia a
sdraio sulla quale sbattei l’incavo delle ginocchia, il che
mi fece cadere
all’indietro su di essa. Enrico rise piano, come se sapesse
che la mia amica e
i suoi genitori stavano dormendo e non volesse svegliarli, e prima di
potermi rialzare
mi si inginocchiò davanti, posando le mani sui braccioli di
legno della sdraio e
chinandosi verso di me.
“Com’è
che si dice in questi casi?” Sussurrò, fingendosi
pensieroso. “Ah, si… Sei in trappola.”
Sentii il cuore battere talmente forte
che temetti per un attimo
che volesse uscirmi dal petto, per abbandonarmi insieme
all’ultima goccia di
lucidità che credevo mi fosse rimasta. Deglutii, mentre
cercavo inutilmente di
appiattirmi contro lo schienale della sedia per sparire al suo interno.
“Cosa… Cosa
vuoi…?” Balbettai, senza staccare lo sguardo da
lui
per cercare di prevenire le sue mosse.
Il suo sorriso, come sempre, non mi
piacque per niente. “Prova ad
indovinare…”
Lo vidi venirmi lentamente sempre
più vicino, le sue mani che
avevano bloccato le mie sopra i braccioli per impedirmi ogni genere di
movimento: sembrava che volesse gustarsi ogni singolo secondo di
quell’attimo.
A quel punto iniziai a sconnettere e a pensare a cose senza senso.
Com’è che
diceva Bergson, in proposito? Ah si, qualcosa del tipo ‘la durata di un evento dipende
dall’intensità con cui lo si è vissuto’…
Dove l’avevo già studiato? In arte, in filosofia?
O forse era francese, con
Proust?
E
perché diavolo stavo
pensando a quello?!
Sbattei più volte le
palpebre e ritornai con i piedi per terra,
anche se la mia realtà non mi piaceva particolarmente.
Enrico era ormai a pochi
centimetri dalle mie labbra – come aveva fatto ad avvicinarsi
tanto? – e
all’ultimo momento, quando socchiuse gli occhi e fece per
annullare ogni
distanza rimasta, io voltai di scatto la testa, deviando il suo bacio
che andò
a posarsi sulla mia guancia.
Si allontanò, sorpreso e
divertito, mentre io gli rivolgevo
un’occhiata furiosa. “Si può sapere cosa
ti è preso?” Sibilai, del tutto
impotente. Ero ancora bloccata sotto la sua stretta, dopotutto.
Scrollò le spalle con
eleganza e nonchalance, continuando a
sorridere. “Era la tua penitenza.” Rispose,
guardandomi di sotto in su
attraverso le sue lunghe ciglia nere.
Dio, perché dovevo trovare
attraente proprio l’unica creatura con
cui non volevo avere nulla a che fare?
“Non credo
proprio.” Sibilai, cercando di incenerirlo con lo
sguardo.
La sua risata era terribilmente
irritante, inoltre vederlo così
prossimo al mio viso mi metteva fin troppo a disagio; okay, mi aveva
già vista
mezzo nuda e certo, purtroppo aveva anche avuto modo di baciarmi, in un
certo
senso, ma non poteva di sicuro aspettarsi che io avrei continuato a
lasciarglielo fare con tutta quella nonchalance che lui amava mostrare.
“È solo un
bacio.” Sussurrò insistente, imbronciando le sue
labbra
carnose e invitanti…
No!
Accidenti, Giulia,
riprenditi!
“È meglio se
adesso te ne vai, Enrico.” Mormorai con la voce
leggermente tremante, distogliendo lo sguardo da lui e rivolgendolo
altrove.
Lo sentii sospirare, rassegnato, e
alla fine si alzò in piedi
liberando i miei polsi dalla sua stretta. “Va bene,
è ora.” Acconsentì,
palesemente di malavoglia.
Con un sospiro sollevato mi alzai
anch’io, dirigedomi verso la
porta cercando di continuare a tenerlo sotto controllo; tuttavia
sembrava aver
terminato con le cattive intenzioni, almeno per quella notte, e allora
feci per
entrare in casa prima che potesse cambiare idea. Ciò
nonostante la mia
maledetta buona educazione mi costrinse a voltarmi nuovamente verso di
lui per
salutarlo, e alla fine accadde.
