CAPITOLO 2: L'AMICO DI PAPA'
Mi risvegliai lentamente cercando
di focalizzare i miei pensieri su cosa stava succedendo. Non avevo
ancora la forza di rialzarmi, così mi guardai in giro.
Mi trovavo in un ufficio bianco, le
pareti erano percorse da tre linee verdi orizzontali di diverso
colore, io ero stesa su un divano e difronte ad esso c'erano prima un
tavolino e poi una scrivania e dalla parte opposta c'era quell'uomo
misterioso con gli occhiali che scarabocchiava qualcosa su dei fogli
di carta.
Sopra di me, invece di una coperta,
c'era un impermeabile nero che mi copriva tutta, era caldo, ma
pesante.
Recuperate le forze, mi misi a
sedere senza però lasciar cadere l'impermeabile dalle mie spalle, in
contemporanea l'uomo davanti a me, che mi sembrava tanto familiare,
alzò lo sguardo per guardarmi in faccia.
-Buongiorno.- furono le prime
parole che mi rivolse. Era un uomo molto composto, la sua voce era
pacata e dal suo viso non lasciava trasparire alcuna emozione.
-Ehm, ciao! Tu chi sei?- chiesi
timidamente, non riuscivo a cancellare dai miei ricordi i suoi occhi.
-Il mio nome è Albert Wesker, ero
un caro amico di tuo padre.
-Di papà? Per questo hai...- e mi
indicai gli occhi.
-Ah, no! Anche se sono infetto, a
differenza sua sono completamente in grado di controllarmi. Puoi
stare tranquilla. Comunque c'è qualche domanda che vuoi farmi prima
che torni a lavoro?
Ci pensai su un momento -In effetti
sì: dove siamo? Perché mi hai portato con te?
-Questa è una delle sedi della
Tricell, un azienda farmaceutica simile all'Umbrella, della quale io
sono uno dei tre capi. E te adesso ti trovi qui per una promessa che
feci a tuo padre molto tempo fa. Ora se non ti dispiace devo portare
questi fogli nelle varie sezioni. Te riposati, anche se ti ho dato
della Tachipirina non è detto che la febbre ti sia già passata. Se
hai fame sul tavolo ci sono ci sono tè e biscotti e tra un po'
passerà la mia segretaria per chiederti in che casa preferiresti
vivere.- si incamminò verso l'uscita, ma lo fermai in tempo.
-Aspetta, in che senso casa in cui
vorrei vivere?
Si girò verso di me -Beh, un
centro di ricerca non è certo il posto migliore dove crescere una
bambina, perciò, dato che a me non importa, puoi scegliere tu la
casa dove vivere.
-Vuoi dire che vivrò con te?
-Sempre che non ti dispiaccia...-
il suo viso era perfetto, non abbozzava un sorriso, niente.
-No, non volevo dire questo...
Poi, mentre lo fissavo nella
speranza di ricordarmi di lui ebbi una specie di flashback, c'erano
lui, la mamma e il papà nella nostra vecchia casa che discutevano
spensierati.
-Tio Weske!- esclamai prima che
potesse uscire. Si bloccò all'istante come se avesse ricevuto un
colpo e bisbigliò qualcosa tipo -Dannazione, se lo ricorda...
-Adesso mi ricordo di te! Qualche
tempo fa venivi a farci visita.
Voltò solo la testa verso di me
-Ti ricordi anche che mi devi tipo sette paia di occhiali?
In quell'istante ebbi un altro
piccolo flashback un po' confuso, di quando avevo circa cinque anni,
di me, papà e lui.
Era venuto a casa nostra per
parlare di lavoro con mamma e papà e quando stava per andarsene
stava davanti alla porta per salutare. Io mi avvinghiai ai pantaloni
di papà, che si trovava davanti a lui e iniziai a strattonarlo
perché mi prendesse in braccio che volevo chiedergli una cosa.
