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Autore: Niglia    18/06/2010    5 recensioni
{Vecchio titolo: The Wrong Man}
Giulia è una normale ragazza di 18 anni; va a scuola, esce con le amiche e, quando capita, con qualche ragazzo, ma non è certo alla ricerca del Principe Azzurro.
Sembra l'inizio di un'estate come le altre quando, all'improvviso, compare Enrico: l'erede di un impero criminale, bello e affascinante, che si invaghisce di lei e la obbliga, un po' con le buone e un po' con le cattive, a frequentarlo...
"I tuoi amici non sanno dove sei, però loro sono al sicuro." Mormorò, avvicinando le labbra al mio orecchio e facendomi rabbrividire con il suo caldo respiro. "Cerca di fare in modo che rimangano tali... Se mi disobbedisci in qualsiasi modo, farò loro del male, e ti assicuro che sembrerà un incidente."
Parlava come farebbe un amante nell'intimità di una camera da letto, con la stessa voce calda e rassicurante, leggermente roca: eppure le sue parole erano tutto fuorchè rassicuranti. La sua era una minaccia bella e buona...
[dal Capitolo 7]
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo XVII

















 

Ormai avevo capito che i calcoli che avevo fatto si stavano rivelando sempre più sbagliati.

Dopo quella prima sera, Enrico mi chiese di uscire praticamente tutti i giorni, portandomi sempre in posti diversi, e comportandosi – questo punto andava a suo favore, lo ammetto – sempre da gentiluomo. Per intenderci: non aveva più cercato di baciarmi seriamente, limitandosi ad un innocente bacio sulla guancia che mi sembrava perfido far seguire ogni volta da uno schiaffo. Era l’unica cosa che concedevo, comunque, dato che avevo sempre baciato sulle guance sia Matteo che Federico, e non mi era mai sembrata una cosa così malvagia o maliziosa: tutto stava nel non permettere che diventasse tale.

Alla fine, comunque, dopo una settimana che andavo a dormire a casa di Alessandra, mia madre si spazientì per questo mio comportamento e mi fece un bel terzo grado – lei avrebbe voluto che, per ricambiare il favore alla mia amica, anche lei venisse a dormire da me una notte, ma di certo questo avrebbe compromesso le mie uscite forzate con Enrico.

Così, fui costretta – molto a malincuore – a confessarle che stavo frequentando un ragazzo. Malgrado quello che mi aspettavo da parte sua, non mi fece nessuna scenata: mi chiese semplicemente per quale motivo non glielo avessi detto subito e, ovviamente, aveva voluto sapere vita, morte e miracoli del giovane in questione. Rimasi piuttosto vaga – non specificai che si trattava di un Occhi Belli, tanto per essere chiari – e mi limitai a dire che mi era stato presentato da Federico – bugiarda! – e che ci stavo uscendo più per gioco che per altro. Le dissi che, per quanto mi riguardava, avrebbe anche potuto dirlo a mio padre, dato che non avevo nessuna intenzione di far si che quella storia diventasse troppo seria.

“Aspetta prima di dire una cosa simile, nella vita non si può mai sapere…” Mi disse, con un’aria da saggia veggente che mi terrorizzò. Stava scherzando, vero? Se avesse saputo chi era davvero Enrico mi avrebbe chiuso a chiave in camera mia per il resto della mia esistenza…

Come se non fosse bastato, inoltre, il mio improvviso rossore di spavento era stato scambiato per un imbarazzo da cotta. Si, come no!

Comunque, i miei piani stavano andando a rotoli. Adesso che anche mia madre sapeva di Enrico e che mi incoraggiava inconsciamente in qualcosa di assurdo, come avrei fatto? Il discorso che avevamo avuto su quella famosa terrazza, a proposito del fatto che, se mi fossi affezionata a lui, poi avrei finito solo per soffrire quando si sarebbe stufato di me, ora si era amplificato: averlo rivelato a mia madre suonava come una ufficializzazione non desiderata…

Ma quello che davvero stava iniziando a darmi fastidio – ed era grave, dato che ci stavo uscendo solo da poco più di un paio di settimane – era che non riuscivo più a vedere né Alessandra, né i miei amici. Enrico mi aveva praticamente monopolizzato, pretendendo la mia presenza quasi ad ogni ora del giorno. Aveva iniziato a tempestarmi di messaggi inutili e superflui, a volte semplicemente per chiedermi cosa stessi facendo, e se tardavo a rispondergli mi telefonava direttamente. Personalmente stavo sfiorando l’orlo di una crisi di nervi precoce: non avevo mai tollerato un simile comportamento da parte di nessuno, e più volte mi ero ripromessa che non avrei permesso a nessun ragazzo di comportarsi in quel modo con me, e invece adesso mi ritrovavo invischiata in una situazione che odiavo da tutti i punti di vista!