Mi ritrovai le sue labbra posate sulla
mia guancia talmente
all’improvviso che rimasi imbambolata davanti a lui, senza
fare assolutamente
nulla per staccarlo da me; il profumo del suo dopobarba mi
investì più di prima
ed io mi scoprii ad annusarlo con gli occhi socchiusi, rendendomi conto
solo
dopo della stupidità del mio gesto. Ma ormai…
Si allontanò lentamente dal
mio viso con un sorriso che non aveva
nulla di malizioso ma che era provocante nella sua assurda dolcezza, e
infine
dischiuse le labbra per parlare. “Per stanotte mi
accontenterò di questo…
Buonanotte, Giulia.” Mormorò, con voce roca.
Detto questo indietreggiò
di qualche passo, continuando a
sorridermi, e solo all’ultimo mi diede le spalle ed
uscì dal cancelletto,
lasciandomi sola. Rimasi ad osservarlo fino a quando il rumore della
sua
macchina non sparì dietro l’angolo, e a quel punto
ripresi a respirare
normalmente; ero più scioccata per il fatto che il suo bacio
era stato così
tenero e gentile o per il fatto di sentire il cuore esplodermi nel
petto…?
Stupida!
Ma che vai a
pensare!
No, decisamente non poteva essere per
quello. Semplicemente mi
aveva stupita il suo gesto, tutto qui: non mi aspettavo si comportasse
in quel
modo – al limite avrei creduto che mi avrebbe obbligata a
baciarlo, ma non era
successo… Allora Enrico era sincero quando aveva detto,
qualche giorno prima,
che nei miei confronti nutriva un autentico rispetto?
Scossi piano la testa, sollevando una
mano a sfiorarmi la guancia
ed entrando in casa senza allontanare le dita dal punto in cui le sue
labbra
avevano incontrato la mia pelle. Avevo l’impressione che il
suo profumo
aleggiasse ancora intorno a me, come una scia, a dispetto del mio
profondo desiderio
di cancellare quegli ultimi minuti della serata che erano giunti tanto
inattesi
quanto indesiderati. Accidenti, adesso avrebbe creduto
chissà cosa a giudicare
dalla mia reazione!
Quando, la mattina dopo, aprii gli
occhi, per poco non mi sfuggì
un grido di spavento.
Mi ritrovai il volto della mia
migliore amica sospeso pochi
centimetri sopra il mio, con uno sguardo talmente penetrante e
indagatore da
riuscire a farmi arrossire. Comunque, quando si accorse che mi ero
svegliata,
si allontanò quel tanto che bastava per farmi sollevare.
“’Giorno,
geme…” Biascicai, passandomi una mano tra i
capelli per
renderli un po’ meno sconvolti.
Com’era da aspettarsi, lei
non si degnò neppure di rispondere.
“Allora?! Non hai nulla da raccontarmi?”
Esclamò, incrociando le braccia.
Per tutta risposta sbuffai, tuffandomi
nuovamente tra le lenzuola
e nascondendo la testa sotto il morbido cuscino. “Ho sonno,
geme…”
“Ah no, ora ti
svegli!” Sentii il lenzuolo scoprirmi e la mia
migliore amica, che in quel momento detestai con tutta me stessa,
saltò sul
letto per farmi il solletico e costringermi con le buone o le cattive a
svegliarmi del tutto.
“Ti odio!”
Grugnii, guardandola di sbieco.
Lei imbronciò le labbra,
per nulla disposta a lasciar perdere. “Voglio
sapere che cosa è successo ieri notte! Accidenti, hai fatto
tardi! Io mi sono
addormentata intorno alle due e tu non eri ancora arrivata!”
Cavolo, avevamo fatto così
tardi? Non me n’ero accorta, forse ero
ancora troppo sconvolta per guardare anche solo l’orologio.
Del fatto che fosse
già coricata, in effetti, mi ero sorpresa anch’io,
ma avevo preferito non
svegliarla proprio per evitare una scenata come quella che, invece, mi
stava facendo
adesso.