-Ah, Sherry. Cosa c'è?
Gli bisbigliai il più piano
possibile all'orecchio in modo che Wesker non potesse sentirci.
-Non sono certo che voglia, sai?
Wesker non lasciò trasparire
alcuna emozione quando chiese -Cosa ti ha detto?
Papà sfoderò uno dei suoi soliti
sorrisoni -Ti va di prenderla in braccio?
-Uhm...
-Dai, è solo incuriosita dagli
occhiali! Comportati da bravo padrino per una volta!
Alla fine riuscì a convincerlo, io
ero diventata tutta rossa, mentre lui era solo un po' scocciato.
Quando mi afferrò sentivo che era molto più forte di papà, ma non
ne avevo paura. Guardai intensamente i suoi occhiali da sole e con le
mani gli afferrai da entrambi i lati e togliendoglieli rivelai un
paio di occhi celesti.
Ci giocherellai un po', poi tutto
quel che ricordo fu un sonoro TLACK!
-Ehm, no... non mi ricordo.
-Sarà... comunque io cercherò di
arrivare il prima possibile.
Se ne andò lasciandomi da sola.
Mentre aspettavo l'arrivo della segretaria iniziai a sorseggiare un
po' di tè.
Poco dopo entrò nell'ufficio una
ragazza sulla ventina, era alta, magra, molto abbronzata, occhi verdi
e i capelli ricci castano scuro non troppo lunghi.
Si avvicinò a me con fare sicuro,
in mano teneva un enorme quaderno bianco.
-Ciao! Te devi essere Sherry, io
sono Brigitte. Sono la segretaria del Signor Wesker.- disse con voce
squillante, poi mi tese la mano. La strinsi e le risposi -Sì, sono
io.
Si sedette sul divano accanto a me
-Bene, allora il Signor Wesker ti ha già avvisata che devi scegliere
te la casa. Allora, prima di tutto in che stato la preferisci?-
Disse mentre iniziava a sfogliare
l'immenso quaderno.
-Stato?-
-Sì, la Tricell ha case per i
propri ricercatori in tutto il mondo- rispose senza alzare il viso
dalle pagine del libro.
-In America va benissimo, magari
lontano dalle città.-
-Non ti piace la confusione vero?-
disse ridacchiando.
No, in realtà non voglio niente
che mi faccia ricordare la mia vecchia vita, voglio completamente
cancellare la vecchia Sherry e crearmi una nuova vita.
-Eh, già. Odio le zone caotiche.-
-Ok, allora non provo neanche a
proporti un appartamento. Mmm... che ne dici di questa villa allora?
E' un po' isolata, ma farebbe comodo anche al Signor Wesker.-
Mi porse la foto di un enorme villa
color panna spersa in un enorme prato con qualche albero qua e là.
-Perché farebbe comodo anche a
Wesker?-
-Beh, nelle ville della Tricell c'è
lo spazio necessario per i laboratori invece di essere costretto ogni
giorno ad andare in una sede vicina.-
-Allora è perfetta! Va bene
questa, non ne voglio vedere altre!-
-Ne sei sicura? Non mi aspettavo di
fare così in fretta. Dopo chiamerò perché mettano in ordine la
casa. Quando il Signor Wesker avrà finito un elicottero vi porterà
a casa.
Si avviò verso la porta quando si
bloccò mi guardò un attimo e disse -Sai, il Signor Wesker ci
metterà almeno un ora, vuoi che ti faccia un po' di compagnia?-
magari, era da tanto che non facevo una chiacchierata con qualcuno.
-Sì, mi piacerebbe molto.
Tornò a sedersi accanto a me
-Allora, che ne pensi del Signor Wesker?- Ci pensai un po' su, non
sapevo cosa ero meglio rispondere a uno dei suoi dipendenti. Anche se
provava a nasconderlo, si capiva benissimo che provava qualcosa per
lui...