E poi c’era stato l’episodio delle rose. Era un mercoledì mattina, mio padre era al lavoro – grazie al Cielo! – ed ero sola con mia madre in casa: ad un certo punto squillò il citofono e mia madre fu più veloce di me a rispondere. La vidi sgranare impercettibilmente gli occhi nell’ascoltare quello che doveva essere il postino, e dopo aver premuto il pulsante per farlo salire si voltò verso di me, stupita.

“Cos’è successo?” Avevo chiesto, iniziando a preoccuparmi.

Lei aveva scosso la testa. “Adesso lo vedi…”

Quando il postino bussò alla porta andammo insieme ad aprirgli, e a quel punto avevo visto l’uomo seminascosto da un enorme mazzo di rose bianche e rosse che annunciava, in tono interrogatorio: “Una consegna per la signorina Giulia…?”

Avevo annuito, allungando le braccia per privarlo di quell’ingombro. “Si, sono io…”

Come al solito mia madre fu molto più rapida di me, così chiese, sollecitamente: “Chi le manda?”

Il postino frugò nella sua borsa in pelle fino a tirarne fuori un’agendina, che aprì all’ultima pagina scorrendone i vari nomi segnati, prima di rispondere. “Un certo… D’Angelo Enrico…”

Ecco, quella da parte sua proprio non me l’aspettavo; passassero pure i messaggi e le chiamate, per quanto poco le tollerassi, ma che mi spedisse fiori a casa mia, senza sapere se ero sola o con i miei genitori – tremavo alla sola idea di mio padre che accoglieva il postino con un simile pacco! – era qualcosa che andava contro ogni logica! Accidenti, non eravamo mica fidanzati! Chi si credeva di essere?

Mia madre invece prese la cosa con molta più filosofia. Sembrava parecchio emozionata, mi aveva dato un vaso per permettermi di tenere quei bellissimi fiori in camera mia, anche se al momento avevo solo il desiderio si prenderli e buttarli nella spazzatura – cosa che non le dissi, per non farla insospettire. Si supponeva che in fondo mi facesse piacere un simile gesto, no? Anche perché lei sapeva che, quando non ero interessata ad una persona, non mi facevo tanti scrupoli a dirlo o a farlo capire: perciò, dato che queste uscite con Enrico stavano andando per le lunghe, lei si era fatta l’idea che forse qualcosa per lui la provavo…

Certo, ora provavo il bisogno fisico di picchiarlo!

Così quel mazzo di fiori sulla mia scrivania rimase a fissarmi per tutta la sera come una costante minaccia. Anche se mia madre trovava tutto l’insieme parecchio romantico, a me sembrava solo inquietante: mi sembrava solo un modo come un altro che Enrico aveva utilizzato per farmi capire che io, in fondo, non potevo fare nulla per scappare da lui – sapeva dove abitavo, chi frequentavo, quando e come uscivo… Insomma, anche volendo fuggire sarebbe stato impossibile.

Inoltre mi ero accorta che, quando non ero con Enrico, avevo sempre e costantemente alle calcagna i suoi ‘uomini’: Stefano, Lorenzo, Francesco, Alberto e Davide, erano diventati la mia ombra. Sembrava si dessero il cambio per tenermi sotto controllo, e lo facevano sempre a due a due: potevo stare tranquilla solo rimanendo a casa, così fu inevitabile iniziare ad uscire sempre meno ed essere costretta a vedere Alessandra solo invitandola a pranzo da me.

 

“Non capisco come fai a sopportare questa situazione.”

La mia migliore amica mi osservava seriamente, poggiata contro la finestra e sotto il condizionatore, con le braccia incrociate sul petto e un tono terribilmente severo. Ormai la maggior parte delle nostre poche conversazioni ruotava intorno al medesimo argomento, tanto che avevo l’impressione di vedere Enrico anche quando lui non c’era. Incubi, stavo iniziando ad avere gli incubi.

Scrollai le spalle, lanciando uno sguardo alla porta chiusa: non volevo che mia madre entrasse all’improvviso e ci scoprisse a parlare di cose simili. “Non lo capisco nemmeno io, geme. Eppure lo faccio, ma non chiedermi il perché.” Mormorai con un filo di voce.