Sospirai, mettendomi a sedere e
rinunciando all’idea di scampare
all’interrogatorio. “Prima che ti faccia strane
idee, lasciami premettere che
non è successo nulla di imbarazzante, contrariamente alle
tue oscene
aspettative.”
Alessandra ebbe il buonsenso di
arrossire, ma non per questo
rinunciò al suo obiettivo. “Beh, meglio
così. Però non credere di cavartela con
questo! Voglio i dettagli! Det-ta-gli!” Esclamò,
scandendo ben bene le parole.
Mi affrettai a portare un dito alle
labbra, facendole cenno di
abbassare la voce. “Zitta! Sei scema? Vuoi che tua madre lo
venga a sapere?!”
“No, lo voglio sapere io!”
Esclamò ancora, lanciandomi un cuscino che – vista
la mia scarsa prontezza di
riflessi mattutina – mi prese in piena faccia.
Sbuffai, ricambiandole la cortesia e
tirandoglielo nuovamente
addosso. “Okay, va bene!”
Sibilai,
incrociando le gambe e cercando una posizione più comoda.
Qualcosa mi diceva
che sarebbe stato un lungo interrogatorio… Forse era il
luccicchio assassino
nei suoi occhi?
“Mi ha portato a cena al Fleur-de-Lys,
sai, quel ristorante sulla scogliera…” Esordii,
non riuscendo ad impedirmi di
provare una punta di orgoglio nel poter dire di essere stata in un
simile
locale. Saltai senza pensarci due volte la parte del terrazzo
– non mi sembrava
davvero il caso di dirlo a qualcun altro – e le raccontai
della cena nei minimi
dettagli, dato che era questo quello che voleva.
“Ho mangiato cose di cui non
conoscevo neppure il nome!” Le
confidai, con una smorfia.
Tuttavia, la strana espressione con
cui mi stava osservando la mia
amica mi fece intuire che non era esattamente quello ciò che
voleva sentire. Perciò
mi interruppi e, con un sospiro, chiesi. “Cosa
c’è?”
“Stai tergiversando,
geme!” Esclamò, alzando le braccia al
soffitto in un gesto spazientito.
Roteai gli occhi, decidendo di
arrendermi. “Okay, saltiamo direttamente
al punto clou, visto che ti stai annoiando… Ha cercato di
baciarmi.”
“CHE COSA?!”
Gridò, quasi.
Mi lasciai sfuggire
un’imprecazione assai poco gentile. “Ma
cavolo, geme, vuoi davvero vedermi morta? Non urlare!” La
supplicai, lanciando
uno sguardo preoccupato verso la porta chiusa. Le nostre due madri
erano molto
amiche, avevano un buon rapporto, e se sua
madre avesse anche solo sospettato qualcosa sulle mie uscite,
di
conseguenza l’avrebbe saputo anche mia
madre… Per carità, mi sarebbe servita solo quella
scusa per non dover più
uscire con Enrico, ma ormai avevo fatto una promessa!
Alesssandra annuì,
tappandosi la bocca con le mani. Prese un bel
respiro, poi tornò all’attacco. “Ha
cercato di baciarti?” Ripetè, questa volta
sussurrando. “E lo dici con questa leggerezza?”
Alzai le spalle, indifferente.
“Ho detto che ha cercato
di baciarmi, non che ci è
riuscito!” Spiegai. “L’ho mandato via
prima che lo facesse. Grazie al cielo
eravamo già arrivati a casa…”
“No, aspetta un
attimo.” Mi interruppe ancora, stupita. “Mi stai
dicendo che lui ti ha quasi baciata
nella veranda di casa mia? E io
stavo
dormendo?!”
“Perché ho
l’impressione che avresti voluto assistere?”
Domandai
retorica, con una smorfia.
Per tutta risposta la sentii sbuffare.
“Dai, hai capito benissimo
cosa volevo dire!” Insomma… “Beh, e alla
fine? Com’è finita la serata? Ha cercato
di baciarti, tu l’hai mandato in bianco,
e…?”
Il suo tono era davvero parecchio
insinuante, che mente perversa. “E niente, mi ha dato la
buonanotte e se ne è
andato.” Conclusi, mascherando uno sbadiglio con il dorso
della mano.
