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Autore: lames76    05/06/2010    1 recensioni
Un ragazzo come tanti altri del XX secolo viene investito da un compito importante, entrare in un'ordine di cavalieri che devono vegliare sul passato. Riuscirà ad adattarsi? Come si comporterà nella sua prima missione?
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Settimo Cavaliere'
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La sera cenarono alla locanda del paese. Olimpia aveva raccontato alle altre il modo in cui Menion aveva preso in giro quell'uomo, finendo per umiliarlo. Ora che si era riunito alle altre donne il ragazzo si sentiva molto piu' al sicuro, ma si sentiva anche un po’ abbandonato. Infatti non aveva piu' avuto l’occasione di parlare, se non per frasi di circostanza, con Olimpia. Si era ripromesso di non chiedere nulla ad Aura sulla perlustrazione perche' l'aveva vista abbastanza ‘scocciata’ nonostante gli avesse salvato la vita annullando quindi almeno uno dei debiti che lui aveva con lei.
La sera affittarono delle stanze, lui si ritrovo' nell’unica camera singola. Stava per spegnere il lume per vedere se la luna emanava i suoi raggi d'argento quando senti' bussare alla porta. Ando' ad aprire e si sorprese quando vide che la sua ospite era Olimpia.
"Posso entrare?", la sua voce era quasi un sussurro.
Lui si fece da parte e lei si ando' a sedere sul suo letto.
"Cosa posso fare per te?", Menion gli si sedette a fianco.
"Volevo parlarti", fece una pausa come per trovare le parole e poi riprese, "Prima di tutto ti volevo ringraziare per avere difeso le mie idee oggi, quando hai battuto il tuo avversario. Sembrava un giocattolo completamente in balia tua"
"Non ce ne' bisogno, anche a me pareva: ‘Un cane insensibile che abbaia a squarcia gola e che solleva, neanche fosse Atlante con il mondo, il verso che senz’ansimo san volare’", rispose lui, poi scosse il capo e riprese, "E’ una bugia, perche' ‘Io oggi ho spadacciato, amica con i balocchi, non per una brutta poesia, ma per i tuoi bei occhi’"
"La seconda cosa e' proprio la tua poesia", continuo' la ragazza fingendo di non averlo sentito, "Quei versi che hai usato prima e durante il duello erano tuoi?"
"No, non sono farina del mio sacco, sono tutti del ‘Cirano de Bergerac’", rispose lui sincero, "E' una rappresentazione teatrale del mio paese"
"Bene, perche' ti volevo chiedere un favore. Potresti recitarmi alcuni altri brani?", ora la sua voce era piu'... come dire... calda.
"Con vero piacere. Di che tipo: d’amore, di guerra...", Menino era divertito da quella richiesta.
"D’amore", fu la rapida risposta della ragazza.
"Come vuoi. Ma perche' questa richiesta?", ora si era incuriosito.
"Forse dopodomani entreremo ad Atene e, se ci scoprissero, potremo anche morire. Non voglio farlo senza aver sentito quei versi", gli spiego'.
Perche' mi sta dicendo questo, si chiese il ragazzo sempre piu' turbato. Scaccio' quei pensieri, si schiari' la voce. Si affretto' a spiegare, con poche parole, la trama generale, poi parlo'.
"La scena e' questa, Cirano e Cristiano sono sotto la finestra di Rossana ed il poeta, nascosto, detta cosa dire, per conquistare la ragazza, all’altro. Ma ad un tratto lei si accorge che Cristiano balbetta e gli chiede perche' le sue parole sono cosi' lente. Velocemente Cirano prende il posto di quest’ultimo e risponde: E che e' notte, e le mie parole cercano a tastoni nell’ombra il vostro orecchio"
Pero' non va bene, si disse dopo aver recitato quella frase, mi serve una risposta.
"Olimpia", chiese imbarazzato, "Dovresti aiutarmi rispondendomi"
"E cosa dovrei dire?", fu la risposta della ragazza.
"Quello che pensi sia giusto, d’altronde sei o non sei un Aedo?", le sorrise per incoraggiarla e poi riprese, "E che e' notte e le mie parole cercano a tastoni nell’ombra il vostro orecchio"
"Ma le mie pero' arrivano subito", disse Olimpia. Fu il turno di Menion di rimanere allibito.
Come faceva a sapere che doveva dire proprio quella frase? Scosse il capo e continuo'.
"Trovano subito la strada e si capisce bene, ogni vostra parola fino al mio cuore viene. Ora io ho ben grande il cuore, voi l’orecchio piccino ed i vostri detti scendono piu' spedito e' il cammino, i miei salendo tardano ad arrivare in alto", continuo' a recitare.
"Pero', ora arrivano bene"
"Dopo un po’ di ginnastica ci hanno fatto l’abitudine"
"Che altro mi dirai"
"T'amo, son pazzo non ne posso piu' e' troppo. Il tuo nome e' come un nodo, un cappio, un groppo. Io di te tutto ricordo ho di te tutto amato, io so che poco tempo fa, il giorno passato, hai cambiato per viaggiare la mattin pettinatura, fu come un nuovo sole la tua capigliatura"
Rimase un attimo interdetto, avrebbe dovuto dire ‘l’anno passato’ e non ‘il giorno passato’, si corresse, pero' e' ieri che lei ha cambiato pettinatura. Ed e' cosi' bella...
