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Autore: Gackt_Agito    28/05/2010    1 recensioni
« Questa che sto per raccontarti è una storia vera, nipotina mia. Ascoltami. » sussurrò il vecchio « Desidero che qualcuno la conosca, prima che io abbandoni questo mondo. E se ti piace, vorrei che un giorno tu la raccontassi ai tuoi figli, e loro ai propri figli e così via per generazioni. Perché finché ci sarà qualcuno a ricordarsi di Samuel e Zackarhia, allora non morirò. E neanche lui morirà. I nostri ricordi vivranno insieme per sempre… »
« Parli di te e di quel ragazzo che amavi in gioventù, nonno? »
« Sì, tesoro. Non ti ho mai raccontato la storia… Ma adesso voglio farlo. Ora ascoltami. »
« Racconta: io ti ascolto. » Poi si voltò verso Josh. « Tu sei troppo piccolo. Vai via, su. »
« Uffa! » Piagnucolò il bambino. Ma, da bravo, prese le sue cose e se n’andò ugualmente. Madeline volse il viso di nuovo verso il nonno, sorridendo. Con un gesto delle mani, lento, lo invitava a parlare. Il vecchio sorrise appena.
« Questa storia inizia come le favole, tesoro mio… » e respirò lentamente, come se gli facesse male.
La bimba annuì, silenziosa.
« Inizia con un C’erano una volta… un ragazzino, un bambino ed un husky. »
E le raccontò la storia della propria vita.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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P refazione______
Aggiornamento lampo: l'idea è buttata giù per come capita. Neanche questa volta l'ho corretta, indi per cui vi sarei grata se mi avvisaste di eventuali errori di grammatica/omissioni/errori di battitura/eccetera eccetera. Probabilmente il fatto che io abbia aggiornato così presto premette un'ennesima pausa fin troppo lunga. Oppure no, chi lo sa? Infondo adesso inizia l'estate e sarò molto più senza impiego di prima. v_v° Detto questo: buona lettura <3 *O*