La sentii sospirare, combattuta. “Cavolo… È tutto troppo assurdo!” Esclamò, prima di abbassare strategicamente la voce. “Voglio dire… Se non fosse lui sarebbe anche divertente, no? Le rose, le uscite… Ma accidenti, è come se ti stesse tenendo sotto chiave! Ti rendi conto che non puoi fare nulla senza avere lui o i suoi compari alle costole? Sono cose che non si vedono più neppure nei film!”

Ormai non sapevo neanche più che cosa risponderle, perché capivo che aveva cento volte ragione. La cosa che più mi dava fastidio, ora, era che Enrico non si era ancora stufato di me. Insomma, davvero, che cosa mai poteva volere? Di sicuro non stava con me per il mio corpo, dato che non ci ero mai andata a letto – e ci sarebbe anche mancato altro. Non l’avevo mai neppure baciato, se si escludevano quei casti baci sulla guancia che aveva preso l’abitudine di darmi come ‘buonanotte’ tutte le sere, ma che comunque accettavo in modo piuttosto passivo. Insomma, che cosa diavolo voleva da me? Più mi ripetevo questa domanda meno trovavo una risposta, come se, in fondo, una risposta non ci fosse.

Era un capriccio, punto. Lui mi voleva, ed eccomi qui!, al suo completo servizio. E se provavo a ribellarmi, beh, sapevo cosa sarebbe accaduto… Se la sarebbe presa con i miei amici, così com’era accaduto con Matteo – e per quanto avessi smesso da tempo di preoccuparmi di lui, di certo non potevo ignorare di aver messo in pericolo Alessandra, Laura e Federico. Per non parlare della mia famiglia!

Che situazione schifosa.

“Lo sai cosa ti dico?” Sbottò all’improvviso la mia amica, facendomi sussultare.

La guardai, sorpresa dal suo tono rabbioso. “Cosa?”

“Se tu non fossi vergine, saresti potuta andare a letto con lui da subito e togliertelo di torno. E adesso non avremmo tutti questi problemi!”

Mi rendevo conto di avere la bocca aperta – scioccata da quell’esclamazione – ma non riuscii a mantenere un certo contegno neppure dopo. Scossi la testa, completamente rossa in viso. Accidenti, mi sentivo bollente!

“Geme, ma cosa stai dicendo?!” Esclamai, sorpresa e leggermente arrabbiata. Va bene che ci dicevamo sempre tutto, però ogni cosa ha un limite. “Che razza di cose da dire sono queste? Adesso sembra quasi che la colpa sia mia! E poi non sarei andata a letto con lui neppure se non fossi stata vergine, tanto per chiarire le cose.”

Alessandra sospirò, pentita della sua affermazione. “Scusami, geme, ho esagerato. Non volevo dire che… Oh senti, hai capito benissimo cosa intendevo!” Sbuffò, incrociando le braccia.

Certo, io capivo benissimo, ma certe uscite poteva risparmiarsele.

“Okay, senti, non importa. Non voglio litigare con te, lo so che non l’hai detto con cattiveria.” Scossi la testa, innervosita. “È che ho un po’ i nervi a fior di pelle, in questo periodo, e sapere che… Beh, in fondo anche tu hai ragione, se fossi stata un altro tipo di ragazza…” Lasciai il discorso a metà, certa che anche lei avrebbe compreso alla perfezione ciò che volevo dire.

Subito mi strinse in un abbraccio, cercando di confortarmi come poteva. “Dai, questi sono discorsi inutili.” Decise. “Senti, perché non provi a sentire qualche altro ragazzo? Potrei chiedere a Riccardo se ha qualche amico… Così, quando Enrico si sarà stufato, tu non soffrirai più del necessario.”

“Si certo… Così Enrico vi farà fuori tutti quanti!” Sbottai, alzandomi e poggiandomi al muro. “Non è per niente una buona idea… Tanto non mi interessa avere un ragazzo, adesso, la parentesi con Enrico è solo questo, un intermezzo nella noia della mia vita quotidiana. Quando finirà, come dici tu, sta pur certa che non ne soffrirà nessuno.”

“Se lo dici tu…” Sospirò, per nulla convinta.