-Non lo so, è davvero molto bello,
ma mi fa un po' paura stare vicino a lui. E' come se non fosse
umano...
-Già, è vero!- si fermò a
guardare nel vuoto.
-Per caso sei innamorata di lui?
-Cosa? Io? No ma che dici...
insomma è davvero da mozzafiato, però è il mio capo. E comunque ha
già abbastanza fan che gli ronzano intorno. Se provi a fare un giro
per i laboratori almeno otto scienziate su dieci gli vanno dietro.
Forse non avrei dovuto fare quella
domanda, ma volevo vedere la sua reazioni. -Comunque, lui mi ha detto
che ci sono altri due capi in realtà oltre a lui, chi sono?- dissi
tentando di cambiare discorso.
-A dire il vero gli altri non li
conosco, pochi gli hanno visti di persona. Quello che so è che in
realtà il Signor Wesker si è unito alla compagnia molto più tardi,
ma è comunque stato nominato come uno dei capi.
Rimanemmo in silenzio qualche
minuto, poi fu lei a parlare per prima -Te non hai paura del Signor
Wesker?
Ci riflettei un attimo -In effetti
un po' mi fa paura- quegli occhi rossi mi ricordano troppo quelli di
mio papà -però non credo mi voglia fare del male.
-No assolutamente, non intendevo di
certo questo. Ma non so, sono sempre, come dire, intimorita da lui.
Poi ha sempre quei dannati occhiali da sole che sembra quasi che li
utilizzi come una maschera per nascondere qualcosa. Però questo è
un po' triste.
Si alzò e nella sua voce si
sentiva un misto di disprezzo e al contempo una specie di dispiacere.
Era fin troppo chiaro che lei ci
avesse provato con lui ma che per qualche motivo che non riusciva a
capire era stata respinta.
-Te magari avrai l'onore di capire
che gli sta succedendo...
Mi guardò intensamente per un
istante infinito come se provasse un po' di invidia nei miei
confronti. Poi finalmente abbozzò un sorriso che mi rassicurò anche
se poco.
-Mi dispiace, non avrei dovuto...
-Non importa, davvero!
-Grazie, comunque adesso devo
assolutamente tornare a lavoro. Te riposati pure che mi sembri
stanca, se hai bisogno di me per qualsiasi cosa chiamami pure.
Se ne andò e io prima di tornare a
dormire ripensai continuamente al nostro discorso, potevo davvero
fidarmi di lui?
Non so quanto tempo fosse passato,
ma ero ancora stanca quando aprii leggermente gli occhi per vedere da
dove provenissero quelle voci. Di fronte a me c'erano Wesker e
Brigitte che parlavano a bassa voce pur di non svegliarmi.
-Così ha deciso di portarla via di
qui...- disse Brigitte.
-Sì, è meglio così.
-Perché ha deciso di portarla con
sé? Non sarebbe più al sicuro qui?
-Che sarebbe più al sicuro sì. Ma
ha bisogno di vivere e qui le sarebbe impossibile. Solo guardando i
miei occhi prende paura, se mai dovesse finire nei laboratori con
tutte le cavie chissà come reagirebbe! Ma quello che mi spaventa di
più sono gli altri ricercatori, tutti proverebbero a prendere un
campione del suo sangue per scoprire qualcosa in più sull'antivirus
e a tempestarla di domande sul padre. Non posso permettermelo dopo
che ho promesso a suo padre che se avessi potuto l'avrei tenuta al
sicuro da tutto questo.
Lei lo guardò come se vedesse
Wesker per la prima volta. Mai avrebbe pensato che esistesse anche
questo lato del suo capo.
-Ha bisogno di dimenticare, e per
ora questo è tutto quello che posso fare per lei. Anche se sarò costretto a tenerla come una prigioniera...
Mi afferrò di nuovo tra le sue
braccia e mi portò alla mia nuova casa, alla mia nuova vita.