C apitolo Q uarto
~going away from here



Camminavamo mano nella mano.
Io ero al suo fianco e lui mi stava vicino. Mi stringeva la mano come mai l'aveva stretta: le mie dita erano intrecciate con le sue. Abbassai gli occhi fino a incontrare i suoi, ma non mi guardava. Osservava la gente. E' sempre stato così, Sam: gli piaceva tanto studiare le persone, poi sorridere ed amarle. Le adorava fino in fondo. Gli piaceva come parlavano, quel che dicevano, la loro voce e il loro corpo… se soltanto avesse potuto si sarebbe iniettato qualcuno direttamente in vena, e sempre più dentro; sempre di più e ancora e ancora fino a goderne in maniera impressionante. Sospirai. Non mi piaceva quando non mi osservava. Non se eravamo così vicini, e…
« Zackarhia? » mi sussurrò. Voltai gli occhi verso di lui ancora una volta, lo osservai accennando un sorriso.
« Sì? », gli chiesi. Camminavamo senza una meta. Stavamo tornando da scuola: ma non andavamo da nessuna parte in particolare.
« Quelli dell'istituto non si arrabbieranno con te se farai tardi a tornare? », mi chiese. Fermai il passo e lo osservai incerto. Si era dimenticato che non abitavo più all'orfanotrofio da anni…? Mi osservò. Poi abbassò gli occhi. « Ah, già… vivi con Aune adesso… », sussurrò.
« Sì, Sam… da una decina d'anni », gli ricordai, sottovoce. Lui scosse la testa come per dimenticare qualcosa e riprese a camminare. Io rimasi immobile, persi la presa sulla sua mano e lo osservai mentre andava dritto. « Samuel…? » lo chiamai con calma. Avanzai piano verso di lui, ma non si fermava per aspettarmi. Io mi fermai nuovamente. « SAMUEL! » alzai la voce perché mi sentisse, ma non cambiò niente, continuò a tirare dritto. Abbassando il viso riconobbi la via nella quale mi trovavo; a destra c'era la casa d’Aune, a sinistra l'orfanotrofio, e poco più avanti la casa di Samuel. Sospirai, al notare che il suo era un saluto. Abbassai il viso, mi voltai verso casa mia ed entrai.
Ero giù di corda, non mi piaceva quando Samuel non mi salutava, così mi chiusi in camera e vi rimasi per un po'. Un po' troppo effettivamente, morii sul letto in preda al sonno: passarono un paio d’ore che sentii rumori fastidiosi dalla stanza adiacente. Gemiti, urla, mugolii soffusi e strinsi il cuscino sulle orecchie per rimanere così, senza sentirla… sentirli, anzi. Mia madre e un altro uomo. Anzi, la donna che mi ha adottato e un altro uomo qualsiasi, di quelli che si danno il cambio nella sua stanza senza problemi. Senza pensare che a meno di un metro da loro ci sono io, che sento tutto. Presi il lettore mp3 e mi sparai la musica nelle orecchie ad un volume spaccatimpani, con le cuffie. Non volevo sentire, ma vedevo le immagini che slittavano davanti ai miei occhi come se li stessi vedendo. Strinsi il cuscino fra le braccia e mi scappò una lacrima.
Quando finalmente era finito tutto, mi alzai e barcollando raggiunsi la cucina, per bere qualcosa di fresco. Proprio lì, vi trovai mia madre, seduta con un caffè fra le mani, con l'aria mortalmente stanca. « Aune… » sussurrai alla sua volta. Lei alzò lo sguardo e mi guardò.
« James voleva farlo con te, non con me, oggi », mi disse. Io sbiancai probabilmente. « Ha detto che vuole fottersi la tua verginità prima che qualcun altro fotta te », continuò. Si accese una sigaretta e rimasi a guardarla. « Io non sono una buona madre », riprese, « ma almeno so che cosa non va bene per un ragazzo. Meno che mai se ha la tua età », sospirò, buttando via fumo. « Se James ti prende, finisci nel giro pure tu, Zack. Hai fino a domani pomeriggio per fare le valigie ed andartene. »
« …stai scherzando, vero? »
« No, Zack. Trovati dove stare e non farmelo sapere in alcun modo. Non voglio che quel bastardo prenda anche te. Scusa per la velocità delle cose, ma… » e si ammutolì. Abbassò il viso, e riprese a bere.
« Aune, io non… io voglio vivere con te », esordii. Mi avvicinai a lei e mi sedetti al tavolo prendendo una mano sua fra le mie. « Andiamocene insieme da qui. Cambiamo città, ti va? I soldi li abbiamo, non voglio che… » e ritrasse la mano di scatto.
« Io non posso fuggire! » urlò, « appartengo a quel bastardo! Se scappo, quello mi riprende in qualunque modo in suo possesso » e si alzò in piedi, indicando la porta. « Vattene, Zackarhia Hornines, o ti caccio io con la forza! », tuonò. Sbiancai. E mentre mi alzavo per raggiungere la porta, la vidi crollare sulla sedia e iniziare a piangere silenziosamente.
« ...torno domani a prendere la mia roba, dissi.
Quel giorno stesso andai da Samuel. Casa sua era l'unico posto dove io potevo andare a rifugiarmi in quel momento. Avevo il duplicato delle chiavi di casa sua, quindi entrai di soppiatto e raggiunsi la sua stanza. Lo trovai a letto, disteso, raggomitolato sotto le lenzuola. E io ero fradicio di pioggia perché fuori aveva iniziato a piovere come mai aveva piovuto. Ma pioveva anche dentro di me. E piangevo, ero io a piovere!
Quel giorno Samuel ed io abbiamo fatto l'amore. Gliel'avevo chiesto per favore e lui aveva accettato. Ricordo ancora il suo fiato caldo contro la mia pelle. La sua espressione e il suo calore. Io ricordo ancora come si aggrappava a me e invocava il mio nome: ricordo l'estasi di quel momento che mi è sembrato così speciale. Ricordo tutto di quel giorno, perché lui è presente ogni volta che sorge il sole per ricordarmelo… Sorrido al ripensarci adesso, forse quella volta è stata una benedizione, oppure no? Non lo so. Non lo saprò mai probabilmente, ma… Cristo… se c'è una sola cosa di cui sono sicuro, quella è Samuel: lo amo, come non ho mai amato nessun altro.
Da sempre.





   
 
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