"E come quando al sole si e' troppo fisso il ciglio, si vede poi ovunque un gran disco vermiglio, quando io gli occhi distolgo dal sole con cui m'inondi, ovunque mi appaiono i tuoi capelli biondi", continuo' facendosi prendere dall’ardore poetico.
"Se uno te lo chiedesse come mi descriveresti?", ora si vedeva che non conosceva la storia.
"Direi: Chi la vide sorridere conobbe l’ideale, Ella fa della grazia un niente, Ella e' tale, che pone tutto il divino nel minor dei suoi gesti, ne' tu montare in conca, Afrodite, sapresti, ne' camminare nei boschi fioriti, tu Lucina, com’Ella monta in seggiola e com’Ella cammina", queste sue frasi gli uscirono di bocca tutte d’un fiato.
Olimpia sospiro'.
"Ti e' chiara allora adesso, in fin lo vuoi capire, senti l'anima mia nell'oscurita' salire. Oh, e' vero che stasera c'e' un sogno intorno a noi, io che vi dico questo, voi m'ascoltate, voi. Beh e' troppo! Nella speranza piu' modesta, mai ho sperato tanto. Per questo non mi resta, null'altro che morire. E per i miei sussurri ch’ella trema furtiva lassu' sui rami azzurri. Scende il tremor bramato della tua mano insino all'ultimo dei fili di questo gelsomino", ora ardeva di ardore poetico.
I secondi di silenzio che passarono sembrarono ore.
"Non mi chiedi nulla?", fu Olimpia a rompere l’incanto con un filo di voce.
Che cosa vorra' dire, penso' lui. Beh, non mi resta che improvvisare.
"Si, io ti chiedo... un bacio", dopo che lo disse si chiese da dove gli era uscita una frase del genere. Proprio lui che davanti ad una ragazza non riusciva mai a spiccicar parola!.
"Un... bacio?", Olimpia si era come svegliata dalla trance in cui era finita.
"Si, un bacio, perche' la vostra bocca e' cosi' timorosa, se la parola e' dolce, che sara' mai la cosa? Irragionevol taccia, non vi turbi la mente, poco fa non lasciaste quasi insensibilmente, l’arguto cinguettio per passar senza schianto, dal sorriso al sospiro e dal sospiro al pianto? Ancora solo un poco, un poco solo ancora vedrete, non c’e' dal pianto al bacio che un brivido", ora stava, di nuovo, recitando.
"Ma...", balbetto' lei.
"Ma che cosa e' un bacio? Un giuramento fatto un poco piu' da presso, un piu' preciso patto, una confessione che sigillar si vuole, un apostrofo roseo messo tra le parole "t’amo"; un segreto detto sulla bocca, un istante che ha il fruscio di un’ape tra le piante, una comunione che ha gusto di fiore, un mezzo per potersi respirare un po’ il cuore e assaporarsi l’anima a fior di labbra!"
"E sia", sospiro' la ragazza.
Olimpia aveva chiuso gli occhi e si stava tendendo verso di lui. Menion le si avvicino' fino a che le loro labbra non si incontrarono, a quel punto la bacio'. La ragazza rispose al bacio incerta. Fu un bacio dolce, come non ne aveva mai dati. Lo assaporo' con trasporto, centellinando ogni momento come un uomo centellina l’acqua della sua borraccia quando si trova ad attraversare un deserto.
Dopo un lungo attimo le loro labbra si staccarono. Ci fu un momento di silenzio tra i due.
"Non vorrei che tu pensassi... ehm, che io bacio... ehm, tutti quelli che conosco...", Olimpia sorrideva imbarazzata.
"Non ti preoccupare, "io so che poco fa, le tue labbra tremanti, han baciato le parole che io dissi poco avanti"", rispose lui.
Si senti' bussare alla porta e quando si apri' sbuco' Aura.
"A sei qui. Domani ci dobbiamo alzare presto, vieni a dormire", disse alla ragazza lanciando uno sguardo torvo a Menion. Olimpia si alzo' e si affretto' ad andare.
Menion torno' a sdraiarsi sul letto pensieroso.
Cerco' di fare mente locale sulla sua missione ma non ci riusci'. Era tutto troppo incredibile, era certo di stare sognando, prima il duello in versi, poi quel bacio... ma cosa gli stava succedendo?
Un pensiero non del tutto roseo s'insinuo' nella sua mente. Doveva partire dal presupposto che tutto cio' che sapeva sui miti Greci fosse vero, d’altronde aveva toccato con mano la magia della sua spada. Durante i suoi studi aveva letto che la musica e la poesia, nel passato, erano usati per fare degli incantesimi. Se questo era vero non aveva vinto il duello grazie alle sue capacita' o a quelle della spada, ma per la magia dei versi (e che quei versi fossero magici ci avrebbe giurato!). Questo avrebbe spiegato anche perche' era riuscito a baciare Olimpia, una ragazza che non gli sembrava potesse concedersi al primo che conosce. Se cosi' era, l’indomani avrebbe dovuto chiedergli scusa.
Poi senza accorgersene il sonno ebbe il sopravvento e lui si addormento'.



Prima di tutto, ancora grazie per essere qui a leggere! Grazie a tutti! :D

Beatrix Bonnie e Rubs: grazie mille per le recensioni! Hanno fatto mooooolto bene al mio ego! :D
Spero che resterete con me fino alla fine della storia. Sono curioso di sapere cosa pensate di questo capitolo: avrà ragione Menion a pensare che il bacio gli è arrivato per "colpa" della magia della poesia o no?
   
 
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