Dopo una manciata di minuti in silenzio, durate i quali entrambe avevamo preso a frugare i nostri cellulari, ripresi la parola. “Mi ha appena chiesto se stasera posso uscire con lui…” Rivelai scuotendo la testa, rassegnata. “Il bello è che riesce a non farle passare per minacce… Senti cosa dice: Ciao, Giulia. Allora, hai voglia di fare un giro con me, dopo cena, o sei impegnata? Che faccia tosta…”

“Se non conoscessi la situazione, direi che ti sta davvero dando la possibilità di scegliere se accettare l’invito o mandarlo a quel paese.” Concordò la mia amica, con aria grave.

Sbuffai, passandomi una mano tra i capelli. “Accidenti, non ho nessuna voglia di uscire con lui, stanotte. Mi sento anche poco bene…”

“Perché non provi a dirglielo?”

La fissai, inarcando un sopracciglio, ma in realtà stavo ponderando davvero l’idea. Dopotutto non gli avevo ancora dato ‘buca’ ad un appuntamento, non sapevo quale sarebbe stata la sua reazione… Avrei potuto provare, no? Perciò annuii, lentamente, mentre le dita scorrevano veloci sulla tastiera del telefono.

“Si, hai ragione. Voglio proprio vedere…” Non conclusi la frase, scrivendo il messaggio e inviandolo prima di poter cambiare idea. Un sospiro fece capire ad Alessandra che gliel’avevo mandato.

“Cos’hai scritto?” Domandò, curiosa. Mi limitai a porgerle il cellulare e lei lo prese, scorrendo la lista dei messaggi inviati fino a trovare quello incriminato.

Scusa, Enrico, ma oggi non ho molta voglia di uscire. Ti spiace se facciamo un’altra volta?” Disse, leggendo ad alta voce. Poi alzò lo sguardo su di me, divertita. “Cavoli, sei stata anche fredda al punto giusto! Sembri quasi pentita!”

Ridacchiai, incrociando le braccia. Ero curiosa di sapere cos’avrebbe risposto…

“Oh, un messaggio. Sarà lui?”

Ecco qua.

“Passamelo, vediamo un po’.”

Mi porse di nuovo il telefono e io aprii il messaggio, notando che – com’era prevedibile – era proprio da parte di Enrico. “Tutte le volte che vuoi. Ma come mai non vuoi uscire oggi? Mi devo preoccupare?

Alessandra soffiò, spostandosi i ciuffi dalla fronte. “Ma dico, farsi gli affari suoi no? Perché ho l’impressione che suoni come una minaccia?”

Più che minaccia, mi sembrava stranamente comprensivo… Forse anche troppo. Senza rispondere alla mia amica digitai il messaggio di risposta, sforzandomi di essere gentile anche se, in effetti, avevo una voglia matta di dirgli che non erano fatti suoi.

No, mi sento solo un po’ male. Sai, cose da donne… Non preoccuparti. Ci sentiamo un’altra volta, ciao.

Inviai e lo feci leggere alla mia Coscienza, che per tutta risposta sbuffò per l’ennesima volta. “Troppo dolce e troppo gentile, geme. Non dovresti mostrarti così docile con lui.”

Alzai gli occhi al cielo con una breve scrollata di spalle. “Tanto, ormai…”

“Geme, ha già risposto.” Mi avvisò, restituendomi il telefono senza che glielo chiedessi.

Appena lessi il suo messaggio ridacchiai, innervosita. “Avevi ragione… Senti cos’ha scritto: Ci sentiamo più tardi, Giulia, ora non voglio disturbarti perché sarai con la tua amica. Se non posso vederti, voglio almeno sentirti… Va bene? Divertiti e prendi qualche aspirina. Ciao.

Alessandra scosse la testa, stupita. “’Se non posso vederti, voglio almeno sentirti’? Mio Dio, ma che razza di pretese sono queste?”

Gettai il telefono sul letto, decidendo che se l’avessi gettato per terra – come invece avrei voluto fare – avrei dovuto aspettare fino a Natale prima di vederne uno nuovo. “Non ho nessuna intenzione di rispondergli, mi ha proprio scocciato.”

“Brava geme! Così mi piaci!” Esultò la mia amica, saltando sul letto. Poi si fermò, giungendo le mani e guardandomi con gli occhi che brillavano. “E adesso che hai sistemato il tuo carceriere, che ne dici se stasera vieni da me a cena e poi ci incontriamo con Fede e Laura per vederci un film? Tanto per cambiare!”

L’idea era molto, molto allettante. Stavo per accettare – oh, l’avrei voluto fare così tanto, una serata con i miei amici! – ma in quel momento mia madre bussò alla porta della mia camera, affacciandosi e mostrando un viso leggermente preoccupato.