Rimanemmo in silenzio per un
po’, poi fu Alessandra a riprendere
la parola. “Non è andata così
male…” Mormorò, osservandomi di
sottecchi.
Come prima mi limitai a scrollare in
modo noncurante le spalle,
come a dire che in fondo, in qualunque modo sarebbe potuta andare, non
me ne
sarebbe importato lo stesso. In realtà, mi aveva sorpreso
quando mi aveva detto
di avere un debole per me – okay, in realtà aveva
proprio detto “Mi piaci”, ma
quanta parte di verità poteva mai esserci? –
tuttavia non mi sembrava il caso
di metterla a parte anche di quello. Certo, era la mia migliore amica,
e un
giorno sicuramente l’avrebbe saputo, ma… Non
adesso.
Mi sentivo un po’ in colpa
nel tacerle parte della verità, ma per
il momento non potevo fare altro. Inoltre aveva ammesso lei stessa che
la
serata non era stata un completo disastro – anche se
probabilmente non avrebbe
detto così, se avesse saputo del terrazzo – e in
questo modo avrebbe anche
potuto dire a Riccardo di stare tranquillo e di non comportarsi da
guardia del
corpo nei miei confronti. Anche perché in tal caso Enrico si
sarebbe potuto
arrabbiare, e vederlo nuovamente infuriato non rientrava nei miei piani
futuri;
non avevo forse accettato di assecondarlo proprio per evitare questo?
“Spero che presto si stufi
di me.” Dissi schiettamente, senza
guardare la mia amica negli occhi. “Non voglio essere il
giocattolo di nessuno…”
Ale si alzò dal suo letto e
venne a sedersi al mio fianco,
passandomi un braccio intorno alle spalle in un gesto che voleva essere
confortante e che, stranamente, vi riuscì. Almeno in parte.
“Dai geme, non
pensarci.” Disse, dispiaciuta. “Senti, ne hai
voglia di uscire con Fede e Laura, stasera? Ieri mi hanno chiesto se
andavamo
con loro a fare un giro.”
Una domanda mi sorse spontanea.
“Ci sarà anche Matteo?”
Ma lei scosse la testa, aggrottando la
fronte. “No, siamo solo
noi. Sembra che Matteo si sia preso un periodo di pausa dal
gruppo… Bah, è uno
stupido.”
Il suo tono e le sue parole mi
strapparono un sorriso. “Si,
concordo!”
Il mio cellulare era rimasto spento
dalla notte prima, e non lo
accesi per controllare se vi fosse qualche messaggio importante. Ero
con la mia
migliore amica, quindi se lei avesse dovuto dirmi qualcosa
l’avrebbe fatto a
voce, e mia madre non aveva motivo di cercarmi…
Ma suppongo che avrei dovuto
controllare lo stesso. In fondo,
Enrico conosceva il mio numero…
Oh, che stupida. Dovevo smetterla di
pensare a lui.
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AA - Angolo Autrice:
Oggi è serata di aggiornamenti xD
Comunque... Da quanto tempo! Vi chiedo umilmente scusa per il ritardo, ma come avrò di certo già detto, quest'anno ho la maturità... E' molto probabile che questo sia l'ultimo capitolo che pubblicherò prima dell'esame, ma non per questo preoccupatevi, perchè la storia continua! Anzi, the show must go on! xD
Dunque, che dire... Le vostre recensioni sono splendide, come sempre! Purtroppo non posso rispondere singolarmente, ma voglio citare voi anime pie che commentate i miei capitoli spassionati ^^ Perciò, un grazie infinito a:
- _Aleidita_
- renesme e jacob
- Sfosfy4ever
- Ada Wong
- prettyvitto
- freyja
- lara27
- luis
- Alebluerose91
- xmas
Sperando che questo capitolo non sia così deludente - purtroppo non può esserci un colpo di scena in ogni capitolo, visto che sono anche piuttosto brevi! - vi lascio con un forte abbraccio =) Sono davvero commossa nel vedere tutte queste recensioni e nel notare che questa storia, malgrado gli aggiornamenti centellinati e la trama non così profonda, stia piacendo! ^^ Un bacione a tutti coloro che leggeranno, commenteranno, eccetera ^^
A presto! Smack =*
GiulyRedRose