“Cos’è successo?” Le chiesi, contagiata da quello sguardo turbato.

“Hanno ricoverato nonno, dobbiamo andare in ospedale. Vieni anche tu, vero?” Disse, terribilmente seria.

Io annuii, staccandomi dal muro. “Certo, mi preparo. A che ora dobbiamo andare?”

“Adesso, Giuli. Vestiti e andiamo.” Poi si voltò verso Alessandra, sorridendole a mò di scusa. “Mi spiace interrompere la vostra serata, ragazze. Ti riaccompagniamo noi a casa, okay Ale?”

La mia migliore amica annuì, e quando fummo rimaste di nuovo sole sospirò. “Cavolo geme, spero non sia nulla di grave… Non preoccuparti se stasera non puoi venire, okay? Lo dirò io a Laura.”

“Grazie mille, geme. Dai, inizio a prepararmi…” Mormorai, aprendo le ante dell’armadio. Fantastico, ci mancava anche quell’ennesima preoccupazione alla mia già incasinata esistenza. Non aspettavo altro…

 

Quando, verso l’ora di cena, rientrammo dall’ospedale, andammo a cenare a casa di mia nonna per non lasciarla sola, dato che il nonno era ancora ricoverato. Mi ero del tutto dimenticata di Enrico e del fatto che avrei dovuto sentirmi con lui, perciò lasciai il cellulare nella borsa per tutta la sera, preferendo godermi una delle poche serate in famiglia nelle quali erano presenti anche i miei zii che vivevano in altre città.

Non potevo di certo immaginare che Enrico avrebbe interpretato questo mio ‘silenzio’ improvviso come una sorta di ribellione al suo desiderio di sentirmi, così come non avevo immaginato che sarebbe ricorso ai suoi uomini per tenermi sotto controllo. Così, quando verso mezzanotte andammo via da casa di nonna per tornare a casa nostra, fu con non poco spavento che vidi la macchina di Stefano seguire a distanza quella di mio padre, scortandoci fino a casa.

Dunque mi faceva pedinare anche quando ero con i miei genitori? Questo era davvero troppo, non aveva nessun diritto di intromettersi fino a quel punto nella mia vita! E io non ero di certo tenuta a rendergli conto di ogni cosa che facevo, che diavolo.

Dio, come lo odiavo!

Non appena l’avessi rivisto, gli avrei detto chiaro e tondo che non volevo più avere nulla a che fare con lui, e che per quanto mi riguardava poteva attuare tutte le minacce che voleva. Io con lui avevo chiuso.

Mi hai sentito, Enrico? Ho chiuso!

 


















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AA - Angolo Autrice:
Eccomi qui, dopo secoli di silenzio stampa, ad aggiornare questa storia! Wao, l'ho iniziata un anno fa... Non sembra vero... Mi viene da piangere :'(
Okay, questa è la serata della commozione. Non voglio sprecare il mio angolino per fare un discorso da Oscar (per la serie: ringrazio i miei genitori, la mia famiglia, il mio gatto e la mia tartaruga per essermi stati vicini) perchè non è il caso - ehi, dopotutto non è nemmeno l'ultimo capitolo! Anzi, a ben vedere siamo un pò lontani dal traguardo... Chissà se, di questo passo, riuscirò a finirla prima di Natale? Ci sono così tante cose che vorrei scrivere, ma se non altro la FINE è già ben delineata nella mia mente *-* Anzi, ad essere sincera stavo già pensando ad un seguito xD
Ma non voglio stancarvi oltre con queste mie baggianate - passo ai ringraziamenti!

Dunque, un grazie alle 90 persone che hanno aggiunto questa storia alle Preferite e un altro grazio alle 129 che l'hanno aggiunta alle seguite! ^^ Vi adoro =*

Poi, un grazie immenso a Alebluerose91, Alida Dreamer, Valentina 78, xmas, daykiria e Rosella  per aver recensito lo scorso capitolo - grazie, grazie, grazie, mi fa sempre un grande piacere leggere le vostre recensioni e sapere che cosa pensate dei miei scarabocchi ^^
Okay, questo era ufficiamente l'ultimo capitolo che posterò prima dell'Esame di Maturità, perciò ci sentiamo direttamente a Luglio ^^
Un abbraccio e un bacione a tutte, grazie per stare appresso a questa storia da più di un anno!
Ci sentiamo al prossimo capitolo =)
GiulyRedRose

   
 
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